CGARS, sez. I, sentenza 2015-01-26, n. 201500066
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N. 00066/2015REG.PROV.COLL.
N. 00841/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 841 del 2003, proposto da:
L B, ved. A, L E A, Sergio Lucio A e Maria A, rappresentati e difesi dall'avv. F M, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanna Napoli in Palermo, via Cataldo Parisio, n. 39;
contro
E.N.P.A.S., poi I.N.P.D.A.P., rappresentato e difeso dall'avv. R V, con domicilio eletto presso l’avv. R V in Palermo, via Mariano Stabile, n. 136, scala C;
per la riforma
della sentenza del TAR SICILIA - CATANIA :Sezione III n. 00612/2002, resa tra le parti, concernente riliquidazione indennità di buonuscita.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2014 il Cons. G C e udito per le parti l’avv. Mobilia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Gli appellanti, eredi del signor Giuseppe A, hanno impugnato la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha accolto soltanto in parte il ricorso promosso in primo grado dal loro dante causa onde ottenere il riconoscimento del diritto: a) alla liquidazione dell'indennità di buonuscita sulla base di 35, anziché 34, anni di servizio;b) all’inclusione della indennità integrativa speciale nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita, c) al risarcimento del danno per ritardato pagamento della somma di £. 28.394.663, corrisposta al signor A dall'Ente intimato l'8 marzo 1985, anziché entro il 9 dicembre 1984;d) al pagamento, sulle somme dovute, della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, non esclusi quelli previsti dall'art. 1283 c.c.
2. – Si è costituito, per resistere all’impugnazione, l’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP), contestando tutto quanto ex adverso dedotto.
3. – All’udienza pubblica del 12 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. – Ai fini di una migliore comprensione delle questioni al centro del contendere giova riferire che:
- il signor Giuseppe A prestò servizio alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione, in qualità di insegnante elementare di ruolo, dal 1949 al 9 settembre 1984, ossia fino al collocamento a riposo per limiti di età;
- con mandato emesso il 18 febbraio 1985 l'E.N.P.A.S. gli corrispose la somma di £. 24.352.074 (al netto della ritenuta di £. 4.042.589,) a titolo di indennità di buonuscita per 34 anni di servizio, senza considerare nella base di calcolo l'indennità integrativa speciale;
- il signor A, nel 1987, adì il T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, avanzando le domande sopra specificate;
- il Tribunale ha accolto in parte il ricorso proposto dal signor A e, in particolare:
a) ha accolto, a norma dell’art. 18 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, la domanda volta a ottenere il ricalcolo dell’indennità di buonuscita sulla base di 35 anni di servizio, invece che su 34 anni;
b) ha dichiarato estinta ex lege (art. 4, comma 1, della L. n. 87/1994) la domanda, volta ad ottenere il riconoscimento del preteso diritto all'inclusione dell'indennità integrativa speciale nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita;
c) ha accolto la domanda di risarcimento del danno per il ritardato pagamento della somma di £. 28.394.663 (pari all'importo netto riscosso, più la ritenuta operata dall'Ente), corrisposta dall'Ente l'8 marzo 1985, anziché entro il 9 dicembre 1984 (ossia entro 90 giorni dal pensionamento), riconoscendo la rivalutazione monetaria e gli interessi legali per il periodo compreso tra il 10 dicembre 1984 e il 18 febbraio 1985 (data del mandato di pagamento), ai sensi degli artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c.;a tal riguardo, tuttavia, il T.a.r. ha stabilito che:
c1) gli interessi legali fossero computati sulla somma netta di £. 24.352.074, effettivamente percepita dal ricorrente e con esclusione della somma di £. 4.042.589 trattenuta dall'Ente (della quale l'interessato non avrebbe mai potuto disporre);
c2) trattandosi di crediti maturati prima del 16 dicembre 1990, la rivalutazione e gli interessi fossero cumulabili, ai sensi dell'art. 2 del D.M. n. 352/1998, e che dovessero essere calcolati separatamente sulle somme nominali originariamente dovute alle singole scadenze, senza che sugli importi così ottenuti fossero ulteriormente e rispettivamente conteggiati gli interessi e la rivalutazione ulteriori;
d) accolto in parte la domanda relativa al pagamento della rivalutazione e degli interessi sulle maggiori somme dovute, facendo applicazione del succitato D.M. n. 352/1998, emanato in attuazione dell’art. 22, comma 36, della L. n. 724/1994 e volto a disciplinare anche le situazioni anteriori al 1° gennaio 1995;più in dettaglio, il T.a.r. ha stabilito che la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma dovuta per l’aumento di un anno della base di calcolo dell’indennità di buonuscita fossero da calcolare separatamente secondo quanto sopra riferito e comunque solo in relazione al lasso temporale compreso tra il 9 dicembre 1984 e il 15 dicembre 1990;con la conseguenza che, dal 16 dicembre 1990 in poi, l’amministrazione avrebbe dovuto corrispondere unicamente gli interessi legali;
e) stabilito che - sull'importo spettante a fronte della rivalutazione della somma di £. 24.352.074 (in dipendenza del ritardo di circa due mesi nell'emissione del mandato di pagamento) - al ricorrente fossero corrisposti gli interessi legali dal 18 febbraio 1985 fino all'effettivo soddisfo e che, invece, non fossero dovuti gli interessi sugli interessi, in ragione del fatto che I'art. 3, comma 2, ultima parte del D.M. citato, esclude espressamente l'anatocismo;
f) infine, ha compensato integralmente tra le parti le spese del primo grado del giudizio.
Sintetizzando il decisum sopra analiticamente riferito, può affermarsi che il T.a.r. in relazione A) alla somma dovuta per l’anno riconosciuto in più nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita B) al danno per tardiva emissione del mandato di pagamento, ha statuito che:
- con riferimento al ritardo nel pagamento sub B), dovessero essere corrisposti al signor A la rivalutazione monetaria e interessi sulla somma netta, tra loro cumulabili a norma degli artt. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c. per il periodo dal 10 dicembre 1984 al 18 febbraio 1985 e, per il periodo successivo e fino al soddisfo, solo gli interessi legali;
- fosse versata al ricorrente, sulla differenza riliquidata per rettifica del numero degli anni di servizio sub A), la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dal 9 dicembre 1984 al 15 dicembre 1990 e i soli interessi legali dal 16 dicembre 1990 in poi, fino al soddisfo;
- sia gli interessi sia la rivalutazione monetaria dovessero esser calcolati separatamente sulle somme nominali originariamente dovute alle singole scadenze;
- né gli interessi né le rivalutazioni avrebbero potuto produrre, rispettivamente e a loro volta, ulteriori interessi e rivalutazione;
- i detti accessori fossero da calcolare sulle somme al netto delle ritenute fiscali.
5. – L’appello, inteso a ottenere la parziale riforma della sentenza impugnata, è affidato ai seguenti mezzi di gravame:
I) il T.a.r. avrebbe erroneamente negato di riconoscere il diritto degli appellanti ad ottenere il pagamento delle somme corrispondenti al cumulo della rivalutazione monetaria ed interessi legali, dovuti in relazione all'ulteriore quota (un anno in più) di indennità di buonuscita, con riferimento al periodo successivo al 16 dicembre 1990 (avendo riconosciuto, a tal riguardo, la spettanza da tale data dei soli interessi legali) e ciò in asserita applicazione dell'art. 2 del D.M. n. 352/1998 (emanato nel corso del giudizio): la giurisprudenza, difatti, avrebbe chiarito che l'art. 22, comma 36, della L. n. 724/1994 (attuata dal succitato D.M.) non possa trovare applicazione a fattispecie di responsabilità del debitore perfezionatesi, come quella dedotta in contenzioso, in epoca antecedente alla sua entrata in vigore (la suddetta disciplina sarebbe applicabile ai soli crediti per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994, così che i crediti insorti prima di tale data resterebbero assoggettati all'art. 429 c.p.c., con gli interessi calcolati sulla somma rivalutata);il T.a.r. avrebbe quindi dovuto disapplicare il sunnominato D.M., giacché in contrasto con la norma di legge;gli appellanti hanno chiesto, pertanto, in riforma della sentenza impugnata, la liquidazione, in cumulo tra di loro, della rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT e degli interessi legali, con decorrenza dal 9 dicembre 1984 e fino al soddisfo effettivo;
II) il Tribunale avrebbe inoltre erroneamente ritenuto che gli accessori spettanti al signor A fossero da computarsi separatamente sugli importi nominali della quota di buonuscita ancora dovuta o tardivamente corrisposta e pure che gli interessi e le rivalutazioni non fossero a loro volta produttivi di ulteriori interessi e rivalutazioni;gli appellanti, pertanto, hanno chiesto, in riforma della sentenza impugnata, il calcolo degli interessi legali sulle somme capitali via via rivalutate (e non sul mero ammontare nominale delle singole poste creditorie), nonché la rivalutazione monetaria sull'importo tardivamente pagato a titolo di liquidazione dell'indennità di buonuscita, anche per il periodo successivo alla corresponsione della sorte capitale (e cioè la rivalutazione sulla rivalutazione, oltre ai relativi interessi) e fino al saldo effettivo;
III) erroneamente il T.a.r. avrebbe statuito che gli emolumenti accessori connessi al mancato o tardivo pagamento delle quote di indennità spettanti al signor Giuseppe A fossero da calcolare sull'ammontare della sorte capitale al lordo, invece che al netto, delle ritenute fiscali e previdenziali, nonostante una corposa giurisprudenza contraria (sull’art. 429 c.p.c.) alla tesi sostenuta dal Tribunale;
IV) ingiustamente e immotivatamente il T.a.r. avrebbe integralmente compensato tra le parti le spese processuali del primo grado del giudizio, nonostante la soccombenza dell’amministrazione.
6. – Il Collegio ritiene che l’appello sia fondato in parte, nei limiti e nei sensi di seguito precisati.
7. – In via preliminare va segnalato che il Consiglio di Stato, con decisione della Quarta Sezione, n. 669 del 5 febbraio 2009 ha statuito, con pronuncia avente efficacia erga omnes , l’illegittimità, per contrasto con l’art. 36, comma 22, della L. 23 dicembre 1994, n. 724, dell’art. 2, comma 4, del D.M. 1° settembre 1998, n. 352, contenente il Regolamento recante i criteri di corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria per ritardato pagamento degli emolumenti dovuti ai pubblici dipendenti, nella parte in cui estende con efficacia retroattiva il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione ai crediti maturati prima del 1° gennaio 1995 e soddisfatti in ritardo;in particolare, il Consiglio di Stato ha osservato, al riguardo, che l'art. 22, comma 36, della L. n. 724/1994 dispone il divieto di cumulo ai soli crediti per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994 e che tale previsione di legge primaria non lasciava spazio alcuno, per la fonte secondaria attuativa, in ordine all’individuazione della decorrenza della regola del divieto di cumulo, operativo solo per le pretese insorte successivamente alla data di riferimento (mentre la normativa precedente consentiva il cumulo).
8. – Muovendo da tale premessa, le domande riproposte in appello possono essere parzialemte accolte nei seguenti termini:
8.1. – Il primo motivo va accolto nel senso di riconoscere agli appellati il diritto al cumulo degli interessi e della rivalutazione fino al 31 dicembre 1994, essendo dovuti, per il periodo successivo e fino all’effettivo soddisfo unicamente gli interessi legali;
8.2. – Il secondo motivo non merita accoglimento. Ed invero, una volta ribadito che con l'art. 22, comma 36, della L. 23 dicembre 1994, n. 724 è stato introdotto il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione per i crediti di lavoro con decorrenza 1° gennaio 1995, va ricordato che la giurisprudenza amministrativa (v., tra gli altri, Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2013, n. 5196) ha statuito che sulle somme dovute ai pubblici dipendenti gli interessi legali sono dovuti sull'importo nominale della sorte capitale, dalla data della maturazione di ciascun rateo fino all'adempimento tardivo, e le somme da liquidare a tale titolo devono essere calcolate sugli importi nominali dei singoli ratei, secondo i vari tassi in vigore alle relative scadenze, senza che gli interessi possano, a loro volta, produrre ulteriori interessi;la rivalutazione deve essere calcolata sull'importo nominale dei singoli ratei e va computata con riferimento all'indice di rivalutazione monetaria vigente al momento della decisione senza ulteriore rivalutazione. In tal senso, anche Cons. Stato, ad. plen., 5 giugno 2012, n. 18, secondo cui gli interessi legali e la rivalutazione devono essere calcolati separatamente sull'importo nominale del credito retributivo, escludendo sia il computo degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma dovuta quale rivalutazione, sia il riconoscimento di ulteriori interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta a titolo di interessi. Ciò comporta necessariamente che la rivalutazione non sia più compenetrata con il credito retributivo non partecipi della stessa natura di questo quale sua componente inscindibile, ma sia distinta da questa e si atteggi solo come tecnica liquidatoria del danno da ritardo, con l'ulteriore conseguenza che il credito di lavoro non ha un contenuto diverso da quello dei comuni crediti pecuniari, diversi essendo solo gli effetti dell'inadempimento. Rivalutazione ed interessi sono quindi solo un effetto del ritardo e non possono essere inglobati ab origine nel credito;in particolar modo, si rileva come la rivalutazione nel credito di lavoro assolve, rispetto alla prestazione dovuta, ad una funzione accessoria, parallela a quella degli interessi, con i quali concorre alla funzione globalmente riparatoria (così anche Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7440, per cui sulla somma dovuta quale rivalutazione non vanno calcolati interessi o rivalutazione ulteriore, mentre nella somma dovuta a titolo di interessi non spettano anche l’ulteriore rivalutazione e gli ulteriori interessi;v. anche Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2000, n. 169).
8.3. – Va respinto il terzo motivo in quanto il calcolo delle somme dovute (a titolo di retribuzione corrisposta tardivamente;sulla natura retributiva dell’indennità di buonuscita, v., tra i molti precedenti, Cass., sez. Lav., 13 giugno 2012, n. 9646) per interessi e rivalutazioni deve essere operato al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, ossia sugli importi effettivamente erogati al dipendente, essendo tali ritenute parti del credito principale delle quali i dipendenti mai avrebbero potuto disporre (tra i molti precedenti, Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2013, n. 5196; id. , ad. plen. , 5 giugno 2012, n. 18, cit.; id. , sez. VI, 24 maggio 2004, n. 3383; id. , sez. V, 30 gennaio 2002, n. 508 e C.G.A., sez. giurisd., 13 ottobre 1999, n. 462).
8.4. – Infondato è il quarto motivo, dal momento che la statuizione con la quale il giudice amministrativo compensi tra le parti le spese processuali non richiede di esser corredata da una diffusa motivazione;nondimeno, posto che il giudice di appello, in virtù dell’effetto devolutivo, può integrare la motivazione eventualmente omessa dal primo decidente, il Collegio ritiene che la compensazione sia stata correttamente disposta dal T.a.r., in ragione del fatto che non tutte le domande formulate in primo grado dal ricorrente furono accolte. La soccombenza parziale, insomma, giustificò la compensazione delle spese processuali.
9. – In conclusione, l’appello va accolto in parte, nei sensi e nei limiti precisati in motivazione e consegue, conformemente, la condanna dell’amministrazione al pagamento delle somme ancore dovute e da calcolarsi, fino all’effettivo soddisfo, secondo i criteri sopra enunciati.
10. – Le spese del doppio grado del giudizio vanno compensate integralmente tra le parti in ragione della soccombenza parziale.