CGARS, sez. I, sentenza 2017-07-31, n. 201700345
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Pubblicato il 31/07/2017
N. 00345/2017REG.PROV.COLL.
N. 00825/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 825 del 2013, proposto dal Prof. A M, rappresentato e difeso dall'Avv. Prof. S A, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via B. Latini 34;
contro
Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico P G non costituito in giudizio;
nei confronti di
Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Palermo, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale, in Palermo, via A. De Gasperi n. 81, è ex lege domiciliato;
per la riforma
della sentenza n.689 del 29 gennaio 2013, pubblicata il 26 marzo 2013, resa dal T.A.R. SICILIA – PALERMO, Sez. I^;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2017 il Cons. C M d Mc e uditi per le parti il prof. S. Agrifoglio e l'Avvocato dello Stato M. G. Quiligotti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. Con nota del 16 marzo 1999 il Prof. A M comunicava al Rettore ed al Preside dell’Università degli Studi di Palermo, nonché al Direttore Sanitario ed al Direttore dell’Azienda Universitaria del Policlinico (A.U.P.) la sua intenzione di non svolgere più l’attività medico-assistenziale, ma soltanto i propri compiti di docente.
Conseguentemente l’Amministrazione sospendeva di corrispondergli l’indennità relativa alle funzioni assistenziali e lo depennava dai turni di guardia.
Successivamente, con nota prot.11437 del 16 dicembre 1999, la Direzione Generale dell’Azienda Universitaria del Policlinico gli comunicava di non potere accogliere la sua domanda e lo invitava a riprendere le attività medico-assistenziali connesse con la qualifica rivestita.
II. Con ricorso innanzi al TAR Sicilia di Palermo l’interessato impugnava tale disposizione chiedendone l’annullamento per le conseguenti statuizioni.
Lamentava, al riguardo, violazione e falsa applicazione della L.n. 833 del 1978 sotto più profili e dell’art. 5 D.P.R. 18 dicembre 1999 n.517 (contenente la “Disciplina dei rapporti tra servizio sanitario nazionale e università a norma art. 6 della L. 30 novembre 1998 n. 419”) ed incompetenza, deducendo:
- che l’Amministrazione aveva accettato, per facta concludentia , la sua richiesta, com’è dimostrato dal fatto di aver sospeso il pagamento dell’indennità generalmente corrisposta per le funzioni assistenziali e di averlo depennato dall’elenco dei medici obbligati a prestare i turni di guardia;
- e che comunque il provvedimento di diniego era stato adottato da un organo incompetente.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione eccepiva l’infondatezza del ricorso.
III. Con sentenza n.689 del 26 marzo 2016, il TAR Sicilia di Palermo respingeva il ricorso, avendo ritenuto:
- che - come pacificamente affermato dalla giurisprudenza da tempo risalente (Corte Cost., n.134 del 1997;CS, VI^, n.5333 del 2007) - l’attività di ricerca scientifica e di insegnamento presso le Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università non può essere disgiunta dall’attività di assistenza medico-sanitaria;e ciò in quanto l’analisi delle patologie e lo studio delle tecniche diagnostiche, prognostiche, cliniche e curative implica - anche ai fini dell’apprendimento delle stesse - l’osservazione empirica e concreta delle malattie ed il contatto diretto con i pazienti;
- e che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Direttore Generale dell’Azienda Universitaria del Policlinico è competente ad adottare ogni provvedimento volto ad assicurare l’adempimento dei doveri assistenziali da parte del personale medico-sanitario ancorchè investito della funzione didattica.
IV. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la predetta sentenza e ne chiede l’annullamento per le ragioni di diritto successivamente indicate.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’infondatezza del gravame.
Nel corso del giudizio d’appello, le parti hanno insistito nelle rispettive domande ed eccezioni.
Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
1.1. Con il primo mezzo di gravame l’appellante lamenta il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo.
La doglianza è inammissibile.
Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’art.9 del codice del processo amministrativo va interpretato nel senso che è comunque inammissibile la doglianza dell’originario ricorrente che, soccombente nel merito, contesti la giurisdizione del Giudicante (da lui stesso) adìto in primo grado .
Ed invero il Consiglio di Stato afferma costantemente, al riguardo, che l’eccezione di difetto di giurisdizione non è sollevabile in appello “dalla parte che vi ha dato causa” (CS, VI^, 10 marzo 2011 n.1537;CS, V^, 7 febbraio 2012 n.656).
1.2. Con il secondo mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nel non aver tenuto conto del fatto che l’Amministrazione aveva di fatto accettato ( rectius: per facta concludentia ) la sua istanza e che pertanto il provvedimento di diniego doveva intendersi tacitamente (o implicitamente) revocato.
La doglianza non merita accoglimento.