CGARS, sez. I, sentenza 2022-04-14, n. 202200481

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2022-04-14, n. 202200481
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202200481
Data del deposito : 14 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/04/2022

N. 00481/2022REG.PROV.COLL.

N. 01105/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1105 del 2021, proposto da


3.M.C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato U C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Ospedaliera Universitaria G. Rodolico San Marco, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Francesco Crispi, n. 247;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) n. 2647/2021, resa tra le parti, depositata in data 9 agosto 2021 e non notificata, con cui era in parte dichiarata cessata la materia del contendere ed in parte era accolto il ricorso per l’accertamento del diritto dell’istante all’ostensione dei documenti richiesti con istanza del 29 gennaio 2021;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria G. Rodolico San Marco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2022 il Cons. Solveig Cogliani;
nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – La Società appellante si duole della sentenza di primo grado, che, pur avendo riconosciuto l’ostensione della documentazione richiesta - per quanto non ancora avvenuto – ha limitato l’obbligo della p.a. ai documenti posteriori al 29 gennaio 2011, ritenendo che per il periodo superiore ai dieci anni non sussistesse l’obbligo di conservazione.

Si duole, altresì, della compensazione delle spese, in ragione della parziale cessazione della materia del contendere.

Deduce, dunque, l’illegittima limitazione del diritto all’accesso e la violazione dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92 c.p.c., nonché degli artt. 24 e 11 Cost. .

Si è costituita l’Amministrazione per resistere.

Con memoria del 22 marzo 2022 l’Azienda ospedaliera ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in appello perché l’AUO “G. Rodolico” San Marco avrebbe trasmesso all’odierna parte appellante la documentazione in ottemperanza alla sentenza di prime cure.

Quanto al limite temporale ha precisato che l’insussistenza dell’obbligo di conservazione dei documenti anche per periodi superiori ai dieci anni costituiva una mera difesa;
infatti, nella memoria difensiva era stato evidenziato che l’interesse all’ostensione per il periodo anteriore non potesse essere ritenuto attuale. Il T.A.R. di Catania avrebbe colto l’argomentazione proposta dall’odierna appellata, limitando il diritto di accesso agli atti alla documentazione non antecedente al 29 gennaio 2011. Ancora, richiama l’art. 2220 c.c. quanto al termine di conservazione, sostenendo che sarebbe applicabile anche agli atti dell’Amministrazione.

Quanto alla compensazione delle spese, l’Amministrazione appellata avrebbe tenuto sempre comportamenti coerenti con i principi di buona fede e correttezza.

In replica, l’appellante ha precisato che non sarebbe cessata la materia del contendere perché l’Azienda ha prodotto la nota del 20 settembre 2021, ma non anche i documenti allegati fra i quali non vi sono quelli risalenti al periodo anteriore al 29 gennaio 2011, oggetto dell’appello.

Ancora, l’appellante evidenzia che l’art. 2220 c.c. invocato da controparte si riferirebbe alle scritture contabili e non alle delibere e ai contratti. In secondo luogo, non sarebbe vero che le stesse disposizioni si applicano anche per gli enti pubblici per i quali, invece, ricorrerebbe una differente disciplina, come richiamata nell’atto di appello.

Quanto alla pretesa dei crediti azionabili (e dunque all’interesse), evidenzia che la declaratoria di prescrizione potrebbe essere pronunciata dal giudice, in sede civile, solo se sollevata tempestivamente. La pubblica amministrazione ed il giudice amministrativo in sede di giudizio sull’accesso, non potrebbero entrare nel merito della fondatezza della domanda civile, essendo questa riservata alla competenza del giudice ordinario.

Inoltre, quanto al presunto possesso dei documenti da parte della richiedente, la questione sarebbe inammissibile, perché l’appellata avrebbe dovuto sollevarla avverso l’istanza di accesso e successivamente alla sentenza di primo grado formularla come impugnazione incidentale della sentenza.

L’accoglimento del primo motivo di appello determinerebbe l’esclusione dell’ipotesi della parziale soccombenza reciproca ai fini della regolamentazione delle spese. Osserva che nel ricorso sono elencati 34 documenti di cui ne sono residuati 18 dopo l’invio dell’8 aprile 2021. Di questi solo tre sono antecedenti al 29 gennaio 2011.

Le parti hanno chiesto il passaggio in decisione.

All’udienza del 7 aprile 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

II – Osserva il Collegio, al fine di delimitare l’ambito del presente giudizio, che – come correttamente evidenziato da parte appellante – eventuali controdeduzioni in ordine alla spettanza dell’accesso dovevano essere sollevate dall’Amministrazione tempestivamente ed eventualmente riproposte attraverso lo strumento dell’appello incidentale.

Nel caso che occupa, il giudice di primo grado ha riconosciuto il diritto all’accesso da parte del richiedente, limitandolo esclusivamente temporalmente.

Di tal ché ha dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione di ostendere gli atti richiesti per il periodo successivo al 29 gennaio 2011, assumendo che solo da tale data sussistesse l’obbligo di conservazione.

Ne discende che – in assenza di uno specifico appello da parte dell’Amministrazione - non si può in questa sede rimettere in discussione né la legittimazione e l’interesse dell’appellante ad ottenere i documenti di cui si discute per il periodo coperto dal giudicato.

Del resto il primo giudice ha correttamente evidenziato che l’istanza di accesso è stata adeguatamente motivata in relazione al manifestato interesse di tutelare la propria sfera giuridica in relazione alla riscossione di crediti dipendenti da rapporti contrattuali. Né l’indagine in ordine alla spettanza dei relativi diritti, dei quali la parte vanta la tutela, può costituire oggetto del presente giudizio.

III – Quanto alla specificità della istanza di accesso – allegato 2 al ricorso di primo grado – essa appare indirizzata anche a provvedimenti, ordini del giorno e contratti delibera, contratti anteriori al 2011.

IV – Orbene, dunque, il punto su cui verte il presente grado di giudizio attiene essenzialmente alla limitazione del diritto di accesso connessa all’affermato limite temporale dell’obbligo di conservazione.

In vero, il richiamo svolto dal primo giudice e dalla difesa dell’Amministrazione al codice civile, non trova riferimento nella disciplina degli obblighi di conservazione delle pubbliche Amministrazioni, che in realtà assume carattere speciale.

La normativa in materia di conservazione della documentazione amministrativa è contenuta, infatti, nel testo unico in materia di documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445/2000, art. 68), modificato dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, ed ulteriormente inciso dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76 convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120. La disciplina da ultimo richiamata prevede l’adozione da parte di ogni Amministrazione, del piano di conservazione, integrato con il sistema di classificazione degli atti. Il piano è lo strumento tecnico con il quale l’amministrazione definisce i tempi di conservazione della documentazione prodotta e acquisita, superati i quali è possibile procedere ad operazioni programmate ed organiche di selezione e scarto.

Le indicazioni circa la conservazione si rinvengono nelle Linee guida sulla conservazione dei documenti informatici del 2015.

Tali Linee guida prevedono il dovere per le pubbliche Amministrazioni di formare i documenti informatici (C.A.D. di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, in particolare art. 40, rubricato “ Formazione di documenti informatici ”).

L’obbligo di conservazione dei documenti è inteso a salvaguardare diritti soggettivi, interessi legittimi, il diritto d’accesso, la ricerca a fini storici, culturali e scientifici ed è finalizzato alla fruizione dei documenti per finalità amministrative e per interesse storico.

Lo Stato, le Regioni e gli altri Enti territoriali debbono assicurare e sostenere la conservazione di tale patrimonio e ne favoriscono la pubblica fruizione. In particolare, gli enti citati e ogni altro ente pubblico (ai sensi dell’art. 2 C.A.D., che rinvia quanto all’ambito di applicazione all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) hanno l’obbligo di conservare i propri archivi nella loro organicità e di ordinarli.

L'art. 43 del C.A.D. stabilisce, ancora, che i documenti informatici, dei quali è prescritta la conservazione per legge o regolamento sono conservati “ in modo permanente con modalità digitali ” nel rispetto delle regole tecniche. Pertanto la produzione di documenti informatici implica anche la loro conservazione in modalità informatica e pone in evidenza la necessità di evolvere la tradizionale funzione conservativa dei documenti in modalità idonee a conservare i documenti con sistemi informatici.

In tali termini, non solo non emerge la distinzione affermata dal giudice di primo grado e dall’amministrazione quanto alla natura degli atti, ma in realtà emerge come la conservazione costituisca ormai un fattore fondamentale per la sostenibilità del processo di dematerializzazione. La conservazione risulta, del resto, strettamente connessa e completare ai principi di accessibilità e trasparenza e necessariamente di buona amministrazione secondo il canone di cui all’art. 97 della Cost..

Il tempo di conservazione, come ricordato dall'art. 43 del C.A.D. può essere “ permanente ”,

o “ a lungo termine ”, e comunque finalizzata ad impedire proprio la perdita di informazioni.

Diversamente le procedure di scarto sono espressamente disciplinate e rientrano nei compiti specifici del servizio per la gestione dei flussi documentali di cui agli artt. 61 e ss. del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (quanto ai documenti informatici, art. 5 del d.P.C.M. 3 dicembre 2013).

V – Dunque, nel caso che occupa, non solo non trova conferma l’applicazione della disciplina civilistica, ma risulta uno specifico obbligo dell’Amministrazione di conservazione, anche attraverso gli strumenti tecnologici della documentazione, senza il limite temporale ravvisato dal Tar.

Ne discende che il primo motivo di appello è fondato, con la conseguenza che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, deve essere dichiarato il diritto all’ostensione di quanto richiesto nell’istanza di accesso, senza limitazioni temporali, e non ancora reso disponibile alla parte.

VI – Con riguardo alla regolamentazione delle spese di giudizio, la compensazione in primo grado trova comunque giustificazione per un verso nell’avvenuta ostensione con riferimento al comportamento assunto dall’Amministrazione, e per altro, nella particolarità della questione affrontata.

VII – Tale peculiarità della fattispecie, unita alla assenza di sistematicità e chiarezza del quadro normativo, oggetto di modifiche anche recenti, giustifica la compensazione anche nel presente grado di giudizio.

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