CGARS, sez. I, sentenza 2023-06-05, n. 202300387
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Testo completo
Pubblicato il 05/06/2023
N. 00387/2023REG.PROV.COLL.
N. 01105/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1105 del 2022, proposto dalla società
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P M M e M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'interno, Ufficio territoriale del Governo Catania, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato domiciliataria per legge in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania, (Sezione Quarta) n. 02147/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e dell’Ufficio territoriale del Governo Catania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2023 il Cons. Antonino Caleca e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Viene in decisione l’appello proposto dalla società -OMISSIS- (di seguito solo “ES”) avverso la sentenza n. 2147 resa il 1^ agosto 2022 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. IV.
La ES adiva il Tar per chiedere l’annullamento:
-del provvedimento n. 46263 dell’11 maggio 2021 con il quale veniva comunicato, anche agli effetti dell’art 10 bis della l. 241/90, che la ricorrente era stata interdetta ai sensi degli artt. 84, 91 e 94 del d.lgs. n. 159/2011;
-del provvedimento n. 54114 del 31 maggio 2021 emesso dal Prefetto di Catania con il quale veniva rigettata la domanda di rinnovo dell’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di infiltrazione mafiosa di cui all’art 2 del d.P.C.M. 18 aprile 2013 in ragione del precedente provvedimento interdittivo indicato.
2. A sostegno del ricorso venivano dedotte le seguenti censure:
-violazione e falsa applicazione degli artt. 84, comma 4, 89 bis, 91 comma 6, e 94 del d.lgs. 159/2011, degli artt. 41 e 97 della Costituzione, eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e carenza di motivazione. A detta della ricorrente il Prefetto avrebbe fondato il provvedimento interdittivo recependo acriticamente il contenuto dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Catania n. 2025/18 R.G.N.R. - n. 3260/20 R.G. del 29 maggio 2020, con la quale erano state disposte misure cautelari e personali nei confronti, tra gli altri, di N. G. socio di ES e suo legale rappresentante sino al 14 luglio 2020, del fratello F.G. e del figlio D. G, nonché del decreto del G.I.P. del Tribunale di Catania n. 9763/20 R.G.N.R. – 6378/20 R.G. del 19 dicembre 2020, che disponeva il rinvio a giudizio; il Prefetto non avrebbe adeguatamente valutato, invece, il contenuto dell’ordinanza dello stesso G.I.P. del 12 novembre 2020 che , decidendo in ordine ad una richiesta di misura interdittiva avanzata dal Pubblico ministero aveva, in motivazione, escluso ogni pericolosità sociale in capo alla società e aveva positivamente apprezzato le misure adottate da ES ai sensi del d.lgs. 231/2001 avendo provveduto a cambiare i propri vertici ed adottare modelli organizzativi virtuosi.
-violazione degli artt. 93, co 7, del d.lgs. 159/2011 e 32, co 10 del D.L n. 90/2014, eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione. La ricorrente lamentava la violazione delle norme indicate perché la Prefettura non aveva instaurato alcun contraddittorio con la parte, per verificare in concreto la possibilità di adottare strumenti differenti dall’interdizione antimafia.
3. Si costituiva nel giudizio di primo grado l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso e chiederne la reiezione.
4. Con ordinanza cautelare n. 508 del 14 settembre 2021 il giudice di prime cure respingeva ha l’istanza cautelare proposta con il ricorso in esame. Questo Consiglio accoglieva l’appello cautelare ai fini della celere trattazione del merito.
5. La sentenza di primo grado respinge il ricorso in ragione del rilievo che:
-il decreto di rinvio a giudizio è relativo al delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. e costituisce ex art. art. 84, co. 4 lett. a) d. lgs. 159/2011 provvedimento da cui desumere “i tentativi di infiltrazione mafiosa”;
-L’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Catania del 12 novembre 2020 di rigetto della richiesta del P.M. di applicazione della misura dell’interdizione della ES dall’esercizio dell’attività per mesi due, opera in un ambito diverso da quello dell’interdittiva antimafia ed è anche un provvedimento antecedente rispetto al decreto di rinvio a giudizio;
-le misure organizzative adottate ex d.lgs. 231/2001 sono irrilevanti e non costituiscono elementi di novità tali da superare il giudizio prognostico dell’Amministrazione, legittimamente fondato sulle condotte che hanno determinato il rinvio a giudizio dei soci sospetti;
-nei procedimenti finalizzati all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva la partecipazione procedimentale subisce una ragionevole compressione ed è garantita unicamente nell’ipotesi residuale di cui all’art. 93, comma 7, d.lgs. 159/2011 a rigore del quale “il prefetto competente al rilascio dell’informazione, ove lo ritenga utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite invita, in sede di audizione personale, i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione ritenuta utile”.
6. Propone appello la società soccombente in primo grado.
7. Con i primi due motivi di appello vengono riproposte le censure già vagliate, in parte, dal giudice di prime cure.
7.1. Si afferma, con il primo motivo, che la sentenza sarebbe errata perché non avrebbe adeguatamente rilevato che il Prefetto nell’adottare l’informazione impugnata avrebbe omesso di valutare quanto accertato dal G.I.P. con l’ordinanza con la quale ha deciso sulla richiesta di misure interdittiva avanzata dalla Procura. Il G.I.P. avrebbe escluso ogni pericolosità sociale ed avrebbe dato atto che i rapporti della ES con i principali indagati avrebbero avuto una durata temporanea brevissima e rappresenterebbero una mera parentesi nella sua vita imprenditoriale che, per il resto sarebbe priva di ogni precedente penale e di polizia. Le misure organizzative adottate e l’allontanamento dei soggetti sfiorati dalle indagini rafforzerebbero la capacità della ES di resistere ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa.
7.2. Con il secondo motivo si torna a censurare il mancato rispetto delle garanzie partecipative. Se fossero state rispettate tali garanzie, l’appellante,avrebbe potuto fornire all’Autorità prefettizia “tutti i necessari chiarimenti, provvedere