Corte di Giustizia di primo grado Trieste, sez. I, sentenza 04/01/2024, n. 4

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte di Giustizia di primo grado Trieste, sez. I, sentenza 04/01/2024, n. 4
Giurisdizione : Corte di giustizia tributaria di primo grado di Trieste
Numero : 4
Data del deposito : 4 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 24.7.2023 la società aaa, in persona del legale rappresentante pro tempore, impugna l'avviso di accertamento suppletivo e rettifica prot. 11261/RU e l'atto di irrogazione immediata prot. 11267/RU entrambi del 24.5.2023 emessi dall'Ufficio delle dogane di Trieste, nonché l'avviso di presa in carico dell'Agenzia delle dogane di Brescia, emessi per disconoscimento del regime agevolativo daziario per le merci importate dalla Turchia ma di origine cinese.

Afferma la società ricorrente che, a seguito di verifica della Sezione anti-frode della dogana, erano state sottoposte a revisione numerose dichiarazioni doganali di importazione di biciclette elettriche (e-bike) (come specificate in ricorso) con origine Turchia. La dogana contestava l'errata indicazione del paese d'origine delle bici elettriche in forza del richiamo di un rapporto dell'OLAF secondo il quale sarebbe stato accertato che "in Turchia non vi è stata alcuna produzione di biciclette elettriche e che le stesse, essendo state solo lì assemblate hanno conservato la loro origine cinese" e tale accertamento avrebbe riguardato anche la società turca bbb con sede in Izmir, quale fornitrice delle bici elettriche alla ricorrente. La dogana, quindi, sulla base del rapporto OLAF, concludeva che in Turchia erano state realizzate solo "semplici operazioni di assemblaggio" non sufficienti per far perdere l'origine cinese della maggior parte dei materiali.

La società aaa esperiva diritto di accesso agli atti chiedendo di poter visionare il rapporto OLAF per poter controdedurre ma tale ostensione veniva negata trattandosi di atti riservati.

La ricorrente evidenzia che, a quanto di sua conoscenza, nel caso di specie non si era verificato un semplice assemblaggio di pezzi, di presunta origine cinese, ma una complessa attività di montaggio con un articolato processo di fabbricazione da parte della bbb turca, fabbrica che ha una capacità produttiva annuale di ca. 80.000 motocicli e ca. 50.000 biciclette elettriche.

Impugna gli atti emessi dall'Autorità doganale per violazione di legge ed erronea interpretazione sia del codice doganale che del regolamento doganale europeo e per carenza dei presupposti ed istruttoria ed inutilizzabilità del rapporto OLAF. Sostiene, con ampia motivazione e richiami normativi, che quì si abbiano per integralmente riportati, che non si sia trattato di mero assemblaggio ma di una complessa attività di montaggio, controllo, regolazione e messa a punto e che comunque l'indagine dell'OLAF, avvenuta nel 2022, sarebbe successiva alle importazioni avvenute nel 2020 e 2021 e quindi non utilizzabile per il caso di specie.

Impugna altresì sostenendo la buona fede dell'importatore e dell'errore dell'Autorità con conseguente obbligo allo sgravio dei maggiori dazi in ipotesi applicabili. Omessa applicazione della relativa clausola generale di equità. Essa, infatti, ha provveduto ad importare le bici non da un Paese terzo ma dalla Turchia, Paese a regime preferenziale;
la società fornitrice bbb è società leader del settore con rilevanti volumi di produzione e di esportazione in Europa ed altri Paesi nel mondo;
la ditta importatrice si è accertata mediante informazioni e sulla scorta della documentazione fornita dalla ditta esportatrice che le bici erano fabbricate in Turchia;
la ditta importatrice si è accertata che oltre alla documentazione commerciale le bici elettriche fossero scortate dal certificato ATR rilasciato dalle Autorità doganali turche nonché dal certificato di origine rilasciato dalla locale Camera di commercio turca;
ha verificato l'autenticità di detti certificati attraverso gli appositi applicativi. L'eventuale errore delle Autorità doganali turche non può essere imputato alla società importatrice. Richiama poi la generale clausola di equità ricorrente in tutti i casi particolari che non implicano frode o manifesta negligenza da parte del debitore.

Contesta, poi, la liquidazione dei maggiori diritti poiché l'Autorità doganale nella determinazione degli stessi non aveva ritenuto di scomputare i maggiori costi derivanti dalle lavorazioni effettuate in Turchia.

Lamenta, infine varie violazioni dello statuto del contribuente. Chiede, previa sospensione degli atti impugnati, l'annullamento degli stessi o, in subordine, la riduzione delle sanzioni, con vittoria di spese.

Con atto del 31.8.2023 il presidente accoglieva il provvedimento cautelare in via d'urgenza e rimetteva gli atti al collegio il quale, in data 12.9.2023, accoglieva l'istanza cautelare sottoponendo la stessa ad idonea garanzia da parte della società debitrice e compensava le spese della fase cautelare. Nella medesima udienza del 12.9.2023 il collegio disponeva la riunione al presente procedimento di quello sub n. 235/2023 RGR trattandosi dei medesimi fatti e delle medesime parti. In data 11.9.2023 la società ricorrente depositava relazione tecnica redatta dall'ing. ccc sulle operazioni di assemblaggio effettuate in Turchia, nella quale il tecnico concludeva affermando che le operazioni ivi compiute non potevano essere considerate un semplice assemblaggio in quanto le varie operazioni richiedevano personale specializzato ed attrezzature dedicate per la costruzione del manufatto anche per il rispetto delle precise norme del prodotto (EN15194) e norme di sicurezza (ISO 4210);
pertanto la costruzione delle e-bike era avvenuta attraverso una complessa fase di lavorazione che ha come risultato la fabbricazione di un nuovo prodotto ottenuto attraverso la trasformazione delle singole parti utilizzate nel processo di fabbricazione.

Con atto del 18.10.2023 si costituisce l'Agenzia delle dogane e monopoli sostenendo che, nell'ambito delle attività istituzionali, erano state sottoposte a revisione di accertamento quattro operazioni di immissione in libera pratica di e-bike di origine Turchia presentate alla Dogana di Trieste dalla società aaa.

Le bici elettriche risultavano acquistate dalla società turca bbb e, da una indagine effettuata dall'OLAF, le stesse erano state immesse in Italia senza pagare i dazi compensativi ed antidumping trattandosi di merce di origine cinese.

L'Ufficio preliminarmente contesta l'avvenuta riunione dei procedimenti in quanto gli stessi pendevano in stati e gradi diversi di giudizio e non essendovi connessione. Nel merito, motiva ampiamente circa l'utilizzazione del rapporto redatto dall'OLAF e nella possibilità da parte dell'Amministrazione di fare riferimento allo stesso senza avere l'obbligo di allegazione trattandosi di atti riservati. Richiama ampia giurisprudenza e normativa comunitaria. Ribadisce che le bici elettriche importate dalla Turchia erano di origine cinese e in Turchia erano state soltanto assemblate e indica l'elenco delle parti acquistate dalla ditta turca in Cina. Ribadisce che alla ditta importatrice non potevano essere riconosciute le quote individuali non avendone diritto in

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