Corte di Giustizia di secondo grado Liguria, sez. I, sentenza 09/02/2023, n. 111

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La Corte di cassazione ha specificato che, in caso di co-acquisto da parte di coniugi, per beneficiare della "agevolazione prima casa",  è sufficiente che uno soltanto fra i due abbia effettuato il trasferimento della residenza anagrafica nel Comune della abitazione acquistata, in quanto il requisito della residenza va riferito alla famiglia.  
Detta statuizione può essere estesa anche alla famiglia formatasi fuori dal matrimonio purché, ovviamente, con caratteristiche di stabilità e la cui sussistenza non sia in discussione, nella quale sia stata co-acquistato dai conviventi un immobile destinato ad abitazione principale (ed uno solo dei conviventi vi abbia trasferito la residenza anagrafica).
Ciò in quanto l'evoluzione legislativa  risulta sempre più indirizzata all'equiparazione  fra coppia di fatto e coppia unita in matrimonio da ultimo riconoscendo, in linea generale, la convivenza more uxorio con l'art. 1, commi 36, l. 20.5.2016, n. 76, definendo «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.
Nè può sostenersi che una siffatta interpretazione violi il divieto di estensione analogica di norme agevolative, posto che le previsioni normative in discorso non fanno mai riferimento a questa o a quella situazione familiare in cui viene a trovarsi l'acquirente agevolato; ma ancorano il beneficio al solo presupposto fattuale della residenza anagrafica.
Presupposto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, è sufficiente si verifichi per un solo appartenente al nucleo familiare coabitante.

Sul provvedimento

Citazione :
Corte di Giustizia di secondo grado Liguria, sez. I, sentenza 09/02/2023, n. 111
Giurisdizione : Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria
Numero : 111
Data del deposito : 9 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Richieste delle parti:

Appellante:

confermare integralmente la legittimità̀
e correttezza dell'avviso di liquidazione n. 20151T003189000

Con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio ai sensi dell'art. 15 decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V S ricorreva avverso avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni emesso dall'AGENZIA delle ENTRATE, Direzione provinciale La Spezia, in relazione a imposta di registro relativa all'acquisto, pro quota, di un immobile sito nel Comune di F. L'atto impugnato revocava il beneficio dell'aliquota agevolata al 4% per gli immobili non di lusso adibiti a prima casa di abitazione in quanto l'acquirente non aveva trasferito la propria residenza dal Comune di V, dove risiedeva, al Comune di F entro il termine di diciotto mesi.

La Commissione tributaria provinciale della Spezia, con sentenza n. 365 del 3.12.2018, accoglieva il ricorso, rilevando che la contribuente aveva acquistato l'abitazione pro quota unitamente al suo compagno e ivi si era trasferita per coabitarvi insieme ai figli. La residenza anagrafica presso l'immobile era stata trasferita solo dal compagno e co-acquirente M C ma ciò non era dirimente, dovendosi avere riguardo all'effettività dell'abitazione del nucleo familiare.

Proponeva appello l'Agenzia rilevando che, secondo la giurisprudenza di legittimità, si doveva attribuire rilievo solo alla residenza anagrafica dell'acquirente agevolato;
pacificamente non trasferita in F entro il termine di legge.

La contribuente non si costituiva in giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per giurisprudenza costante i benefici fiscali per l'acquisto della prima casa spettano esclusivamente al soggetto che abbia la residenza anagrafica o lavori nel Comune dove ha acquistato l'immobile da adibire ad abitazione principale senza che, a tal fine, possano rilevare la residenza di fatto, altre situazioni contrastanti con le risultanze degli atti dello stato civile ovvero la produzione di documenti di spesa in luogo della certificazione anagrafica (Cass. Sez. VI-5, 10072/2019;
3713/2017;
19684/2015;
8847/2015;
110/2015;
1530/2012. Sez. V, 6501/2018;
13343/2016;
2266/2014;
4628/2008;
1173/2008;
22528/2007;
18077/2002;
10051/2002;
10027/2001;
8377/2001).

Peraltro, la Corte di cassazione ha specificato che, in caso di co-acquisto da parte di coniugi, è sufficiente che uno soltanto fra i due abbia effettuato il trasferimento della residenza anagrafica nel Comune della abitazione acquistata, in quanto il requisito della residenza va riferito alla famiglia. Pertanto, ove l'immobile acquistato sia adibito a tale destinazione non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non ad una comune sede anagrafica ma alla coabitazione (Cass. Sez. V, 22557/2022;
13334/2016;
25889/2015;
16355/2013;
2109/2009;
13085/2003;
14237/2000. Sez. VI-5, 16604/2018).

Orbene, in tutti i suddetti arresti di legittimità, si fa riferimento al caso dei coniugi in regime di comunione legale.

Si osserva che non può avere rilevanza il regime patrimoniale adottato dai coniugi in relazione al beneficio fiscale richiesto. Non sussiste motivo per cui un immobile destinato ad abitazione familiare non possa godere del trattamento agevolativo sol perché i coniugi sono in regime di separazione dei beni e co-acquistano un immobile destinato a ricadere in comunione ordinaria anziché in comunione legale. Se lo scopo della normativa di favore è quello di favorire l'acquisto dell'immobile destinato a soddisfare le esigenze abitative primarie, nel caso in cui queste esigenze riguardino la famiglia ciò che rileva è che la famiglia si trasferisca nell'immobile medesimo ed il requisito formale del cambio di residenza anagrafico può essere soddisfatto anche in capo ad uno solo degli acquirenti, componente della famiglia.

Ma se così è, non vi è motivo per cui la comunione legale dovrebbe essere preferita alla comunione ordinaria, non potendosi deprimere il livello di agevolazione nei confronti di una coppia, sol perché coniugata in regime di separazione dei beni. D'altronde, il riferimento al co-acquisto in regime di comunione legale (o anche all'acquisto da parte di uno solo dei coniugi, destinato a provocare la ricaduta dell'immobile nella comunione legale, ex art. 177, comma 1, lett. a), c.c.), che può leggersi nelle citate sentenze di legittimità, discende unicamente dal fatto che i casi scrutinati dalla Corte Suprema concernevano tutti coppie che avevano adottato tale regime patrimoniale. Per contro, nessuna argomentazione viene spesa per escludere dal beneficio in questione coniugi che avevano scelto il regime della separazione dei beni.

L'indirizzo di legittimità sopra riportato, inoltre, fa riferimento unicamente al caso del co-acquisto da parte di una coppia unita in matrimonio. Ciò, non perché tale indirizzo abbia voluto scientemente escludere le coppie conviventi di fatto dall'applicazione del beneficio. Bensì, più banalmente, perché i casi sottoposti all'attenzione della Corte di cassazione concernevano solo coppie unite in matrimonio.

Nel caso di specie, così non è e ci si deve chiedere se il principio di cui sopra può riferirsi anche al caso della famiglia formatasi fuori dal matrimonio, nella quale sia stata co-acquistato dai conviventi un immobile destinato ad abitazione principale (ed uno solo dei conviventi vi abbia trasferito la residenza anagrafica).

Non si scorge motivo per non effettuare una equiparazione, ai fini in esame, fra coppia di fatto e coppia unita in matrimonio.

Le esigenze di protezione e di tutela approntate dall'ordinamento a favore delle famiglie fondate sul matrimonio, delle unioni civili sono ormai considerate, sia dal legislatore che dalla giurisprudenza di legittimità, fra loro paragonabili.

È
noto che vari interventi legislativi ricognitivi della convivenza more uxorio sono stati, poi, inseriti progressivamente nel nostro ordinamento, pur sempre con effetti limitati a situazioni particolari.

Una completa ricognizione dell'inserimento delle parole convivente e convivenza nell'ordinamento è
operazione, in questa sede, impossibile.

A mero titolo esemplificativo, si consideri l'art. 155-quater c.c. (in oggi art. 337-sexies c.c.), introdotto dall'art. 1, comma 1, l. 8.2.2006, n. 54, sulla cessazione del diritto all'abitazione nella casa familiare in caso di convivenza more uxorio del coniuge abitatario separato.

Si pensi all'intervento additivo sull'art. 6, l. 27.7.1978, n. 392, da parte di Corte cost. n. 404/1988, in tema di successione nei contratti di locazione di immobile urbano.

Alle normative regionali in tema di edilizia economica e popolare, ove si estende il nucleo familiare assegnatario anche al convivente more uxorio (Es. art. 12, l. Regione Liguria, 29.6.2004, n. 10. Art. 3, l. Regione Emilia-Romagna, 14.3.1984, n. 12. etc.).

Nell'ambito penale numerosi sono stati gli interventi del legislatore volti ad equiparare la protezione (e la responsabilità) già
accordata al coniuge, anche al convivente. Senza pretesa alcuna di completezza, si veda la modifica dell'art. 572 c.p. (art. 4, comma 1, lett. d), l. 1.10.2012, n. 172), con l'inclusione dei conviventi fra le possibili persone offese dal reato di maltrattamenti. L'introduzione del comma 8 nell'art. 602-ter c.p (art. 4, comma 1, lett. o), l. 172/2012) con la previsione di una specifica aggravante in capo al convivente per i delitti a sfondo sessuale in danno di minori.

Si pensi ancora all'art. 199, comma 3, lett. b), c.p.p. 1988, che riconosce al convivente, pur se non coniuge, la facoltà
di astensione dalla testimonianza.

Da ultimo, il legislatore - concludendo un incedere non più
arrestabile - ha espressamente riconosciuto, in linea generale, la convivenza more uxorio con l'art. 1, commi 36, l. 20.5.2016, n. 76, definendo «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità
o adozione, da matrimonio o da un'unione civile.

Il riconoscimento legislativo espresso non parifica la condizione del coniuge a quella del convivente di fatto, ma, indubbiamente, riconosce a quest'ultimo una situazione paragonabile a quella dovuta al primo.

Nella nozione di "vita familiare" di cui all'art. 8 C.E.D.U., oltre al rapporto di coniugio (Corte Edu, 28 maggio 1985, Abdulaziz, Cabales et Balkandali/Regno Unito, ricorsi nn. 9214/80 e altri;
26 marzo 1992, Beldjoudi/ Francia, ricorso n. 12083/86) sono stati inclusi: la relazione di fatto tra partner di sesso diverso (13 giugno 1979, Marckx/Belgio, ricorso n. 6833/74;
27 ottobre 1994, Kroon/Paesi Bassi, ricorso n. 18535/91;
26 maggio 1994, Keegan/Irlanda, ricorso n. 16969/90), la relazione tra due persone unite in matrimonio religioso (2 novembre 2010, Serife Yrdit/Turchia, ricorso. n. 3976/05) e la relazione tra partner dello stesso sesso, sia di fatto (24 giugno 2010, Schalk e Kopf/Austria, ricorso n. 30141/04;
7 novembre 2013, Vallianatos/Grecia, ricorso n. 29381/09 e altri) sia sotto forma di unione civile (14 dicembre 2017, Orlandi/Italia, ricorso n. 26431/12).

Non vi è ragione, pertanto, per non includere nell'indirizzo di legittimità sopra menzionato anche il caso del nucleo familiare non avvinto dal matrimonio;
purché, ovviamente, con caratteristiche di stabilità e la cui sussistenza non sia in discussione (nel caso di specie il nucleo è stato allietato dall'arrivo di due figli, il che rappresenta un sicuro indice di stabilità e di serietà del rapporto).

Non deve trarre in inganno il tradizionale principio, costantemente affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, della necessità di una interpretazione restrittiva delle norme in tema di agevolazione fiscale e dell'impossibilità di applicare benefici concepiti solo per i casi di matrimonio anche ai casi di unioni di fatto, convivenze o altro (vedi Cass. Sez. V, 20956/2022. Ma vedi anche Cass. Sez. V, 11416/2022).

Nel caso di specie, infatti, non vi è alcuna estensione analogica di norme agevolative, posto che le previsioni normative in discorso non fanno mai riferimento a questa o a quella situazione familiare in cui viene a trovarsi l'acquirente agevolato;
ma ancorano il beneficio al solo presupposto fattuale della residenza anagrafica. Presupposto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, è sufficiente si verifichi per un solo appartenente al nucleo familiare coabitante. Si tratta quindi solamente di definire il concetto di nucleo familiare ai fini dell'applicazione del beneficio ad ogni suo componente e ciò non comporta integrazioni analogiche o interpretazioni estensive della norma agevolativa, dalla quale esula ogni riferimento al matrimonio. Del resto, è pacifico che anche le coppie di fatto - ciascuno per la propria quota di acquisto - possano giovarsi della normativa di favore in esame (Cass. Sez. V, 20956/2022).

Ne consegue che il motivo di appello deve ritenersi infondato.

Nulla sulle spese in assenza di costituzione in giudizio della contribuente appellata.

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