Corte di Giustizia di secondo grado Umbria, sez. II, sentenza 05/08/2024, n. 267
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L'art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1997 prevede che, qualora concorrano eccezionali circostanze per le quali sia manifesta la sproporzione tra entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo. Successivamente l'art. 2 del D.Lgs. n. 203/1998 ha espunto dal testo della norma "eccezionali ricorrenze". Nel caso di specie l'ammontare delle sanzioni irrogate dall'ufficio risulta superiore, nonostante il cumulo, all'importo complessivo accertato. Le sanzioni per violazioni tributarie hanno carattere patrimonialmente afflittivo per il contribuente in quanto le inadempienze fiscali sono un "vulnus" all'ordine sociale e un pregiudizio ai cittadini virtuosi e quindi come tali hanno una funzione di deterrenza. Tuttavia, l'ammontare della sanzione deve essere proporzionato alla violazione. Infatti, quando, malgrado la corretta applicazione da parte dell'ufficio di tutti gli strumenti agevolativi, il risultato non è in linea con il principio di proporzionalità, si deve comunque, pur in mancanza di espressa prescrizione normativa e valorizzando un'interpretazione costituzionalmente orientata nelle more di una rivisitazione della materia, dare attuazione da parte dell'amministrazione al già vigente principio di proporzionalità.
Sul provvedimento
Testo completo
La xxxxx ha tempestivamente appellato la sentenza n. 38/23 con la quale la Corte di giustizia di primo grado di PERUGIA ha respinto il ricorso a suo tempo presentato in relazione all'avviso di accertamento meglio rubricato in epigrafe. L'Ufficio si è costituito in resistenza. Con il primo motivo di appello l'attore ha censurato la sentenza per vizio motivazionale "in quanto il Giudice non avrebbe esplicitato le ragioni in base alle quali ha raggiunto la decisione...esaminando in modo estremamente superficiale i motivi di ricorso". Il Collegio non accoglie il profilo di appello. Parte contribuente in vero porta delle censure di merito rispetto alla motivazione. Infatti una cosa è la motivazione di un provvedimento amministrativo, una altra è la condivisione della stessa. Il Giudice non è tenuto a valorizzare partitamente tutti i moltissimi documenti versati in causa, ma solo quelli che ritiene assorbenti , utili a dimostrare le ragioni del convincimento decisionale. Ciò non significa che non debbano essere considerati gli elementi di fatto e diritto portati dalla parte, con esclusione ovviamente di quelli astrattamente caratterizzati dalla cosidetta tecnica processuale espositiva della raggera. Senza voler anticipare la trattazione dei successivi motivi di appello, la sentenza manifesta con chiarezza il percorso decisionale seguito, ovviamente non condiviso dalla parte contribuente. Tuttavia la mancata condivisione della motivazione non significa che la stessa non sia presente. Giova a riguardo richiamare i principi generali che presidiano la stesura degli atti processuali, sentenze e memorie, atti che debbono essere caratterizati da una stesura sintetica, mai ripetitiva , mai ridondante. Principi che valgono non solo per le sentenze e le memorie, ma anche per gli atti di appello e delle relative controdeduzioni. Parte appellante in atto riprende numerosi passi della sentenza a quo, dai quali emerge con chiarezza che il Collegio ha ritenuto che i lavori non siano stati effettuati da xxxxx , mancando il relativo supporto documentale diretto. I lavori sono stati svolti da altre ditte . E ciò dopo aver superato i profili preliminari. Nessuna circolarità nel ragionamento motivazionale, nessuna omissione di pronuncia, fatto salvo per quanto riguarda l'aspetto delle sanzioni per errata applicazione della aliquota IVA (primo capo dell'avviso) . Tale tema sarà in seguito oggetto di particolare specifica trattazione di merito. In conclusione sul punto il Collegio ritiene la motivazione della sentenza coerente con i principi generali correttamente evidenziati dallo stesso attore: "la sentrenza deve contenere l'esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione , che debbono essere esposte, anche concisamente, ma in ordine....ciò al fine di consentire il controllo della sentenza e della legittimità della motivazione. " Il Giudice dunque ha rispettato i parametri della rilevanza e della concisione, a valorizzazione della chiarezza e completezza , ben potendo procedere applicando il principio della trattazione in base alla ragione più liquida, che , dando attuazione alla economia processuale e alla ragionevole durata, dispensa il giudice stesso dal dovere di trattare e istruire ogni singola questione . In particolare, il Giudice può incentrare la sua pronuncia su di una questione o su di un profilo ritenuti complessivamente rilevanti e assorbenti. La Corte di Cassazione ha a riguardo affermato che "il principio della ragione più liquida desumibile dagli articoli 24 e 111 della Costituzione - secondo il quale la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione ....- tutela le esigenze di economia processuale e di celerità del giudizi. " (ex multis Cass. Lavoro n. 9309/20)- A loro volta i principi di chiarezza e sinteticità hanno trovato specifica copertura normativa a partire dalla legge 206/21 , con correlati conseguenti arresti giurisprudenziali in un quadro in evoluzione favorito dalla diffusione del processo telematico. Principi di chiarezza e semplicità che - si ripete - debbono trovare riscontro non solo (doverosamente) nelle sentenze, ma altrettanto (doverosamente) nelle comparse e negli atti di ricorso e di appello. Con il secondo motivo di appello , l'attore censura la sentenza a quo per travisamento dei fatti in ordine alla eccepita illegittimità dell'avviso di accertamento per difetto di motivazione. In sostanza, l'appellante , dopo aver contestato la congruità della motivazione della sentenza impugnata, ripropone la questione della motivazione dell'avviso impugnato. Anche tale motivo di appello non è meritevole di accoglimento. Valgono le considerazioni generali relative al precedente punto. Parte appellante confonde la completezza della motivazione con la sua condivisione. L'avviso in questione risulta anche ad una lettura superficiale chiaro e completo, con un recupero a tassazione centralizzato sui rapporti intercorsi fra xxxxx e xxxxx, articolati su specifici e dettagliati rilievi. Il percorso istruttorio è parimenti bene illustrato, così come sono evidenziate le prove ovvero le presunzioni a suffragio. Il Collegio ritiene di doversi esimere da ulteriori considerazioni a riguardo, in quanto ben poco è da aggiungere ad una semplice lettura del documento. Le censure portate in partricolare alla sentenza e quindi all'avviso o attengono al merito della motivazione o non sono pertinenti. Così non ha fiondamento l'argomentazione circa il "non essersi dato atto delle ragioni del mancato esercizio dei poteri istruttori sollecitati". L'Ufficio non aveva nessun obbligo di dare corso ad adempimenti istruttori ad impulso di parte avversa, con correlata implicita sostanziale inversione dell'onere della prova. In ogni caso, non sussistendo alcun obbligo di attivazione istruttoria, non poteva concretizzarsi alcun onere di relativa motivazione. Il Collegio rileva che l'Ufficio è unico ed esclusivo titolare della fase istruttoria prodromica alle contestazioni erariali, La partecipazione del contribuente al contraddittorio , pur fondamentale, non elide la titolarità esclusiva della funzione istruttoria, le cui eventuali carenze od omissioni potranno in ipotesi andare a inficiare l'atto conclusivo del procedimento. Senza però che tutto ciò abbia riguardo all'aspetto della completezza motivazionale dell'avviso. A ciò aggiungasi che dalla normativa vigente non si deduce alcuna sanzione di annullabilità per il mancato accoglimento di sollecitazioni istruttorie (ammissibili nel rispetto del richiamato principio di titolarità esclusiva) e, tanto meno, per la omessa o insufficiente motivazione di rifiuto di accoglimento. E tanto soprattutto quando, come in fattispecie, dal complesso strutturale ed argomentativo dell'avviso emerge un quadro per cui le sollecitazioni risultano irrilevanti ed incongrue. Va peraltro sottolineato che l'Ufficio ha recepito in buona parte le sollecitazioni istruttorie, molte delle quali non sono andate a buon fine per oggettiva impossibilità di acquisizione dei dati e dei documenti indicati (circostanza questa evidenziata in avviso). Altre si palesavano del tutto ultronee, quali ad esempio il richiamo allo "spesometro" per evidenziare il rapporto asseritamente intercorso fra la xxxxx e i suoi subappaltatori. Giova a riguardo richiamnare i principi che regolano l'assetto dell'onere probatorio, incentrati sul collegamento fra l'allegazione di un fatto e la sua prova. Ne discende , in fattispecie, che allorchè la parte ha introdotto un fatto o una argomentazione non può demandarne la ricerca della prova a controparte. Infine , sempre per restare sul secondo motivo di appello, il Collegio rileva che, contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante, sono espressamente indicate le norme legittimanti la verifica fiscale ("lo scrivente Ufficio con invito numero 1000209/20 emesso ai sensi dell'articolo 51 del dpr 633 e 32 del dpr 600...," Il terzo motivo di appello riguarda la censurata "omessa pronuncia ai sensi dell'articolo 112 relativamente alla illegittimità dell'avviso di accertamento per eccesso di potere e abuso di potere". Tale motivo va respinto, in quanto il Giudice di prime cure ha correttamente fattro applicazione del principio della ragione più liquida. Il motivo, ora riproposto, può collocarsi, ad avviso del Collegio, un una prospettazione prossima alla "temerarietà". Parte appellante infatti onera l'Ufficio di eccesso di potere, in ordine ad un asserito sviamento nell'esercizio del potere istruttorio. Il tema della contestata carenza istruttoria viene in realtà riproposto in pressocchè tutti i motivi di appello, con una oggettiva ripetitività e ridondanza. E ciò soprattutto quando parte appellante correla tale asserita carenza istruttoria sia in relazione all'aspetto motivazionale, sia a quello di merito. Il Collegio chiarisce subito che a suo avviso l'istruttoria è stata congrua e completa, ben rappresentata e sintetizzata nell'avviso. Naturalmente ben la parte può contestarne la conseguente decisione, ma non può andare ad impingere a concetti quali l'eccesso di potere e l'abuso del diritto. Giova ricordare che l'Amministrazione , nei recuperi fiscali, agisce nell'interesse immediato dell'erario e quindi della collettività dei cittadini e in quello mediato della concorrenza che viene alterata dai comportamenti evasivi che quindi vanno contrastati (ovviamente nel rispetto dellke forme di legge e delle tutele). A fronte di una attività di controllo doverosa e di fatture con caratteri obiettivamente "problematici" ed in presenza di soggetti con criticità fiscali , l'Ufficio altro non poteva fare se non attivarsi conducendo una istruttoria complessivamente articolata. Se non avesse agito in tal senso l'Ufficio sarebbe incorso nellla possibile iniziativa della Procura regionale della Corte dei conti per i conseguenti addebiti di responsabilità amministrativa. In appello, la contestazione circa l'istruttoria è genericamente