Corte di Giustizia di secondo grado Lombardia, sez. V, sentenza 18/01/2023, n. 161

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte di Giustizia di secondo grado Lombardia, sez. V, sentenza 18/01/2023, n. 161
Giurisdizione : Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia
Numero : 161
Data del deposito : 18 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Vxxxx Srl. operante nel settore della ristorazione, sottoscriveva con la Sxxxx Exxxx Sxxxx (oggi Exxxx Spa in liquidazione), due contratti di fornitura di energia elettrica.

In forza dei predetti contratti 2010 e 2011, la Società, nel periodo gennaio 2010 - dicembre 2011, corrispondeva ad Exxxx Spa una somma complessivamente pari a euro 4.413.953,94, di cui euro 273.348,65 a titolo di imposta addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica.

Con istanza di rimborso del 23 settembre 2020 la Ricorrente Vxxxx Srl chiedeva all'ADM il rimborso di euro 273.348,65, importo che la Società asseriva di aver versato nel periodo gennaio 2010 - dicembre 2011 a titolo di addizionale provinciale, relativamente alle accise sui consumi di energia elettrica. Nella predetta istanza veniva affermato che Exxxx Spa in liquidazione, in qualità di fornitore, aveva traslato le imposte addizionali di Vxxxx S.r.l. agli Enti competenti;
pertanto la Ricorrente - nella sua veste di consumatrice finale di energia elettrica - aveva versato al predetto fornitore un importo a titolo di imposta addizionale provinciale sulla corrispondente accisa, fornita nel periodo aprile 2010 - dicembre 2011.

Preso atto dello status giuridico del fornitore, la Società ricorrente ritiene di poter chiedere eccezionalmente il rimborso dell'accisa versata indebitamente anche nei confronti dell'A.D.M. essendo l'azione esperibile nei confronti del fornitore oltremodo gravosa -come nella fattispecie- in quanto per via della compromessa situazione economico-finanziaria di quest'ultima, tanto che, in data 02/07/2020, il Tribunale di Milano, Sez. Fallimentare, ha ammesso Exxxx Spa al concordato in bianco. Su tali premesse la Ricorrente concludeva chiedendo quanto sopra esposto.

Trascorsi ben più di novanta giorni dalla data di presentazione dell'Istanza di rimborso senza che l'Ufficio dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli competente si fosse espresso in merito, sull'istanza de qua si formava un provvedimento di diniego tacito;
ragion per cui la Società depositava ricorso avverso il suddetto diniego tacito, deducendo, anzitutto, l'illegittimità delle addizionali provinciali alle accise sull'energia elettrica versate anteriormente al 1° gennaio 2012, e ripercorrendo puntualmente l'excursus normativo che aveva indotto lo Stato italiano ad abolire l'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, ovverosia la norma istitutiva dell'addizionale all'accisa sull'energia elettrica, in quanto non compatibili con il diritto unionale (direttiva n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008).

Sul punto, Parte ricorrente richiamava la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e della Suprema Corte di Cassazione, univoche nell'affermare che, nel caso in cui il soggetto passivo del rapporto tributario (il fornitore di energia) verta in una situazione che rende impossibile o eccessivamente difficile il rimborso dell'imposta indebitamente fatturata, l'acquirente del bene in questione (il consumatore finale di energia elettrica) è legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle Autorità tributarie (l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli).

La Società dimostrava, quindi, la sussistenza, nel caso di specie, di tutti i requisiti di legge per il riconoscimento del diritto al rimborso delle accise indebitamente versate.

L'Ufficio Dogane e Monopoli si costituiva in giudizio con proprie controdeduzioni, con le quali asseriva - per la prima volta - la non spettanza del rimborso per carenza di legittimazione attiva in capo alla Società, la quale, a suo avviso, non avrebbe fornito alcuna prova in merito all'impossibilità o all'eccessiva difficoltà ad agire nei confronti della società fornitrice Exxxx Spa in liquidazione. Sosteneva, inoltre, che l'addizionale non rientrasse nella sfera di applicazione della Direttiva europea citata da C, poiché, a suo avviso, non sarebbe stata ricompresa nell'alveo delle "altre imposte indirette" ma avrebbe, piuttosto, costituito un'imposta accessoria rispetto all'imposta principale, con la quale avrebbe formato un unico tributo. Inoltre, a parere dell'Ufficio, lo spirito e la lettera della disposizione di cui all'art. 1, par. 2 della Direttiva non avrebbero consentito di riconoscerle efficacia immediata nei rapporti tra gli Stati membri ed i singoli. Da ultimo, riteneva ostativa al riconoscimento del diritto al rimborso de quo l'applicabilità al caso di specie del termine biennale decadenziale previsto dall'art. 14 del Testo Unico Accise ("TUA").

In data 8 settembre 2021, la Ricorrente depositava una memoria illustrativa con la quale replicava alle argomentazioni addotte dall'Ufficio nelle proprie controdeduzioni.

Con la sentenza n. 3622/10/2021 la CTP di Milano respingeva il ricorso e condannava la Ricorrente alle spese del giudizio per euro 2.000,00. Secondo i giudici di prime cure, l'art. 14, comma 2, del D.lgs. 504/95 (Testo Unico Accise) dispone nella versione vigente che l'accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata e che il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento. Pertanto il rimborso chiesto il 23/09/2020 delle accise versate nel periodo gennaio 2010 - dicembre 2011 è oltremodo tardivo. E comunque la Società non ha provato di essersi attivata nei confronti del proprio fornitore né a seguito della soppressione dell'addizionale in questione, avvenuta il 01/01/2012, né successivamente alla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo da parte del fornitore, procedura nella quale la Contribuente

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