Corte di Giustizia di secondo grado Marche, sez. I, sentenza 08/05/2024, n. 438
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La mancata valutazione dei documenti difensivi offerti dal contribuente all'Agenzia delle Entrate non si traduce in una nullità dell'avviso di accertamento. L'Amministrazione Finanziaria non è tenuta ad effettuare una specifica disamina degli atti difensivi prodotti dal contribuente (visura camerale e consulenza prestata da un intermediario) ma solo dare atto che il loro complessivo esame non conduce ad un esito diverso dall'emissione dell'avviso di accertamento.
Sul provvedimento
Testo completo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Con sentenza N. 55/04/2007 del 18/5/2007, depositata in Segreteria il 20/6/2007, la
Commissione Tributaria Provinciale di Pesaro aveva accolto il ricorso presentato dalla società M, avverso l'avviso di accertamento di cui sopra.
Il primo Giudice aveva ritenuto che, poiché nella presente vicenda si contesta, da parte dell'Amministrazione Finanziaria, l'utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti e poiché si doveva escludere, in capo all'utilizzatore delle stesse, la sussistenza di un onere ovvero di un obbligo di "...
sindacare le valutazioni giuridiche effettuate dall'emittente la fattura in quanto, in caso contrario, il cessionario diverrebbe un collaboratore, con supplenza in funzioni che appartengono alla Polizia Tributaria o agli Uffici Finanziari ... ", i costi dedotti da parte della M. potevano essere dedotti;quanto all'I.V.A, esclusa la consapevolezza ed, a maggiore ragione, la compartecipazione all'azione fraudolenta posta in essere dal soggetto emittente le fatture da parte della società contribuente, ugualmente doveva ritenersi illegittimo il recupero dell'imposta da parte dell'Agenzia delle Entrate.
In ordine, infine, all'applicazione del c.d. regime del margine dell'I.V.A. il primo Giudice aveva ritenuto indimostrato l'assunto dell'Amministrazione Finanziaria.
La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, adìta in sede di appello da parte dell'Amministrazione Finanziaria, aveva confermato, con sentenza n. 328/06/2009 del 9/10/2009, depositata il 27/11/2009, la prima decisione, anche con riguardo al regime del margine, sia perché l'oggetto del rapporto commerciale ineriva alla vendita di autovetture noleggiate a società comunitarie sia perché l'Ufficio non aveva depositato l'allegato n. 5 al p.v.c. della Guardia di Finanza.
L'Agenzia delle Entrate proponeva allora ricorso per cassazione che il Giudice di legittimità ha accolto rinviando il processo a questo giudice del rinvio.
Dalla lettura della sentenza di annullamento [1]
si ricava:
che la "prova" che l'Ufficio deve offrire per contestare la legittimità della fattura (ai fini della deduzione del costo e della detrazione dell'I.V.A.) può consistere anche in presunzioni semplici con la seguente precisazione: se si assume che si tratta di fattura concernente operazioni oggettivamente inesistenti - "...
cioè,
(che la fattura)
sia una mera espressione cartolare di operazioni mai poste in essere da alcuno e, quindi,
(l'Ufficio)
contesti l'indebita detrazione dell'I.V.A. e/o deduzione dei costi, ha l'onere di fornire elementi probatori del fatto che l'operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una cartiera) ed, a quel punto, passerà sul contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate. Quest'ultima prova non potrà consistere nell'esibizione della fattura, nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili e dei mezzi di pagamento adoperati i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia.
";qualora, invece, si tratti di fattura relativa ad operazioni soggettivamente inesistenti, ossia l'Ufficio ritenga che "...
la fattura sia stata emessa da soggetto diverso da quello che ha effettuato la cessione o la prestazione in essa rappresentata ", con riferimento all'I.V.A. si deve ritenere che la stessa non sia detraibile: "...
l'imposta è stata, infatti, versata da un soggetto non legittimato alla rivalsa né assoggettato all'obbligo di pagamento dell'imposta: non entrano, cioè, nel conteggio del dare e dell'avere ai fini I.V.A. le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate in quanto tali fatture riguardano operazioni, per quanto lo riguarda, inesistenti ed a nulla rileva che le medesime fatture costituiscano la copertura di prestazioni acquisite da altri soggetti ";
che, nel caso di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, rileva la buona fede dell'utilizzatore nel senso che, in aderenza ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, per escludere il diritto alla detrazione (diritto "rilevante" a livello comunitario attesa la natura di imposta armonizzata), occorre dimostrare che il contribuente - utilizzatore della fattura abbia partecipato "...
ad un'operazione che si iscriveva in un'evasione dell'I.V.A. ... indipendentemente dalla circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall'utilizzo dei servizi nell'ambito delle operazioni soggette ad imposta da lui effettuate a valle.
";per contro, se tale "...
soggetto passivo ... non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l'operazione interessata si iscriveva in un'evasione commessa dal fornitore ... " non può essere negato il diritto a tale soggetto di detrarre l'I.V.A. versata;
che, nel caso di fatture relative ad operazioni (solo) soggettivamente inesistenti, spetta "...
all'Amministrazione Finanziaria dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un'evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle della catena di cessioni.
";
che, per quel che riguarda i costi portati in fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, fermo quanto disposto dall'art. 14 - comma 4^
bis - L. 24/12/1993 n. 537, essi sono deducibili anche "...
nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni ... ", nel rispetto dei principi fissati dal T.U.I.R. (determinatezza, inerenza, etc. di tali costi).
In attuazione dei sopra riportati principi di diritto, la Suprema Corte ha, quindi, affermato:
1. che la società M. "...
ha pienamente diritto a dedurre i costi di cui alle fatture oggetto di contestazione anche nell'ipotesi della piena consapevolezza della stessa in ordine alla falsità ideologica delle fatture medesime e del comportamento fraudolento dei cedenti " con la precisazione che "...
spetta... al Giudice di merito... valutare che nella deduzione dei costi siano stati rispettati i sopra menzionati principi
di effettività, di inerenza, di competenza, di certezza, di determinatezza e di determinabilità " dei costi dedotti;
che, quanto all'I.V.A., il Giudice della sentenza cassata con rinvio non aveva applicato correttamente la disciplina in punto di riparto dell'onere della prova: "...
la C.T.R. non ha tenuto conto del fatto che, a fronte dei numerosi elementi indiziari relativi alla fittizietà della società interposta (risulta dall'avviso di accertamento ... che: a) la C.S. non dispone di un'idonea struttura aziendale, non dispone di personale dipendente e non ha tenuto le scritture contabili nè fiscali né amministrative, svolgendo unicamente attività di interposizione tra fornitore estero e cliente nazionale;b) la B.. non dispone di strutture attrezzature e di mezzi di impresa, non ha provveduto all'adempimento degli obblighi fiscali e non ha mai emesso fatture per intermediazione commerciali);gravava sul contribuente l'onere di spiegare come mai non era stato in grado di rendersi conto di stare negoziando con potenziali autori di frodi I.V.A. Nella specie, inoltre, la C.T.R. non ha nemmeno spiegato le ragioni per le quali, trascurando gli elementi indiziari forniti dall'Ufficio, ha dato rilevanza esclusiva - ai fini di escludere la consapevolezza della frode in capo alla M. - alla circostanza che gli acquisti avvenivano a mezzo di intermediario (per quanto riguarda la C. S.) ovvero alle risultanze della visura camerale (con riferimento alla B. in relazione alla quale risultava una sede secondaria), non avendo, altresì, alcuna importanza, ai fini della presente controversia, né l'effettiva consegna della merce né l'effettivo pagamento della stessa.
";
che la disciplina del c.d. regime del margine di cui all'art. 36 D.L 23/2/1995 n. 41 convertito nella L. 22/3/1995 n. 85 costituisce una normativa eccezionale, derogatoria dei principi generali, sicché spettava alla Millemiglia s.r.l. fornire la prova dell'applicabilità, nel caso in esame, di tale normativa: "...
la C.T.R. delle Marche non
si è attenuta al superiore principio di diritto in quanto, da un lato, vertendosi in materia di compravendita di veicoli usati provenienti da proprietari comunitari che svolgevano operazioni di autonoleggio, doveva presumersi che questi ultimi avevano già detratto l'I.V.A. con conseguente insussistenza dei presupposti applicativi regime del margine e, dall'altro, non ha indicato quale sia stata la condotta diligente tenuta dalla M. nell'individuazione dei precedenti proprietari dei veicoli, tenuto conto dell'onere probatorio sulla stessa gravante e del fatto che la carta di circolazione prodotta riguardava una sola delle operazioni di cessione da parte della F. A.
s.r.l. relativa all'anno d'imposta 2004 in contestazione.
";
che le censure alla legittimità formale del provvedimento impugnato (difetto di motivazione, mancata allegazione di atti evocati nello stesso, etc.) [2]
erano rimaste impregiudicate e che la parte interessata, essendo stata "...
cassata la sentenza impugnata, potrà fare valere nuovamente le stesse, rimaste impregiudicate, davanti al Giudice del rinvio ".
Da ultimo, la Corte ha precisato che l'oggetto del processo - ora devoluto a questo Giudice del rinvio - riguarda unicamente l'I.V.A. e " l'erronea applicazione del regime del margine " e non anche l'IRPEG e l'IRAP.
La società contribuente ha proposto tempestivo ricorso in riassunzione.
In via preliminare, vengono (ri)proposte le seguenti censure di natura formale, non esaminate nei precedenti giudizi di merito in quanto ritenute "assorbite" - dal Giudice di legittimità - per effetto dell'accoglimento dei motivi riguardanti il merito, ossia:
violazione dell'art. 12 comma 7^ dello Statuto dei contribuenti non avendo il provvedimento impugnato esaminato il contenuto della memoria prodotta dalla società nel corso della fase procedimentale, essendosi l'Ufficio limitato a stabilire che le argomentazioni illustrate in tale memoria "...
non appaiono da sé sole sufficienti a modificare i rilievi di cui sopra ": tale é motivazione assolutamente inidonea a giustificare il rigetto della censura;
difetto di motivazione del provvedimento impugnato: l'Ufficio ha negato l'accesso a documenti solamente citati e non allegati all'avviso di accertamento impugnato, assumendo che essi inerivano a posizioni di soggetti terzi meritevoli di tutela: [3]
"...
appare evidente come il contribuente non sia stato messo in grado di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, avendo l'Ente procedente omesso del tutto di motivare l'atto oggetto di gravame e, cosa ancor più grave, in virtù di "non meglio precisate" "ragioni di privacy" ... " riguardanti un soggetto terzo, peraltro, pure coinvolto nel medesimo accertamento fiscale;
l'avviso di accertamento è nullo per mancata allegazione di atti riguardanti la F. A..: trattandosi di atti indispensabili per permettere alla società contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa: tali documenti dovevano essere allegati all'avviso impugnato, come peraltro prescritto dalla circolare dell'Agenzia dele Entrate dell'1/8/2000 n. 150E;sostiene, inoltre, la parte privata che l'obbligo di allegare all'avviso di accertamento gli atti dai quali essi si alimenta è prescritto a pena di nullità, sanzione che il legislatore ha ritenuto di positivizzare nell'art. 7 Statuto del contribuente.
Avuto riguardo al merito, vengono introdotti i seguenti motivi:
erronea contestazione circa l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione del c.d. regime del margine dell'I.V.A. Si assume, in proposito, che il provvedimento impugnato che esclude, nella presente vicenda, l'operatività di siffatta normativa sia errato in quanto: a) "...
neppure l'Ufficio, che dispone di mezzi di indagine ben diversi rispetto a quelli della ricorrente, è riuscito a dimostrare, provare e motivare se il venditore F. A. poteva effettuare le cessioni, adottando il regime del margine ";b) il provvedimento impugnato non riporta alcuna motivazione al riguardo;c) solo nel corso del giudizio di appello - e, dunque, in violazione di quanto previsto dall'art. 57 D.Lvo 31/12/1992 n. 546 - l'Ufficio ha sostenuto che "....
le autovetture acquistate con il regime del margine erano in precedenza intestate a soggetti svolgenti, notoriamente, attività di autonoleggio ", affermazione, peraltro, non fondata su alcun "documento probatorio" e sconfessato dalla ricevuta n. 75 dell'11/9/2007 RGA 1003/2007 (allegato n. 1) del ricorso introduttivo";
l'onere di provare la natura di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti grava sull'Ufficio così come grava sull'Ufficio l'onere di prova circa la consapevolezza di tale fittizietà soggettiva in capo alla società Millemiglia s.r.l.: " L'Ufficio sostiene che le ditte C.S. di L. B. A. e B. A.. non esistevano mentre da una ricerca effettuata presso la CCIIAA è emerso che la C.S.di L. B.A.era attiva fino al 16/4/2004 ed era regolarmente iscritta alla CCIIAA di Pescara al N. rea 119700 già dall'anno 2002 ... mentre la B. A.. risultava iscritta alla CCIIAA di Bologna al n. rea XX.. e risultava addirittura intestataria di un'autorizzazione per il commercio di auto ed agenzia d'affari per la vendita di autoveicoli usati rilasciata dal Comune di Misano Adriatico per il negozio sito nello stesso comune in via ...... ". Si sottolinea, inoltre, che "...
gli acquisti effettuati da C.S. venivano effettuati dalla ricorrente non direttamente ma tramite intermediario - sig. C. P. - che, come verbalizzato dalla G.d.F. nel verbale di sequestro del 14/05/2004, emetteva regolari fatture per le mediazioni (fattura n. 19 del 10/12/2003 e fattura n. 5 del 10/02/2004, entrambe sequestrate ed acquisite dalla Guardia di Finanza con il predetto verbale del 14/5/2004.
";
poiché è stato dimostrato che la società contribuente ha regolarmente venduto le auto di cui alle fatture
de quibus , è del tutto evidente che l'acquisto, inteso come operazione commerciale, fosse realmente (in precedenza) avvenuto di guisa che "...
non è possibile non riconoscere alla M. i costi relativi all'acquisto di dette auto perché, in caso contrario, verrebbero tassati i ricavi e non i redditi in violazione del principio della capacità contributiva posto dall'art. 53 Costituzione.
";
l'ammontare della sanzione inflitta è errato giacché "...
nella denegata e non creduta ipotesi di mancato accoglimento delle principali istanze, la sanzione andrà a rideterminata in applicazione della norma più favorevole al contribuente in applicazione dell'art. 3 D.Lvo n. 472/97.
".
Si è costituita in giudizio l'Agenzia delle Entrate.
Ha premesso l'Ufficio che " La presente vertenza prende le mosse da un processo verbale di constatazione ... redatto il 16 marzo 2005 dalla Guardia di Finanza - Comando Compagnia di Pesaro - a carico della società M.. (esercente l'attività di "Commercio di autovetture e di autoveicoli leggeri"), e relativo a più anni di imposta e, segnatamente, 2001, 2003 e 2004. Detto atto istruttorio ha, dunque, generato, in relazione alla posizione fiscale della società, un complesso ed articolato contenzioso ... Giova premettere che per l'anno di imposta 2011 la Guardia di Finanza rilevava, ai soli fini I.v.a., l'illegittima applicazione del "regime del margine" in relazione agli acquisti di auto effettuati per il tramite della ditta individuale di M.M.avente sede a Riccione. Il rilievo scaturiva, a sua volta, da un controllo eseguito nei confronti della suddetta ditta fornitrice in esito al quale la Guardia di
Finanza di Rimini concludeva per l'erronea applicazione del regime agevolativo del margine. Facendo proprie le risultanze del p.v.c., l'allora Ufficio di Pesaro emise a carico della società sia l'avviso di accertamento (n. XXXXXXXXXXX) per il recupero dell'I.V.A. erroneamente non applicata e sia l'atto di contestazione (n. XXXXXXXX) per l'irrogazione della sanzione prevista dall'art. 6, comma 8, del d.lgs. 471/1997 per l'ipotesi di omessa autonoma regolarizzazione di fatture irregolari ricevute. Entrambi i provvedimenti testé menzionati si limitavano a contestare, dunque, le irregolarità riscontrate in relazione ai rapporti intercorsi con la ditta individuale di M. Il ricorso presentato dalla società
M., in relazione ad entrambi gli atti, venne accolto dalla Commissione Tributaria
Provinciale di Pesaro con sentenze n. 126/04/2006 (emessa in relazione all'avviso di accertamento) e n. 123/04/2006 (emessa in relazione all'atto di contestazione). Dette sentenze, in assenza di gravame dell'Ufficio, passarono in giudicato.
".
Con riguardo, invece, agli anni d'imposta 2003 e 2004 oggetto del presente processo " Il rilievo scaturiva, a sua volta, da due segnalazioni trasmesse, rispettivamente, dalla Guardia di Finanza di Pescara e dalla Guardia di Finanza di Bologna. Più in dettaglio, gli organi verificatori, in esito ad autonome attività investigative svolte nel settore del commercio di auto, avevano accertato che due imprese fornitrice della M., la "C.S.di L. B. A.", con sede in MONTESILVANO (PE), e la "B. A.." con sede in BOLOGNA, costituivano delle vere e proprie "cartiere" che acquistavano e vendevano auto solo cartolarmente, così interponendosi fittiziamente tra i cedenti e l'effettivo acquirente, la M. nel caso di specie. I militari della Guardia di Finanza avevano, dunque, accertato che le due cartiere effettuavano operazioni cartolari (di acquisto di auto da operatori comunitari e di successive rivendite) a soggetti nazionali al solo fine di interporsi fittiziamente in modo da far gravare su di esse ingenti carichi fiscali Iva, mai assolti, e consentendo, contestualmente, un'indebita detrazione di imposta a favore dei
cessionari italiani.
".