Corte di Giustizia di secondo grado Liguria, sez. I, sentenza 07/02/2024, n. 87
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La sanzione irrogata ai sensi dell'art. 303 TULD nella misura minima pari a 30.000 euro, a fronte di un'evasione di diritti doganali pari a 9.645,74 euro, è del tutto sproporzionata (essendo pari al 300% del tributo evaso) dovendo pertanto esser ridimensionata ed applicata nella misura del 100% del tributo evaso.
Sul provvedimento
Testo completo
Richieste delle parti:
CONCLUSIONI DELL'APPELLANTE "Tutto ciò premesso si chiede che codesta On. le Commissione Tributaria Regionale, rigettata ogni avversa eccezione, deduzione e pretesa, in riforma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Genova n. 103/6/2021 voglia dichiarare legittimo l'atto di irrogazione sanzioni prot. 8423/RU . Con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio." CONCLUSIONI DELL'APPELLATO "CHIEDE che codesta on. le Commissione confermi la sentenza impugnata per l'effetto annulli l'atto sanzionatorio impugnato, perché illegittimo, dichiarando per l'effetto non dovute le sanzioni pretese per tutti i motivi esposti. In via subordinata, Voglia codesta On.le Commissione ridurre al di sotto del minimo edittale la sanzione."
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO Con dichiarazione di importazione IM 4 n. 30959 del 23/12/2015 emessa dall'Ufficio delle Dogane di Genova 1, la Società H S.R.L. avvalendosi della rappresentanza diretta del Signor M C, importava merce di origine cinese indicata come "Moduli o pannelli fotovoltaici in silicio cristallino provenienti dalla Repubblica popolare cinese", dichiarando il codice Taric 8541409021-CADD B908 (al quale corrispondono dazio antidumping definitivo pari allo 0%, dazio compensativo definitivo 0% ed Iva al 22%). L' Ufficio, nell'ambito dell'attività di controllo e revisione (ex art. 48 del Reg. (UE) n. 952/2013 e art. 11 D.Lgs n. 374/1990 ), riscontrava nella fattura commerciale a corredo della dichiarazione doganale, la violazione del Regolamento di esecuzione UE n. 1238/2013 , che ha istituito un dazio antidumping definitivo e riscosso definitivamente il dazio provvisorio sulle importazioni nell'Unione di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e delle loro componenti originari o provenienti dalla Repubblica popolare cinese;in particolare l' art. 3 paragrafo 1 del citato Regolamento 1238/2013 prevede, per le società ivi menzionate, che: 1. Le importazioni dichiarate per l'immissione in libera pratica dei prodotti attualmente classificati al codice NC ex 8541 40 90 (codici TARIC 8541 40 90 21, 8541 40 90 29, 8541 40 90 31 e 8541 40 90 39), fatturate dalle società i cui impegni sono stati accettati dalla Commissione e i cui nominativi figurano nell'elenco di cui all'allegato della decisione di esecuzione 2013/707/UE , siano esenti dal dazio antidumping de quo, a condizione che: a) una società il cui nome figura nell'elenco di cui all'allegato della decisione di esecuzione 2013/707/UE abbia prodotto, spedito e fatturato i prodotti di cui sopra, direttamente o attraverso la sua collegata, anch'essa iscritta nell'elenco di cui all'allegato della decisione di esecuzione 2013/707/UE , alle società nell'Unione a esse collegate operanti come importatori che procedano all'immissione delle merci in libera pratica nell'Unione oppure al primo acquirente indipendente operante come importatore che proceda all'immissione delle merci in libera pratica nell'Unione;b) tali importazioni siano corredate di una
fattura corrispondente all'impegno, ossia di una fattura commerciale contenente almeno le informazioni e la dichiarazione di cui all'allegato III del presente regolamento;c) tali importazioni siano corredate da un certificato d'impegno per l'esportazione a norma dell'allegato IV del regolamento;e (d) le merci dichiarate e presentate in dogana corrispondano esattamente alla descrizione della fattura corrispondente all'impegno e altresì ha constatato la violazione del Regolamento di esecuzione (UE) n. 1239/2013 del Consiglio, del 2 dicembre 2013 , che ha istituito un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e dei relativi componenti originari o provenienti dalla Repubblica popolare cinese, in particolare l'art. 2. Alla luce di quanto sopra, con nota prot. 34025 RU del 12/11/2018 l'Ufficio notificava a mezzo pec, alla società importatrice H SRL e al rappresentante diretto Sig. M C, processo verbale di revisione dell'accertamento, rispetto al quale non veniva presentata alcuna osservazione. In data 14/12/2018 l'Agenzia procedeva ad emettere nei confronti sella società H SRL, atto di irrogazione immediata di sanzione amministrativa, non impugnato, e nei confronti del Sig. M C atto di contestazione (prot. 38120 RU del 14/12/2018) per violazione dell'art. 303 c.3 lett. T.UL.D. Avverso il suddetto atto il Sig. M C presentava deduzioni difensive in data 8/02/2019 chiedendo l'annullamento dell'atto. L'Agenzia rigettava le deduzioni del Sig. M C emettendo atto di irrogazione sanzione, quantificata in € 30.000. Avverso il suddetto atto il Sig. M C presentava ricorso;l'Agenzia delle Dogane e Monopoli comunicava diniego al reclamo. Con sentenza n. 103/6/2021 del 25/10/2019 depositata il 18/02/2021 e non notificata, la Commissione Tributaria Provinciale di Genova accoglieva il ricorso compensando le spese del giudizio. L'Ufficio delle dogane ha impugnato la sentenza deducendo:
Violazione dell'art. 303 TULD. La CTP di Genova ha ritenuto che le sanzioni possano trovare applicazione soltanto: "qualora le dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana con bolletta di cauzione, non corrispondano all'accertamento. Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate (sic) ha invece contestato la carenza, nella fattura n. KL 151108 del 08.11.15 , di requisiti formali che, se presenti, avrebbero consentito, all'epoca, di beneficiare dell'esenzione dai dazi o della riduzione delle aliquote del dazio antidumping\compensativo, e conseguentemente l'esposizione di un codice addizionale TARIC CADD non corretto. La violazione contestata non riguarda quindi la non conformità della qualità, della quantità o del valore delle merci rispetto alle risultanze dell'accertamento, ma, si ribadisce, la non conformità della fattura del fornitore estero ai requisiti previsti dalla normativa al fine di usufruire delle agevolazioni sui dazi (peraltro le suddette carenze sono state sanate dopo la contestazione dell'Agenzia, e non appaiono convincenti le argomentazioni di quest'ultima tendenti a sostenere che, nel caso di specie, tale sanatoria non sarebbe stata possibile)."
L'Ufficio obietta che non si tratterebbe di mera violazione formale, ma sostanziale che incide sulla qualità della merce e quindi sulla determinazione dei diritti dovuti. Detta fattura, già da principio, risultava irregolare perché priva dei requisiti previsti dai Regolamenti UE;l'aver indicato erroneamente nella casella 33 del DAU il numero di CADD B908 ed aver ottenuto un'esenzione daziaria di cui non si poteva godere, in base alla tipologia di fattura presentata, risulta essere un comportamento sanzionabile ai sensi dell'art. 303 T.U.L.D. D.P.R. 43/73 , in quanto tale informazione incide sulla qualificazione e tassazione della merce. Ha quindi errato il giudice di primo grado, a ritenere sussistente nel caso in esame una semplice violazione formale. L'Ufficio doganale fa rilevare che nelle deduzioni difensive presentate dal Sig. M C all'Ufficio di Genova 1 in data 08/02/2019 non viene in alcun punto eccepita la prescrizione triennale, sollevata per la prima volta solo nei motivi di ricorso. Circa l'eccepita illegittimità della sanzione e l'eccessiva sua onerosità obietta che, come chiarito dalla Cassazione con sentenza n. 6241/2013, occorre far riferimento alla insindacabilità della discrezionalità legislativa circa l'individuazione delle condotte punibili, in assenza di armonizzazione delle normative comunitarie in questo settore. Infine rileva che in capo all'autore materiale della violazione opera una presunzione di responsabilità del fatto, costituente violazione punibile che concorre a individuare una responsabilità a titolo sanzionatorio in ogni caso nei confronti dell'operatore doganale e quindi dello spedizioniere, in quanto la sua professionalità impone un rigore maggiore di quello che sarebbe applicabile a un operatore occasionale. Nella fattispecie concreta, la fattura commerciale allegata alla dichiarazione in questione non doveva ritenersi valida ai sensi e per gli effetti dei Regolamenti UE ed un operatore professionale esperto come il Signor M C avrebbe dovuto accorgersene. Quanto alla violazione del contradditorio fa notare che è pretestuoso affermare che l'atto di contestazione non sia adeguatamente motivato e che sia stato violato il diritto al contradditorio, in quanto da un'attenta lettura del processo verbale di revisione dell'accertamento di revisione, che costituisce parte integrante dello stesso, era possibile constatare quali fossero gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della pretesa tributaria e della conseguente responsabilità sanzionatoria. Sulla eccepita carenza di legittimazione in ordine alla sanzione, l'Agenzia osserva che la presentazione di una dichiarazione doganale equivale a una assunzione di responsabilità, da parte dello spedizioniere doganale o di altri soggetti appartenenti alle categorie di operatori economici che prestano servizi di intermediazione nel settore doganale, Rileva infine come risulti totalmente infondata l'istanza subordinata, di rideterminazione della sanzione secondo i parametri dell' art. 7 D. Lgs. 472/97 in quanto non pare ricorrano circostanze eccezionali, tali da giustificare la riduzione della sanzione, sino alla metà del minimo edittale, come richiesto dalla controparte, che invoca l'applicabilità della suddetta norma, senza peraltro esplicitarne i motivi. §§§ L'appellato si è costituito in appello controdeducendo: le fatture in questione erano state sottoposte a controllo da parte della Dogana immediatamente in fase di importazione. Nell'ambito di tale controllo
era stata accettata la fattura integrata dell'esportatore comprensiva dell'impegno necessario a ottenere la riduzione del dazio. Nessun altro rilievo era stato mosso, con passaggio della bolletta doganale in assoluta conformità. I requisiti contestati dall'Ufficio, mancanti parzialmente nella fattura immediatamente allegata alla dichiarazione, sono assolutamente presenti sulla fattura consegnata dall'importatore all'esponente e parimenti sul certificato di impegno, consegnate ancora durante il "controllo documentale in linea". Anche qualora alcune indicazioni fossero state omesse in prima battuta, le stesse evidentemente sono state immediatamente corrette, sanate e accettate dall'Ufficio. Sul primo motivo d'appello col quale l'Ufficio deduce che l'importatore ha indicato nella casella 33 del DAU un numero (CADB908), che dava diritto a un'esenzione daziaria, non corretto, osserva che in realtà l'importatore e il dichiarante non hanno utilizzato un codice non corretto all'importazione, bensì le fatture sono state annullate due anni dopo, senza alcuna colpa o negligenza né dell'importatore, né tantomeno del dichiarante. L'art. 303 TULD punisce le violazioni legate a errori dichiarativi inerenti la qualità, quantità e valore delle merci. Nel caso di specie il valore delle merci è stato indicato correttamente;successivamente è sopravvenuto un evento straordinario, a causa del quale le fatture allegate alla dichiarazione sono state annullate dall'Autorità unionale. Circa l'illegittimità della sanzione ed eccessiva onerosità argomenta che la sanzione si rivela eccessivamente gravosa e non dovuta, anche in relazione alle circostanze in cui sarebbe avvenuta la violazione ad opera di terzi. Ricorda che l'esponente ha agito in rappresentanza diretta e dunque non ha assunto alcuna obbligazione solidale cosicchè, salvo profili di negligenza grave, non risponde delle sanzioni. Rileva da ultimo che il Codice doganale unionale impone un dovere di proporzionalità della sanzione rispetto alla violazione contestata (art. 42 CDU) cosicchè la sanzione da 30.000 euro risulta del tutto sproporzionata. Quanto alla mancanza di colpevolezza osserva che la sanzione è stata irrogata a fronte di una fattura annullata dalla Commissione europea a causa della violazione dell'impegno da parte della società cinese produttrice dei beni importati. Tale violazione si sarebbe asseritamente concretizzata nell'aver venduto la merce soggetta ad impegno ad una presunta consociata unionale. Nessuna prova di tale violazione viene addotta dall'Ufficio, cosicchè appare estremamente ostacolato il diritto di difesa della parte esponente, che viene incolpata di una non meglio precisata negligenza. Nel caso di specie, in cui lo spedizioniere ha ricevuto istruzioni e documentazione dall'intermediario X e per esso dall'importatore, ritiene che la valutazione delle fatture non potesse essere oggetto di critica alcuna e nemmeno di sospetto da parte dell'esponente, che ha agito con perfetta diligenza. In ogni caso eccepisce difetto di legittimazione in ordine alla sanzione del rappresentante diretto, rilevando come la circolare 28 dicembre 2015, n. 22/D dell'Ufficio abbia ritenuto che la responsabilità dell'autore materiale di una violazione debba essere fondata sugli elementi del dolo o della colpa, ma nessun profilo di addebito traspare dalla scarna contestazione mossa nel processo verbale in oggetto. Inoltre laddove il rapporto fiscale faccia capo ad una persona giuridica, la sanzione deve essere emessa in forza del D.lgs. 253/2003 soltanto in capo a quest'ultima. Deduce infine violazione degli artt. 5 e 11, D.lgs. 472 del 1997 : il secondo comma di tale ultima norma precisa che "Fino a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero
compiuto gli atti illegittimi." Nel caso di specie, tuttavia la violazione contestata non è stata commessa dal dichiarante doganale. La sentenza è stata deliberata in data odierna, previa discussione "in presenza". RAGIONI DELLA DECISIONE L'appello dell'Agenzia delle dogane e monopoli è fondato. Non è dato anzitutto comprendere il riferimento al principio della ragione più liquida invocato dalla CTP di Genova, posto che la ragione (ratio decidendi) adottata dal giudice di primo grado non è quella più liquida, come può essere una pregiudiziale di pronta e facile liquidazione, bensì quella più complessa fra tutte quelle adottabili in relazione ai motivi di ricorso formulati dal ricorrente, richiedente come tale l'esame di varie non agevoli problematiche di merito. Detto questo anche le argomentazioni addotte dalla CTP non colgono nel segno. Emerge anzitutto una palese contraddizione di fondo laddove la CTP rileva che ferma restando la legittimità del recupero dei dazi non pagati non sarebbe applicabile la sanzione. Al contrario di quanto ritenuto, proprio il fatto che non siano stati pagati i dazi dimostra che la mancanza, nella documentazione presentata in dogana, dei requisiti prescritti dalle norme unionali è stata la causa di un'indebita iniziale evasione dei diritti e che pertanto le lacune lamentate dall'Ufficio non costituivano mere violazioni formali ma di sostanza, risolvendosi nella illecita utilizzazione di un'esenzione dai dazi antidumping che colpiscono le merci provenienti da un paese dominato da un'economia non libera (oltre che da un regime totalitario). L'articolo 77 del CDC - Codice doganale comunitario ("Immissione in libera pratica e ammissione temporanea") dispone:
"1. Un'obbligazione doganale all'importazione sorge in seguito al vincolo di merci non unionali soggette a dazi all'importazione a uno dei regimi doganali seguenti: a) immissione in libera pratica, compreso il regime dell'uso finale;b) ammissione temporanea con parziale esonero dai dazi all'importazione.