Corte di Giustizia di secondo grado Lombardia, sez. VIII, sentenza 10/09/2024, n. 2343
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso xxxx ha impugnato il diniego di rimborso Irpef relativa al periodo di imposta 2020 per € 21.037,00 derivante dall'applicazione, in sede dichiarativa, del c.d. "regime impatriati", regolato dall'art. 16 D. LGS. 147/2015. Premetteva di essere dipendente del Gruppo multinazionale xxxx dal dicembre 2011, di aver svolto la propria attività all'estero dal 2012, allorché si è iscritta all'Aire;
dal 2016 risultava distaccata dalla xxxx presso la consociata cinese;
ritornata nel febbraio 2020 in Italia;
dal settembre 2020 di aver ottenuto un nuovo inquadramento presso la società italiana;
di aver preso residenza a Milano dal dicembre 2020;
di risultare come soggetto fiscalmente residente in Italia, ai sensi delle disposizioni contenute nell'art. 2 del TUIR, per l'anno d'imposta 2020. Tali circostanze di fatto, documentate dalla ricorrente, non sono state contestate dall'Ufficio.
Poiché il datore di lavoro non ha applicato la disciplina incentivante, la ricorrente ha formulato istanza di rimborso all'Erario, impugnando il diniego.
Si costituiva l'Ufficio che contestava il fatto che la disciplina agevolativa non trovava applicazione per i lavoratori distaccati, richiamando a tal proposito la circolare n. 17 del 2017.
L'Ufficio richiamava anche la successiva risoluzione del 5 ottobre 2018, n. 76, con cui è stato chiarito che tale posizione restrittiva non preclude la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco, ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.
L'Ufficio, inoltre, sottolineava che con la circolare n. 33 E del 28 dicembre 2020, l'Amministrazione ha precisato che la "nuova" attività lavorativa che verrà svolta dal lavoratore dipendente al suo rientro in Italia, ovvero il nuovo ruolo aziendale, debba necessariamente porsi in linea di discontinuità con la precedente posizione lavorativa svolta in Italia prima dell'espatrio, e consegua dalla sottoscrizione di un "nuovo" contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco.
Con sentenza n. 2362/2023 pronunciata il 5 giugno 2023 e depositata in segreteria il 27 giugno 2023 la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano accoglieva il ricorso con condanna dell'Ufficio al pagamento delle spese di lite.
I Giudici meneghini motivavano la propria decisione ritenendo che l'interpretazione del quadro normativo applicabile al caso di specie fornita dall'Agenzia delle Entrate, specificatamente nella circolare 33 E sopra richiamata, sia errata in quanto incompatibile con la ratio della norma di cui all'art. 16 che è volta a favorire il rientro in Italia di lavoratori