Corte di Giustizia di secondo grado Umbria, sez. I, sentenza 06/07/2023, n. 230
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Dopo l'omologa della proposta di concordato preventivo l'Ufficio non ha titolo per l'emissione della cartella di pagamento perché i debiti maturati in epoca precedente alla presentazione della domanda di concordato (poi approvata ed omologata) devono essere onorati secondo i tempi e le modalità previsti dal concordato medesimo. Come ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 16755/2020 l'accertamento negoziale raggiunto dalle parti - cioè la transazione fiscale ex art. 182 ter legge fallimentare - esclude che l'amministrazione finanziaria possa emettere una cartella esattoriale per il recupero della somma oggetto di transazione fiscale.
Sul provvedimento
Testo completo
1.- L'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di Perugia ha proposto appello alla sentenza n. 178/01/2022, depositata il 13.6.2022, con cui la (allora) Commissione tributaria provinciale di Perugia accolse il ricorso della xxxxx (già xxxxx e, prima ancora, xxxxx) contro la cartella di pagamento n. xxxxx dell'importo complessivo di ? 10.289.224,32, comprensivo di imposte, sanzioni, interessi ed oneri accessori spettanti all'agente della riscossione. L'atto impugnato aveva a oggetto una pretesa impositiva accertata con controllo automatico per IVA e sanzioni relativamente agli anni 2016 e 2018 ex art. 54-bis d.P.R. n. 633/1972 e fu notificato il 25.11.2021 dopo che il Tribunale ordinario di Perugia, con decreto del 5.7.2019, aveva omologato il concordato preventivo richiesto dalla società, nell'ambito del quale le somme intimate sarebbero state oggetto di definizione con l'ente creditore ai sensi dell'art. 182-ter l.f. In particolare, la società contribuente aveva sostenuto che l'Ufficio non aveva alcun titolo per l'emissione della cartella poiché con l'approvazione della proposta ex art. 182-ter l.f. e la successiva omologa del concordato preventivo tutti i debiti maturati in epoca precedente alla data di presenta- zione della domanda di concordato (8.6.2018), compresa la pretesa tributaria di cui trattasi, avrebbero dovuto essere onorati secondo i tempi e le modalità previsti dal concordato medesimo, pena la viola- zione della par condicio creditorum e, relativamente alle somme in questione, il rischio di una duplica- zione di pagamento. L'appello è articolato in due motivi. Con il primo è censurata la carente motivazione della sentenza e l'omessa pronuncia su aspetti significativi della materia del contendere. Nonostante la peculiarità della fattispecie controversa e il consistente valore complessivo della lite, i giudici di primo grado si sono limitati a una scarna motivazione imperniata su alcune laconiche considerazioni delle norme che regolano la fattispecie (art. 168 l.f. e art. 25 d.P.R. n. 602/1973, nel testo modi-ficato dal d. lgs. n. 159/2015), senza dare compiutamente conto di tutti i profili di contestazione dedotti in giudizio, che vengono perciò puntualmente riproposti (come infra specificato). Con il secondo motivo di appello l'Agenzia delle entrate censura l'errata lettura degli atti di causa operata dalla Commissione provinciale. In primo luogo l'impossibilità di dare avvio ad azioni individuali durante la procedura di concordato, evidenziata dai giudici di prime cure, non tiene nel debito conto quanto più volte sottolineato negli atti dell'Agenzia. In effetti, proprio in base alla previsione dell'art. 168 l.f., la cartella in contestazione è priva di una reale efficacia esecutiva nel periodo compreso fra la sua emissione e il definitivo buon esito della procedura. In effetti, l'emissione della cartella risponde all'esigenza di predisporre un titolo da far valere unicamente nell'ipotesi di risoluzione, annullamento o revoca dell'accordo o, comunque, nell'eventualità di una mancata attuazione delle condizioni pattuite. In caso di regolare adempimento degli obblighi assunti dalla società è invece destinata ad essere completamente sgravata, così scongiurando l'ipotesi di una duplicazione di pagamento. In secondo luogo, è indicativa di un'imperfetta comprensione dei fatti controversi da parte dei giudici della Commissione provinciale la precisazione secondo cui, in caso di inadempimento degli obblighi concordatari, non potrebbero essere richieste integrazioni di crediti che non abbiano costituito oggetto della procedura. La cartella in questione non reca affatto pretese ulteriori rispetto a quelle dell'accordo transattivo: essa si riferisce soltanto ai crediti già ricompresi nell'accordo medesimo, ma non ancora accertati e formalizzati in atti impositivi, siccome indicati in semplici comunicazioni di irregolarità emerse in sede di controlli automatizzati ex art. 54-bis d.P.R. n. 633/1972. E ancora: è frutto di un'erronea interpretazione della norma anche l'ulteriore affermazione secondo la quale l'art. 25 d.P.R. n. 602/1973, nel testo vigente, prevede i termini entro i quali il concessionario deve notificare la cartella di pagamento per i crediti ricompresi nella procedura di concordato, qualora non soddisfatto (così da scongiurare eventuali rischi di decadenza nell'iscrizione a ruolo delle somme dovute, poiché nei casi di risoluzione, annullamento o revoca del concordato preventivo, l'agente del- la riscossione può comunque notificare la cartella relativa ai crediti anteriori entro il termine di decadenza di tre anni dal provvedimento che sancisce il venir meno dell'accordo). Tale affermazione, in- fatti, non considera che l'ampliamento dei termini di decadenza introdotto dalla novella del 2015 non comporta affatto che l'Agenzia possa procedere a iscrizione a ruolo soltanto dopo che il concordato sia stato, eventualmente, risolto, revocato o annullato, così che avrebbe sancito il diritto del contribuente a non vedersi iscrivere a ruolo le somme dovute se non dopo una determinata data. Al contra- rio, la norma tutela gli interessi erariali ampliando i termini decadenziali dell'azione amministrativa al fine di evitare il rischio che, nella sede fallimentare conseguente alle vicende risolutive del concorda- to, l'agente della riscossione non possa tempestivamente insinuare i crediti fiscali a causa dei tempi richiesti dalla trasmissione dei carichi e dalle successive attività di formazione e notifica delle cartelle. L'iscrizione a ruolo delle partite transatte quando ancora pende il concordato risponde dunque ad una scelta organizzativa per assicurare che la consegna dei ruoli avvenga nei tempi previsti (art. 19, comma 2, lett. a, d. lgs. 13.4.1999, n. 112). Infine, non è pertinente il richiamo a Cass. n. 16755/2020 perché riferita a fattispecie ben diversa da quella in esame: la pronuncia invocata aveva per oggetto cartelle relative ad avvisi di accertamento precedentemente notificati e successivamente definiti con transazione fiscale omologata (quindi cartelle che costituivano atti esecutivi di pretese impositive già formalizzate e divenute definitive);oggetto del presente contenzioso, invece, so-no cartelle emesse a seguito di controllo ex art. 54-bis d.P.R. n. 633/1972, che costituiscono i primi atti con cui le pretese fiscali vengono portate a conoscenza del contribuente. L'Agenzia appellante ha quindi riproposto le difese svolte in primo grado, così sintetizzabili. Escluso che l'omologazione del concordato abbia effetto remissorio o novativo dei debiti maturati an- teriormente alla domanda di ammissione, producendo soltanto l'obbligatorietà della procedura, e fermo restando il divieto di azioni esecutive individuali ex art. 168 l.f., azioni che hanno comunque inizio con il pignoramento, l'emissione della cartella è perfettamente legittima. Essa configura, infatti, un mero atto di precetto che mira cautelativamente alla precostituzione di un atto impositivo di formalizzazione delle pretese nei riguardi del contribuente debitore (non potendosi considerare tali le preventive comunicazioni di irregolarità), funzionale sia ai fini dell'azionabilità dei crediti nell'ambito del con- corso formale, sia ai fini della loro eventuale tutela in caso di esito negativo della procedura concorsuale. E la pretesa impositiva comprende non solo il credito tributario, ma anche tutti i suoi accessori: interessi di mora, sanzioni e aggio in favore dell'agente della riscossione. In tal senso, rileva l'appellante, si è espressa la costante giurisprudenza di legittimità e di merito. 2.- L'Agenzia delle entrate - Riscossione di Perugia, cui l'atto di appello risulta regolarmente notifica- to, è rimasta contumace. Resiste all'appello, invece, la società contribuente che ne eccepisce in primo luogo l'inammissibilità sia per indeterminatezza dei motivi, sia per carenza di interesse ad impugnare;in secondo luogo confuta la fondatezza delle ragioni sulle quali l'Agenzia delle entrate basa il gravame;infine, chiede la condanna dell'appellante per lite temeraria. 3.- Le preliminari eccezioni di inammissibilità dell'appello sono entrambe infondate. 3.1.- Quella relativa all'indeterminatezza dei motivi del gravame è chiaramente smentita dalla semplice lettura dell'atto di appello, nel quale le ragioni dell'impugnazione sono aggregate in due distinti gruppi: da un lato, la carenza di motivazione;dall'altro, la contestazione della corretta valutazione dei documenti prodotti e delle norme applicate. L'Agenzia delle entrate ha sì riproposto le argomentazioni sostenute nel giudizio di primo grado, ma dopo aver diffusamente e specificamente confutato le sintetiche motivazioni della sentenza impugnata. La Corte rileva poi che il precedente invocato da xxxxx a sostegno dell'eccezione (Comm. trib. reg. Umbria n. 60/2020) non è pertinente al caso di specie. Infatti, in quella pronuncia la Commissione aveva rilevato che l'atto di appello " , al netto di talune ininfluenti modifiche grafico-formali, non è altro che la mera riproposizione delle controdeduzioni proposte alla Commissione provinciale " e che " la sentenza non è censurata sotto alcun profilo, neppure implicitamente", per giungere alla conclusione che " pur in presenza di una motivazione estremamente sintetica, l'atto di appello è assolutamente carente dell'indicazione delle censure e delle ragioni sulle quali sono fondate". 3.2.- Relativamente alla carenza dell'interesse all'impugnazione - per non avere l'Agenzia delle entrate impugnato "il capo della sentenza che ha affermato la sua carenza di interesse ad agire", che costituisce autonoma ratio decidendi idonea a sorreggere la pronuncia di primo grado anche qualora fossero accolte le altre ragioni dell'impugnazione - la Corte rileva che il giudice di primo grado non ha affatto dichiarato la carenza di interesse ad agire (rectius: a resistere) della odierna appellante. La Commissione tributaria provinciale ha invece inteso evidenziare l'improprio richiamo ad alcune pronunce della Corte di cassazione, che l'Agenzia delle entrate aveva effettuato per sostenere la necessità dell'emissione della cartella di pagamento. In effetti, il passaggio della motivazione che secondo xxxxx avrebbe affermato la carenza di interesse dell'ente impositore è del seguente testuale tenore: "va anche osservato che le sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione che risultano favorevoli alla tesi della Agenzia delle Entrate Riscossione hanno in realtà avuto per oggetto cartelle di pagamento notificate prima della modificazione dell'art. 25 del DPR n. 602/1973, allorché, in mancanza di una disciplina espressa circa diversi termini nel caso della procedura di concordato, la necessità di notificare una cartella di pagamento in pendenza della procedura di concordato poteva comunque avere una sua spiegazione, nell'evitare la eventuale decadenza dalla potestà impositiva". 4.- Il primo motivo di appello non è fondato. La motivazione della sentenza esiste, benché assai sinteticamente articolata sulla sola interpretazione delle norme applicabili al caso di specie. Ovviamente, è tutt'altra questione se le ragioni poste a fondamento della decisione siano giuridicamente corrette o meno. Ciò di cui si lamenta l'appellante, a ben vedere, non è il fatto che la motivazione della sentenza sia soltanto apparente, ma il fatto che le argomentazioni che sostengono la decisione non abbiano accolto le sue doglianze. Ed infatti esse vengono riproposte con gli altri motivi dell'appello. 5.- Il secondo motivo è anch'esso infondato. Questa Corte si è già pronunciata, fra le stesse parti, sulla questione oggetto del presente giudizio ed ha accolto (cfr. le sentenze n. 35 del 24.1.2022 e n. 132 del 20.4.2022) le ragioni della xxxxx, seguendo le statuizioni di Cass. 6.8.2020, n. 16755. Tale pronuncia - diversamente da quanto sostiene l'appellante - è del tutto pertinente alla fattispecie in esame, in quanto basata sulla funzione e sugli effetti della cd. transazione fiscale ex art. 182-ter l.f. raggiunta nell'ambito del concordato preventivo (cfr. punti 14-16 della motivazione), aspetto che nella fattispecie in esame assume valore dirimente ai fini della valutazione dell'operato dell'amministrazione finanziaria. È perciò intendimento della Corte ribadire i propri precedenti. Si riporta, di seguito, il passaggio della motivazione di Cass. n. 16755/2020 che costituisce il nucleo fondante su cui poggia la presente decisione. "L'accordo negoziale raggiunto dalle parti [cioè la transazione fiscale di cui all'art. 182-ter l.f.: n.d.e.] consente, altresì, di escludere che all'Amministrazione finanziaria fosse consentita l'emissione di una cartella esattoriale volta al recupero delle somme oggetto di transazione fiscale. È ben vero, come sostenuto dalla ricorrente, che la cartella oggetto di impugnazione in questa sede è stata emessa e notificata in data antecedente alla modifica apportata dal d.lgs. n. 159 del 2015 all'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, quando nessuna disposizione di legge prevedeva una specifica disci- plina in relazione al termine di decadenza operante per l'ipotesi di crediti rientranti nell'accordo di ri- strutturazione dei debiti di cui all'art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non ancora iscritti a ruolo alla data di presentazione della proposta di transazione fiscale di cui all'art. 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Deve, tuttavia, osservarsi che, secondo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 159 del 2015, la iscrizione a ruolo e la notifica della cartella sono possibili solo laddove venga meno la transazione fiscale, in conseguenza dell'inadempimento del contribuente. La ragione è evidente. Fino a quando il contribuente provvede al pagamento delle somme alle scadenze pattuite e risulti pertanto adempiente alle obbligazioni derivanti dalla transazione, l'Amministra- zione finanziaria non ha motivo di intimare il pagamento di somme il cui termine di pagamento indicato nel piano di rateazione non è ancora venuto a scadenza. Ad identiche conclusioni deve pervenirsi anche per il periodo anteriore alle modifiche normative introdotte dal d.lgs. n. 159 del 2015, poiché, anche prima di esse, pur in assenza di una espressa di- sposizione di legge disciplinante i rapporti tra i crediti oggetto di transazione e l'obbligo dell'Ufficio di procedere alla notifica della cartella entro i termini decadenziali di cui all'art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, vigente ratione temporis, l'esistenza di una transazione fiscale perfezionatasi e puntualmente eseguita dal contribuente debitore esclude un qualsiasi pregiudizio per l'Amministrazione finanziaria. D'altro canto, laddove la contribuente non dovesse assolvere, integralmente e tempestivamente, ai pagamenti dovuti in adempimento della transazione fiscale, l'eventuale risoluzione dell'accordo con- cernente i debiti tributari determina la reviviscenza della originaria pretesa fiscale anche con riferimento ai crediti per i quali sia stata dichiarata la cessazione della materia del contendere (in senso conforme, Circolare dell'Agenzia delle entrate n. 16/E del 23 luglio 2018), come peraltro previsto dalle stesse parti al punto 11) della transazione". Nella fattispecie in esame è pacifico fra le parti che la transazione fiscale conclusa fra società contribuente e amministrazione finanziaria nell'ambito del concordato preventivo omologato dal Tribunale di Perugia con decreto del 5.7.2019 comprende (anche) il credito tributario portato dalla cartella di pagamento impugnata, notificata il 25.11.2021. Alla stregua delle ragioni esposte dalla Cassazione nella sentenza poc'anzi richiamata l'amministrazione finanziaria non avrebbe potuto emettere la cartella di pagamento in questione. La procedura di riscossione mediante la cartella potrà essere attivata entro il termine dei tre anni dall'eventuale verificarsi di vicende che portano alla caducazione dell'accordo, come stabilito dall'art. 25 d.P.R. n. 602/1973. 6.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, tutte le altre questioni articolate nel secondo motivo di appello restano assorbite. 7.- Le spese processuali possono essere interamente compensate fra le parti in ragione del consoli- darsi soltanto in tempi recenti dell'indirizzo giurisprudenziale in base al quale la controversia è stata decisa.