Corte di Giustizia di secondo grado Piemonte, sez. II, sentenza 20/10/2022, n. 960
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Il chiamato non assume la qualifica di erede fino a quando non accetta l'eredità e il DPR 600/73 all'art. 65, comma 1, individua i responsabili in solido, per i debiti tributari, solo gli eredi e non anche i chiamati: "gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa". La Cassazione (n. 8053/17) ha osservato, da un lato, che anche in materia tributaria l'assunzione delle obbligazioni del de cujus richiede l'accettazione dell'eredità e, d'altro lato, che, a fronte del diritto di rinuncia, è onere della parte pubblica provare l'insussistenza dei relativi presupposti e la decadenza dal medesimo. Il chiamato rinunciante non risponde del debito tributario del de cujus, anche se quest'ultimo sia portato da un avviso di accertamento notificato dopo l'apertura della successione e divenuto definitivo per mancata impugnazione. In tale evenienza, legittimamente, il rinunciante può far valere, in sede di opposizione alla cartella di pagamento, la propria mancata assunzione di responsabilità per il suddetto debito.
Sul provvedimento
Testo completo
Ora il contribuente presenta appello per i seguenti motivi:
1 carenza di legittimazione passiva ed insussistenza della responsabilità tributaria: l'art. 65 comma 1 del dpr 600/73 individua come responsabili in solido per i debiti tributari solo gli eredi e non anche i chiamati : "gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa". La motivazione che l'atto sia stato emesso ed azionabile solo in caso di rinuncia all'eredità non ha alcun fondamento giuridico ed è illegittimo. La motivazione che in tal modo l'amministrazone non sfoca i termini decadenziali non ha fondamento perché l'amministrazione al pari degli altri creditori può , avvalersi degli strumenti messi a disposizione dal codice civile quali ad esempio l'impugnazione della rinuncia o la richiesta di nomina di un curatore dell'eredità giacente a cui notificare l'avviso di accertamento. Il rischio che teme di correre l'ufficio è inconsistente in quanto, come stabilito dalla Cassazione (Suprema Corte sez. trib. con l'ordinanza n. 21006 del 22/07/21, confermando quanto già stabilito nella sentenza n.15871/2020), anche la rinuncia avrebbe l'effetto retroattivo ai sensi .dell'art. 521 e come tale non si è mai chiamati alla successione né si è successibili.
2 circa l'inammissibilità dei ricorsi avverso l'avviso di accertamento n. t7g011 9/2018 asseritamente divenuto definitivo: anche in questo caso, essendo la rinuncia retroattiva, e non rispondendo quindi dei debiti tributari, è legittima l'impugnazione dell'avviso che invochi la mancata assunzione di responsabilità dei debiti del de cuius. Cita a tal proposito l'ordinanza Cassazione n. 13639/2018·la quale chiarisce che la circostanza ai chiamati impedisce agli avvisi di accertamento di divenire definitivi: riferibilità soggettiva e legittimazione passiva possono discendere esclusivamente dalla qualifica di erede. Vige quindi la possibilità di impugnare gli atti, anche quello riferito al 2012, in quanto il contribuente non è mai stato chiamato in virtù delle rinuncia retroattiva, e quindi non responsabile per i debiti tributari.
3 intervenuta prescrizione/decadenza dell'ufficio: per l'anno 2012 conferma la propria posizione e cioè che
l'atto è prescritto e l'amministrazione decaduta.
Controdeduce l'ufficio:
1 l'ufficio ha emesso l'atto di accertamento entro il termine decadenziale di 10 anni eventualmente azionabile in caso di revoca della rinuncia. In tal caso i contribuenti diventerebbero eredi con la responsabilità dei debiti verso l'erario. I debiti invece continuerebbero ad essere inesigibili in caso di rinuncia non revocata. I giudici possono pertanto solamente sospendere l'esecutività degli atti, ma non annullarli in quanto portano un debito verso l'erario al momento non esigibile nei confronti dei soggetti che hanno rinunciato. Pur non potendo agire in sede di riscossione nei confronti del chiamato l'ufficio ha la potenzialità di agire fino alla scadenza di 10 anni dalla data di apertura della successione. Fa presente che i creditori, tra cui anche l'Erario, possono chiedere ai' Tribunale di accettare l'eredità entro 5 anni dalla rinuncia, oppure chiedere la nomina di un curatore dell'eredità giacente. La rinuncia all'eredità ha pertanto l'unico effetto, sino al decorso, del termine prescrizionale di cui all'art. 480 c.c.., di sospendere (medio tempore) l'attività esecutiva degli eventuali creditori aventi causa del de cuius. Nel nostro caso i contribuenti hanno ancora la possibilità di accettare l'eredita e quindi la rinuncia non è definitiva fino al compimento dei 10 anni dalla apertura della successione. In ogni caso i contribuenti non hanno trascritto la rinuncia presso, la conservatoria dei registri immobiliari nel frattempo, compiono atti che presuppongono la volontà di accettare. La prova è che un terreno dato in affitto dal defunto sia in possesso dei contribuenti i quali verosimilmente ne riscuotono l'affitto.
2 inammissibilità del ricorso per il 2012: come detto sopra l'atto di rinuncia non è stato trascritto e pertanto
i contribuenti sono da considerarsi eredi. Il ricorso è stato notificato in ritardo.
3 prescrizione: non avendo presentato la dichiarazione per l'anno 2012 l'ufficio aveva tempo fino al 31/12/2020 (7 anni dall'anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presetata).
MOTIVI DELLA DECISIONE
In sostanza l'ufficio dichiara che ha emesso l'avviso di accertamento per scopo "prudenziale", non azionabile se non decorso il termine decennale dalla data della apertura della successione affinchè la rinuncia si possa definire definitiva. Il chiamato all'eredità difatti ha tale termine per eventualmente revocare la sua rinuncia con effetto retroattivo. Tale condotta dell'ufficio non si basa su alcun presupposto giuridico stante il fatto che la legge mette a disposizione dei creditori, ed anche dell'Erario, gli strumenti con cui agire: l'impugnazione della rinuncia, la richiesta di fissazione di un termine per l'accettazione oppure la nomina di un curatore dell'eredità giacente.
Il chiamato non assume la qualifica di erede fino a quando non accetta l'eredità ed il dpr 600/73 all'art. 65 comma 1 individua i responsabili in solido per i debiti tributari solo gli eredi e non anche i chiamati : "gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa".
L'apertura della successione non comporta l'acquisizione della qualità di erede così come chiaramente stabilito dalla Cassazione con sentenza n. 15871/2020 : " L'apertura della successione non comporta l'acquisto della qualità di erede in favore dei successibili ex lege ma soltanto ,l'acquisto della qualità di chiamato alla eredità;soltanto ove avvenga l'accettazione, anche tacita, il chiamato si considera erede (cfr. Cass. 524 7/2018). Della avvenuta accettazione della eredità deve dare la prova ei qui dicit, secondo i generali principi in tema di onere della prova dati dall'art. 2697 e.e. (cfr. Cass. 21436/2018) e non costituisce accettazione della eredità la mera presentazione della dichiarazione di successione (cfr. Cass. 8053/2017)" ed ancora : " Di contro, il chiamato all'eredità, che abbia. ad essa rinunciato, non si può considerare erede, neppure per l'arco temporale intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, nemmeno se esso risulti nella categoria dei successibili ex lege o in ipotesi abbia presentato denuncia di successione: la rinuncia ha effetto retroattivo ai sensi dell'art. 521 ec.c. e, pertanto, colui che dichiara validamente di voler rinunziare all'eredità viene considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili (cfr. Cass. 13639/2018). E' pertanto irrilevante che E abbia, all'atto della iscrizione, individuato come "erede per legge" di M.P. il controricorrente M.S., senza però avere la certezza della avvenuta accettazione, certezza che ben poteva conseguire attivando preventivamente la procedura ex art. 481 c.c.. ". ·
Per quanto riguarda l'avviso per l'anno 2012 è illuminante la sentenza della Cassazione n. 13639/2018 con la quale si afferma che è possibile ricorrere contro un atto anche tardivamente qualora si dichiari che non si è chiamati per effetto della rinuncia e che la legittimazione passiva si acquisisce solamente con la qualifica di erede:" La commissione tributaria regionale non ha considerato che - come effettivamente dedotto in giudizio dagli opponenti - gli avvisi di accertamento in questione erano stati notificati, pochi giorni dopo il decesso del de cuius allorquando essi si trovavano nella qualità, non già di eredi, bensì di chiamati all'eredità.
Questa circostanza impediva agli 'avvisi di accertamento in questione di assumere definitività ed efficacia preclusiva sul punto specifico della riferibilità soggettiva dei debiti tributari del de cuius agli intimati e, per 'ciò solo, della loro. legittimazione passiva in veste di successori a titolo universale. Riferibilità soggettiva e legittimazione passiva che, appunto, non ·potevano discendere che dal conseguimento - nella specie non verificatesi - della qualità di erede.
Legittimamente, pertanto;gli intimati hanno successivamente impugnato la cartella· loro notificata sulla base di quegli avvisi di accertamento, per far valere l'insussistenza della propria responsabilità tributaria per i debiti del de cujus;in quanto rinuncianti all'eredità da questi dismessa (circostanza, quest'ultima, accertata de plano dal giudice di merito con riguardo sia alla dichiarazione notarile, sia alla sua debita trascrizione ed opponibilità).
Va in proposito osservato che, in base all'articolo 521 del cod. Civ., "chi rinunzia all'eredità e considerato come se non vi fosse mai stato· chiamato";con la conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente- cioè a far data dall'apertura della successione - l'assunzione di responsabilità per (debiti facenti parte del compendio ereditario;il che equivale ad affermare che condizione imprescindibile affinchè possa sostenersi l'obbligazione del chiamato a rispondere di tali debiti è che questi abbia accettato l'eredità.
Non vale obiettare, come, sostenuto dalla commissione tributaria regionale, che gli opponenti si sarebbero limitati a rimarcare l'efficacia retroattiva della rinuncia, senza farsi· carico della intervenuta definitività degli avvisi di accertamento, in quanto non impugnati. Va infatti considerato che proprio nella deduzione in giudizio da parte degli intimati della rinuncia all'eredità, e della sua efficacia retroattiva, era insito il fondamentale e dirimente motivo di opposizione alla cartella. In quanto basata, su avvisi di accertamento notificati allorquando ~essi assumevano veste di chiamati all'eredità, e non di eredi. E la cui definitività, conseguentemente, non poteva intaccare (e ciò non per ragioni fattuali necessitanti di specifica .deduzione, ma nella applicazione del regime giuridico del caso, ex art.521 cit.) la loro personale estraneità alla responsabilità tributaria: facente capo al de cuius;né·, pertanto, produrre un titolo esecutivo ad essi opponibile.
Una diversa conclusione non potrebbe desumersi dalla regola di determinazione dell'imposta evincibile dall'ultimo comma dell'articolo 7 d.lgs. 346/90;posto che tale norma, comportante un'eccezione ai principi generali in tema di obbligazione, è applicabile non ai tributi posti a carico del de cujus, ma unicamente all'imposta di successione (Cass. 21101/10).
Va dunque affermato che - atteso che la, responsabilità per il debito tributario del de cujus presuppone l'assunzione della qualità di erede e, inoltre, che la rinuncia all'eredità produce effetto retroattivo ex articolo 521 cod. proc civ.·- il chiamato rinunciante non risponde di tale debito, ancorché quest'ultimo sia portato da un avviso di accertamento notificato dopo l'apertura della successione e divenuto definitivo per mancata impugnazione. In tale evenien.za, legittimamente il rinunciante può far valere, in sede di opposizione alla cartella di pagamento, la propria mancata assunzione di responsabilità per il debito suddetto.