Corte di Giustizia di secondo grado Puglia, sez. XXVIII, sentenza 23/01/2023, n. 138

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Al fine di provare la notificazione della cartella esattoriale, è sufficiente la produzione della relata compilata secondo l'apposito modello ministeriale. La relata dimostra la specifica identità dell'atto impugnato, indicando non solo il numero identificativo dell'intimazione riportato sull'originale, ma anche il suo contenuto. L'Agente della riscossione, altresì, può provare l'avvenuta notificazione della cartella di pagamento per il tramite del servizio postale depositando copie degli estratti di ruolo e la copia delle relate di notifica, senza che abbia l'onere di depositarne ne l'originale né la copia integrale, non essendovi alcuna norma che lo imponga o che ne sanzioni l'omissione con la nullità della stessa o della sua notifica. Ove venga ritualmente operato dall'obbligato il disconoscimento della conformità delle copie prodotte agli originali, il giudice non può limitarsi a negare l'efficacia probatoria delle copie prodotte, ma è tenuto a valutare le specifiche difformità allegate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva.

Sul provvedimento

Citazione :
Corte di Giustizia di secondo grado Puglia, sez. XXVIII, sentenza 23/01/2023, n. 138
Giurisdizione : Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia
Numero : 138
Data del deposito : 23 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'appello inerisce l'annullamento (da parte della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto) del preavviso di fermo amministrativo n. 2014/00XXXXXXXX, notificato il XX/XX/XXX a XXXXX XXXXXX, e dei ruoli e cartelle ivi indicati, emessi per imposta di registro, Irap e Tassa automobilistica per complessivi ? 13.153,27.

L'appellante si opponeva alla sentenza impugnata per i seguenti motivi:

-nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione di legge: art. 26 Dpr 602/73;

-nullità della sentenza per vizio di motivazione-errata valutazione delle prove documentali offerte;

-nullità della sentenza per omessa o insufficiente motivazione;

-nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art 86 comma 2 del DPR 602/73.

Costituitosi, XXXXX XXXXXX eccepiva la inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 57 del digs 546/1992 e chiedeva il rigetto del gravame.

All'udienza pubblica odierna, 27 ottobre 2022, il Collegio, come da separato verbale, terminata la discussione, successivamente, in camera di consiglio, decide la controversia.

DIRITTO E MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello è fondato per quanto di seguito precisato.

La preliminare eccezione di inammissibilità dell'appello formulata dal contribuente ai sensi dell'art 57

del digs 546/92 è infondata.

Al riguardo osserva il Collegio che il concessionario non ha proposto con l'appello alcuna domanda che non fosse già stata sottoposta al vaglio dei giudici della CTP, avendo detto concessionario già versato in atti, nel giudizio di primo grado, la documentazione relativa alla notifica delle presupposte cartelle di pagamento.

Partendo dalla preliminare questione di nullità della sentenza impugnata per insufficiente motivazione, è noto che l'eventuale nullità della sentenza di prime cure per carenze motivazionali e/o difetto di pronunzia non configura uno dei casi di rimessione al primo giudice, tassativamente previsti dal art. 59 decreto legislativo 546/1992 (esattamente come accade per il rito ordinario civile, ai sensi degli articoli 353 e 354 c.p.c.). Conseguentemente, il vizio di omessa pronunzia o carenza di motivazione comporta solo la necessità, per il giudice d'appello, di porvi rimedio, decidendo nel merito, senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, privo di rilevanza costituzionale (così Cass. 18824/2006 e Cass. 8455/2005 per il giudizio tributario;
si vedano, altresì, per il processo del lavoro Cass. Sez. Lavoro 17072/2007 e, per il giudizio ordinario civile, Cass. 13766/2004 e Cass. 14179/2001): sempre che, ovviamente, le relative questioni siano oggetto di impugnazione specifica ex articolo 53 decreto legislativo 546/1992, atteso il carattere devolutivo dell'appello tributario (Cass. 3602/2017, 1200/2016, 1224/2007, 18006/2006, 12589/2004, 9270/1999).

Deve, dunque, procedersi con l'esaminare il merito delle questioni poste.

Il successivo motivo di gravame del Concessionario è fondato;
i primi giudici hanno fatto malgoverno dell'art.26 del DPR 602/73, secondo cui, qualora l'agente della riscossione scelga di notificare la cartella di pagamento a mezzo posta, lo stesso ha, come unico obbligo, quello di conservare solo gli avvisi di ricevimento (o la relata) e di esibirli ove richiesto.

I primi giudici hanno erroneamente ritenuto che il Concessionario avrebbe dovuto produrre gli originali delle cartelle al fine di provarne la notifica.

Orbene, in tema di esecuzione esattoriale, qualora la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti di averne ricevuto la notificazione e l'agente per la riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore, ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento), resta preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella non tempestivamente opposti, ne sussiste un onere, in capo all'agente, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella stessa (Cass., 10326/2014, -21533/2017, 12883/2020).

Anche il motivo di gravame per vizio di motivazione ed errata valutazione delle prove documentali offerte è fondato.

I primi giudici hanno ritenuto insufficienti, a provare l'avvenuta notifica delle cartelle, gli avvisi di ricevimento prodotti in copia da Equitalia e disconosciuti dall'odierno appellato in corso di causa.

Osserva il Collegio che è pacifico che:

«in materia di riscossione delle imposte, alfine di provare la notificazione della cartella esattoriale, è sufficiente la produzione della retata compilata secondo l'apposito modello ministeriale, non sussistendo un onere di produzione della cartella, il cui unico originale è consegnato al contribuente;
la retata, infatti, dimostra la specifica identità dell'atto impugnato, indicando non solo il numero identificativo dell'intimazione riportato sull'originale, ma anche il suo contenuto, consistente in un'intimazione di pagamento» (Cass. 18349/2021).

Orbene, in tema di notifica della cartella esattoriale, anche laddove l'agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell'avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l'obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell'art. 2719 c.c., il giudice che escluda resistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva (Così si è espressa Cass. 23426/2020 in una fattispecie in cui ha affermato che la CTR aveva correttamente dichiarato il regolare perfezionamento della notifica sulla base della copia della cartolina di ritorno, valorizzando, in assenza di produzione dell'originale e di conseguente rituale disconoscimento da parte del contribuente - il quale assumeva di non aver mai ricevuto detta notifica -, il fatto che su di uno stesso foglio erano riportati gli estremi della cartella, della raccomandata, della data di spedizione e quella di notifica, nonché della fotocopia della ricevuta di ritorno, con il segno di croce a fianco della qualifica del ricevente l'atto e la firma autografa dello stesso).

In definitiva, nell'ipotesi in cui il destinatario della cartella esattoriale ne contesti la notifica, l'agente della riscossione può dimostrarla producendo copia della stessa, senza che abbia l'onere di depositarne ne l'originale (e ciò anche in caso di disconoscimento, in quanto lo stesso non produce gli effetti di cui all'art. 215, comma 2, c.p.c. e potendo quindi il giudice avvalersi di altri mezzi di prova, comprese le presunzioni), né la copia integrale, non essendovi alcuna norma che lo imponga o che ne sanzioni l'omissione con la nullità della stessa o della sua notifica (Sez. 6-5, Ordinanza n. 25292 del 11/10/2018)» (Cass. 31060/2021;
così pure Cass. 23325/2022 e 21338/2022).

Nella specie, dalla lettura delle fotocopie degli avvisi in questione si evince che le cartelle sono state notificate allo stesso contribuente ed alla sorella ed al coniuge (le ultime due, per giunta, entrambe qualificatesi come familiari conviventi) e riportano:

il codice a barre;

il numero della raccomandata postale;

il timbro dell'ufficio postale che ha eseguito la consegna;

l'indirizzo del contribuente;

la data di consegna;

la firma del ricevente;

la sottoscrizione dell'incaricato alla distribuzione.

Il contribuente non ha offerto alcun elemento volto a dimostrare che si trattasse di dati artefatti, nonostante che, mediante accesso all'ufficio postale notificante, avrebbe potuto agevolmente dare contezza dell'assunta non conformità all'originale dell'atto;
ciò fa ritenere che si tratti di copie sicuramente conformi agli originali (non bastando, per quanto detto, la mera e generica contestazione di conformità).

Per giunta, si ripete, dai detti documenti (redatti dal pubblico ufficiale notificante) emerge che in loco, a distanza di anni dall'addotta separazione tra il contribuente e sua moglie, ben due persone (la stessa moglie e la sorella del contribuente) dichiararono la convivenza col contribuente, e che, d'altro canto, fu pure quest'ultimo, in un caso, rinvenuto in loco dopo la detta separazione.

Dunque, in applicazione del principio anzidetto, deve ritenersi adeguatamente dimostrata, da parte di Equitalia servizi di riscossione s.p.a. (ora Agenzia delle Entrate Riscossione), la notifica delle cartelle in oggetto.

Anche l'ultimo motivo di gravame dell'appellante è fondato.

Orbene, l'art 86 comma 2 del DPR 602/73 recita: La procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati è avviata dall'agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari, salvo che il debitore o i coobbligati, nel predetto termine, dimostrino all'agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all'attività di impresa o della professione.

Osserva il Collegio che la autovettura per cui vi è il fermo era intestata al contribuente, che la utilizzava per la sua attività professionale di odontotecnico, ma questi ha invocato la strumentalità del suddetto bene solo in qualità di legale rappresentante della Happy Smile s.r.l., affermando che utilizzava l'auto solo perché la suddetta società non aveva beni strumentali propri da mettergli a disposizione.

Il Collegio osserva come il contribuente abbia omesso la dimostrazione della strumentalità del bene nel termine dei 30 giorni previsti dall'art 86 comma 2 del sopracitato DPR, ne ha dato alcuna dimostrazione che l'autovettura fosse strumentale alla propria attività di odontotecnico tramite l'iscrizione della stessa nel proprio registro dei beni ammortizzabili ex art. 16 del DPR 600/73.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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