Corte di Giustizia di secondo grado Umbria, sez. II, sentenza 17/01/2024, n. 24
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È legittimo l'avviso di accertamento dell'ufficio emesso sul presupposto che la società contribuente debba qualificarsi come società di comodo ai sensi dell'art. 30 della legge n. 724/1994. Tale norma, infatti, ha lo scopo di disincentivare l'uso improprio dello strumento societario utilizzato come involucro per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati e per avvalersi di norme più favorevoli in materia tributaria previsti proprio per le società. È fatta salva la prova contraria da parte del contribuente circa l'esistenza di oggettive situazioni specifiche e indipendenti dalla sua volontà che hanno reso impossibile il conseguimento del reddito. Nel caso di specie si discute di varie unità immobiliari che non sarebbe stato possibile mettere a reddito: le oggettive impossibilità di commercializzazione e di locazione degli immobili non risultano provate neppure a livello presuntivo e la prova contraria richiesta per legge non è stata assolta.
Sul provvedimento
Testo completo
La Commissione tributaria regionale di Perugia, con sentenza n. 217/12, ha respinto l'appello a suo tempo proposto dalla Agenzia delle entrate territorialmente competente nei confronti della sentenza provinciale numero 186/11. Con tale pronuncia il primo Giudice ha accolto il ricorso della xxxxx relativo ad avviso di accertamento IRES, IRAP ed IVA 2006 emesso sul presupposto che la medesima dovesse qualificarsi come società di comodo ai saensi dell'articolo 30 della legge 724/94. Tale norma conosce la propria ratio nel disincentivare il fenomeno dell'uso improprio dello strumento societario, utilizzato come sorta di involucro per raggiungere scopi diversi, per i quali lo stesso viene utilizzato come schermo per oblunare l'effettiva proprietà dei beni, avvalendosi delle più favorevoli norme prescritte in materia tributaria per le società. L'Agenzia ha interposto ricorso in Cassazione, risolto con la sentenza numero 1506/22, con la quale è stata cassata con rinvio la ricordata pronuncia regionale. E' seguita la riassunzione del giudizio e la costituzione deduttiva di parte contribuente. La Cassazione ha accolto il ricorso relativo al secondo motivo: "omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti", statuendo quanto segue. La norma di riferimento è costituita dall'articolo 30 della legge 724/94 ed è subordinata "all'esito negativo di un test basato su specifici coefficienti matematici. La determinazione di non operatività si ha quando l'ammobntare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi ordinari, imputati al conto economico, è inferiore a quello dei ricavi figurativi. Si tratta dunque di una mera operazione matematica, incentrata sulla applicazione di un coefficiente stabilito per legge sul valore di taluni cespiti. La determinazione dell'imponibile è effettuata sulla base di precisi criteri di legge, che escludono qualsiasi discrezionalità deduttiva". E' comunque salva la prova contraria da parte del contribuente, per cui "dal possesso di alcuni beni che costituisce il fatto noto si risale con operazione matematica al reddito, che rappresenta il fatto ignoto ascrivibile al contribuente ". La Cassazione ha evidenziato fra le prove contrarie l'impossibilità oggettiva di conseguire il reddito operativo, da valutare "avuto riguardo alle effettive condizioni del mercato". Inoltr ha sottolineato che in ogni caso "il contribuente deve essere messo in grado, senza oneri eccessivi, dsi dimostrarre le eventuali ragioni commerciali" a supporto della prova contraria. Dunque "la esistenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli iuncrementi di rimanenze e dei proventi nonchè del reddito deve essere provata dal contribuente, purchè tali situazioni oggettive siano specifiche e soprattutto indipendenti dalla sua volontà". Evidenziati i parametri interpretativi generali, la Cassazione, riguardo alla fattispecie, ha rilevato che "il Giudice di appello ha ritenuto sussistente la causa oggettiva di esclusione della applicazione dell'articolo 30 in quanto la contribuente avrebbe documentalmente dimostrato le difficoltà incontrate nel reperimento di potenziali locatari per i propri immobili". E di seguito ha ritenuto che " la sentenza di appello incorre nel denunciato vizio di legittimità