Corte di Giustizia di secondo grado Liguria, sez. II, sentenza 13/04/2023, n. 288
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Segnala un errore nella sintesiIl giudice ha ritenuto infondato l'appello, confermando la decisione di primo grado. Ha argomentato che le violazioni formali nella comunicazione del codice identificativo non incidono sull'esenzione IVA per le cessioni intracomunitarie, a condizione che siano soddisfatti i requisiti sostanziali. Il collegio ha evidenziato che l'onere della prova gravava sull'agenzia, la quale non ha fornito elementi sufficienti per contestare la veridicità delle prove presentate dal contribuente. Pertanto, l'appello è stato respinto e le spese di giudizio compensate, riconoscendo la complessità della questione.
Massime • 1
In termini di riparto della prova, ove l'Amministrazione finanziaria contesti l'imponibilità di cessioni relative a merci che si ritengano fittiziamente esportate in altro Paese membro della UE, grava sul cedente l'onere di provare l'effettività del trasporto nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario.
Tale prova deve considerarsi raggiunta laddove l'insieme degli elementi prospettati sia coerente e l'Ufficio non fornisca, a sua volta, la contraria dimostrazione della non veridicità di quanto affermato e dedotto dal contribuente.
Nella specie, il contribuente ha fornito la prova richiesta: ha presentato una dichiarazione sottoscritta da cedente e cessionario della consegna dei beni al di fuori del territorio italiano, dalla quale è possibile ricavare la sede del cessionario, soggetto comunitario; la fattura di vendita da cui si possono ricavarsi i dati del cedente e del cessionario, entrambi operatori commerciali; il modello Intrastat e i riscontri bancari relativi al pagamento della merce.
Riferimenti normativi: art. 41, D. L. 331/1993.
Riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 29498/2020; CGUE 27 settembre 2012, C-587/10
Sul provvedimento
Testo completo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l'appello in esame l'agenzia, odierna parte appellante, impugnava la sentenza n. 125 del 2020 della commissione tributaria provinciale di Imperia, recante accoglimento dell'originario gravame. Quest'ultimo era stato proposto dalla odierna parte appellata, al fine di ottenere l'annullamento dell'avviso di accertamento n. TL5060501472/2018 per l'anno 2013 emesso dall'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Imperia -, con il quale veniva recuperato a tassazione l'importo di euro 94.668 su operazioni fatturate erroneamente dalla società quali cessioni intracomunitarie di beni (art. 41 D.L. 331/1993).
All'esito del giudizio di prime cure la sentenza qui impugnata accoglieva il gravame in base alla ritenuta sussistenza dei presupposti di fatturazione di cui all'art. 41 cit.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, l'agenzia appellante contestava la sentenza impugnata, deducendo i seguenti motivi di appello:
- erroneità della sentenza impugnata: mancata dimostrazione da parte del contribuente dell'uscita della merce dal territorio nazionale e dell'ingresso della stessa in territorio di altro stato UE.
La parte appellata si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello. All'udienza del 3 aprile 2023 la causa passava in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L'appello è infondato.
2. La soluzione posta a fondamento della sentenza appellata viene condivisa dal Collegio.
2.1 In linea generale, in tema di cessioni intracomunitarie, l'omessa o errata