Corte di Giustizia di secondo grado Emilia Romagna, sez. XIII, sentenza 03/06/2024, n. 493

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte di Giustizia di secondo grado Emilia Romagna, sez. XIII, sentenza 03/06/2024, n. 493
Giurisdizione : Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell'Emilia Romagna
Numero : 493
Data del deposito : 3 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

In data 16 gennaio 2019 la Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Ravenna notificava al Sig. B.G. un'intimazione di pagamento relativa all'annualità 2009 con la quale comunicava la decadenza del pagamento rateale di alcune somme relative alla definizione operata ai sensi dell'art. 15 del D.Lgv. n. 218/97 dell'avviso di accertamento n. THQ01CC01XXX/2017, intestato al di lui genitore, Sig. B.Gi., deceduto. Proprio a seguito di tanto, l'intimazione era stata formata e notificata al Sig. B.G. nella sua spiegata qualità di erede.

L'atto era impugnato dal contribuente che faceva presente di aver accettato l'eredità del proprio padre -

insieme con il fratello B.C. - con beneficio di inventario, per cui l'intimazione non poteva essere

notificata personalmente dovendo essere essa emessa nei confronti del patrimonio ereditario in morte di

B G. Conseguentemente, non riportando essa intimazione l'indicazione che il destinatario era erede beneficiato, si doveva ritenere che la stessa fosse illegittima. Per tali motivi chiedeva l'annullamento dell'atto, con vittoria di spese.

Si costituiva l'Ufficio con controdeduzioni con le quali chiedeva fosse pronunziata, in via preliminare ed

assorbente, l'inammissibilità del ricorso per violazione dell' art. 19, comma 3, D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in quanto la norma prevede che gli atti possano essere impugnati solo per vizi propri e tale circostanza non si riscontrava nel caso di specie. In aggiunta, l'AdE sottolineava come l'intimazione fosse stata correttamente notificata al Sig. B.G., nella sua qualità di erede di B Guseppe, come chiaramente indicato nel frontespizio dell'atto e che, in ogni caso, l'accettazione beneficiata dell'eredità non fosse opponibile all'A.f. in quanto l'inventario era stato formato in modo non completo e non veritiero.

Al tal proposito faceva rilevare che nell'inventario gli eredi non avevano ritenuto opportuno includere il

patrimonio del trust denominato "Bicicletta", costituito da conti correnti e dossier titoli accesi presso Istituti elvetici, che doveva ritenersi interposto in quanto non caratterizzato da autonomia patrimoniale ma collegato al patrimonio del disponente (il de cuius, B.Gi.) e tanto era stato indicato nell'avviso di accertamento per l'anno d'imposta 2009 intestato allo stesso de cuius, ma notificato nel mese di novembre 2017 ai fratelli G. e C.B. (al quale era seguita l'istanza di pagamento rateale e, quindi, l'omesso

versamento delle rate che aveva dato origine all'intimazione di cui è causa).

Chiedeva, per i motivi suesposti, il rigetto del ricorso con la condanna di controparte alla rifusione delle

spese di lite maggiorate di diritto del 50% per le spese del procedimento di mediazione ai sensi dell' art. 15, comma 2-septies, del D. Lgs. n. 546/1992 .

La CTP di Ravenna, con la sentenza n. XX/21 del 19 ottobre 2020 - 17 maggio 2021 , accoglieva il ricorso, compensando le spese. Ritenevano i primi Giudici che l'intimazione avrebbe dovuto essere stata notificata al ricorrente non in qualità di erede in senso lato, ma solo in qualità di "erede beneficiato".

La sentenza è ora impugnata dall'AdE che fonda il proprio appello su due motivi quali i) la carenza di

motivazione relativa all'eccezione pregiudiziale da essa sollevata in ordine all'inammissibilità dell'impugnazione dell'intimazione e ii) la mancanza di distinzione giuridica tra "eredi" ed "eredi beneficiati" con la conseguenza, in riferimento a quest'ultimo aspetto, di dover ritenere corretta la notifica. Per tali motivi chiede l'accoglimento dell'appello con la riforma della sentenza gravata, la conferma della legittimità del proprio operato e condanna di controparte alle spese di lite.

Si è costituito il contribuente con controdeduzioni che, ribadendo preliminarmente tutto quanto argomentato, eccepito e dedotto in primo grado, contrasta analiticamente i motivi di doglianza dell'AdE e conclude per il rigetto dell'appello, la conferma della sentenza impugnata e la condanna dell'Ufficio alla rifusione delle spese del doppio grado.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame l'AdE lamenta che l'intimazione di cui è causa non sia un atto autonomamente impugnabile, non potendo essa rappresentare un mezzo per contrastare situazioni come quelle derivanti da un avviso di accertamento divenuto definitivo.

L'atto impugnato si sostanzia in un titolo che diventa definitivo se non opposto nei termini. Dunque, lo scopo della notifica di tale atto non è tanto anticipare un pignoramento quanto piuttosto quello di ottenere

l'accertamento della incontestabilità della pretesa dell'A.f. e renderla definitiva.

Si deve però osservare che la "definitività" della situazione deve essere assunta con riferimento al quantum portato dall'avviso di accertamento non impugnato (intestato al de cuius e notificato ai fratelli B.G. e C.) e, quindi, alla scaturita intimazione di pagamento, non al diritto dell'appellato a contrastare la

correlata pretesa tributaria anche con riferimento alla sua responsabilità personale nel caso in cui questi

abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario.

Secondo l' art. 490 del codice civile , infatti, l'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell'erede e quest'ultimo non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti per cui, come insegnato dalla Suprema Corte (12 marzo 2007, n. 6488 ), l'erede che abbia accettato l'eredità con beneficio d'inventario «può essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius, i quali possono ottenere la condanna al pagamento del debito ereditario per l'intero, salva la limitazione della responsabilità dell'erede stesso entro il valore dei beni ereditari, qualora egli la abbia fatta valere, proponendo la relativa eccezione».

In altri termini, il fenomeno riguarda esclusivamente i profili esecutivi e non, come nel caso di specie, il profilo dell'an debeatur.

Nella questione sottoposta a questa Corte, infatti, l'appellato non contesta quanto portato dall'avviso di

accertamento e, quindi, dall'intimazione di pagamento ad esso collegata, ma si oppone ad una pretesa di

riscossione dell'Erario che, se posta in essere senza una correlata verifica di quanto previsto civilisticamente (la limitazione della responsabilità personale dell'erede ed il dover rispondere nei limiti dell'attivo inventariato), priverebbe il contribuente di ogni tutela giurisdizionale.

E tale opposizione non può che essere spiegata opponendosi, così come correttamente fatto dall'appellato, all'intimazione di pagamento;
conseguentemente, si deve ritenere che, sotto tale aspetto, sia possibile impugnare l'intimazione anche se non per vizi propri.

Al tempo stesso, però, si deve rilevare che l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, non determina, di per sé, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell'erede per i debiti (anche tributari), ma fa solo sorgere il diritto dell'erede a non rispondere al di là della capacità dei beni lasciati dal de cuius.

A seguito dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'erede accettante a tal fine risponde dei debiti ereditari e dei legati non solo "intra vires hereditatis", e cioè non oltre il valore dei beni a lui pervenuti a titolo di successione, ma altresì esclusivamente "cum viribus hereditatis", con esclusione cioè della responsabilità patrimoniale in ordine a tutti gli altri suoi beni, che i creditori ereditari e i legatari non possono aggredire, sicché già in fase antecedente l'esecuzione forzata è preclusa ogni misura anche cautelare sui beni propri dell'erede, vale a dire diversi da quelli a lui provenienti dalla successione (Cass,. 23 novembre 2018, n. 30456).

Conseguentemente, si deve ritenere che la pretesa portata dall'intimazione di pagamento oggetto di controversia sia legittima solo e solamente entro i limiti del valore dei beni pervenuti al Sig. B., senza

che l'AdE possa aggredire i beni personali del contribuente.

Né le conclusioni alle quali si è giunti possono esser scalfite, come erroneamente ritenuto dai primi Giudici, dal fatto che l'intimazione sia stata notificata al Sig. B nella sua qualità di erede e non di "erede beneficiato".

Colui che accetta l'eredità con beneficio d'inventario è, a tutti gli effetti di legge, un normale erede, con l'unica differenza, rispetto all'accettazione pura e semplice, che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello del destinatario della successione. In altre parole, i soggetti che accettano l'eredità con beneficio di inventario non possono essere considerati meri chiamati all'eredità, ma sono eredi a tutti gli effetti per cui la notifica, così come effettuata dall'Ufficio, è rispettosa dei principi di legge.

Quanto alle spese, la Corte ritiene doverle compensare integralmente tra le parti in virtù del fatto che seppur da un lato formalmente si è riconosciuta la legittimità del provvedimento dell'Ufficio, dall'altro lato appare legittima l'impugnazione dell'intimazione da parte dell'appellato, effettuata al fine di limitare la propria responsabilità ai beni caduti nell'asse ereditario senza la possibilità di estensione alla propria sfera patrimoniale.

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