Corte di Giustizia di secondo grado Veneto, sez. II, sentenza 05/06/2023, n. 546

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Sul provvedimento

Citazione :
Corte di Giustizia di secondo grado Veneto, sez. II, sentenza 05/06/2023, n. 546
Giurisdizione : Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto
Numero : 546
Data del deposito : 5 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.X s.r.l., già X s.p.a., ha impugnato innanzi alla Commissione Tributaria di Primo grado l'avviso di accertamento n. 23C del 28.10.2019 per l'anno 2018, emesso da Fraternità Sistemi Impresa Sociale, quale concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni del Comune di Sona. Con tale provvedimento è stato accertato un debito di imposta comunale sulla pubblicità, comprensivo di interessi e sanzioni, pari a euro 2.379,00, conseguente alle scritte apposte su 6 silos della Società che in quell'anno erano presenti sul territorio comunale.

2.Con sentenza n. 123/2021, pubblicata il 24 maggio 2021, la Commissione Tributaria di Primo grado ha respinto tutti i dieci motivi d'impugnazione e quindi il ricorso. Le spese di lite sono state compensate tra le Parti.

3.Questa è la sentenza qui appellata da X s.r.l. che ha dedotto:

i - "erroneità della pronuncia per non aver rilevato l'illegittimità dell'avviso di accertamento per violazione del combinato disposto del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dell'art. 3, comma 16 sexies, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, nonché della disciplina del d.m. 26 luglio 2012", perché i silos sarebbero "macchine da cantiere" per le quali l'imposta non è dovuta entro dati limiti dimensionali e, comunque, se dovuta, l'imposta compete al comune ove ha sede l'impresa, ossia il Comune di Spresiano, col quale la Società ha stipulato una convenzione per la regolamentazione della riscossione dell'imposta sulla pubblicità avente ad oggetto il marchio "x" apposto sui silos di sua proprietà;

II- "erroneità della pronuncia per non aver rilevato l'illegittimità della pretesa sotto il profilo della quantificazione della tariffa applicabile, nonché della corretta individuazione delle dimensioni del messaggio pubblicitario;
violazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992
", perché il Collegio di prime cure ha omesso di pronunciarsi sulle eccezioni avanzate dalla Società in ordine ai criteri di quantificazione della pretesa impositiva, sia con riferimento alla superficie oggetto di tassazione sia con riferimento alla tariffa applicabile;

III- "erroneità della pronuncia per non aver rilevato l'illegittima e non corretta comminazione delle sanzioni per palese violazione del d.lgs. n. 472 del 1997 e del sistema sanzionatorio tributario in generale", per la carenza di motivazione in ordine all'irrogazione delle sanzioni e perché nel caso de quo le sanzioni non sarebbero comunque irrogabili atteso che la Società si è uniformata a quanto stabilito nelle risposte a due "interpelli".

L'Appellante ha quindi ri-presentato i motivi di ricorso per i quali, a suo dire, il Collegio di prime cure non avrebbe argomentato in modo articolato:

IV- "illegittimità del provvedimento impugnato per mancato superamento dei limiti dimensionali", in quanto l'altezza di ciascun silo è di soli 6,717 metri mentre l'area del rettangolo in cui è circoscritta la scritta "X" è di soli 1,16 metri quadri;

V- "illegittimità del provvedimento impugnato per erronea indicazione della superficie";

VI- "indeterminatezza della pretesa", poiché non sarebbe stato indicato il messaggio pubblicitario soggetto a imposizione, e per l'"indeterminatezza dei conteggi e dei dati indicati" nell'avviso stante che non è stato effettuato alcun accesso ai luoghi ove erano situati i silos né è stato redatto un processo verbale;

VII- "erronea indicazione della superficie indicata in mq. 12";

VIII- "inesistenza della notifica";

IX- "illegittimità dei provvedimenti impositivi per mancata allegazione della documentazione richiamata", quale il regolamento comunale e la delibera di approvazione delle tariffe applicate, ma anche le rilevazioni effettuate col numero, data e sottoscrizione del personale addetto alle verifiche oltre che l'esito delle stesse;

X- "difetto di motivazione sotto un ulteriore profilo", stante che non sarebbero indicate le ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto l'Ente impositore a emettere l'avviso di accertamento.

La Società conclude chiedendo l'integrale riforma della sentenza di Primo Grado appellata.

4.Fraternità Sistemi Impresa Sociale - Società Cooperativa Sociale Onlus, concessionaria della pubblicità, si è costituita in giudizio confutando tutte le tesi di Parte appellante e concludendo per la conferma della sentenza appellata.

5.Per l'udienza entrambe le Parti hanno versato in atti memorie:X ha depositato copiosa giurisprudenza di merito e Fraternità Sistemi ha ribadito che i silos "per cui è causa non sono macchine da cantiere essi non sono altro che grandi contenitori destinati alla conservazione di cemento, nerofumo, intonaco, premiscelato etc.".

6.Alla pubblica udienza del 22 maggio 2023, udita la relazione della Giudice relatrice e sentiti i procuratori delle Parti che hanno esposto le rispettive tesi e conclusioni, l'appello è stato trattenuto per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.L'appello è infondato.

2.Parte appellante dopo aver premesso di essere "società leader in Italia nella produzione e fornitura di materiali per l'edilizia che distribuisce, tra l'altro, mediante silos/serbatoi da installare presso i cantieri ove sono in corso interventi edilizi", nonché di essere "presente in quasi tutto il territorio nazionale con alcuni stabilimenti, depositi e sedi commerciali", e che "la distribuzione dei materiali prodotti avviene al dettaglio, ovvero mediante la propria flotta di automezzi", ha dunque impugnato l'avviso di accertamento emesso dalla Società concessionaria per la pubblicità del Comune di Sona perché nel 2018 erano presenti nel territorio comunale 6 silos riportanti scritte con valenza pubblicitaria ma non era stata versata la relativa imposta.

3.1.Con il primo motivo Parte appellante denuncia la "erroneità della pronuncia per non aver rilevato l'illegittimità dell'avviso di accertamento per violazione del combinato disposto del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dell'art. 3, comma 16 sexies, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, nonché della disciplina del d.m. 26 luglio 2012", perché i silos in questione sarebbero "macchine da cantiere" per le quali l'imposta non è dovuta entro dati limiti dimensionali, nel caso rispettati, e, comunque, se dovuta, l'imposta competerebbe al comune ove ha sede l'impresa, ossia il Comune di Spresiano col quale la Società ha stipulato una convenzione per la regolamentazione della riscossione dell'imposta sulla pubblicità avente ad oggetto il marchio "X" apposto sui silos di sua proprietà.

3.2.Il Primo Giudice ha respinto queste argomentazioni affermando che "il silo non è all'evidenza una macchina da cantiere, ma un grosso contenitore, pur se facilmente trasportabile";
che "il DM 26.7.12 si applica solo alle macchine da cantiere";
che "la convenzione col Comune di Spresiano per la riscossione dell'imposta in questione non può esser opposta a chi a essa non ha partecipato".

3.3.Il Collegio condivide l'impostazione del Primo Giudice.

3.4.Deve essere innanzitutto disattesa la tesi fondante la posizione dell'Appellante, ossia che i silos che essa utilizza siano "macchine da cantiere" ai sensi dell'invocato d.m. 26 luglio 2012, concernente la "Modalità di applicazione dell'imposta comunale sulla pubblicità al marchio di fabbrica apposto sulle gru mobili, sulle gru a torre adoperate nei cantieri edili e sulle macchine da cantiere". Difatti, la speciale disciplina ivi contenuta è volta ad agevolare le "imprese produttrici delle macchine da cantiere" (come testualmente previsto dall'art. 2, comma 3) che appongono il loro "marchio di fabbrica", entro specificati limiti dimensionali, su dette "macchine da cantiere" (art. 1, comma 1). E trattandosi di una disciplina agevolativa essa è di stretta interpretazione, non estensibile ai casi non espressamente previsti, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi.

Orbene, la stessa X non ha mai affermato di essere l'impresa produttrice dei silos, anzi ha chiaramente esposto che i silos le servono per "distribuire" materiali per l'edilizia (malte, intonaci, pitture, ). Più precisamente, l'interessata ha spiegato che "produce e fornisce materiali per l'edilizia che distribuisce, tra l'altro, mediante silos/serbatoi da installare presso i cantieri ove sono in corso interventi edilizi". Da ciò la dovuta conclusione che la scritta "X" presente sui silos in questione è non il marchio di fabbrica dell'impresa che ha costruito quei silos bensì il marchio dell'impresa che utilizza i silos come contenitori per distribuire i propri beni.

È ulteriore comprova di ciò il "manuale d'uso" dei silos, depositato in atti (doc. all. n. 8 in atti di Parte appellante), dal quale risulta che l'impresa che ha costruito i "silos per malte e intonaci premiscelati" è Y s.p.a. con sede a .. (….), la quale ha fornito le indicazioni necessarie per l'utilizzo, la sicurezza, la manutenzione e anche le disposizioni in materia di assistenza e di garanzia. E in detto "manuale d'uso" si legge che il silo "è progettato per lo stoccaggio di massetti autolivellanti di intonaci, collanti, inerti, leganti, calci, con funzionamento a pressione".

3.5.Questa impostazione, per il vero, è stata condivisa anche dalla Corte di cassazione che, proprio in una causa che vedeva come parte l'attuale appellante X s.r.l., ha affermato che "il d.m. 27 luglio 2012 regolamenta il solo marchio di fabbrica";
che "la deroga all'imposta pubblicitaria prevista dal citato d.m. è diretta esclusivamente alle 'imprese produttrici delle gru mobili, delle gru a torre adoperate nei cantieri edili e delle macchine da cantiere'";
che la società X "senza contestazioni sul punto" ha per oggetto "solo la distribuzione e la vendita di materiali per l'edilizia che possono essere miscelati o meramente contenuti in serbatoi, anche motorizzati, come quelli oggetto di accertamento";
che, di conseguenza, "qualora la raffigurazione esuli dall'individuare un segno distintivo rappresentato dal marchio di fabbrica, come nel caso in esame, troverà applicazione la norma sulla pubblicità di cui al d.lgs. n. 507 del 1993" (Cass. civ., sez. V, 15.6.2021, n. 16793).

Nella stessa pronuncia la Corte di cassazione ha poi specificato che "il richiamo effettuato alle note del MEF con le quali si assume che i silos possano essere considerati attrezzature di cantiere" (richiamo effettuato anche in questa sede alle note della Direzione legislazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 6 marzo e del 30 luglio 2013 - all. n. 4 e n. 5) "non modifica in alcun modo i termini della questione", essendo notorio che un'interpretazione ministeriale delle norme tributarie, sia essa contenuta in una nota o in una circolare, costituisce solamente un'attività interna alla Pubblica amministrazione ma è inidonea a incidere sul rapporto tributario e non è vincolante né per il contribuente, né per lo stesso Ufficio che l'ha adottata e, a maggior ragione, per il giudice tributario (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. V, 29.11.2022, n. 35098).

La Corte di legittimità ha anche precisato che il richiamo alla direttiva 2006/42/CE - c.d. direttiva macchine, "finalizzato a dimostrare che X s.r.l. fosse il fabbricante dei silos, è inconferente perché essa è stata emanata al fine di procedere all'esecuzione di specifiche attività per aumentare il livello di sicurezza degli impianti, integrando la sicurezza nelle fasi di progettazione e di costruzione, fino a una corretta installazione e manutenzione. L'apposizione del marchio X sui silos - costruiti da altri - ha lo scopo di pubblicizzare il marchio della Società dedita, come detto, alla distribuzione e vendita di prodotti per l'edilizia e non dei serbatoi in cui gli stessi sono contenuti o miscelati".

3.6.Consegue a quanto sin qui esposto che la tesi dell'Appellante è giuridicamente infondata e che la legittimazione attiva all'imposizione fiscale pubblicitaria non spetta alla concessionaria del Comune di Spresiano ove ha sede legale la Società (ex d.m. 26 luglio 2012, art. 2, comma 2, secondo il quale l'imposta è dovuta, in base alla superficie complessiva dei marchi installati su ciascun bene mobile individuato all'art. 1, per anno solare al comune ove ha sede l'impresa produttrice dei beni o qualsiasi altra sua dipendenza, nella misura e con le modalità previste dal d.lgs. n. 507 del 1993, art. 12, comma 1"), bensì al Comune (in questo caso Sona) ove i silos della Società sono installati e la pubblicità esterna viene esibita, come da previsione generale di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 507 del 1993 (secondo cui "la pubblicità esterna [è] soggetta, secondo le disposizioni degli articoli seguenti, a una imposta a favore del comune nel cui territorio sono effettuate"). Irrilevante ai fini del presente giudizio rimane quindi il contenuto e la valenza della convenzione che l'Appellante ha stipulato con il Comune in cui è ubicata la sua sede legale.

E per le caratteristiche strutturali e per le modalità con cui sono state esposte le scritte in esame, le stesse presentano un'oggettiva idoneità a comunicare la presenza della nominata impresa, con tutto quello che ciò può comportare sul piano della pubblicità: in tal senso esse non hanno soltanto una finalità distintiva ma si traducono anche in segni obiettivamente idonei a far conoscere a un numero indeterminato di possibili acquirenti, o comunque di utenti interessati, l'attività dell'impresa che in quei luoghi operava (cfr., in termini, Cass. civ., sez. V, 29.4.2015, n. 8658).

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