Corte di Giustizia di secondo grado Marche, sez. III, sentenza 13/02/2023, n. 139
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Non sono sottoponibili al prelievo TARI per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani le aree produttive (industriali ed artigianali) ove vengano prodotti di regola rifiuti speciali - a condizione che il produttore ne dimostri l'avvenuto trattamento secondo la normativa vigente. Così i giudici della Corte di secondo grado delle Marche confermano la sentenza di primo grado (nonché la propria precedente posizione assunta già in altre controversie) ritenendo che anche nel caso di approvazione di nuovi regolamenti comunali in tema di rifiuti, successivi alla entrata in vigore del D.Lg.vo 152/2006 (c.d. Codice dell'ambiente), debbono in ogni caso applicarsi le norme di detto Codice e, in particolare, la riserva di legge statale in ordine alla definizione dei criteri di assimilazione dei rifiuti, dovendosi, in relazione a ciò, escludere qualsiasi possibilità di assimilazione ai rifiuti solidi urbani per quelli provenienti da aree industriali ed artigianali.
Sul provvedimento
Testo completo
inoltre, il servizio di raccolta era stato eseguito anche in favore dello stabilimento in questione, come attestato dalla società incaricata. La Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno con sentenza n. 141/2016 pronunciata in data 08/11/2016 e depositata in data 15/01/2016 ha accolto il ricorso. Avverso la predetta decisione ha proposto appello il Comune di F, in persona del Sindaco pro-tempore Avv. P C, rappresentato e difeso dal Dott. T V, per delega in calce all'appello e con domicilio eletto presso il Comune di F. L'Ente comunale appellante nell'atto di gravame ha criticato la decisione assunta dai primi giudici ed ha proposto motivi di impugnazione che qui di seguito si andranno ad esaminare, ribadendo la correttezza del proprio operato e rassegnando le conclusioni così come trascritte in epigrafe. La Ditta "C Srl", CF e P.IVA: , con sede in Fermo, in persona del legale rappresentante, F G, rappresentata e difesa dal Dott. Prof. L M e con il medesimo elettivamente domiciliata in A, presso e nello studio dell'Avv. R C, si è costituita nel giudizio de-quo depositando Memoria difensiva e di costituzione. Nell'atto difensivo la Ditta resistente ha eccepito la circostanza secondo cui l'Ente appellante non ha espressamente contestato alcune parti della sentenza di primo grado di talché su tali parti si sarebbe formato il giudicato;
ha sottolineato l'ammissione da parte dell'Ente circa la non debenza del tributo relativamente all'annualità 2014;
ha eccepito la inammissibilità dell'appello per mancanza di proposizione di specifici motivi di impugnazione e, infine, ha rimarcato la illegittimità del comportamento tributario assunto dall'Ente comunale nella fattispecie de-qua. All'udienza del giorno 31 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE La Corte premette, in punto di decisione: - Che il novellato art. 132 c. 1 n. 4 c.p.c., consente al giudice la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, e che - per consolidata giurisprudenza della Cassazione- nel motivare la sentenza, secondo i dettami dell'art. 118 disp. att. C.p.c., non è tenuto ad esaminare specificatamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata;
- Che detti principi si applicano al processo tributario ai sensi dell'art. 1 c. 2 D.Lgs. 546/92;
- Che le questioni non trattate, non possono considerarsi omesse, ma semplicemente assorbite o superate per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudice, di cui ne ha il pieno convincimento per la decisione. Tanto premesso, venendo al merito della questione, il Collegio, letti gli atti e valutate le prove documentali prodotte in giudizio dalle rispettive parti processuali, ritiene infondate, per quanto concerne appunto il "merito" della controversia, le motivazioni della parte appellante sicché l'appello deve essere respinto. In ogni caso, la Corte osserva in via preliminare. La eccezione di inammissibilità dell'appello per mancanza di proposizione di specifici motivi di impugnazione formulata da parte appellata si palesa inaccoglibile. In materia tributaria, la riproposizione in appello delle medesime censure, formulate in primo grado, è sufficiente ad assolvere l'onere d'impugnazione specifica, imposto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che, nel processo tributario, l'appello ha carattere devolutivo pieno, poiché non è limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, bensì è finalizzato ad ottenere il riesame della causa nel merito nella sua interezza. Il requisito della specificità dei motivi di appello non può essere inteso nel senso che l'appellante sia tenuto a formulare nuovi argomenti giuridici a sostegno dell'impugnazione, potendo l'appellante limitarsi a sottoporre al giudice del gravame le medesime argomentazioni svolte in primo grado e respinte in quella sede, manifestando un dissenso che investa la decisione di primo grado nella sua totalità (cfr. Cass. n. 30525 del 2018;
Cass. n.32838 del 2018;
Cass. n. 32954 del 2018;
Cass. n. 1200 del 2016;
Cass. n. 30341 del 2019). I Giudici di legittimità (cfr Cass. Ordinanza 25 maggio 2021, n. 14352) hanno sottolineato che il giudizio di appello mantiene pur sempre la sua natura di "revisio prioris instantiae", in tal modo diversificandosi dal ricorso per cassazione, qualificabile invece come impugnazione a critica vincolata, e che, pertanto, l'appello non deve rivestire particolari formule sacramentali, né deve contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quello di primo grado, essendo sufficiente la mera riproposizione delle originarie argomentazioni svolte in primo grado, in quanto il dissenso può legittimamente investire la decisione nella sua interezza e può legittimamente sostanziarsi nelle medesime argomentazioni poste a fondamento del ricorso respinto in primo grado;
che non va infine trascurato come l'art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, dettato per l'appello in materia tributaria, si discosta notevolmente dall'omologa norma dettata per il processo civile dall'art. 342 cod. proc. civ., potendosi qualificare l'art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, riferito al processo tributario, come norma speciale rispetto all'art. 342 cod. proc. civ. e tale da diversificarsi in modo significativo rispetto a quest'ultima, atteso che, nella prima, è richiesto unicamente che il ricorso in appello contenga "i motivi specifici dell'impugnazione" (cfr. Cass. n.24641 del 2018);
il che, come in precedenza esposto, consente di ritenere legittimo l'appello, che si limiti a sottoporre alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado le medesime argomentazioni formulate innanzi alla precedente Corte e da quest'ultima respinte, essendo in sostanza sufficiente l'emersione di dissenso tale da investire la decisione di primo grado nella sua interezza. Pertanto, l'appello risulta pienamente ammissibile. Per quanto concerne lo specifico "merito" della controversia, questo Collegio ritiene necessario, ai fini di un completo quadro normativo di riferimento, riproporre quanto riportato dal primo giudice in relazione alla dettagliata scansione cronologica delle molteplici disposizioni che si sono succedute nel tempo nella complessa materia che qui ci occupa. Riferisce sull'argomento il primo giudice: "Non è in contestazione che nell'area di cui il ricorrente ha la disponibilità e per cui si controverte vengono prodotti rifiuti da attività produttiva, dunque speciali, ma non pericolosi. Giova alla chiarezza dell'esposizione premettere che il ricorrente non contesta l'evoluzione normativa richiamata dal Comune. L'art. 184, c. 2, del d. 1gr. n. 152/2006 (Codice dell'Ambiente) ricalca il doppio criterio di distinzione (origine e pericolosità) e la classificazione già contenuti nell'art. 7 d. Lgs. n. 22/1997, nonché la possibilità di assimilazione agli urbani dei rifiuti speciali provenienti da attività economiche da quest'ultimo reintrodotta: "Art. 184 (Classificazione) 1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e