Corte di Giustizia di secondo grado Puglia, sez. I, sentenza 14/07/2023, n. 2159
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Rientrano nell'ambito della giurisdizione tributaria le controversie riguardanti le cartelle, le intimazioni di pagamento, le ingiunzioni, i fermi o ipoteche, quindi la cognizione di ogni questione con cui si risponde a una pretesa tributaria adducendo fatti su di essa incidenti, nonché rilevanti sul piano normativo fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento se validamente avvenuti, oppure fino al momento dell'atto esecutivo, in caso di notificazione mancata o invalida o inesistente.
Eventuali vizi formali degli atti relativi all'esecuzione successivi a quelli esattoriali, possono essere fatti valere dinanzi al solo giudice ordinario. Rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria le liti relative agli atti esecutivi "in senso stretto" successivi alla cartella di pagamento notificata, (compreso il pignoramento presso terzi), che afferiscono alla fase di esecuzione forzata e contro i quali l'esecutato può opporre unicamente vizi che riguardino l'atto esecutivo. Eccezione nel caso in cui venga notificato un pignoramento i cui atti prodromici non sono mai giunti a conoscenza del contribuente, in questo caso si potrà impugnare il primo atto utile, quindi l'atto di pignoramento, e si dovrà farlo mediante lo strumento dell'opposizione agli atti esecutivi lamentando l'omessa o viziata notifica della cartella esattoriale con conseguente nullità derivata dell'atto espropriativo dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria.
Sul provvedimento
Testo completo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il XX/XX/ 2018 presso la Commissione Tributaria Provinciale di Bari contro l'Agenzia delle Entrate - Riscossione, il signor XXXXXXX XXXXXX, rappresentando di aver proposto opposizione ex art. 615 cpc dinnanzi al Tribunale di Trani avverso gli atti di pignoramento presso terzi notificati da Equitalia spa (n. XXXXXXXXXX per l'importo di ?. 1.335.829,79 e n. XXXXXXXXXX per l'importo di ?. 12.407,21) e che il giudice ordinario con ordinanza in data XX/XX/2018 decideva solo in parte sull'opposizione dichiarando per i crediti tributari individuati nell'ammontare di ?. 1.279.846,40 il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice tributario, riassumeva il giudizio formulando i seguenti motivi di opposizione: 1) nullità dell'intimazione per violazione dell'art. 50 dpr 602/73 in quanto l'Agente della riscossione non avrebbe provveduto prima del pignoramento a notificare l'avviso di cui all'art. 50 del DPR 602/73;2) nullità/inesistenza della notifica delle prodromiche cartelle di pagamento per violazione dell'art. 26 DPR n. 602/73 come modificato dall'art 38, comma, 4 lett. b) del D.L. 31.05.2010 n. 78;3) prescrizione del diritto all'esazione per trascorso del termine quinquennale;4) erroneo accertamento del credito e carenza di legittimazione passiva in quanto in qualità di socio accomandante non era stato destinatario di alcun avviso di accertamento riguardane il suo debito pro quota e la eventuale notifica delle cartelle di pagamento concernente il debito sociale non poteva considerarsi legittimo atto di messa in mora nei suoi confronti.
Si costituiva in giudizio l'Agenzia delle Entrate-Riscossione (subentrata ex lege ad Equitalia) che confutava i primi tre motivi di opposizione e sosteneva il proprio difetto di legittimazione in ordine al quarto motivo evidenziando, peraltro, nel merito di tale doglianza che il ricorrente non poteva che essere socio accomandatario e comunque, considerato che il suo nome era compreso nella ragione sociale, anche in qualità di socio accomandate era tenuto a rispondere di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali ex art. 2314 cod. civile.
All'udienza del XX/XX/2019, di discussione del giudizio dinanzi alla CTP di Bari, il difensore del ricorrente depositava visura camerale della società ed eccepiva che l'agente della riscossione prima di procedere contro il suo assistito (socio) avrebbe dovuto escutere il patrimonio della società ai sensi dell'art. 2304 cod. civile.
Con sentenza n. 1542, depositata il 3.9.2019, la CTP di Bari, osservando che l'Agente della riscossione non ha preventivamente escusso il patrimonio della società e che la previa escussione - ex combinato disposto di cui agli artt. 2315 e 2304 Codice civile - è considerata dalla giurisprudenza di legittimità quale condizione dell'azione esecutiva nei confronti del socio, ha accolto il ricorso, ha annullato gli atti impugnati e compensato le spese tra le parti.
Con atto depositato in data 16.3.2020, in precedenza notificato via pec il 28.2.2020 al difensore del ricorrente, l'Agenzia delle Entrate riscossione ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado eccependo in primo luogo il difetto di giurisdizione in quanto la sollevata questione circa la prescrizione del carico iscritto a ruolo per vicende successive alla notifica delle cartelle di pagamento apparterrebbe alla cognizione del Giudice Ordinario;inoltre, l'agente della riscossione ha eccepito che il primo giudice è incorso in ultrapetizione sia perché l'eccezione del beneficio di preventiva escussione della società era stata proposta tardivamente (solo nel corso della discussione orale all'udienza di trattazione del giudizio) sia perché aveva disposto l'annullamento degli atti di pignoramento presso terzi in contrasto con le conclusioni del ricorrente che aveva chiesto l'annullamento delle prodromiche cartelle di pagamento.
Nel merito l'agente della riscossione ha ribadito le deduzioni difensive già svolte in sede di costituzione dinnanzi alla CTP di Bari in ordine ai motivi di ricorso sollevati dal contribuente ed ha concluso chiedendo di dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice tributario, di annullare la sentenza di primo grado per vizio di ultrapetizione ovvero perché, in ogni caso, da ritenersi infondati i motivi di ricorso del contribuente.
Il contribuente, al cui difensore è stato ritualmente notificato, come si è detto, l'atto di appello, non si è costituito in giudizio.
All'udienza del XX/XX/2023 il difensore dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione si è riportato ai motivi di appello e insistito per le conclusioni ivi rassegnate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione è fondato e va accolto.
Il primo giudice si è pronunciato, peraltro in ultrapetizione, su questione per la quale il giudice tributario difetta di giurisdizione.
L'art. 57 del D.P.R. 29/09/1973, n. 602, con riguardo alla riscossione di crediti tributari, non ammetteva le opposizioni regolate dall'articolo 615 del Codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni (lett. a).
La Corte costituzionale, con sentenza 17 aprile-31 maggio 2018, n. 114 (Gazz. Uff. 6 giugno 2018, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale della disposizione di cui sopra, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 del Codice di procedura civile.
Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione - formatasi successivamente all'ordinanza del Tribunale di Trani che ha declinato la propria giurisdizione sull'opposizione all'esecuzione ex art. 615 cpc in relazione agli atti di pignoramento preso terzi emessi da Equitalia per la parte concernente i crediti di natura tributaria - il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato:alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatticostitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale) che si assumano verificati fino allanotificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino almomento dell'atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici;allagiurisdizione ordinaria spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell'atto esecutivo cometale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici) nonché suifatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all'epoca della valida notifica dellacartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza onullità di detta notifica, all'atto esecutivo cha abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza dellacartella o dell'intimazione (cfr. tra le altre Sez. U - , Ord. n. 7822 del 14/04/2020).
Per ciò che riguarda la controversia all'odierno esame va rilevato che il ricorrente aveva sollevato questioni che rientravano nella cognizione del giudice tributario (nullità degli atti di pignoramento per mancata notifica dell'intimazione di pagamento ex art. 50 del DPR 602/1973 e l'inesistenza della notifica delle prodromiche cartelle di pagamento) e la questione della prescrizione quinquennale del credito che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (in ordine a tale ultimo aspetto cfr. Ord. n. 13767 del 20/05/2021 secondo cui l'eccezione di prescrizione del credito tributario maturatasuccessivamente alla notifica della cartella di pagamento, sollevata dal curatore in sede di ammissione alpassivo fallimentare, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario e non già di quello tributario,segnando la notifica della cartella il consolidamento della pretesa fiscale e l'esaurimento del potereimpositivo).
Senonché il giudice di primo grado ha accolto il ricorso decidendo su una diversa questione sollevata solo in sede di discussione orale, riguardante il beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale stabilito dall'art. 2304 Codice civile, nell'ambito di una controversia avente ad oggetto l'opposizione averso gli atti di pignoramento di crediti verso terzi.
Si tratta, invero, di controversia riguardante il pignoramento e quindi il giudizio di esecuzione di cognizione del giudice ordinario.
Peraltro, l'eccezione del beneficio di escussione non è stata formulata con il ricorso originario (ove il ricorrente eccepiva il difetto di legittimazione passiva per non aver ricevuto l'avviso di accertamento collegata alla propria quota di partecipazione societaria) ma - come più volte ribadito - nel corso della discussione orale sicché il primo giudice non ha tenuto conto che in base all'art. 24 del D.Lgs. n. 546/1992 non è possibile l'integrazione dei motivi di ricorso salvo quella resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti;situazione non ricorrente nella specie.
L'eccezione del benficium excussionis non è rilevabile d'ufficio (cfr. tra le tante Cass. sez. Un. n. 34447/2019) sicché la CTP di Bari nell'accogliere il ricorso del contribuente ha violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 cpc non essendo stata tempestivamente proposta l'eccezione di che trattasi.
La sentenza di primo grado va pertanto riformata.
Le altre questioni sollevate dal contribuente attratte nella sfera di cognizione di questo giudice tributario, sopra indicate, non sono state riproposte in questa sede di appello in quanto l'appellato è rimasto contumace.
In base all'art. 56 del D. Lgs. n. 546/1992 le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza dellacommissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, s' intendono rinunciate.
In relazione a quanto disposto dalla predetta norma la giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. V, ord. 23.06.2021, n. 17939) ha chiarito che il principio per cui le questioni ed eccezioni dell'appellato nonaccolte dalla sentenza di primo grado e non espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate,enunciato dalla costante giurisprudenza di questa Corte in tema di processo civile (da ultimo, Sez. U, n.7940/2019), si estende anche al processo tributario, come condivisibilmente affermato dallagiurisprudenza di questa Sezione (Sez. 6-5, Ordinanza n. 30444/2017;Sez. 6-5, Ordinanza n.12191/2018), anche nell'ipotesi in cui l'appellato sia rimasto contumace (sentenza n. 20062/2014).
Quindi, nel caso di specie, non essendosi costituito in questo grado di giudizio, le ulteriori censure proposte dall'appellato/contribuente in primo grado rientranti nell'ambito di giurisdizione di questa corte sono da intendersi rinunciate e ciò preclude il loro esame.
In definitiva la sentenza di primo grado va riformata dovendosi dichiarare il difetto di giurisdizione sulla questione decisa dalla CTP di Bari.
Posto che l'esito del giudizio è dipeso dall'orientamento della giurisprudenza di legittimità formatosi successivamente alla pronuncia di primo grado sussistono gravi ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.