Il contenuto della presente sentenza si adeguerà al canone normativo dettato dal n. 4) del secondo comma dell'
art. 132 c.p.c. e dalla norma attuativa contenuta nell'
art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice processuale civile, applicabili anche al processo tributario, le quali oggi- a seguito della legge 18/6/2009 n. 691- dispongono in generale che la motivazione debba limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e quindi decisa in applicazione della noto principio della ragione "più liquida", principio giuridico oramai consolidato in giurisprudenza per evidenti motivi di economia processuale ( v.
ex multis Cass.ss.uu. 26242/2014). Il contribuente ricorre avverso l'avviso di accertamento di cui epigrafe chiedendone l'annullamento in quanto la sanzione applicata per quella parte di IVA richiesta secondo l' ADE in eccedenza per ?. 91.201,56 ( in quanto relativa all'acquisto di terreni lottizzabili e costruzioni di beni immobili , dichiarati strumentali dal contribuente e per converso ritenuti dall'Ufficio "beni merce" ) e ottenuta a rimborso del tutto illegittimo in quanto nella fattispecie non è applicabile l'art. 13 d.l.vo 471/97 stante il divieto di cui all'art.3 del d.l.vo 472/97 Resiste l'ufficio il quale rappresenta che parte dell'iva pari ad ?.91.201,56 (importo complessivo di ?.350.000,00) versata dalla Immobiliare G srl per l'acquisto di due lotti di terra e per la costruzioni di immobili non ancora ultimati) chiesta a rimborso nel 2011 e ottenuto nel 2012 , non poteva essere rimborsata essendo relativa non a beni ammortizzabili, come some sostenuta dal contribuente, bensì a "beni merce" tanto che la società contabilizza la posta tra le immobilizzazioni materiali, annotando poi nella nota al bilancio le seguenti operazioni "prosecuzione della fase di costruzione degli immobili ad uso commerciale, direzionale ed industriale che dovranno essere destinati alla vendita o locazione" Desumendo da ciò che nella fattispecie non si sia in presenza di beni strumentali in quanto finalizzati alla produzione aziendali bensì a "beni merce" la cui IVA pertanto non può essere rimborsata ma portata in detrazione negli anni di imposta successivi. Per cui, sempre a dire dell'Ufficio tale comportamento merita di essere sanzionato a mente dell'art. 13 d.l.vo 471/97 ( 30% della somma di ?. 91.201,56 indebitamente richiesta a rimborso ed accolta + interessi e spese di notifica per complessivi 32.841,14). La CTP accoglieva il ricorso e compensava le spese. Appella l'Amministrazione finanziaria che chiede la integrale riforma della sentenza di prime cure e quindi l'affermazione della legittimità del proprio operato. Resite il contribuente che chiede il rigetto del gravame con condanna dell'Amministrazione alla restituzione delle somme medio tempore pagate e in subordine la riduzione delle sanzioni. La causa veniva discussa nella udienza camerale del 29.11.2022 e contestualmente decisa. MOTIVI DELLA DECISIONE L'appello è infondato e non può trovare accoglimento. E' indubbio che nella fattispecie ricorra l'ipotesi "beni merce" per cui l'importo di IVA richiesto a rimborso per la realizzazioni di detti beni di natura non strumentale quindi non ammortizzabili in quanto, come già accennato in premessa, non posti a servizio della produzione bensì destinati ad essere venduti ( in linea con l'oggetto sociale della G immobiliare srl) non è rimborsabile;in ogni caso va risolto il quesito circa l'assoggettabilità a sanzione di detto comportamento a mente dell'
art.13 d.lvo 471/97 che prevede ipotesi di imposte non pagate o pagate in ritardo. Secondo l'appellante il rimborso anticipato di somme comporta comunque un danno all'erario in quanto sottratte alla sua disponibilità in tempi indebiti rispetto a quelli previsti con la detrazione di imposta negli anni successivi. Del caso si è occupato di recente il Supremo Collegio con una pronuncia esaustiva e ampiamente argomentata, condivisa da questo collegio, che giovi qui ritrascrive in parte qua : "
..in ordine all'insussistenza delle condizioni per il rimborso, si pone la questione della irrogabilità alla contribuente delle sanzioni previste dal
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, commi 1 e 3, (nel testo vigente ratione temporis, prima della modifica apportata dal
D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 15), a tenore del quale: "1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è oggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti riguardanti crediti assistiti integralmente da forme di garanzia reale o personale previste dalla legge o riconosciute dall'amministrazione finanziaria, effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dal
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, comma 1, lett. a), è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. Identica sanzione si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 36-bis e 36-ter, e ai sensi del D. P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis. Le sanzioni previste nel presente articolo non si applicano quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti ad ufficio o concessionario diverso da quello competente" Secondo la contribuente, l'ipotesi del rimborso indebito di IVA detraibile non rientrerebbe nella previsione normativa, alla luce del principio di stretta legalità in tema di sanzioni tributarie (D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 1), non configurandosi un omesso, insufficiente o tardivo versamento di imposta. Non a caso, il
D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 15 (con decorrenza dall'1 gennaio 2017, a norma del D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 32, comma 1) avrebbe novellato il
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, con la specifica introduzione del comma 4, a tenore del quale: "Nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato". Per cui, la fattispecie in esame sarebbe rientrata nell'ipotesi tipica di "violazione delle modalità di utilizzo" di un'eccedenza o di un credito d'imposta. A suo dire, tale violazione non sarebbe stata autonomamente sanzionata all'epoca della sua commissione, per cui la condotta della contribuente, ancorché irregolare sul piano fiscale, non sarebbe sanzionabile D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ex art. 3: nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione"). Questo modo di argomentare non è condiviso dall'amministrazione finanziaria. Secondo la difesa erariale, per quanto il
D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 15, abbia introdotto una specifica ed autonoma sanzione per la violazione delle modalità di utilizzo di un eccedenza o di un credito d'imposta, ciò non escluderebbe che tale condotta possa essere sanzionata ad altro titolo prima dell'innovazione legislativa, rientrandone l'elemento materiale nel perimetro di una violazione più ampia e generica (sul piano della tipizzazione dell'illecito) che una norma tributaria abbia presidiato con la prescrizione di una sanzione. In linea con tale ricostruzione, anche il rimborso non dovuto dell'eccedenza IVA per difetto della condizione prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, comma 3, ancorché utilizzabile per la detrazione dall'ammontare dell'IVA a debito nell'annualità di imposta successiva, comporterebbe la sottrazione di una somma di cui l'amministrazione finanziaria avrebbe dovuto avere la disponibilità, o per un ritardato pagamento o per un'anticipata restituzione, per cui si applicherebbe, comunque, la sanzione prevista dal
D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, commi 1 e 3 . Come è stato chiarito da questa Corte, in relazione a vicende similari di rimborso non dovuto di crediti IVA, la condotta del contribuente - che avrebbe dovuto restituire l'importo indebitamente rimborsato, salvo ad usufruirne per la detrazione nell'anno successivo - è senz'altro illegittima;ma l'illegittimità è legata al ritardo nella restituzione di un indebito, non già all'ipotesi, affatto diversa, dell'omesso versamento di un'imposta: il principio di stretta legalità che informa il sistema delle sanzioni in materia tributaria (D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 1) preclude all'amministrazione finanziaria di applicare la sanzione prevista per il caso di omesso versamento, totale o parziale, dell'imposta all'ipotesi in cui il contribuente ottenga un rimborso non dovuto, per l'evidente diversità delle due fattispecie e quindi per la palese impossibilità di individuare una medesima ratio sanzionatoria nei due casi, apparendo sufficiente al riguardo riflettere sulla circostanza che, in quello considerato, il fatto che sarebbe sanzionato appare riconducibile non già ad un comportamento proprio del contribuente, bensì ad un errore dell'amministrazione finanziaria, che avrebbe dovuto verificare con più attenzione la spettanza art. 38-bis (nel testo vigente ratione temporis), da un lato, prevede particolari cautele per il rimborso di importi superiori a Euro 15.000,00, dall'altro lato, specularmente, non prevede alcuna sanzione amministrativa nel caso di inosservanza del termine di sessanta giorni per la restituzione dell'indebito: a dimostrazione che, in questo caso, deve essere l'amministrazione finanziaria a prestare la massima prudenza (in termini: Cass., Sez. 5, 4 novembre 2020, n. 24517". Cassazione civile sez. VI, 29/10/2021, (ud. 14/07/2021, dep. 29/10/2021), n.30785. Va altresì precisato che il pagamento della sanzione medio tempore eseguito dal contribuente onde evitare di ulteriori accessori maturandi non è di impedimento all'annullamento dell'atto impositivo opposto ma semmai costituisce diritto del contribuente stesso a vedersi restituita la somma che a tale titolo ha versato ( vedi
art.19 D.L.vo 472 del 1997) Alla luce delle suesposte considerazioni, disattesa e assorbita ogni altra questione ritenuta non rilevante ai fini della decisione e comunque inidonea a sostenere una conclusione di tipo diverso rispetto ai termini sopra delineati, va respinto l'appello dell'Ufficio e di conseguenza confermata la decisione di prime cure anche se con diversa motivazione e quindi e per l'effetto restituita la intera somma a titolo di sanzione più accessori eventualmente medio- tempore versata dal contribuente. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo