Corte di Giustizia di secondo grado Piemonte, sez. II, sentenza 11/04/2024, n. 185
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Ai fini della validità delle compensazioni IVA, non è necessario che il visto di conformità sia apposto dallo stesso consulente che ha trasmesso la dichiarazione. I principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, attribuiscono al visto di conformità un valore semplicemente attestativo e non costitutivo. È rilevante ai fini della compensazione l'effettiva spettanza del credito e che, sia il soggetto che provvede ad apporre il visto di conformità, sia colui che provvede all'invio telematico della dichiarazione, siano muniti dei requisiti professionali previsti dall'art. 3, comma 3, del DPR 322/1998.
Sul provvedimento
Testo completo
L'ufficio appellante così conclude:
"A fronte delle considerazioni svolte, lo scrivente Ufficio, come sopra rappresentato e difeso, e con ogni riserva di ulteriormente argomentare, provare e dedurre nei termini di legge, chiede che codesta Onorevole Corte di Giustizia Tributaria voglia: riformare la sentenza impugnata e, per l'effetto, confermare la legittimità dell'operato dell'Ufficio. Con condanna della parte appellata alla rifusione delle spese di giudizio come da nota spese allegata."
La contribuente appellata così conclude:"C H I E D E la conferma della sentenza di primo grado e, in ogni caso, l'annullamento dell'atto di recupero impugnato. Con riserva di ulteriore memoria, deduzione e produzione. Con il favore delle spese legali.
" SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con apposito ricorso, la P. S.r.l. impugnava avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Biella un atto di recupero per indebite compensazioni IVA, inerente al periodo di imposta 2018. Infatti, tale società, in sede di dichiarazione aveva indicato, nell'anno di imposta 2017, IVA a credito per € 214.791,00. Per parte sua, l'Agenzia delle Entrate aveva operato il recupero di tale somma poiché il visto di conformità era stato apposto da un soggetto (il dr. F. A.) diverso dal consulente che aveva trasmesso la dichiarazione (M. E.), in violazione dell'obbligo di identità soggettiva tra tali operatori. A sostegno del ricorso introduttivo del giudizio, la contribuente affermava l'invalidità dell'atto di recupero anzitutto per il mancato avvio del contraddittorio preventivo, in violazione dell' art. 5 ter D.Lgs. n. 218/1997 , nonostante si fosse trattato dell'esercizio di una funzione accertativa dell'Ufficio. In secondo luogo, sosteneva l'illegittimità dell'operato dell'Agenzia poiché non esisteva alcuna norma che imponeva l'identità soggettiva tra il soggetto che aveva apposto il visto e colui che aveva provveduto all'invio della dichiarazione da cui era derivato il credito utilizzato, non potendosi ritenere sufficiente a tale scopo il contenuto di una circolare dell'Ufficio. Faceva, inoltre, presente che si era trattato una violazione meramente formale e, quindi, chiedeva comunque di accertarsi la sussistenza del credito IVA, evidenziato nella dichiarazione relativa all'anno di imposta 2017, utilizzato in compensazione nell'anno 2018, con la conseguente infondatezza dell'atto di recupero impugnato. Infine, chiedeva in ogni caso lo sgravio delle sanzioni, poiché la stessa Agenzia aveva emanato diverse disposizioni applicative che potevano indurre il contribuente a comportamenti difformi.
2. Si costituiva in giudizio l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Biella, negando la necessità di qualsivoglia contraddittorio preventivo, poiché l'atto impugnato era semplicemente prodromico all'accertamento ed, in ogni caso, il contribuente non aveva dimostrato che la decisione dell'Ufficio di non convocare l'interessato avesse in qualche modo influito sulla ricostruzione della pretesa erariale. Nel merito, precisava che l'atto di recupero si fondava sulle disposizioni dell' art. 23, comma 1, D.M. 164/1999, in combinato disposto con l' art 3 bis del D.P.R. n 322/1998 , norme che a loro volta si poggiavano sull' art. 10, comma 7, del D.L. 78/2009 , il quale prevede che: "I contribuenti che intendono utilizzare in compensazione il credito annuale o infrannuale dell'imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 5.000 euro annui hanno l'obbligo di richiedere l'apposizione del visto di conformità di cui all' articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 , sulla dichiarazione o sull'istanza da cui emerge il credito". Aggiungeva che le suddette disposizioni avevano formato oggetto di una successiva risoluzione interpretativa (n. 99/E del 29 novembre 2019) che aveva specificato che "è il soggetto che appone il visto che deve predisporre e trasmettere la dichiarazione". Infine, sosteneva l'estraneità al giudizio della pretesa della contribuente di vedere accertata la sussistenza del credito IVA utilizzato dalla P. S.r.l., poiché le contestazioni tempestivamente mosse inerivano esclusivamente alla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per la compensazione dei crediti. Chiedeva, quindi, il rigetto del ricorso avversario.
3. Con sentenza emessa in data 29.11.2022, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Biella accoglieva il ricorso della contribuente, pur dopo avere rilevato la non necessità di un contraddittorio preventivo, poiché tale incombente non avrebbe modificato l'operato dell'Ufficio (non essendo stata contestata l'esistenza del credito d'imposta, bensì esclusivamente la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per la compensazione di crediti d'imposta di importo superiore ad € 5.000,00). Infatti, nel merito, il giudice di prime cure, da un lato, riconosceva la sussistenza della violazione da parte della contribuente delle disposizioni che imponevano l'identità soggettiva tra il soggetto che aveva apposto il visto di conformità sulle dichiarazioni ed il soggetto che aveva provveduto a predisporre e trasmettere la dichiarazione, ma, dall'altro lato, rilevava che, nel caso di specie, era pacifica tra le parti la titolarità in capo alla contribuente del credito IVA fatto oggetto di compensazione. La