Corte di Giustizia di secondo grado Veneto, sez. I, sentenza 15/01/2024, n. 76
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito dell'effettuazione di controlli da parte dei funzionari dell'Agenzia delle Entrate (AE) è stato redatto un p.v.c., notificato in data 20/12/2018 al legale rappresentante della X (.....), che si era aggiudicata la gara per la fornitura di lavoro portuale temporaneo nel porto di Venezia per il periodo dal 1/05/2012 al 30/04/2016 bandita dall'Autorità Portuale di Venezia.
L'Agenzia delle Entrate nel p.v.c. ha ritenuto che la X non avesse le caratteristiche per essere considerata assimilabile ad un'agenzia di somministrazione di lavoro per carenza di requisiti previsti dal D.
Lgs. 276/2003.
La X aveva emesso le fatture nei confronti delle imprese terminaliste nelle quali venivano individuate due voci distinte: il costo di "fornitura lavoro per avviamento "fuori campo IVA, e il "corrispettivo fornitura lavoro" in regime di imponibilità ad aliquota ordinaria;mentre l'AE ha ritenuto che tutte le prestazioni fatturate dalla X fossero da assoggettare ad IVA nell'aliquota ordinaria ed ai fini della determinazione della base imponibile dell'Irap.
L'AE, dopo aver invitato la X a produrre documentazione ed espletato il contraddittorio emetteva quindi due distinti avvisi di accertamento relativi alle diverse annualità interessate: 2014 e 2015, avverso i quali la X proponeva distinti ricorsi innanzi alla CTP eccependo i seguenti motivi: 1) l'errato inquadramento delle operazioni di fornitura di lavoro portuale ed il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento;2) l'erronea ricostruzione del costo del lavoro oggetto di distinta indicazione nelle fatture emesse;3) la violazione e falsa applicazione della normativa in tema di Irap;4) l'irrilevanza delle contestazioni dell'Ufficio IVA-IRAP in merito al gettito per lo Stato;5) in via subordinata, l'applicabilità della non imponibilità dell'Iva sulle operazioni portuali ed in via ulteriormente subordinata la disapplicazione delle sanzioni tributarie.
Costituitasi l'AE in entrambi i ricorsi, le CTP adite, Sez. 1 e Sez. 4 di Venezia, accoglievano i ricorsi compensando le spese.
L'AE negli appelli censura le sentenze per:
- errata equiparazione del lavoro somministrato nei porti a quello disciplinato dalla Legge Biagi, poiché il dato normativo non consente di attribuire efficacia regolativa diretta generalizzata nel settore portuale alla disciplina in tema di somministrazione di lavoro contenuta del D. Lgs. 276/2003 e nel capo IV D. Lgs. 81/2015 di attuazione della legge delega 183/14 (Jobs act);
- errata ed immotivata esenzione dalla base imponibile Iva delle prestazioni lavorative fatturate alle imprese terminaliste;
sulla eccepita erroneità della sentenza in punto di determinazione del costo del lavoro;
- l'erroneità della sentenza nel capo relativo all'Irap;
Replica, infine, agli ulteriori motivi, ritenuti assorbiti dai primi giudici, concernenti: il difetto di motivazione degli avvisi impugnati;la non imponibilità Iva sulle operazioni portuali e la disapplicazione delle sanzioni;sulla irrilevanza delle contestazioni per il gettito dello Stato
L'Agenzia delle Entrate, nelle sue conclusioni, richiede l'accoglimento degli appelli e, per l'effetto, che venga dichiarata la legittimità degli atti impugnati, con condanna dell'appellata alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
La X si costituisce e replica agli appelli, giudicandoli infondati poiché le sentenze impugnate sono immuni dalle censure esposte.
Dopo aver riproposto i motivi già dedotti nei ricorsi e ritenuti assorbiti, conclude richiedendo la conferma delle sentenze, con condanna dell'Ufficio a rifondere totalmente le spese di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Gli appelli riuniti non meritano accoglimento.
Nella presente controversia la Corte, in applicazione del principio della ragione più liquida, esamina la questione centrale del processo relativa alla legittimità della somministrazione di lavoro portuale temporaneo da parte della X, formulando le seguenti considerazioni:
1) la legge 14 febbraio 2003, n. 30 (nota comunemente come legge Biagi) e, il conseguente decreto legislativo10 settembre 2003, n. 276 (entrato in vigore il 24 ottobre 2003) emanato in attuazione della norma, ha lo scopo di verificare il rispetto e la corrispondenza del contenuto di un contratto di lavoro alla legge, e di ridurre il contenzioso del lavoro per il lavoro intermittente, lavoro ripartito, lavoro a tempo parziale, lavoro a progetto, di associazione in partecipazione. Il comma 5 dell'art. 86 del D.lgs. 276 prevede "Ferma restando la disciplina di cui all'articolo 17, comma 1, della Legge 28 gennaio 1994, n. 84, come sostituito dall'articolo 3 della Legge 30 giugno 2000, n. 186, i riferimenti che lo stesso articolo 17 fa alla Legge 24 giugno 1997, n. 196, si intendono riferiti alla disciplina della somministrazione di cui al presente decreto".
2) l'art. 17 (Disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo) della richiamata Legge 28 gennaio1994, n. 84 "Riordino della legislazione in materia portuale recita: "Il presente articolo disciplina la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese di cui agli articoli 16 e 18 per l'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali autorizzati ai sensi dell'articolo 16, comma 3. La presente disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo è disciplina speciale. Le Autorità di sistema portuale o, laddove non istituite, le autorità marittime, autorizzano l'erogazione delle prestazioni di cui al comma 1 da parte di una impresa, la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie".
3) il lavoro somministrato all'interno dell'ambito portuale è nato con l'approvazione, nel 1994, della legge di riforma della Portualità - Legge 84/94 - che prevedeva, secondo una legislazione speciale del settore, la trasformazione delle Compagnie Portuali anche in società regolate dall'art.17 della legge stessa ovvero la creazione di un'Agenzia promossa dall'Autorità Portuale che fornissero alle imprese di cui agli art. 16 e 18 della stessa legge il cosiddetto "lavoro temporaneo" al fine di rispondere ai picchi di operatività anche giornalieri. L'art 17 legge 84/1994 dispone che l'autorità portuale, o dove non istituita quella marittima, possa autorizzare un'impresa a fornire lavoro temporaneo, per l'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi specialistici complementari e accessori, tra tutte le imprese portuali che ne facciano richiesta con osservanza della parità di trattamento.
4) il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili nel suo parere sul quesito posto dall'Associazione Nazionale Compagnie Imprese Portuali ANCIP ha, dopo una approfondita disamina della giurisprudenza sia amministrativa che di legittimità, chiarisce che l'attività della X è inquadrabile non solo "formalmente" tra le prestazioni di lavoro temporaneo - come sostiene l'Agenzia delle Entrate - ma anche "sostanzialmente", poiché l'attività svolta dalla X, soggetto autorizzato ai sensi dell'art. 17, rientra sostanzialmente nelle prestazioni di lavoro temporaneo. Anche per ciò che riguarda l'assimilabilità della X alle agenzie di somministrazione, quale soggetto autorizzato dall'art. 17 legge 84/94, contestata dall'Amministrazione, il Ministero - richiamandosi all'art. 86, comma 5 del D. Lgs. 276/2003 - l'afferma chiaramente, sostenendo che ciò che rende assimilabile alle agenzie di somministrazione le imprese ex art. 17 che operano nei porti italiani, oltre al dato normativo, è l'oggetto dell'attività svolta e cioè la prestazione di lavoro temporaneo.
Alla luce delle considerazioni sopra indicate la Corte ritiene che le censure portate dall'Agenzia delle Entrate sulla equiparazione del lavoro somministrato nei porti italiani a quello disciplinato dalla Legge Biagi siano infondate e frutto di un'erronea lettura delle norme di legge. Come bene ha affermato il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, è nelle specifiche caratteristiche con cui viene svolta l'attività delle imprese autorizzate dall'art. 17 legge 84/94 che risiede la loro oggettiva assimilabilità alle agenzie di somministrazione. Le argomentazioni formulate dall'AE sul punto, negli appelli, rimangono su di un piano meramente "formale", che tuttavia è anch'esso smentito, in maniera estremamente puntuale, dal parere del Ministero, che richiama la giurisprudenza amministrativa e di legittimità.
Va rilevato che l'Ufficio nei suoi appelli non formula specifiche contestazioni avverso il parere del Ministero prodotto in atti dalla ricorrente, malgrado lo stesso motivi il proprio orientamento sulla base dell'esame delle disposizioni normative richiamate anche dall'Ufficio e ne contesti esplicitamente le conclusioni;l'Amministrazione, negli appelli qui riuniti, richiama esclusivamente: le comunicazioni del segretario Generale dell'Autorità di sistema portuale Mare Adriatico settentrionale ed il documento dell'Autorità portuale di Venezia del 15/07/2003, le sentenze del Tribunale di Venezia, Sezione Lavoro e la Direttiva del 21/08/2008 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, contestando che da esse derivi una conferma delle tesi sostenute dalla X.
In conclusione, la Corte ritiene che dalla piena assimilabilità delle imprese autorizzate ai sensi dell'art 17 legge 84/94 (come la X) alle agenzie di somministrazione - sulla base dell'art.86, comma 5 del D. Lgs. 276/2003 che fa salvo l'art. 17 della legge 84/94 e lo collega espressamente alla disciplina della somministrazione - discende la correttezza della esclusione della base imponibile dell'IVA, nonché dell'imponibilità ai fini IRAP (come previsto per le agenzie di somministrazione di lavoro dalla normativa generale ad esse applicabile) applicata dalla X e contestata dall'Ufficio negli avvisi di accertamento impugnati.
Pertanto la Corte rigetta gli appelli e conferma le sentenze impugnate;la novità della controversia e gli aspetti complessi, sul piano del coordinamento delle norme applicate, che hanno richiesto uno specifico parere Ministeriale, oltre a chiarimenti giurisprudenziali sia di carattere amministrativo che di legittimità, giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.