Corte di Giustizia di secondo grado Abruzzo, sez. I, sentenza 08/10/2024, n. 675
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Con l'Ordinanza n. 29112 del 19/10/2023 la Corte Suprema di Cassazione enuncia il principio di diritto riferito alla doppia imposizione, secondo il quale la stessa non vi sarebbe nel caso di attribuzione del reddito societario al socio (di fatto) sulla base della presunta distribuzione dello stesso, trattandosi di doppia imposizione economica, come tale ammessa dal nostro ordinamento in quanto, sebbene riferibile al medesimo reddito, basata pur sempre su 2 diversi presupposti (da un lato la realizzazione del reddito in capo alla società, dall'altro la distribuzione del dividendo in capo al socio). Al contrario, chiarisce la Corte che " diverso, invece, sarebbe il caso in cui si ritenesse, come unico presupposto della tassazione, la presenza sul conto corrente del socio di movimentazioni in entrata ed in uscita non giustificate. Ne deriva che una volta fatto proprio dei giudici di seconde cure l'intendimento dei primi giudici di riferire alla operatività societaria tutte le operazioni non giustificate, non sarebbe possibile considerare gli stessi importi quali redditi diversi non dichiarati dal contribuente ".
Sul provvedimento
Testo completo
Ricorrente/Appellante: Il rappresentante del contribuente si riporta l'istanza di riassunzione nel chiedere l'accoglimento. Resistente/Appellato: Il rappresentante dell'ufficio si riporta la comparsa di costituzione, chiede il rigetto dell'istanza, l'accoglimento dell'appello incidentale e deposita giurisprudenza SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. A seguito del primo processo verbale di constatazione del 30/10/2007 della Guardia di Finanza si contestava, su segnalazione da parte del comando della polizia tributaria di Roma, dopo una verifica parziale eseguita nei confronti della società D., l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Si era rinvenuto, tra l'altro, in sede di accesso nei locali della D. un timbro a secco dell'ufficio tecnico di finanza di Roma, risultato abilmente contraffatto. Risultava, dunque, che "la P. ha effettuato acquisti di prodotti petroliferi dalla D. s.r.l., tutti annotati nelle scritture contabili e confluiti nella dichiarazione fiscale del medesimo anno di imposta, per complessivi litri 2.520.000 con un controvalore in euro pari a 1.712.064,00". A seguito del secondo processo verbale di constatazione del 16/10/2008, con riferimento agli anni dal 2001 al 2007, l'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della società, n. xxx, per l'anno 2002. Veniva emesso avviso di accertamento anche nei confronti del socio P.M., n. xxx, con allegato allo stesso l'avviso di accertamento emesso nei confronti della società. In particolare, era stato scoperto un sistema di evasione fiscale e truffa posto in essere dalla P. s.r.l. così congegnato: venivano utilizzate autocisterne con sistemi di erogazione alterati, per effettuare consegne di prodotti petroliferi alla pubblica amministrazione in quantità inferiore rispetto a quelle pattuite. Il prodotto illecitamente sottratto veniva poi rivenduto in "nero" a clienti compiacenti che si trovavano nelle vicinanze, con la realizzazione di proventi non assoggettati ad imposizione fiscale. Tale condotta veniva dimostrata dal reperimento di documentazione extracontabile, oltre che da intercettazioni telefoniche e da rilevanti pagamenti in denaro contante. Inoltre, il reddito della società, maggiore di quello dichiarato, veniva ricostruito tramite indagini finanziarie effettuate sui conti correnti personali dei soggetti direttamente o indirettamente collegati alla società, tra cui M.P.. Quest'ultimo era amministratore di fatto della società. Sui conti correnti di M.P., per l'anno 2002, era risultato il transito di operazioni per complessivi euro 342.051,90, di cui euro 65.350,89 per prelevamenti ed euro 276.701,01 per versamenti.
2. In sostanza, la società P. 88 s.r.l. era nella titolarità di 3 soci: A., socia al 45%, G., socia 45% e F., socio per l'ulteriore quota. Dalle movimentazioni finanziarie, però, era emerso che notevoli importi di danaro si rinvenivano nei conti correnti di soggetti non soci, quali: F. (euro 523.525,43 per l'anno 2002), F. (per euro 221.297,00 nell'anno 2002) e M.P., amministratore di fatto della società (anch'egli non socio), come emergeva dalle intercettazioni telefoniche, con euro 342.051,90 sui conti correnti propri.
2.1. Per l'anno 2002, dunque, l'avviso di accertamento alla società recava un maggior reddito pari a euro 3.438.051,90. Con riguardo ai soci l'imputazione di pagamento veniva operata "depurando" il maggior imponibile societario della quota rappresentata dalle movimentazioni rinvenute sui conti correnti dei soggetti formalmente estranei alla società, attribuendo così ad essi il reddito calcolato in proporzione alla partecipazione al capitale sociale. Per i non soci, invece, l'utile societario veniva attribuito in misura pari alle movimentazioni individuate sui loro conto correnti, utilizzando l'ammontare delle movimentazioni finanziarie quale criterio di quantificazione e di imputazione dell'imponibile societario a ciascun riferibile. Nei confronti dei soci, allora, si utilizzava il sistema di imputazione delle società a ristretta base partecipativa. Pertanto, nel 2002, nei confronti di A., socia al 45%, la somma imputata era di euro 1.077.525,49;
questo dato si rinveniva dal reddito imponibile societario pari ad euro 3.481.375,00, cui però dovevano essere sottratte le movimentazioni finanziarie relative ai n. 3 non soci: F. per euro 523.525,43;
F. per euro 221.296,56 e M.P. per euro 342.051,00. Pertanto, si otteneva la somma di euro 2.394.027,58, il cui 45% era di euro 1.077.525,49. Nei confronti di G., socia al 45%, si imputava la somma di euro 1.077.525,49, sempre previa decurtazione delle movimentazioni relative ai non soci. Allo stesso modo, nei confronti di F., socio, gli utili imputabili erano di euro 244.391,00, calcolati con i medesimi criteri (partecipazione al capitale sociale + movimentazione bancaria). L'ammontare complessivo era di euro 244.391,00. Con riferimento invece ai non soci, a F. venivano imputati maggiori redditi pari ad euro 523.525,43. A P.M., non socio (ma amministratore di fatto), venivano imputati redditi pari ad euro 342.051,90;
a F., non socio, venivano imputati redditi pari ad euro 221.297,00. Venivano, poi, emessi ulteriori avvisi di accertamento nei confronti dei medesimi soggetti per l'anno 2004: A.: avviso di accertamento numero xxx;
F., avviso di accertamento numero xxx;
G., avviso di accertamento numero xxx;
P.M., avviso di accertamento numero xxx;
F., avviso di accertamento numero xxx.
3. Proponeva ricorso M.P. evidenziando: 1) nullità per carenza di motivazione dell'avviso di accertamento. Legittima provenienza delle somme confluite sui conti correnti del ricorrente nel periodo d'imposta considerato;
doppia imposizione, sia sul reddito della società che sul reddito "diverso" del non socio ex art. 67 d.p.r. n. 917 del 1986;
2) vizi dell'avviso di accertamento alla società: insussistenza della contestazione inerente l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti;
3) vizi dell'avviso di accertamento alla società: motivazione contraddittoria perciò solo apparente, o comunque infondatezza dell'avviso di accertamento, nonché illegittimità nell'utilizzo della presunzione legale relativa alle indagini finanziarie;
4) erronea determinazione dell'imposta dovuta. Pertanto, il ricorrente chiedeva, in via preliminare, l'accoglimento del ricorso con annullamento dell'atto per carenza di motivazione. In via principale, l'accoglimento del ricorso con annullamento dell'atto, non essendo fondate le motivazioni alla base delle contestazioni. In via subordinata la riduzione della pretesa ai soli versamenti effettuati sui conti correnti personali del ricorrente nel periodo considerato.
4. Si costituiva in giudizio l'ufficio chiedendo la riunione con i procedimenti scaturiti da ricorsi presentati, per l'anno di imposta 2004, da A., F., G., M.P. e F.
5. Con ordinanza del 17/1/2011 la CTP dell'Aquila disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti della società P. nel giudizio promosso da M.P. La società P. interveniva nella causa facendo valere i vizi del proprio avviso di accertamento n. xxx, relativo all'anno 2002. In particolare, la società deduceva l'insussistenza della contestazione inerente all'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, oltre alla motivazione contraddittoria, e perciò solo apparente, dell'avviso di accertamento.
6. L'Ufficio deduceva che l'avviso di accertamento emesso nei confronti della P. per l'anno 2002 era ormai definitivo, non essendo stato impugnato nei termini.
7. Veniva conferito incarico peritale al CTU Dott. I.. 8. La CTP, con la sentenza depositata il 30/09/2013, accoglieva in parte il ricorso di M.P., ritenendo condivisibili le risultanze della CTU, con conseguente rideterminazione in diminuzione delle imposte dovute la ricorrente. In particolare, nella sentenza del 30/9/2013 si leggeva che "il ricorso può essere accolto in parte. Infatti, nel caso in oggetto, essendo il ricorrente, dall'esame della documentazione prodotta ritenuto formalmente non socio, si ritiene di dover decidere in modo autonomo dalla società coinvolta [...] l'Ufficio ritiene che i movimenti bancari sui conti correnti dei soci derivano dalle operazioni della società, per cui se queste non sono giustificabili in quanto relative ad operazioni inesistenti o di illecita provenienza, calcola i maggiori ricavi per l'anno 2002, pari alla somma dei versamenti e dei prelevamenti effettuati sui conti correnti intestati a soggetti direttamente o indirettamente collegate la società. Per quanto riguarda le risultanze della perizia del dott. I. esse sono da ritenersi condivisibili sia nel metodo che nei risultati [...] In base alle risultanze di tale perizia, l'ufficio rideterminerà in diminuzione, alla parte appellante le imposte di competenza dovute coi relativi accessori ".
9. Avverso tale sentenza proponeva appello principale M.P. deducendo: 1) erroneità della sentenza impugnata. Nullità per carenza di motivazione dell'avviso di accertamento. Legittima provenienza delle somme confluite sui conti correnti dell'appellante nel periodo di imposta considerato. Divieto di doppia imposizione;
2) vizi dell'avviso di accertamento alla società: insussistenza della contestazione inerente all'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti;
3) vizi dell'avviso di accertamento della società: motivazione contraddittoria e perciò solo apparente, o comunque infondatezza dell'avviso di accertamento nonché illegittimità nell'utilizzo della presunzione legale relativa alle indagini finanziarie;
4) erronea determinazione dell'imponibile contestato. 10. Proponeva appello incidentale l'Agenzia delle entrate. L'Agenzia evidenziava le contraddittorietà rinvenibili nella sentenza della CTU, sia con riferimento all'ordine di integrazione del contraddittorio, in assenza dei presupposti del litisconsorzio necessario, ed in presenza di definitività dell'accertamento societario, che con riguardo all'intervenuta rettifica delle maggior imponibile societario ormai intangibile per omessa