Corte di Giustizia di secondo grado Umbria, sez. II, sentenza 23/01/2023, n. 55
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La cartella di pagamento, a seguito di adozione di avviso di liquidazione che abbia già determinato il quantum del debito d'imposta e i relativi interessi, con la quale viene intimato il pagamento di ulteriori interessi maturati soddisfa l'obbligo di motivazione, ex L. n. 212/2000, art. 7 e ex L. n. 241/1990, art. 3, attraverso il richiamo dell'atto precedente e la quantificazione degli importi per gli accessori. Qualora la cartella sia il primo atto con cui è richiesto il pagamento degli interessi, la stessa, per soddisfare l'obbligo di motivazione, deve indicare oltre all'importo monetario richiesto a tale titolo anche i parametri normativi per il calcolo degli interessi, nonché il periodo temporale. Nel caso di specie l'iscrizione a ruolo non ha soddisfatto le condizioni richieste per la somma pretesa, motivo per il quale è stata riconosciuta la sussistenza della lesione del diritto di difesa dei contribuenti
Sul provvedimento
Testo completo
1.- Con atto registrato a Perugia in data xxxxx, al n. xxxxx, i signori xxxxx, xxxxx, xxxxx e xxxxx, procedevano allo stralcio di quota divisionale, dei beni agli stessi pervenuti, a seguito della successione per morte del signor xxxxx. In particolare, poiché il signor xxxxx chiedeva di uscire dalla comunione ereditaria, le altre eredi attribuivano a questi la proprietà esclusiva di alcuni beni, rimanendo, le stesse, proprietarie in comunione, di altri beni. In sede di controllo dei valori dichiarati in atto, l'Ufficio accertava un maggior valore degli stessi, procedendo ad emanare apposito avviso di accertamento di valore, regolarmente notificato a tutte le parti contraenti. L'avviso veniva impugnato innanzi la Commissione Tributaria di primo grado, con due distinti ricorsi, uno presentato dal signor xxxxx e da xxxxx, e l'altro sempre da xxxxx, ma unitamente, stavolta, alla signora xxxxx e xxxxx. Con sentenze n. 2221/1991 (emessa nel procedimento promosso da xxxxx e xxxxx) e n 386/05/1991 (nel procedimento promosso da xxxxx, xxxxx a xxxxx), venivano rigettati entrambi i ricorsi. Le parti, presentavano, sempre distintamente, atto d'appello, innanzi la C.T. di Secondo Grado, che con sentenze nn 49/02/1994 e 577/02/1993, accoglieva rispettivamente l'appello di xxxxx e xxxxx, e l'appello di xxxxx, xxxxx e xxxxx. Avverso tali sentenze proponeva distinte impugnazioni, l'Ufficio, innanzi la C.T.C., che con sentenze 592/2013 (nel procedimento nei confronti di xxxxx e xxxxx) e 593/2013 (nel procedimento nei confronti di xxxxx, xxxxx e xxxxx), di identico contenuto, accoglieva il gravame proposto dall'Ufficio, riconoscendo la correttezza e legittimità dell'avviso di accertamento emesso. Le sentenze, depositate il 27 maggio 2013, si rendevano definitive l' 11 luglio 2014, ovvero decorso un anno e 46 giorni, come previsto dalla normativa applicabile "ratione temporis" (art 327 c.c. nella versione previgente), atteso che le stesse non venivano notificate alle parti. Stante la definitività delle sentenze, l'Ufficio procedeva il 10 dicembre 2018 alla notifica di avviso di liquidazione delle imposte dovute, notificandolo a tutte le parti, e quindi, resosi definitivo tale avviso per mancata impugnazione, emanava la cartella "de qua". Con ricorso del 31 ottobre 2019, la signora xxxxx impugnava la cartella esattoriale n. xxxxx, contenente l'iscrizione a ruolo delle somme dovute a seguito di sentenza della CTC, eccependo: I).Illegittimità dell'iscrizione a ruolo, nonché della cartella di pagamento, in quanto disposte in asserita esecuzione di un atto (avviso di liquidazione prot. 101572 del 6 dicembre 2018) che, in quanto giuridicamente inesistente, e comunque privo di effetti, non può essere portato ad esecuzione;II). Illegittimità dell'iscrizione a ruolo, nonché della cartella di pagamento, perché disposte in asserita esecuzione di atti (avviso di rettifica del 1988 e decisione della C.T.C.) che hanno stabilito solo il valore dei beni e che pertanto non possono essere portati ad esecuzione e comunque non possono fondare la riscossione. III). Illegittimità per vizio di motivazione delle iscrizioni a ruolo nonché della cartella in quanto, in violazione dell'art 7 L. 212/2000 e art 3 L. 241/1990, richiamano e si basano su un atto (decisione della CTC n 592/2013) non emesso nei confronti della signora xxxxx e da essa conosciuto e che non è stato allegato alla cartella. IV). Illegittimità dell'iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento quanto alle somme pretese per interessi e sanzioni in violazione del principio, enunciato anche nell'art 76, comma 5, Dpr 131/1986, in base al quale decorso il termine di decadenza dell'azione impositiva, nessuna pretesa può essere avanzata per interessi e sanzioni V). Illegittimità per vizio di motivazione delle iscrizioni a ruolo e della cartella di pagamento quanto alle somme pretese per interessi VI). Illegittimità per violazione dell'art. 10 comma 1 e comma 2 dello Statuto dei Contribuenti (L. 212/2000) in combinato disposto con i principi dettati dagli artt 97 e 111 della Costituzione In buona sintesi ad avviso della ricorrente la cartella ed il ruolo sarebbero illegittimi in quanto fondati su avviso di liquidazione del 2018 inesistente (tenuto conto che secondo la normativa pro tempore vigente venivano formati due atti ovvero di accertamento del valore del bene e di liquidazione dell'imposta) poiché emesso dopo il termine di 3 anni dal passaggio in giudicato della sentenza ai sensi dell'art 76 c. 2 lett b D. P.R. 131/86. La decadenza del potere impositivo equivale a nullità dell'atto per carenza di potere anche ex 21-septies L.241/90. Precisa di non aver chiesto l'annullamento dell'avviso di liquidazione bensì della cartella per inesistenza dell'atto presupposto. Inoltre la sentenza della CTC n. 592/13 non sarebbe stata emanata nei confronti della ricorrente xxxxx. Non sarebbero indicate le modalità di calcolo degli interessi. Sarebbe oltremodo scorretto da parte dell'Amministrazione pretendere pagamento delle imposte sulla base di atto del 1988. Con sentenza n. 66/2021 la C.T.P. di Perugia ha dichiarato il ricorso inammissibile ex art. 19 c. 3 d.lgs. 546/92 con condanna alle spese (2.000,00 euro) per aver preteso parte ricorrente di contestare l'avviso di accertamento non già per vizi propri ma per vizi dell'avviso di liquidazione (notificato il 10 dicembre 2018) divenuto definitivo per mancata impugnazione. La sig.ra xxxxx ha proposto appello (Rg. 189/21) avverso la suindicata sentenza ritenuta del tutto erronea, riproponendo i motivi di gravame dedotti in primo grado, rilevando la piena ammissibilità del ricorso diversamente da quanto motivato dal primo giudice, Si è costituita in giudizio l'Agenzia delle Entrate eccependo l'infondatezza dell'appello. A dire dell'Ufficio in presenza come nella fattispecie di sentenza definitiva trova applicazione per giurisprudenza il termine di prescrizione decennale ex art 2953 c.c. non trovando invece applicazione il termine triennale di decadenza che concerne il potere di imposizione, non essendo il titolo della pretesa tributaria appunto l'atto impositivo ma la sentenza. A dire dell'Ufficio la nullità tributaria non potrebbe coincidere "sic et simpliciter" con la nullità degli atti amministrativi di cui alla legge 241/90, in quale vizio di legittimità da far valere con l'impugnazione dell'atto ed onere dunque di tempestiva impugnazione. Quanto al termine necessario per addivenire alla liquidazione dell'imposta esso è dipeso dal contenzioso attivato dal contribuente e non da volontà dell'Ufficio. 2.- Con sentenza n. 214 del 25 maggio 2021 la C.T.P. di Perugia ha respinto con identica motivazione analogo ricorso proposto da xxxxx, la quale ha proposto appello (Rg. 296/21) deducendo motivi speculari a quelli proposti da xxxxx. All'udienza pubblica del 19 dicembre 2022, uditi i difensori delle parti, le cause sono state trattenute in decisione.