Corte di Giustizia di secondo grado Friuli Venezia Giulia, sez. III, sentenza 05/01/2024, n. 11
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza appellata la Commissione tributaria provinciale di Udine respingeva il ricorso proposto dall'Associazione Sportiva Dilettantistica aa (di seguito ASD) e da bb contro l'atto sanzionatorio IVA 2012/2014 emesso dall'Agenzia delle entrate nei loro confronti.
Osservava in particolare la CTP, anzitutto che l'accordo conciliativo su tributi e sanzioni relativo a dette annualità non aveva effetto sull'atto impugnato, riferendosi il primo alla contestata infedeltà delle dichiarazioni fiscali di periodo, il secondo ai conseguenti omessi versamenti dell'IVA;che tale circostanza non poteva aver ingenerato alcun affidamento incolpevole per l'ASD;che il cumulo giuridico delle sanzioni ex art. 12, comma 5, d.lgs. 472/1997 non era applicabile, sicché risultava applicabile l'art. 13, d.lgs. 472/1997;che non vi era alcuna violazione del principio di proporzionalità in ordine alla determinazione del quantum della sanzione applicata in concreto.
Tale decisione è stata appellata dall' associazione contribuente.
Anche nel presente grado si è costituita e difesa l'Agenzia delle entrate.
All'odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
L'appello è fondato.
Le sanzioni oggetto del presente giudizio riguardano omessi versamenti dell'IVA per le annualità 2012, 2013 e 2014 in relazione alle quali erano stati emessi distinti e separati atti impositivi con irrogazione di sanzioni per dichiarazione infedele. Il contenzioso insorto in ordine a tali provvedimenti si è estinto per effetto di un accordo conciliativo stragiudiziale.
Ciò posto, la Corte intende seguire l'indirizzo ermeneutico recente della giurisprudenza di legittimità secondo il quale «In tema di violazioni tributarie, la sanzione di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 471 del 1997 punisce la "dichiarazione infedele", che si realizza quando il contribuente indica nella dichiarazione un importo inferiore a quello dovuto, mentre quella di cui all'art. 13 del citato d.lgs. punisce il mancato pagamento, alle scadenze stabilite, delle somme indicate dal contribuente nella dichiarazione, senza che rilevi al riguardo la loro indicazione nella contabilità. Ne deriva che, in caso di omessa indicazione, nella dichiarazione annuale IVA, dell'importo effettivamente dovuto, il mancato pagamento dell'imposta costituisce diretta conseguenza dell'omessa dichiarazione, integrandosi in tal modo la fattispecie sanzionatoria di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 471 del 1997, che copre sia la violazione formale, sia il conseguente ed inevitabile mancato pagamento dell'imposta dovuta, con conseguente assorbimento della sanzione meno grave di cui all'art. 13 del d.lgs. citato» (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 27963 del 07/12/2020, Rv. 659818 - 01;conf. Sez. 5 -, Sentenza n. 7436 del 15/03/2023, Rv. 667029 - 01).
E' infatti chiaro che la sanzione per omesso versamento di imposta non può che riferirsi ad un'imposta "dichiarata", non ad un'imposta "infedelmente non dichiarata". Quindi, nel caso di specie risultano applicabili e sono state applicate in concreto le sanzioni per le dichiarazioni infedeli di periodo (omessa fatturazione di contributi pubblici), che peraltro sono state pacificamente definite con conciliazione stragiudiziale unitamente ai correlati debiti tributari.
Di contro non potevano essere irrogate le ulteriori sanzioni oggetto del presente processo, in quanto appunto riferibili ad una diversa fattispecie normativa astratta.
Il primo motivo dell'appello risulta pertanto fondato, con assorbimento dei motivi restanti.
Stante il recente consolidamento della citata giurisprudenza della Corte di Cassazione, può confermarsi la statuizione della sentenza appellata di compensazione delle spese processuali di primo grado.
Nel presente grado invece le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.