Corte di Giustizia di secondo grado Lombardia, sez. XXVI, sentenza 07/09/2023, n. 2690
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Testo completo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 28 aprile 2015 xxxx ha donato alla nipote, xxxx il "diritto di proprietà" (non nuda) di un appartamento sito nel Comune di xxxx "riservandosi il diritto di abitazione".
Con atto del 19 febbraio 2016 xxxx ha comprato un'ulteriore abitazione in xxxx, invocando l'agevolazione fiscale prevista per l'acquisto della prima casa e dichiarando a tal fine "di non essere titolare in via esclusiva di altri diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui sono situati gli immobili in oggetto": condizione, questa, cui l'art. 1, nota II-bis, comma1, lett. b), tariffa, parte prima, d.P.R. n. 131/1986 subordina la spettanza dell'agevolazione.
Con contestuale atto del 19 febbraio 2016 xxxx ha contratto un mutuo agevolato finalizzato all'acquisto della prima casa, versando così l'imposta sostitutiva con aliquota ridotta dello 0,25% anziché con aliquota ordinaria del 2% (art. 18 d.P.R. n. 601/1973).
Con l'avviso di liquidazione n. 2016 xxxx, notificato a xxxx il 22 gennaio 2019, l'Ufficio Territoriale di Brescia 2 ha revocato l'agevolazione prima casa in relazione al contratto di compravendita, ritenendo che la contribuente fosse titolare del diritto di proprietà (non nuda) dell'abitazione precedentemente donatale dal nonno, sita nel medesimo Comune dove si trova l'immobile comprato con l'agevolazione stessa;per l'effetto è stata pretesa la differenza tra l'imposta dovuta in misura ordinaria (con aliquota del 9%) e l'imposta versata in misura ridotta (con aliquota del 2%).
Con il parallelo avviso di liquidazione n. 2016 xxxx, anch'esso notificato a xxxx il 22 gennaio 2019, l'Ufficio Territoriale di Brescia 2 ha revocato l'agevolazione prima casa anche in relazione al contratto di mutuo, esigendo la differenza tra l'imposta dovuta in misura ordinaria (con aliquota del 2%) e l'imposta versata in misura ridotta (con aliquota dello 0,25%).
Il fatto che entrambi gli atti impositivi siano stati notificati il 22 gennaio 2019, oltre che documentato, è pacifico e incontestato.,
Con istanze di autotutela presentate il 29 gennaio 2019 la contribuente ha chiesto l'annullamento totale di entrambi gli atti, sostenendo essenzialmente che la proprietà dell'immobile donatole dal nonno, il quale se ne era riservato il diritto di abitazione, non precludesse l'agevolazione prima casa in relazione all'altro immobile da lei comprato in seguito.
Con provvedimento del 21 febbraio 2019, notificato alla contribuente il 1° marzo 2019 e al suo difensore, Rag. xxxx il 26 febbraio 2019, l'Ufficio ha respinto le istanze di autotutela, spiegando analiticamente che, ai sensi del codice civile, il diritto di abitazione vantato dal donante consiste nel "diritto di abitare una casa ma limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia (art. 1022 c.c.) e come tale non può essere ceduto né dato in locazione (art. 1024 c.c.)";se ne può agevolmente dedurre che "il diritto di abitazione è per sua natura assai più limitato dell'usufrutto, che consente invece all'usufruttuario di godere della cosa, traendone ogni utilità possibile nei limiti di legge (art. 981 c.c.);difatti, il diritto di proprietà, gravato da diritto reale di usufrutto, viene giuridicamente definito nuda proprietà, quasi ad evidenziare la privazione che il proprietario ha del totale godimento del bene - godimento che spetta interamente all'usufruttuario.
Pertanto solo nel caso di proprietà gravata dall'usufrutto si può parlare in senso proprio di nuda proprietà";al contrario, la proprietà gravata da un mero diritto di abitazione non può certo ritenersi nuda, ma semplicemente limitata dalle facoltà attribuite dalla legge al titolare del diritto di abitazione, che, diversamente dall'usufrutto, non sottrae al proprietario l'intero godimento giuridico dell'immobile.
Ne consegue che xxxx essendo già proprietaria (non nuda) di un appartamento in xxxx non poteva invocare l'agevolazione prima casa in riferimento a un altro immobile sito nel medesimo Comune.
Con istanza spedita il 21 marzo 2019, pervenuta all'Agenzia delle Entrate il 27 marzo 2019, la contribuente ha chiesto di accedere alla procedura di accertamento con adesione, senza precisare le proprie richieste né le relative ragioni e in particolare senza proporre alcuna rideterminazione dell'imponibile.
Con comunicazione datata 8 aprile 2019, pervenuta a xxxx il 17 aprile 2019 e al suo nuovo difensore, xxxx o xxxx aprile, l'Ufficio ha ritenuto di non poter dar corso all'istanza di accertamento con adesione, da considerarsi inammissibile "poiché, secondo quanto previsto dal d.lgs. 218/97, l'istituto in oggetto può essere applicato solamente agli accertamenti del registro che prevedono una rettifica dei valori dichiarati, mentre non può essere applicato agli avvisi con i quali, come nel caso in oggetto, si procede al recupero della maggiore imposta di registro in seguito a decadenza dalle agevolazioni prima casa.
Di conseguenza, in base a quanto sopra esposto, la suddetta istanza non rileva ai fini della sospensione dei termini di legge per la definitività degli atti".
La contribuente ha impugnato gli avvisi di liquidazione con ricorso cumulativo spedito in plico raccomandato senza busta il 13 giugno 2019 e pervenuto all'Ufficio il 17 giugno 2019, chiedendo in via preliminare di dichiarare la tempestività del gravame, in quanto proposto oltre sessanta giorni ma entro centocinquanta giorni (60 + 90) dalla notifica degli atti impugnati: la procedura di accertamento con adesione e la conseguente sospensione del termine per impugnare per un periodo di novanta giorni, infatti, sarebbero applicabili anche ai meri avvisi di liquidazione e non ai soli avvisi di accertamento.
Nel merito controparte sviluppa quanto già sostenuto nell'istanza di autotutela, affermando di essere, "nello stesso Comune, proprietaria di altro bene immobile ad uso abitativo ma solo in nuda proprietà essendosi il donante riservato il diritto di abitazione e cioè di godimento dello stesso...Un immobile gravato da abitazione è come se fosse gravato da usufrutto".
La ricorrente non vanterebbe alcun diritto di godimento sul bene ricevuto in donazione, "perché il godimento giuridico del bene compete al donante, indi l'agevolazione fiscale non è preclusa".
Con le controdeduzioni l'Ufficio ha eccepito che il ricorso introduttivo è inammissibile in quanto tardivo e, in ogni caso, è anche infondato nel merito.
Con la sentenza n. 248/2020, depositata il 19 giugno 2020, la CTP ha dichiarato inammissibile il ricorso e compensato le spese di lite.
La contribuente ha impugnato la decisione con appello notificato via PEC il 18 gennaio 2021, limitandosi a coltivare le eccezioni già sollevate nel ricorso introduttivo e così permettendo all'Ufficio di riproporre, in forma speculare, le proprie difese.
La Parte Appellante contribuente chiede:
di riformare integralmente la sentenza n. 248/2020, emessa in data 07.02.2020 e pubblicata in data 19.06.2020, dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, Terza Sezione e, per l'effetto, accertare e dichiarare l'illegittimità/nullità e/o revocare e/o annullare gli avvisi di accertamento/liquidazione numero atto xxxx del 15.01.2019 emessi dall'Agenzia Delle Entrate a carico dell'odierna appellante e, per l'effetto, confermare per la sig.ra xxxx la possibilità di usufruire dell'agevolazione fiscale c.d. "prima casa" di cui all'atto di compravendita Notaio xxxx del 19.02.2016 n. xxxx rep., n. xxxx di raccolta;Spese di lite interamente rifuse.
La Agenzia delle Entrate Parte appellata chiede:
di rigettare l'appello, dichiarando inammissibile e infondato il ricorso introduttivo, confermando integralmente gli avvisi di liquidazione che ne sono oggetto e condannando controparte a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Visionata la documentazione pervenuta si procede in Camera di Consiglio.
La Corte osserva che:
l'istituto dell'accertamento con adesione è applicabile anche all'atto di liquidazione dell'imposta di registro per cui discende, nella specie, la tempestività del ricorso introduttivo del giudizio.
- Infatti, l'art. 3 del D.LGS. n. 218/1997 prevede che il valore definito vincola l'ufficio ad ogni ulteriore effetto limitatamente ai menzionati tributi (imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria, catastale e comunale sull'incremento di valore degli immobili). Dalla lettura di tale norma non appaiono limiti alla applicabilità dell'istituto al caso di specie, essendo lo stesso applicabile ad ogni fattispecie anche in osservanza del principio di buona fede che deve sempre sorreggere i rapporti tra i contribuenti e il fisco.
- L'accertamento con adesione è disciplinato dal D.LGS. n. 218/1997. In particolare, l'art. 1 sancisce che l'accertamento delle imposte sui redditi e dell'Iva può essere definito con adesione del contribuente.
L'accertamento delle imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecaria, catastale, e comunale sull'incremento di valore degli immobili, compresa quella decennale, può essere definito con adesione anche di uno solo degli obbligati, secondo le disposizioni di legge in vigore sopra richiamate.
- Si ricorda come noto che una volta ricevuto un accertamento, il contribuente può, prima di presentare il ricorso presso la competente Commissione Tributaria, e laddove l'atto non sia stato già preceduto da un invito al contradditorio, presentare un'istanza di accertamento con adesione per una definizione dell'accertamento concordata in sede di contradditorio con l'amministrazione. - L'istanza deve essere presentata all'Ufficio che ha emanato l'accertamento entro 60 giorni dalla notifica dell'atto e sospende il termine per proporre l'eventuale ricorso per 90 giorni.
Se la procedura di adesione non ha esito positivo, il contribuente dovrà/potrà procedere con il ricorso. La Corte ritiene quindi che la sentenza di primo debba essere riformata laddove è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso per la sua tardività visto che il ricorso di primo grado della sig.ra xxxx risulta depositato nei termini di legge e risulta quindi ammissibile.
La Corte osserva sul merito che l'atto con cui xxxx dona alla nipote xxxx il "diritto di proprietà" dell'immobile (preclusivo dell'agevolazione de qua) non precisa il tipo di proprietà e soprattutto non la definisce "nuda".
Tale contratto si riferisce senza dubbio alla piena proprietà dello stesso immobile che è stata donata a come proprietà piena o comunque non nuda.
Dall'esatta ricostruzione dei due diritti reali di godimento discende che il rapporto fra usufruttuario e nudo proprietario non è paragonabile al rapporto fra titolare del diritto di abitazione e proprietario, conservando tutte le facoltà di godimento del bene non riservate al titolare del diritto di abitazione.
Da un lato, quindi, se il godimento giuridico del bene oggetto di usufrutto compete esclusivamente all'usufruttuario;dall'altro lato, contrariamente a quanto afferma la Parte appellante contribuente appellante, il godimento giuridico della casa oggetto del diritto di abitazione non compete esclusivamente all'abitatore: egli ne ha il solo godimento diretto (e cioè il materiale utilizzo abitativo), mentre quello indiretto (e cioè la percezione dei frutti civili) rimane prerogativa del proprietario. Quest'ultimo, conservando gran parte del giuridico godimento dell'abitazione, non può invocare l'agevolazione prima casa in riferimento a un'altra abitazione sita nel medesimo Comune.
La Corte ritiene quindi che nel caso di specie non sia applicabile l'agevolazione prima casa sull'immobile acquistato dalla Parte appellante contribuente, essendo la stessa già proprietaria di altro immobile ad uso abitativo nel territorio dello stesso Comune.
In considerazione della parziale soccombenza di tutte le Parti si ritiene sussistano le condizioni di compensazione delle spese del giudizio.