Corte di Giustizia di secondo grado Toscana, sez. V, sentenza 04/06/2024, n. 733
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto dep. il 7.07.2021 e decreto di fissazione udienza ritualmente notificato, l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Grosseto, rappresentata e difesa dalla Direttrice Provinciale, (d'ora in poi Ufficio) ha proposto appello avverso la sentenza della CTP di Grosseto n. 58/02/21 del 6 ottobre 2020, depositata il 20/01/2021 e non notificata, con la quale è stato accolto il ricorso del contribuente relativo alla CARTELLA DI PAGAMENTO N. X 2019 000XX9 (anno 2014) chiedendo " In riforma dell'impugnata sentenza della CTP di Grosseto, la declaratoria di legittimità della cartella in contestazione. Con vittoria di spese del giudizio secondo nota che si allega".
A sostegno delle proprie ragioni l'appellante ha dedotto che:
1. La cartella di pagamento oggetto di contestazione è stata emessa a seguito di mancato pagamento della comunicazione di irregolarità con n. 0XX001, notificata tramite raccomandata A/R n. 6XX1 del 03/11/2016, recapitata il successivo 16/11/2016. In particolare, la tale comunicazione consegue alla liquidazione ex art. 36 bis del DPR 600/1973 delle somme dovute in base al modello Unico 2015, per l'anno d'imposta 2014.
2. Il contribuente notificava istanza di reclamo in data 24/10/2019 impugnando la cartella di pagamento in rubrica e chiedendone l'annullamento sostenendo che il debito esecutivo ivi contenuto facesse parte di un accordo di ristrutturazione per sovraindebitamento presentato in data 09/06/2015, omologato con Decreto del Tribunale di Grosseto per il procedimento di reclamo intentato con RG XX/2016;evidenziava quindi che il debito esecutivo, in quanto riferito al periodo di ristrutturazione del debito complessivamente maturato, non è esigibile autonomamente tramite ruolo.
3. L'ufficio, rilevato che il tale debito tributario, in quanto maturato successivamente all'anno d'imposta 2014, oggetto della domanda per sovraindebitamento omologata giudizialmente, non risulta ricompreso nell'accordo citato, ha notificato formale diniego all'istanza di reclamo ex art. 17 bis del D.Lgs. 546/92 , anticipando le proprie difese allegando la bozza di controdeduzione.
4. Il contribuente si è costituito in giudizio ante tempus con deposito del ricorso in CTP in data 27/12/2019 (RGR 352/2019), senza attendere il termine naturale di scadenza del periodo di mediazione individuabile nella data ultima del 22/01/2020.
5 La CTP di Grosseto, con la sentenza oggetto di gravame ha accolto il ricorso del contribuente con compensazione delle spese del giudizio.
6. avverso tale decisione è stato interposto appello dall'Ufficio, il quale lamenta l'erroneità della decisione gravata reiterando le ragioni già spese in prime cure e non accolte dal primo giudice.
Si è costituito L. G., che ha chiesto la reiezione dell'appello e la condanna dell'appellante alla refusione delle spese del grado. Non si è costituito l'Agente della riscossione Prov. di Grosseto, con sede in Grosseto, nella persona del suo direttore pro tempore, benché evocato in giudizio.
All'esito dell'udienza svoltasi in modalità mista, la Corte si è riunita in camera di consiglio, al cui esito, il Collegio reputa che l'appello sia infondato e vada respinto per quanto di seguito si esporrà.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Reputa il Collegio che la decisione di prime cure sia corretta in fatto e diritto e vada confermata con integrale reiezione del gravame interposto dall'Ufficio, il quale lungi dal dedurre un vero vizio motivazionale della decisione oggetto di appello ha in sostanza lamentato che questa avesse disatteso la sua ricostruzione in diritto.
Ciò posto, è opportuno ripercorrere in sintesi la procedura di sovraindebitamento avanzata dal G. In data 9 giugno 2015 il contribuente avanzava presso il Tribunale di Grosseto ricorso per sovraindebitamento ai sensi della legge numero 3\2012 ;lo stesso, di professione rappresentante di commercio, aveva subìto un drastico calo degli utili derivanti dalla propria attività con un conseguente sovraindebitamento, non riuscendo più a pagare non solo le spese relative alla propria attività, ma neanche i debiti necessari per contribuire alla propria famiglia.
Il procedimento vedeva quindi la ricostruzione della massa passiva a cura del CTU dott. B (nel frattempo nominato dal Tribunale) e la presentazione del piano che prevedeva la falcidia di vari debiti con le percentuali meglio descritte nella proposta di piano qui allegata e pagamento del residuo in rate mensili.
Tale piano, dopo un primo provvedimento di rigetto, veniva omologato dal Tribunale di Grosseto in fase di reclamo. Come ben visibile dal piano medesimo (doc. 3) questo comprendeva il pagamento di tutti i debiti verso agenzia delle fino all'anno 2014 (compreso) e lo stesso dottor B, una volta validato il piano per il sovraindebitamento, ne aveva sancito la sostenibilità da parte del debitore. La normativa in proposito costruisce una sorta di concordato preventivo per soggetti che non possono usufruire della legge fallimentare al fine di estendere agli stessi i benefici che in situazione di sovraindebitamento venivano solitamente riservati alle aziende di più grosse dimensioni. Nel corso del procedimento tenutosi di fronte al Tribunale di Grosseto, dopo una prima risposta fornita al dottor B quale CTU nominato in merito alla precisazione delle somme vantate, la stessa Agenzia delle Entrate richiedeva ben due rinvii - concessi dal Giudice - al fine di precisare il proprio credito complessivo ( v. docc. 11 e 12);non corrisponde quindi al vero che la lunghezza della procedura sia stata causata dal G.
È stata infatti parte appellante che, dopo le richieste di rinvio precisava il credito sempre in misura diversa e per questo la proposta di piano doveva essere integrata da parte del G. adattandola al credito vantato dall'Agenzia delle Entrate e questo fino all'anno 2014.
Con la cartella impugnata in prime cure emergeva, invece, che le dichiarazioni fatte in sede giudiziale non erano veritiere e che quindi ad oltre 2 anni di distanza dall'omologa la stessa Agenzia delle entrate vanta ulteriori somme a carico del G.
Infatti, la procedura de quo è stata definita dalla giurisprudenza come paraconcorsuale, poiché deve anzitutto vedere la complessiva ricostruzione della massa passiva a carico del debitore (v. art. 9 comma 2 L. n. 3\2012 : "unitamente alla proposta devono essere depositati l'elenco di tutti i creditori con l'indicazione delle somme dovute..."). È chiaro che tale indicazione viene fatta prioritariamente dal creditore e - nel caso de quo - l'Agenzia delle Entrate. La procedura, quindi, è assolutamente chiara nel definire un momento entro il quale il creditore (che nel caso de quo si è anche costituito nel procedimento e vi ha partecipato con richieste di rinvio proprio per meglio precisare il proprio credito) ha solo questa possibilità per far valere il proprio credito perché finalizzata alla richiesta di omologa del Tribunale poi avvenuta in una procedura concorsuale.
Costituisce violazione della par condicio creditorum che anima tutte le procedure assimilabili a quella concorsuale, che un qualunque creditore (Agenzia delle Entrate o altri) si presenti dopo due anni e mezzo vantando ulteriori e diversi crediti per gli anni già compresi nella proposta di accordo ex L. 3\2012 .
Diversamente opinando, sarebbero poste nel nulla le attività svolte in sede giurisdizionale come dianzi descritte e violata la ratio delle norme in esame laddove si riconosce ai creditori, ancorché soggetti pubblici come nel caso in esame, di precisare i propri crediti anche a distanza di anni e fuori dalla procedura suddetta, mentre la legge, come si è visto, impone una precisa tempistica che nel caso di specie peraltro è stata dilatata in corso di procedimento proprio su richiesta ed a vantaggio dell'Agenzia delle Entrate.
Del resto in simili procedure paraconcorsuali ciò che accade durante la procedura ha riflessi sull'intero debito, appunto perché la ricostruzione della massa passiva deve essere effettuata proprio ai fini dell'eventuale omologa, che non può essere suscettibile di infinite modifiche e precisazioni, pena la sostanziale inutilità della procedura.
La Giurisprudenza sul punto ha sancito che: "nel caso di omologa del concordato con transazione fiscale approvata, il debitore ottiene la cristallizzazione del debito tributario, non potendo l'amministrazione emettere atti impositivi nei confronti del contribuente in relazione ad obbligazioni tributarie precedenti al deposito della proposta di concordato ( Cass. Civ., sez. I, 22\09\2016, n. 18561).
Nello stesso modo, con la precisazione a suo tempo fatta dall'Agenzia delle entrate, il debito tributario nel 2014 del G. si è cristallizzato con impossibilità di eseguire modifiche da parte di tutti i creditori ivi compresa all'Agenzia delle Entrate.
Del resto del resto tale interpretazione è confermata anche dall' articolo 12 comma 1 legge 3/2012 il quale prevede: "...dalla data dell'omologazione del piano e creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni individuali".
Ciò significa che la cartella impugnata in ogni caso non potrebbe essere azionata e quindi è priva di effetti giuridici perché attiene ad una annualità già compresa nell'omologa ottenuta dal G.
La procedura di sovraindebitamento è un istituto che per molti aspetti ricalca il concordato preventivo e non a caso l'Ufficio cita l'articolo 182 ter della legge fallimentare, il quale però al comma 2 prevede che: "Ai fini della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente agente della riscossione e all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l'esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo fino alla data di presentazione della domanda. L'agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L'ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l'entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all'agente della riscossione".
In questo modo la norma evidenzia come l'Ufficio sia tenuto, in sede processuale prima di esprime un voto, a quantificare con esattezza il proprio credito (se del caso con attività di controllo sulle dichiarazioni fino a quel momento ricevute) e questo alla stregua di qualunque altro creditore.
Ciò non avrebbe alcun senso se, dopo il voto sulla proposta di concordato, ogni creditore potesse modificare il proprio credito e agire di conseguenza.
Similmente, quando l'OCC dott. B, nominato per la proceduta ex L. n. 3\2012 , ha chiesto a tutti i creditori - Agenzia delle Entrate compresa - di precisare il proprio credito ha posto un onere in capo alle parti (onere che, peraltro, discende dalla Legge), che l'Ufficio non ha adempiuto;anche se il principio di cui all'art. 182 ter L.F. non è ripetuto all'interno della legge n. 3\2012 , nondimeno lo stesso sarebbe applicabile in via interpretativa grazie all'art. 12 comma 2 delle preleggi al c.c.
È questo il motivo per cui, nelle sentenze gemelle n. 311\2019 e 312\2019 (già depositate in primo grado), la CTP di La Spezia ha accolto il ricorso avverso la cartella di pagamento per somme che l'Ufficio aveva preteso dopo l'omologa del concordato fallimentare per una società, stabilendo come nessuna intimazione poteva essere emessa dall'AdE per il pagamento di un debito tributario già definito.
Va poi rimarcato che la dichiarazione dei redditi mod.