CGCE, n. C-71/91, Conclusioni dell'avvocato generale della Corte, Ponente Carni SpA e Cispadana Costruzioni SpA contro Amministrazione delle finanze dello Stato, 30/09/1992
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61991C0071
CONCLUSIONI RIUNITE DELL'AVVOCATO GENERALE JACOBS DEL 30 SETTEMBRE 1992. - PONENTE CARNI SPA E CISPADANA COSTRUZIONI SPA CONTRO AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE DELLO STATO. - DOMANDE DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: TRIBUNALE DI GENOVA E TRIBUNALE DI MILANO - ITALIA. - CAUSE RIUNITE C-71/91 E C-178/91. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO ITALIA. - CAUSA C-176/91.
raccolta della giurisprudenza 1993 pagina I-01915
Conclusioni dell avvocato generale
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Signor Presidente,
Signori Giudici,
1. Le cause riunite C-71/91 e C-178/91 hanno ad oggetto delle domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte dal Tribunale di Genova e, rispettivamente, dal Tribunale di Milano. Dette domande di pronuncia pregiudiziale sono state presentate affinché il giudice nazionale sia posto in grado di decidere se talune disposizioni di legge italiane, che impongono oneri fiscali per la registrazione delle società, siano compatibili con il diritto comunitario e, in particolare, con gli artt. 10 e 12, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, pag. 25, in prosieguo: la "direttiva").
2. Le medesime disposizioni della legge italiana sono anche oggetto della causa C-176/91 (1), vertente su una procedura di inadempimento ai sensi dell' art. 169 del Trattato. Detta procedura ha avuto inizio con una lettera di intimazione datata 29 gennaio 1990, nella quale veniva dedotta la violazione del divieto di imposizioni per la registrazione delle società di cui all' art. 10, lett. c), della direttiva. Non avendo ricevuto risposta a detta lettera, la Commissione emetteva il parere motivato 5 novembre 1990, che deduceva nuovamente la violazione dell' art. 10, lett. c), della direttiva e invitava l' Italia ad adottare le misure necessarie per conformarsi al parere motivato entro due mesi a decorrere dalla notifica. Nel rispondere al parere motivato della Commissione, il governo italiano affermava che siffatte misure non erano necessarie, in considerazione del fatto che gli oneri in questione erano stati modificati con un emendamento della pertinente normativa nel 1988. Il governo italiano, inoltre, affermava che gli oneri considerati non rientravano nell' ambito del divieto di cui all' art. 10, lett. c), ovvero, in subordine, che detti oneri rientravano nella deroga a detto divieto, contenuta nell' art. 12, n. 1, lett. e), della direttiva. La Commissione restava insoddisfatta della spiegazione fornita dal governo italiano circa le ragioni per cui le norme nazionali non necessitavano di ulteriori modifiche e, di conseguenza, con atto depositato nella cancelleria della Corte il 5 luglio 1991, ha proposto il presente ricorso.
3. Le disposizioni di legge menzionate nel ricorso della Commissione e che, questa, rispondendo ad un quesito posto dalla Corte, ha indicato come ancora in vigore allo scadere del periodo fissato nel parere motivato, sono le seguenti:
1) art. 3, comma 18 e 19, del decreto legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito con modificazioni dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17, e
2) art. 36, comma 8, del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.
In prosieguo, farò riferimento alle predette disposizioni indicandole come le "disposizioni controverse". Come avrò modo di esaminare più avanti in modo più dettagliato, dette disposizioni impongono in Italia una tassa sull' immatricolazione di una società nel registro ufficiale, nonché una tassa annuale sul mantenimento di detta registrazione.
4. Le questioni sollevate nelle due domande di pronuncia pregiudiziale sono le seguenti:
Nella causa C-71/91:
"1) Se i diritti di 'carattere remunerativo' di cui all' art. 12, n. 1, lett. c) (sic), della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE (sic), siano individuabili unicamente nei corrispettivi di servizi facoltativi resi individualmente dalla pubblica amministrazione nell' interesse particolare del richiedente, ovvero, se detti diritti siano anche individuabili in una più ampia nozione di tributi generalmente imposti per servizi resi nell' interesse generale.
2) Se l' attività amministrativa svolta dallo Stato per 'mantenere l' apparato idoneo a dare pubblicità a tutti gli atti relativi alla vita delle società' , abbia per il diritto comunitario, la natura di un servizio reso individualmente dal quale si possa pretendere la corresponsione di un onere pecuniario conformemente al disposto dell' art. 12, n. 1, lett. c), della direttiva 69/335/CEE (sic) e, in caso affermativo, se le disposizioni dell' art. 12, n. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, siano compatibili con una normativa nazionale che ponga a carico della società di cui all' art. 3 della direttiva tributi la cui entità non sia quantificabile in base al costo del servizio.
3) Se le disposizioni dell' art. 12, ultimo comma, della direttiva citata siano compatibili con disposizioni dell' ordinamento nazionale (art. 36, n. 8 e n. 8 bis, legge 27 aprile 1989, n. 154) che impongono con periodicità annuale, a carico delle società per azioni previste dall' art. 3 della stessa direttiva, tributi non quantificabili in base al costo del servizio e di entità superiore rispetto a quelli applicati nel territorio dello Stato alle società di capitali a responsabilità limitata per le operazioni similiari.
4) Se la tassa annuale di concessione governativa di iscrizione della società nel registro delle imprese, imposta dall' art. 36, n. 8, della legge 27 aprile 1989, n. 154, sia configurabile come imposizione vietata ai sensi dell' art. 10 della direttiva 17 luglio 1969, 69/335/CEE (sic)".
E' chiaro che il riferimento all' art. 12, n. 1, lett. c), della direttiva di cui alla prima e seconda questione deve essere inteso come un riferimento all' art. 12, n. 1, lett. e), e che il riferimento alla direttiva 69/355/CEE, deve intendersi come un riferimento alla direttiva 69/335/CEE.
5. Nella causa C-178/91 le questioni sollevate sono le seguenti:
"1) Se i 'diritti di carattere remunerativo' di cui all' art. 12, n. 1, lett. e), della direttiva 17 luglio 1969, 69/335/CEE, siano individuabili unicamente in corrispettivi di servizi (facoltativi ovvero obbligatori) resi dalla pubblica amministrazione nell' interesse particolare del richiedente, ovvero, se detti 'diritti di carattere remunerativo' siano individuabili anche in tasse applicate per servizi resi nell' interesse generale.
2) Se l' onere pecuniario consentito dalla lett. e) del n. 1, dell' art. 12, della direttiva 17 luglio 1969, 69/335/CEE ° a titolo di 'diritti di carattere remunerativo' ° debba rappresentare un corrispettivo proporzionato rispetto all' effettivo costo del servizio reso (come più volte statuito dalla Corte di giustizia, sebbene in casi concernenti altro settore, quello doganale, a proposito dei costi di un servizio non facoltativo, ma imposto: v., ad esempio, sentenza 12 luglio 1977, causa 89/76, Commissione/Paesi Bassi, Racc. 1977, pag. 1355, punto 16 della motivazione;ed altre sentenze successive, da ultimo, sentenza 21 marzo 1991, causa C-209/89, Commissione/Repubblica italiana), ovvero possa completamente prescindere dal detto effettivo costo del servizio.
3) Se le disposizioni dell' art. 10 e 12, n. 1, lett. e), della direttiva 69/335/CEE, debbano essere interpretate nel senso che ostano all' introduzione e/o al mantenimento di una normativa nazionale ° del tipo di quella introdotta dal legislatore italiano con il comma 19 dell' art. 3 del decreto legge 19 dicembre 1984, n. 853 (convertito in legge 17 febbraio 1985, n. 17) e modificata con l' art. 36, n. 8, del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito in legge 27 aprile 1989, n. 154 ° che imponga annualmente il versamento di una tassa non quantificata né quantificabile in base al costo del servizio reso e di importo, inoltre, notevolmente superiore a quello applicato nei confronti di altre società di capitale, e non di capitale, per il medesimo servizio (ad esempio, per le società a responsabilità limitata la tassa è stabilita in 3,5 milioni di LIT;per gli altri tipi di società è stabilità in 500 000 LIT)".
6. Esaminerò in primo luogo quale sia la decisione da adottare nella causa C-176/91, cioè nell' azione proposta direttamente dalla Commissione. Risulterà poi evidente la soluzione da dare alle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte nelle cause C-71/91 e C-178/91.
Causa C-176/91
7. Prima di descrivere più dettagliatamente le disposizioni controverse è utile passare brevemente in rassegna le pertinenti disposizioni di diritto comunitario.
8. La direttiva ha lo scopo di promuovere la libera circolazione dei capitali, armonizzando l' imposizione sui conferimenti di capitali in società, abolendo l' imposta di bollo sui titoli nonché altre imposte indirette aventi le stesse caratteristiche dell' imposta sui conferimenti e dell' imposta di bollo sui titoli. L' art. 3 della direttiva indica le società per le quali è dovuta l' imposta sui conferimenti di capitali, che, nella direttiva, sono indicate come "società di capitali";l' art. 4 specifica le operazioni cui si applica detta imposta. In base all' art. 7 della direttiva, recentemente emendato dall' art. 1, n. 2, della direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE (GU 1985, L 156, pag. 23), gli Stati membri debbono esentare dette operazioni dall' imposta sui conferimenti o assoggettarle ad un' imposta unica non superiore all' 1%.
9. Come esposto nell' ottavo 'considerando' della direttiva:
"(...) il mantenimento di altre imposte indirette aventi le stesse caratteristiche dell' imposta sui conferimenti e dell' imposta di bollo sui titoli rischia di rimettere in questione le finalità perseguite dai provvedimenti previsti dalla presente direttiva e (...) è, pertanto, necessario sopprimere tali imposizioni".
L' art. 10 della direttiva, di conseguenza, così dispone:
"Oltre all' imposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto concerne le società, associazioni o persone giuridiche che perseguono scopi di lucro, nessun' altra imposizione, sotto qualsiasi forma:
(...)
c) per l' immatricolazione o per qualsiasi altra formalità preliminare all' esercizio di un' attività, alla quale una società, associazione o persona giuridica che persegue scopi di lucro può essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica".
L' art. 12, n. 1, però, recita:
"1. Gli Stati membri possono applicare, in deroga alle disposizioni degli articoli 10 e 11:
(...)
e) diritti di carattere remunerativo;
(...)".
10. Lo scopo del divieto di cui all' art. 10, lett. c), della direttiva è, a mio modo di vedere, chiaro. L' armonizzazione dell' aliquota massima dell' imposta sui conferimenti di capitale stabilita dall' art. 7 sarebbe privata di ogni effetto utile se gli Stati membri rimanessero liberi di imporre tasse in circostanze analoghe a quelle in cui si applicano le imposte sui conferimenti di capitali conformemente all' art. 4 della direttiva. In forza dell' art. 4, n. 1, sono soggette, in particolare, all' imposta sui conferimenti le seguenti operazioni:
"a) la costituzione di una società di capitali;
b) la trasformazione in società di capitali di una società, associazione o persona giuridica che non sia una società di capitali;
c) l' aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura;
(...)".
E' pacifico che, se in dette circostanze delle tasse fossero dovute in aggiunta all' imposta sui capitali riscossa, l' armonizzazione dell' aliquota massima dell' imposta prevista dall' art. 7 della direttiva verrebbe vanificata. E' comunque inutile creare una società per azioni e dotarla di un capitale, se non si adempiono le formalità legali che permettono ad una società di operare validamente ai sensi di legge. L' imposizione di una tassa per l' espletamento di dette formalità e, in particolare, per l' iscrizione della società nel pubblico registro è, di conseguenza, vietata dall' art. 10, lett. c), della direttiva. L' art. 12, n. 1, lett. e), cionondimeno, consente che taluni tributi siano imposti per la registrazione.
Gli oneri consentiti dall' art. 12, n. 1, lett. e), sono quelli aventi natura di "diritti di carattere remunerativo" (ovvero, nella versione francese della direttiva "des droits ayant un caractère rémunératoire").
11. Va altresì rilevato che l' obbligo degli Stati membri di tenere un registro delle società risale alla direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE (GU 1968, L 65, pag. 8), la prima direttiva sulle società. L' art. 1 di detta direttiva menziona le società considerate dalla direttiva e l' art. 2 pone taluni requisiti di pubblicità per dette società. L' art. 3 dispone come segue:
"1. In ciascuno Stato membro viene costituito un fascicolo, o presso un registro centrale, o presso il registro di commercio o registro delle imprese, per ogni società iscritta.