CGCE, n. C-450/93, Conclusioni dell'avvocato generale della Corte, Eckhard Kalanke contro Freie Hansestadt Bremen, 06/04/1995
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Testo completo
61993C0450
Conclusioni dell'avvocato generale T del 6 aprile 1995. - ECKHARD KALANKE CONTRO FREIE HANSESTADT BREMEN. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: BUNDESARBEITSGERICHT - GERMANIA. - PARITA DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE - DIRETTIVA 76/207/CEE - ART. 2, N. 4 - PROMOZIONE - PARITA DI QUALIFICAZIONI TRA CANDIDATI DI SESSO DIFFERENTE - PREFERENZA ACCORDATA AI CANDIDATI DI SESSO FEMMINILE. - CAUSA C-450/93.
raccolta della giurisprudenza 1995 pagina I-03051
Conclusioni dell avvocato generale
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1. Una normativa nazionale in base alla quale le donne godono di un diritto di preferenza nell' assunzione e/o nella promozione, a condizione che abbiano la stessa qualifica dei candidati di sesso maschile e che siano sottorappresentate ° in quanto non coprono la metà degli effettivi ° nella fascia salariale del settore di cui si tratta, è compatibile con il principio della parità di trattamento uomo-donna, quale sancito dalla pertinente normativa comunitaria? In altre parole, un regime di quote a favore delle donne, sia pure subordinato alle condizioni appena indicate, integra una discriminazione in base al sesso vietata dal diritto comunitario oppure costituisce un' azione positiva consentita, in quanto volta a promuovere un' effettiva pari opportunità nel mondo del lavoro?
E' questa, nella sostanza, la portata dei quesiti pregiudiziali sottoposti alla Corte dal Bundesarbeitsgericht e vertenti, più in particolare, sull' interpretazione dell' art. 2, nn. 1 e 4, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (1) (nel prosieguo: la "direttiva").
2. Scopo della direttiva, quale enunciato nell' art. 1, n. 1, della stessa, è "l' attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, e l' accesso alla formazione professionale, nonché le condizioni di lavoro e, alle condizioni di cui al paragrafo 2, la sicurezza sociale". L' art. 2, n. 1, afferma poi che "il principio della parità di trattamento implica l' assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia". Il successivo art. 2, n. 4, norma di cui è qui richiesta l' interpretazione, consente tuttavia agli Stati membri di adottare e/o mantenere in vigore "le misure volte a promuovere la parità delle opportunità per gli uomini e le donne, in particolare ponendo rimedio alle disparità di fatto che pregiudicano le opportunità delle donne nei settori di cui all' articolo 1, paragrafo 1".
L' art. 2, n. 4, è espressamente richiamato nella motivazione della raccomandazione del Consiglio del 13 dicembre 1984, 84/635/CEE, sulla promozione di azioni positive a favore delle donne (2), in cui viene sottolineata la necessità di azioni parallele "per controbilanciare gli effetti negativi risultanti per le donne, nel campo dell' occupazione, dagli atteggiamenti, comportamenti e strutture sociali": e ciò perché le disposizioni normative esistenti in materia di parità di trattamento "sono inadeguate per eliminare tutte le disparità di fatto" (3). La raccomandazione invita pertanto gli Stati membri ad "adottare una politica di azione positiva intesa ad eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella vita lavorativa ed a promuovere l' occupazione mista" (punto 1);nonché, in particolare, a fare in modo che siano ricomprese tra le azioni positive, per quanto possibile, quelle riguardanti l' "incoraggiamento delle candidature, delle assunzioni e della promozione delle donne nei settori, professioni e livelli in cui esse sono sottorappresentate, in particolare ai posti di responsabilità" (punto 4, sesto trattino). In breve, di fronte a disparità di fatto, si invitano gli Stati membri ad incoraggiare candidature, assunzioni e promozioni di donne.
Infine, va ricordato che una disposizione avente uno scopo sostanzialmente analogo a quello dell' art. 2, n. 4, è prevista dall' art. 6, n. 3, dell' accordo sulla politica sociale, concluso tra gli Stati membri della Comunità europea ad eccezione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ed allegato al Trattato di Maastricht con Protocollo n. 14. Secondo tale disposizione, infatti, l' affermata uguaglianza della retribuzioni "non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici intesi a facilitare l' esercizio di un' attività professionale da parte delle donne ovvero a evitare o compensare svantaggi nella loro carriera professionale".
3. Quanto alla pertinente normativa nazionale, viene qui in rilievo il Gesetz zur Gleichstellung von Frau und Mann im oeffentlichen Dienst des Landes Bremen (4) (legge del Land di Brema relativa alla parità di trattamento tra uomini e donne nei servizi pubblici;nel prosieguo: il "LGG") del 20 novembre 1990, il cui art. 4 dispone quanto segue:
"Assunzione, assegnazione di un posto dell' organico, promozione.
(1) All' assunzione, compresa l' instaurazione di un rapporto come pubblico dipendente o giudice, che non abbia funzione formativa, va data la precedenza alle candidate di sesso femminile, in caso di parità di qualifica, rispetto ai candidati maschi, nei settori nei quali il personale femminile è sottorappresentato.
(2) Nell' assegnazione di incarichi in un settore di attività riservato alle categorie salariali superiori, va data la preferenza alle donne, in caso di parità di qualifica, rispetto ai candidati maschi, qualora in quel settore il personale femminile sia sottorappresentato. Tale norma vale anche in caso di assegnazione ad un altro posto previsto in organico nonché in caso di promozione.
(3) ...
(4) La qualificazione va commisurata unicamente alle esigenze del lavoro connesso al posto da occupare o alla carriera. Conoscenze specifiche, come ad esempio quelle acquisite nell' attività familiare, nell' impegno sociale o in attività benevole, valgono per la qualificazione ai sensi degli articoli nn. 1 e 2 solo se risultano utili per l' esercizio delle funzioni inerenti all' attività.
(5) Si ha sottorappresentazione se nella specifica categoria salariale i titolari di sesso femminile dei posti in un dato servizio non raggiungono il 50% degli effettivi. Ciò vale anche per il livello delle mansioni previste nella ripartizione degli incarichi dell' organico generale".
4. E veniamo ai fatti che hanno originato il presente procedimento. Nel luglio 1990 il Comune di Brema pubblicava l' avviso di vacanza del posto di direttore del settore 21 del dipartimento comunale di giardinaggio, posto di grado II a/Ib BAT (5). Venivano prese in considerazione, in particolare, le candidature del signor K e della signora G, entrambi già impiegati nel settore 21, rispettivamente dal 1973 e dal 1975, come tecnici di grado III BAT. Il primo, ingegnere diplomato in tecnica di giardinaggio e paesaggistica, all' epoca dei fatti di causa era aggiunto del direttore. La signora G, che ha terminato gli studi di ingegneria del giardinaggio nel 1967, è ingegnere diplomato in paesaggistica dal 1983, anno in cui ha superato il relativo esame di Stato.
La direzione generale del dipartimento di giardinaggio proponeva la promozione del signor K, alla quale si opponeva tuttavia il comitato del personale. La successiva trattativa, che sfociava in una indicazione favorevole al signor K, veniva dichiarata fallita dal comitato del personale, che chiedeva pertanto la consultazione del comitato di conciliazione. Quest' ultimo si pronunciava il 20 febbraio 1991 nel senso che "entrambi i candidati sono idonei ad accedere al posto vacante e quindi ° anche in virtù della legge del Land sulla parità ° la preferenza va data al candidato femminile".
5. Il signor K impugnava tale decisione dinanzi all' Arbeitsgericht di Brema, adducendo che il gruppo di conciliazione non avrebbe tenuto conto della sua migliore qualificazione professionale e che, in ogni caso, l' art. 4 del LGG sarebbe in contrasto con gli artt. 3, nn. 2 e 3, e 33, n. 2, del Grundgesetz, con l' art. 2, n. 2, della costituzione del Land, nonché con l' art. 611 del codice civile. L' Arbeitsgericht respingeva il ricorso;il successivo appello presentato dinanzi al Landesarbeitsgericht aveva anch' esso esito negativo.
Il signor K ha pertanto proposto un ricorso in cassazione ("Revision") dinanzi al Bundesarbeitsgericht. Quest' ultimo ha anzitutto sottolineato che la soluzione della controversia ad esso sottoposta dipende essenzialmente dall' applicabilità dell' art. 4 del LGG, nel senso che la decisione del comitato di conciliazione si rivelerebbe illegittima solo qualora esso avesse a torto applicato la legge in questione: in tal caso, infatti, alla signora G sarebbe stato accordato un vantaggio ingiustificato, in quanto basato unicamente sul sesso. Atteso che, come constatato dal giudice d' appello, la decisione del comitato di conciliazione quanto alla parità di qualifiche dei candidati non contravviene ad alcuna norma giuridica e che le donne sono effettivamente sottorappresentate nel settore in questione (6), il Bundesarbeitsgericht è quindi pervenuto alla conclusione che il comitato di conciliazione ha giustamente negato, in applicazione dell' art. 4 del LGG, il consenso alla nomina del ricorrente. Infine, esso ha ritenuto che la disciplina delle quote di cui all' art. 4 del LGG è conforme alle norme nazionali di cui il ricorrente lamenta la violazione.
6. Il Bundesarbeitsgericht ha tuttavia ritenuto opportuno vagliare la legittimità dell' art. 4 del LGG anche rispetto al principio della parità di trattamento quale sancito dalle norme comunitarie, in particolare alla luce dell' art. 2, nn. 1 e 4, della direttiva. Esso ha pertanto operato un rinvio pregiudiziale alla Corte, con cui chiede: a) se l' art. 2, n. 4, della direttiva vada interpretato nel senso che comprende anche una normativa nazionale quale quella prima descritta;b) in caso di risposta negativa, se l' art. 2, n. 1, della direttiva, tenuto conto del principio di proporzionalità, imponga di disapplicare una siffatta normativa nazionale.
I due quesiti sono invero strettamente collegati e, come meglio si vedrà nel prosieguo, non richiedono due distinte risposte. Atteso che l' art. 2, n. 1, sancisce in termini generali e perentori il principio della parità di trattamento tra uomini e donne e che l' art. 2, n. 4, costituisce una deroga a tale principio, ne consegue infatti che l' interpretazione della disposizione da ultimo citata non potrà non tener conto del principio di cui all' art. 2, n. 1: sarà comunque necessario un esame di proporzionalità.