Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 7 settembre 2023.##Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Diritto all’informazione nei procedimenti penali – Direttiva 2012/13/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Direttiva 2013/48/UE – Ambito di applicazione – Normativa nazionale che non contempla la qualità di indagato – Fase istruttoria del procedimento penale – Misura coercitiva di perquisizione personale e di confisca – Autorizzazione a posteriori da parte del giudice competente – Assenza di sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento di prove – Articoli 47 et 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Esercizio effettivo dei diritti della difesa da parte degli indagati e degli imputati in occasione del sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento delle prove.#Causa C-209/22.

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 7 settembre 2023.##Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Diritto all’informazione nei procedimenti penali – Direttiva 2012/13/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Direttiva 2013/48/UE – Ambito di applicazione – Normativa nazionale che non contempla la qualità di indagato – Fase istruttoria del procedimento penale – Misura coercitiva di perquisizione personale e di confisca – Autorizzazione a posteriori da parte del giudice competente – Assenza di sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento di prove – Articoli 47 et 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Esercizio effettivo dei diritti della difesa da parte degli indagati e degli imputati in occasione del sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento delle prove.#Causa C-209/22.
Giurisdizione : Corte di Giustizia dell'Unione Europea
Numero : 62022CJ0209
Data del deposito : 7 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

7 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Diritto all’informazione nei procedimenti penali – Direttiva 2012/13/UE – Diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale – Direttiva 2013/48/UE – Ambito di applicazione – Normativa nazionale che non contempla la qualità di indagato – Fase istruttoria del procedimento penale – Misura coercitiva di perquisizione personale e di confisca – Autorizzazione a posteriori da parte del giudice competente – Assenza di sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento di prove – Articoli 47 et 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Esercizio effettivo dei diritti della difesa da parte degli indagati e degli imputati in occasione del sindacato giurisdizionale sulle misure di ottenimento delle prove»

Nella causa C‑209/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria), con decisione del 18 marzo 2022, pervenuta in cancelleria il 18 marzo 2022, nel procedimento penale a carico di

AB,

con l’intervento di:

Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M.C. Lycourgos (relatore), presidente di sezione, L.S. Rossi, J.-C. Bonichot, S. Rodin e O. Spineanu‑Matei, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e da R. Kissné Berta, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J. Hoogveld, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da M. Wasmeier e I. Zaloguin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (

GU

2012, L 142, pag. 1);
della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (

GU

2013, L 294, pag. 1);
degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») nonché dei principi di legalità e di effettività.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di AB per detenzione di sostanze illecite, scoperte su tale persona a seguito di una perquisizione personale, la quale ha comportato il sequestro di tali sostanze.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2012/13

3        I considerando 14 e 36 della direttiva 2012/13 enunciano quanto segue:

«(14)      La presente direttiva (…) stabilisce norme minime comuni da applicare in materia di informazioni relative ai diritti e all’accusa da fornire alle persone indagate o imputate per un reato, al fine di rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri. La presente direttiva muove dai diritti enunciati nella Carta, in particolare gli articoli 6, 47 e 48, fondandosi sugli articoli 5 e 6 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)], come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nella presente direttiva il termine “accusa” è utilizzato per descrivere lo stesso concetto del termine “accusa” utilizzato nell’articolo 6, paragrafo 1, dalla [CEDU].

(…)

(36)      Le persone indagate o imputate o i loro avvocati dovrebbero avere il diritto di contestare, in conformità del diritto nazionale, l’eventuale [omissione o] rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni richieste [o di divulgare determinati documenti attinenti al caso] ai sensi della presente direttiva. Tale diritto non comporta, per gli Stati membri, l’obbligo di prevedere una specifica procedura di impugnazione, un meccanismo separato o una procedura di ricorso con cui impugnare la mancanza o il rifiuto suddetti».

4        L’articolo 1 della direttiva, intitolato «Oggetto», dispone come segue:

«La presente direttiva stabilisce norme relative al diritto all’informazione, delle persone indagate o imputate, sui diritti di cui godono nel procedimento penale e [s]ull’accusa elevata a loro carico. Essa stabilisce altresì norme relative al diritto all’informazione delle persone soggette al mandato di arresto europeo sui loro diritti».

5        Sotto il titolo «Ambito di applicazione», l’articolo 2 di tale direttiva dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«La presente direttiva si applica nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».

6        L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Diritto all’informazione sui diritti», dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti almeno i seguenti diritti processuali, ai sensi del diritto nazionale, onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti:

a)      il diritto a un avvocato;

b)      condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio;

c)      il diritto di essere informato dell’accusa, a norma dell’articolo 6;

d)      il diritto all’interpretazione e alla traduzione;

e)      il diritto al silenzio.

2.      Gli Stati membri assicurano che le informazioni fornite a norma del paragrafo 1 siano fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità».

7        L’articolo 8 della direttiva 2012/13, intitolato «Verifica e i ricorsi», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono a che, quando le informazioni siano fornite all’indagato o imputato a norma degli articoli da 3 a 6, ciò sia verbalizzato secondo la procedura di documentazione degli atti prevista dal diritto dello Stato membro interessato.

2.      Gli Stati membri assicurano che le persone indagate o imputate o i loro avvocati abbiano il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l’eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla presente direttiva o l’eventuale mancata comunicazione delle stesse».

 Direttiva 2013/48

8        I considerando 12, 20 e 50 della direttiva 2013/48 così recitano:

«(12)      La presente direttiva stabilisce norme minime relative al diritto di avvalersi di un difensore nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione del mandato d’arresto europeo ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri [

GU

2002, L 190, pag. 1] (…), al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari. In tal modo, la direttiva promuove l’applicazione della Carta, in particolare gli articoli 4, 6, 7, 47 e 48, fondandosi sugli articoli 3, 5, 6 e 8 CEDU come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, nella sua giurisprudenza, fissa regolarmente norme sul diritto di avvalersi di un difensore. Tale giurisprudenza stabilisce, tra l’altro, che l’equità del procedimento esige che l’indagato o l’imputato possano beneficiare dell’intera gamma di servizi specificamente associati all’assistenza legale. A tale riguardo, i difensori degli indagati o degli imputati dovrebbero poter garantire, senza limitazioni, gli aspetti fondamentali della difesa.

(…)

(20)      Ai fini della presente direttiva, non rientrano tra gli interrogatori le domande preliminari effettuate dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto finalizzate a identificare l’interessato, a verificare il possesso di armi o ad accertare altre questioni analoghe relative alla sicurezza o a determinare se le indagini debbano essere avviate, ad esempio, nel corso di un controllo su strada o durante controlli periodici su base casuale qualora un indagato o imputato non sia ancora stato identificato.

(…)

(50)      Gli Stati membri dovrebbero garantire che nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto ad avvalersi di un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente alla presente direttiva siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento. In tale contesto è opportuno tener conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha stabilito che i diritti della difesa saranno irrimediabilmente pregiudicati quando dichiarazioni incriminanti rese durante un interrogatorio di polizia senza la possibilità di avvalersi di un difensore sono usate ai fini di una condanna. Ciò dovrebbe far salvo l’uso di dichiarazioni per altri scopi consentiti dal diritto nazionale, quali la necessità di eseguire atti investigativi urgenti per evitare la perpetrazione di ulteriori reati o gravi conseguenze negative per chiunque, o legate all’urgente necessità di evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale, qualora la possibilità di avvalersi di un difensore o un ritardo nello svolgimento delle indagini possa pregiudicare irrimediabilmente indagini in corso su un reato grave. Inoltre, ciò dovrebbe far salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove e non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere un sistema in base al quale possono essere prodotte davanti a un giudice tutte le prove esistenti, senza che vi sia una valutazione distinta o preliminare dell’ammissibilità di tali prove».

9        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», così recita:

«La presente direttiva stabilisce norme minime relative al diritto di indagati e imputati in procedimenti penali e di persone oggetto di procedimenti ai sensi della decisione quadro [2002/584] [di] avvalersi di un difensore, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari».

10      Al titolo «Ambito di applicazione», l’articolo 2 di tale direttiva dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«La presente direttiva si applica agli indagati e imputati in procedimenti penali dal momento in cui sono informati dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagati o imputati per un reato, indipendentemente dal fatto che siano privati della libertà personale. Si applica fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o imputato abbia commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».

11      L’articolo 3 della stessa direttiva è formulato nei seguenti termini:

«1.      Gli Stati membri assicurano che gli indagati e imputati abbiano diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere agli interessati di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo.

2.      Gli indagati e gli imputati si avvalgono di un difensore senza indebito ritardo. In ogni caso, gli indagati e gli imputati si avvalgono di un difensore a partire dal primo tra i momenti seguenti:

a)      prima che essi siano interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;

b)      quando le autorità inquirenti o altre autorità competenti procedono ad atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove conformemente al paragrafo 3, lettera c);

c)      senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale;

d)      qualora siano stati chiamati a comparire dinanzi a un giudice competente in materia penale, a tempo debito prima che compaiano dinanzi a tale giudice.

3.      Il diritto di avvalersi di un difensore comporta quanto segue:

a)      gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano diritto di incontrare in privato e di comunicare con il difensore che li assiste, anche prima dell’interrogatorio da parte della polizia o di un’altra autorità di contrasto o giudiziaria;

b)      gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano diritto alla presenza e alla partecipazione effettiva del loro difensore quando sono interrogati. Tale partecipazione avviene secondo le procedure previste dal diritto nazionale, a condizione che tali procedure non pregiudichino l’effettivo esercizio o l’essenza del diritto in questione. (…)

c)      gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano almeno diritto alla presenza del proprio difensore ai seguenti atti di indagine o di raccolta delle prove, ove tali atti siano previsti dal diritto nazionale e all’indagato o all’imputato sia richiesto o permesso di essere presente all’atto in questione:

i)      ricognizioni di persone;

ii)      confronti;

iii)      ricostruzioni della scena di un crimine.

(…)

6.      In circostanze eccezionali e solo nella fase che precede il processo, gli Stati membri possono derogare temporaneamente all’applicazione dei diritti di cui al paragrafo 3 nella misura in cui ciò sia giustificato alla luce delle circostanze particolari del caso, sulla base di uno dei seguenti motivi imperativi:

(…)

b)      ove vi sia la necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale».

12      L’articolo 12 della direttiva 2013/48, rubricato «Mezzi di ricorso», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati in un procedimento penale, così come le persone ricercate nell’ambito di un procedimento di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dispongano di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla presente direttiva.

2.      Fatti salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove, gli Stati membri garantiscono che, nel quadro dei procedimenti penali, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente all’articolo 3, paragrafo 6, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento».

 Diritto bulgaro

13      Ai sensi dell’articolo 54 del Nakazatelno protsesualen kodeks (codice di procedura penale, DV n. 86 del 28 ottobre 2005), nella versione applicabile alla controversia del procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura penale»), la persona imputata è la persona che, in quanto tale, è sottoposta a procedimento penale alle condizioni e secondo le modalità previste da tale codice.

14      L’articolo 55 del codice di procedura penale, rubricato «Diritti della persona imputata», prevede quanto segue:

«(1)      All’imputato sono riconosciuti i seguenti diritti: sapere per quale reato è stata formulata l’imputazione a suo carico e sulla base di quali prove;
rendere o rifiutare di rendere dichiarazioni sul capo di imputazione;
avere accesso agli atti, incluse le informazioni ottenute con mezzi speciali di indagine, e procurarsi i necessari estratti;
produrre prove;
partecipare al procedimento penale;
formulare domande, osservazioni e obiezioni;
esprimersi per ultimo;
proporre ricorso avverso gli atti lesivi dei suoi diritti ed interessi legittimi;
e essere assistito da un difensore. L’imputato ha diritto alla partecipazione del suo difensore agli atti investigativi e agli altri atti del procedimento che richiedono il suo coinvolgimento, salvo sua esplicita rinuncia a tale diritto. (...)

(2)      L’imputato ha diritto di ricevere informazioni generali idonee ad agevolare la scelta del proprio difensore. Egli ha diritto di comunicare liberamente con il suo difensore, di incontrarlo in privato, di ricevere consulenze e qualsiasi altra assistenza legale, anche anteriormente all’inizio e nel corso dell’interrogatorio e durante ogni altro atto processuale in cui l’imputato è coinvolto.

(…)».

15      L’articolo 164 di tale codice, intitolato «Perquisizione», così dispone:

«(1)      Nel corso del procedimento istruttorio la perquisizione di una persona è ammessa, in mancanza di autorizzazione del giudice di primo grado competente o del giudice di primo grado nel cui distretto l’atto è compiuto:

1.      in caso di privazione della libertà;

2.      qualora vi siano motivi sufficienti per ritenere che le persone presenti durante la perquisizione abbiano nascosto oggetti o documenti rilevanti per la causa.

(2)      La perquisizione è compiuta da una persona del medesimo sesso, alla presenza di testimoni della procedura dello stesso sesso.

(3)      Il verbale relativo all’atto investigativo compiuto viene presentato al giudice per la sua autorizzazione immediatamente e, in ogni caso, entro 24 ore».

16      L’articolo 212 di detto codice, rubricato «Procedimento istruttorio», prevede quanto segue:

«(1)      Il procedimento istruttorio è avviato mediante provvedimento del procuratore.

(2)      In caso di effettuazione di un’ispezione, che comprende un accertamento di un fatto, una perquisizione, una confisca o l’interrogatorio di testimoni, il procedimento istruttorio si considera avviato con la redazione del verbale relativo al primo atto investigativo, qualora il compimento immediato di tali atti rappresenti l’unica possibilità per acquisire e assicurare le prove, nonché ove sia effettuata una perquisizione ai sensi dell’articolo 164.

(3)      L’autorità inquirente che ha compiuto un atto di cui al paragrafo 2 ne informa la procura immediatamente e, in ogni caso, entro 24 ore».

17      L’articolo 219 del medesimo codice, intitolato «Imputazione-Accusa e presentazione della sentenza», dispone quanto segue:

«(1)      Ove siano raccolti elementi sufficienti a fondamento della colpevolezza di una determinata persona per un reato di diritto comune e se non sussiste alcun motivo di archiviazione del procedimento penale, l’autorità inquirente ne informa la procura e formula il capo di imputazione a carico della persona interessata (o la incrimina) mediante redazione del corrispondente provvedimento.

(2)      L’autorità inquirente può formulare il capo di imputazione a carico della persona interessata (o incriminarla) anche mediante redazione del verbale relativo al primo atto investigativo compiuto a suo carico, informandone la procura.

(3)      Nel provvedimento contenente l’imputazione (o l’incriminazione) e nel verbale di cui al paragrafo 2 sono indicati:

1.      data e luogo di emissione;

2.      autorità emittente;

3.      nome completo della persona nei cui confronti è formulato l’atto di imputazione, il reato contestatole nonché la sua qualificazione giuridica;

4.      elementi di prova alla base dell’imputazione, a condizione che tale divulgazione non ostacoli le indagini;

5.      misure restrittive della libertà eventualmente adottate;

6.      diritti riconosciuti all’imputato ai sensi dell’articolo 55, ivi incluso il diritto di rifiutarsi di fornire spiegazioni, nonché il diritto a un difensore di propria scelta o d’ufficio.

(...)

(8)      L’autorità inquirente non può compiere alcun atto investigativo con il coinvolgimento dell’imputato prima di aver adempiuto gli obblighi ad essa incombenti ai sensi dei paragrafi da 1 a 7».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      L’8 febbraio 2022 tre ispettori di polizia del Rayonno upravlenye Lukovit (commissariato distrettuale di Lukovit, Bulgaria) hanno fermato e controllato un veicolo guidato da IJ nel quale si trovavano anche AB e KL.

19      Ancor prima che il conducente del veicolo fosse sottoposto ad un test per l’accertamento del consumo di sostanze stupefacenti, AB e KL hanno dichiarato agli ispettori di polizia di essere in possesso di stupefacenti. Tale informazione è stata comunicata oralmente al poliziotto in servizio di guardia presso il commissariato distrettuale di Lukovit, che ha annotato tali dichiarazioni in un verbale quale segnalazione orale di notizia di reato.

20      Poiché il test antidroga sul conducente ha avuto esito positivo, un ispettore di polizia ha proceduto all’ispezione del veicolo.

21      Inoltre, AB è stato sottoposto a perquisizione personale effettuata dall’inquirente in servizio di guardia, il quale ha redatto un verbale «di perquisizione e confisca effettuate in via d’urgenza e soggette ad approvazione a posteriori da parte del giudice». In tale verbale, il fatto che detta perquisizione fosse stata effettuata senza la previa autorizzazione di un giudice è stato motivato con «l’esistenza di indizi sufficienti indicanti la detenzione di beni vietati dalla legge, indicati in un verbale relativo a segnalazione orale di notizia di reato».

22      Nel corso di tale perquisizione, su AB è stata trovata una sostanza stupefacente. L’inquirente in servizio di guardia ha quindi informato il giorno stesso il procuratore della Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Procura distrettuale di Lovech, antenna territoriale di Lukovit, Bulgaria) dell’esito di tale perquisizione e che essa era stata effettuata nel contesto di un «procedimento istruttorio» ai sensi dell’articolo 212 del codice di procedura penale, avviato dal commissariato di polizia distrettuale di Lukovit.

23      Sempre nel contesto del procedimento istruttorio, ma successivamente all’effettuazione della perquisizione, nel corso di un’audizione presso il commissariato di polizia, sono state chieste ad AB spiegazioni scritte. Egli ha quindi spiegato che le sostanze rinvenute su di lui erano stupefacenti destinati al suo consumo personale.

24      Il 9 febbraio 2022 il procuratore presso la Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (procura distrettuale di Lovech, antenna territoriale di Lukovit), sulla base dell’articolo 164, paragrafo 3, del codice di procedura penale, ha inviato al Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria), giudice del rinvio, una richiesta di approvazione del verbale relativo alla perquisizione personale effettuata nei confronti di AB e della confisca che ne è seguita. La controversia principale verte su tale richiesta di approvazione a posteriori di detta perquisizione e di detta confisca.

25      Il giudice del rinvio esprime innanzi tutto dubbi in merito al fatto che il sindacato giurisdizionale previsto dal diritto nazionale sulle misure coercitive di amministrazione delle prove nella fase istruttoria del procedimento penale costituisca una garanzia sufficiente del rispetto dei diritti degli indagati e degli imputati, conformemente alle disposizioni delle direttive 2012/13 e 2013/48.

26      In particolare, tale giudice dichiara anzitutto che il diritto nazionale non contiene una norma chiara riguardo alla portata del sindacato giurisdizionale sui mezzi coercitivi finalizzati all’acquisizione di prove nel procedimento istruttorio e che, secondo la giurisprudenza dei giudici nazionali, il controllo della perquisizione, della perquisizione personale e della confisca riguarda la loro legittimità formale. In proposito, esso ricorda che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte condannato la Repubblica di Bulgaria per violazione degli articoli 3 e 8 della CEDU.

27      Detto giudice spiega poi che il diritto bulgaro non conosce la nozione di «indagato», contemplata dalle direttive, bensì unicamente quella di «imputato». Ai fini di quest’ultima qualificazione occorrerebbe l’emanazione di una decisione del procuratore o dell’autorità inquirente. Tuttavia esisterebbe una prassi consolidata della polizia e della procura consistente nel ritardare il momento a partire dal quale l’interessato è considerato «imputato», il che, di fatto, comporterebbe l’elusione degli obblighi relativi al rispetto dei diritti della difesa di tale persona.

28      Infine, sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza nazionale risulterebbe che il tribunale competente, anche se convinto che i diritti della difesa dell’interessato non siano stati rispettati, non può sindacare l’imputazione o l’incriminazione di quest’ultimo, in quanto ciò lederebbe il potere costituzionalmente sancito della procura di formulare l’imputazione. In una simile ipotesi, il tribunale che esercita un controllo sulle misure coercitive del procedimento istruttorio potrebbe solo accettare l’atto di indagine qualora quest’ultimo sia stato realizzato in condizioni di urgenza, anche se ciò implica una lesione dei diritti della difesa.

29      In proposito, il giudice del rinvio dichiara che, sebbene la nozione di «indagato» sia estranea al diritto nazionale, in linea di principio l’articolo 219, paragrafo 2, del codice di procedura penale potrebbe garantire i diritti della difesa di persone la cui colpevolezza non è corroborata da elementi di prova sufficienti ma che, in ragione della necessità di eseguire atti investigativi con la loro partecipazione, si vedranno attribuire lo status processuale di «imputati» e potranno dunque beneficiare dei diritti contemplati all’articolo 55 del codice di procedura penale, i quali soddisfano i requisiti di cui alle direttive 2012/13 e 2013/48.

30      Tuttavia, tale disposizione processuale non sarebbe chiara, e sarebbe applicata in maniera ambigua e contraddittoria o, addirittura, non sarebbe affatto applicata. Orbene, il giudice del rinvio non ha alcun dubbio che, nel caso di specie, AB rivesta, a prescindere dalla sua qualifica giuridica in diritto nazionale, lo status di persona «accusata di un reato» ai sensi della CEDU, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Ciò premesso, in forza di tale diritto, una persona potrà beneficiare dei propri diritti della difesa soltanto qualora abbia acquisito lo status di «imputato», il che dipenderebbe dalla volontà dell’autorità che conduce l’indagine sotto il controllo del procuratore.

31      In proposito, tale giudice ritiene che il fatto di non fornire informazioni e di non permettere di avvalersi di un difensore in una fase iniziale del procedimento penale costituisca un vizio processuale insanabile, che può inficiare il carattere giusto ed equo del prosieguo del procedimento penale nel suo insieme.

32      Ciò premesso, il Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se i casi in cui, in sede di indagine su un reato connesso al possesso di sostanze stupefacenti, sono stati adottati provvedimenti coercitivi sotto forma di perquisizione personale e confisca a carico di una persona fisica che la polizia suppone essere in possesso di siffatte sostanze ricadano nell’ambito di applicazione [delle direttive 2012/13 e 2013/48].

2.      In caso di risposta affermativa alla prima questione, quale sia lo status di tale persona ai sensi [di dette] direttive qualora il diritto nazionale non contempli la figura giuridica dell’“indagato” e l’“imputazione” della persona non avvenga mediante notifica ufficiale, e se a tale persona debba essere riconosciuto il diritto all’informazione e il diritto di avvalersi di un difensore.

3.      Se il principio di legalità e il divieto di arbitrarietà ammettano una disposizione nazionale come quella dell’articolo 219, paragrafo 2, del codice di procedura penale, ai sensi del quale l’autorità inquirente può formulare l’atto di imputazione a carico di una persona anche nel quadro della redazione del verbale sul primo atto investigativo compiuto a suo carico qualora la legislazione nazionale non contempli la figura giuridica dell’“indagato” e, in base alla stessa, i diritti della difesa sorgano solo a partire dalla formulazione ufficiale dell’“imputazione”, rimessa, a sua volta, alla discrezionalità dell’autorità inquirente, e se una siffatta procedura nazionale leda l’esercizio effettivo e l’essenza del diritto di avvalersi di un difensore ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della direttiva [2013/48].

4.      Se il principio dell’efficacia del diritto dell’Unione ammetta una prassi nazionale in base alla quale il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti coercitivi finalizzati all’acquisizione di prove, compresa la perquisizione personale e la confisca disposte nel corso del procedimento istruttorio, non consente di verificare se sia stata commessa una violazione sufficientemente qualificata dei diritti fondamentali garantiti all’indagato e all’imputato dagli articoli 47 e 48 della [Carta, nonché dalle direttive 2012/13 e 2013/48].

5.      Se il principio dello Stato di diritto ammetta disposizioni e una giurisprudenza nazionali ai sensi delle quali il giudice non ha il potere di esaminare l’imputazione di una persona, benché proprio ed esclusivamente da tale atto formale dipenda il riconoscimento dei diritti della difesa a favore di una persona fisica quando nei suoi confronti sono disposti provvedimenti coercitivi per finalità di indagine».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni prima e seconda

33      Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13 e l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 debbano essere interpretati nel senso che tali direttive si applicano a una situazione in cui una persona, sulla quale esistono informazioni secondo cui è in possesso di sostanze illecite, è sottoposta a perquisizione personale nonché a confisca di tali sostanze, laddove il diritto nazionale non conosca il concetto di «indagato», di cui a tali direttive, e tale persona non è stata ufficialmente informata del fatto di avere la qualità di «imputato».

34      Le direttive 2012/13 e 2013/48 perseguono come scopo comune la definizione delle norme minime relative ad alcuni diritti degli indagati e degli imputati nell’ambito di procedimenti penali. La direttiva 2012/13 riguarda più in particolare il diritto di essere informati quanto ai propri diritti e la direttiva 2013/48 fa riferimento al diritto a un difensore, al diritto di informare un terzo della privazione della libertà personale, al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e al diritto di comunicare con le autorità consolari. Risulta, inoltre, dai considerando delle suddette direttive che esse si basano a tal fine sui diritti sanciti, in particolare, agli articoli 47 e 48 della Carta e tendono a promuovere questi diritti nei confronti di indagati o imputati nel contesto di procedimenti penali (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C‑467/18, EU:C:2019:765, punti 36 e 37).

35      Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della direttiva 2012/13, la Corte ha già statuito che dagli articoli 1 e 2, paragrafo 1, di quest’ultima risulta che tale direttiva si limita a stabilire norme relative al diritto degli indagati o degli imputati di essere informati dei loro diritti nell’ambito di un procedimento penale e dell’accusa formulata nei loro confronti a partire dal momento in cui una persona è informata dalle autorità competenti di essere sospettata di aver commesso un reato o di essere perseguita per tale motivo (ordinanza del 6 settembre 2022, Delgaz Grid, C‑95/22, EU:C:2022:697, punto 25).

36      Quanto all’ambito di applicazione della direttiva 2013/48, esso è definito all’articolo 2, paragrafo 1, della stessa, il quale prevede che essa si applica agli indagati e imputati in procedimenti penali dal momento in cui sono informati dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagati o imputati per un reato, indipendentemente dal fatto che siano privati della libertà personale.

37      A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, in particolare i termini «sono informati dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo», indica che, ai fini dell’applicabilità di tale direttiva, un’informazione della persona interessata da parte delle autorità competenti di uno Stato membro è sufficiente, mentre la modalità con la quale una siffatta informazione perviene a quest’ultimo è irrilevante [v., in questo senso, sentenza del 12 marzo 2020, VW (Diritto di avvalersi di un difensore in caso di mancata comparizione), C‑659/18, EU:C:2020:201, punti 25 e 26].

38      Poiché i rispettivi ambiti di applicazione delle direttive 2012/13 e 2013/48 sono definiti in termini pressoché identici all’articolo 2 di ciascuna di esse, si deve ritenere che, in linea di principio, essi coincidano. Tale constatazione è coerente con l’obiettivo comune di entrambe le direttive di garantire la tutela dei diritti degli indagati o imputati in un procedimento penale. Ne consegue, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, che l’ulteriore precisazione contenuta nell’articolo 2 della più recente delle due direttive, vale a dire la direttiva 2013/48, secondo la quale l’informazione può essere trasmessa «mediante notifica ufficiale o in altro modo» deve essere considerata applicabile alla direttiva 2012/13.

39      Da tali considerazioni deriva, in primo luogo, che due elementi sono richiesti affinché una situazione rientri nell’ambito di applicazione di tali direttive. È infatti necessario, da un lato, che le autorità nazionali competenti sospettino che la persona interessata abbia commesso un reato o sia perseguita penalmente a tale titolo, e, dall’altro, che un’informazione al riguardo gli sia fornita da tali autorità mediante una notifica ufficiale o in altro modo.

40      Ai fini dell’applicazione delle direttive 2012/13 e 2013/48, occorre quindi che dette autorità si accertino che la persona interessata sia al corrente del fatto che essa è sospettata di aver commesso un reato o che è sottoposta a procedimento penale per tale motivo.

41      In secondo luogo occorre rilevare che, al fine di garantire il corretto svolgimento di un’indagine penale, le autorità nazionali competenti devono disporre di un certo margine di discrezionalità nella scelta del momento in cui informano la persona interessata di essere indagata o imputata per un reato, a condizione, tuttavia, che non vi sia un ritardo eccessivo nella comunicazione di tale informazione, che impedirebbe alla persona interessata di esercitare in modo effettivo i suoi diritti della difesa, che le direttive 2012/13 e 2013/48 mirano a tutelare.

42      Nel caso di specie, il giudice del rinvio spiega che l’oggetto del procedimento principale riguarda una domanda del procuratore della Rayonna prokuratura Lovech, teritorialno otdelenie Lukovit (Procura distrettuale di Lovech, antenna territoriale di Lukovit) diretta ad ottenere l’approvazione, a posteriori, di una perquisizione personale su AB e di una confisca delle sostanze illecite scoperte in occasione di tale perquisizione. Quest’ultima è stata disposta ed effettuata a seguito dell’ammissione, da parte di tale persona, dinanzi ad agenti di polizia, di essere in possesso di dette sostanze.

43      Qualora una persona, quale AB, formuli questo tipo di ammissioni dinanzi agli agenti di polizia, essa si espone ad essere considerata sospettata di un reato. Qualora, traendo le conseguenze da tale ammissione, questi agenti procedano alla perquisizione personale della persona interessata e alla confisca di ciò che essa ha dichiarato di detenere, tali atti, da un lato, dimostrano che tale persona è ormai sospettata da parte di un’autorità competente e, dall’altro, informano, implicitamente ma inevitabilmente, detta persona di tale sospetto. In circostanze del genere, le due condizioni di applicazione delle direttive 2012/13 e 2013/48 risultano soddisfatte.

44      A tal riguardo appaiono irrilevanti, ai fini dell’applicazione delle direttive predette, da un lato, il fatto che il diritto dello Stato membro interessato non preveda che una persona possa rivestire la qualità di «indagato» e, dall’altro, il fatto che AB non sia stato ufficialmente informato della circostanza che egli riveste la qualità di «imputato». Infatti, l’ambito di applicazione delle direttive 2012/13 e 2013/48 deve essere interpretato in modo uniforme in tutti gli Stati membri e non può quindi dipendere dalle accezioni variabili che i diritti di tali Stati attribuiscono alle nozioni di «indagato» e di «imputato» né dalle condizioni alle quali si acquisiscono tali qualificazioni in base ai citati diritti.

45      Pertanto, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13 e l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 devono essere interpretati nel senso che tali direttive si applicano a una situazione in cui una persona, sulla quale esistono informazioni secondo cui essa è in possesso di sostanze illecite, è sottoposta a perquisizione personale nonché a una confisca di tali sostanze. Il fatto che il diritto nazionale non contempli la nozione di «indagato» e che tale persona non sia stata ufficialmente informata del fatto di rivestire la qualità di «imputato» è al riguardo irrilevante.

 Sulla quarta questione

46      Con la sua quarta questione, che occorre trattare prima della terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, letti alla luce degli articoli 47 e 48 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale il giudice investito, in forza del diritto nazionale applicabile, di una domanda di autorizzazione a posteriori di una perquisizione personale e della confisca di sostanze illecite che ne è seguita, eseguite nell’ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, non è competente a esaminare se i diritti dell’indagato o dell’imputato, garantiti da tali direttive, siano stati rispettati in tale occasione.

47      Nel caso di specie, il giudice del rinvio precisa che, sebbene, conformemente all’articolo 164, paragrafo 3, del codice di procedura penale, la perquisizione personale effettuata nell’ambito della fase istruttoria del procedimento penale debba essere sottoposta a un controllo giurisdizionale a posteriori, tale controllo verte, secondo la giurisprudenza nazionale pertinente, solo sui requisiti formali da cui dipende la legittimità di tale misura e del sequestro che ne è risultato, e non consente al giudice competente di esaminare il rispetto dei diritti garantiti dalle direttive 2013/48 e 2012/13.

48      Occorre ricordare che, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, gli Stati membri assicurano che le persone indagate o imputate o i loro avvocati abbiano il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l’eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla presente direttiva o l’eventuale mancata comunicazione delle stesse.

49      Tenuto conto dell’importanza del diritto a un ricorso effettivo, tutelato dall’articolo 47 della Carta, e del testo chiaro, incondizionato e preciso dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, quest’ultima disposizione osta a qualsiasi misura nazionale che ostacoli l’esercizio di mezzi di ricorso effettivi in caso di violazione dei diritti tutelati da tale direttiva (sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C‑467/18, EU:C:2019:765, punto 57).

50      La stessa interpretazione si impone per quanto riguarda l’articolo 12 della direttiva 2013/48, secondo cui «gli indagati e imputati in un procedimento penale (…) dispong[o]no di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla presente direttiva» (sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C‑467/18, EU:C:2019:765, punto 58).

51      Ne consegue che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 obbligano gli Stati membri a garantire il rispetto del diritto a un processo equo e dei diritti della difesa, sanciti rispettivamente all’articolo 47 e all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, prevedendo un mezzo di ricorso effettivo che consenta a qualsiasi indagato o imputato di adire un giudice incaricato di esaminare se i diritti che trae da tali direttive non siano stati violati.

52      Ciò premesso, l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 dispongono che il diritto di far accertare le eventuali violazioni di tali diritti è concesso, rispettivamente, secondo «le procedure del diritto nazionale» e «ai sensi del diritto nazionale». Tali disposizioni non stabiliscono quindi né le modalità secondo le quali le violazioni di detti diritti devono poter essere fatte valere, né il momento, nel corso del procedimento penale, in cui ciò può essere fatto, lasciando così agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nel determinare le procedure specifiche che saranno applicabili al riguardo.

53      L’intenzione del legislatore dell’Unione di riconoscere un siffatto margine di discrezionalità viene confermata dai considerando delle direttive 2012/13 e 2013/48. Così, da un lato, al considerando 36 della direttiva 2012/13, si afferma che il diritto di contestare il rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni richieste ai sensi di tale direttiva o l’eventuale mancata comunicazione di certi documenti «non comporta, per gli Stati membri, l’obbligo di prevedere una specifica procedura di impugnazione, un meccanismo separato o una procedura di ricorso con cui impugnare la mancanza o il rifiuto suddetti». D’altro canto, il considerando 50 della direttiva 2013/48 afferma, in sostanza, che l’obbligo degli Stati membri di garantire il rispetto dei diritti della difesa e l’equità del procedimento fa salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove e non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere un sistema in base al quale possono essere prodotte davanti a un giudice tutte le prove esistenti «senza che vi sia una valutazione distinta o preliminare dell’ammissibilità di tali prove».

54      Peraltro, gli articoli 47 e 48 della Carta non ostano a che gli Stati membri non siano così tenuti a istituire mezzi di ricorso autonomi che gli indagati o gli imputati possano presentare per tutelare i diritti loro conferiti dalle direttive 2012/13 e 2013/48. Infatti, per costante giurisprudenza, il diritto dell’Unione, ivi incluse le disposizioni della Carta, non produce l’effetto di obbligare gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli contemplati dal diritto interno, a meno che, tuttavia, dall’impianto sistematico dell’ordinamento giuridico nazionale in questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (v., in questo senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

55      Ne consegue che il diritto dell’Unione non osta a che uno Stato membro limiti alla loro legittimità formale il controllo giurisdizionale delle misure coercitive di raccolta delle prove relative a un reato se, successivamente, nell’ambito del processo penale, il giudice del merito è in grado di verificare che i diritti dell’imputato, di cui alle direttive 2012/13 e 2013/48, lette alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, siano stati rispettati.

56      Nel caso di specie, il giudice del rinvio spiega che da una giurisprudenza nazionale costante risulta che le informazioni raccolte presso persone che sono state interrogate in qualità di testimoni della propria condotta illecita non possono essere utilizzate come elementi di prova, in quanto tali persone sono in realtà indagate.

57      Come indicato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, tale giurisprudenza sembra permettere, almeno in taluni casi, di escludere informazioni ed elementi di prova ottenuti in violazione delle prescrizioni del diritto dell’Unione, nel caso di specie dell’articolo 3 della direttiva 2012/13, relativo alla comunicazione all’indagato dei suoi diritti, e dell’articolo 3 della direttiva 2013/48, relativo al diritto di avvalersi di un difensore.

58      Non è tuttavia possibile, sulla sola base del fascicolo di cui dispone la Corte, stabilire se, nel caso di specie, le disposizioni nazionali pertinenti siano conformi ai requisiti menzionati al punto 55 della presente sentenza. A tal fine, occorrerebbe che il giudice del rinvio si assicurasse che, qualora, nell’ambito di un processo penale, l’accusato o l’imputato deduca irregolarità nel procedimento, connesse a violazioni dei diritti derivanti da una di queste due direttive, il giudice di merito sia sempre in grado di accertare tali irregolarità e sia tenuto a trarre tutte le conseguenze che derivano da tali violazioni, in particolare per quanto riguarda l’irricevibilità o il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.

59      Nell’ipotesi in cui il giudice di merito non abbia la possibilità di procedere a tale constatazione e di trarre le conseguenze di tali violazioni, occorre ricordare la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale, al fine di garantire l’effettività dell’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione, il principio del primato impone, in particolare, ai giudici nazionali di interpretare, per quanto possibile, il loro diritto interno in modo conforme al diritto dell’Unione [sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C‑205/20, EU:C:2022:168, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

60      Qualora non si possa procedere ad un’interpretazione conforme, e tenuto conto del fatto che, come emerge dai punti da 49 a 51 della presente sentenza, l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 producono effetto diretto, il principio del primato impone al giudice nazionale che è incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, tali disposizioni del diritto dell’Unione, l’obbligo di garantire la piena efficacia delle prescrizioni di tale diritto nell’ambito della controversia di cui è investito, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa nazionale, anche successiva, contraria a tali disposizioni, senza dover chiedere o attendere la previa rimozione di tale normativa nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale [v., in questo senso, sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem), C‑435/22 PPU, EU:C:2022:852, punto 108 e giurisprudenza ivi citata].

61      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, letti alla luce degli articoli 47 e 48 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una giurisprudenza nazionale secondo la quale il giudice investito, in forza del diritto nazionale applicabile, di una domanda di autorizzazione a posteriori di una perquisizione personale e della conseguente confisca di sostanze illecite, disposte nell’ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, non è competente ad esaminare se i diritti dell’indagato o dell’imputato, garantiti dalle citate direttive, siano stati rispettati in tale occasione, purché, da un lato, detta persona possa far constatare in seguito, dinanzi al giudice investito del merito della causa, un’eventuale violazione dei diritti derivanti da tali direttive e, dall’altro, tale giudice sia allora tenuto a trarre le conseguenze da una siffatta violazione, in particolare per quanto riguarda l’irricevibilità o il valore probatorio degli elementi di prova ottenuti in tali condizioni.

 Sulla terza questione

62      La terza questione pregiudiziale riguarda l’interpretazione dei principi di legalità e di divieto dell’esercizio arbitrario del potere nonché dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2013/48 nell’ambito di una normativa nazionale in forza della quale solo le persone cui sia stato formalmente attribuito lo status di «imputato» godono dei diritti derivanti da tale direttiva, laddove il momento del collocamento in tale status è lasciato alla discrezionalità dell’autorità inquirente.

63      Conformemente a una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra le giurisdizioni nazionali e la Corte, istituita all’articolo 267 TFUE, quest’ultima è tenuta a fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, da una parte, riformulare le questioni sottopostele (v., in questo senso, sentenza del 24 marzo 2023, Direktor na Teritorialno podelenie na Natsionalnia osiguritelen institut-Veliko Tarnovo, C‑30/22, EU:C:2023:259, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

64      Dall’altra parte, spetta alla Corte ricavare dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e segnatamente dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione in considerazione dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale [v., in questo senso, sentenza del 1°agosto 2022, TL (Assenza di interprete e di traduzione), C‑242/22 PPU, EU:C:2022:611, punto 37 nonché giurisprudenza ivi citata].

65      Orbene, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la controversia nel procedimento principale riguarda una domanda di approvazione a posteriori, da parte di un giudice, di una perquisizione personale e della confisca di beni illeciti che ne è seguita, eseguite nell’ambito della fase istruttoria di un procedimento penale e che, al fine di fornire una risposta utile alla terza questione, occorre, in realtà, esaminare, in un caso del genere, la portata e la natura del diritto di avvalersi di un difensore, previsto all’articolo 3 della direttiva 2013/48.

66      Pertanto, occorre considerare che, con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3 della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede che un indagato o imputato possa essere sottoposto, nell’ambito della fase istruttoria di un procedimento penale, a una perquisizione personale e alla confisca di beni illeciti, senza che tale persona goda del diritto di avvalersi di un difensore.

67      A norma dell’articolo 1, la direttiva 2013/48 stabilisce norme minime relative, tra l’altro, al diritto di indagati e imputati in procedimenti penali di avvalersi di un difensore e di informare un terzo al momento della privazione della libertà.

68      A tal riguardo, l’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva obbliga gli Stati membri ad assicurare che gli indagati e imputati abbiano diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere loro di esercitare i loro diritti della difesa in modo concreto ed effettivo.

69      Tale regola di principio è precisata al paragrafo 2 del medesimo articolo 3, il quale prevede che detto accesso debba poter essere ottenuto «senza indebito ritardo» e, in ogni caso, a partire dal primo dei quattro momenti specifici elencati alle lettere da a) a d) di tale paragrafo 2.

70      Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2013/48 dispone che gli indagati e imputati hanno diritto almeno alla presenza del loro difensore agli atti di indagine o di raccolta delle prove di cui a tale disposizione, ove tali atti siano previsti dal diritto nazionale e all’indagato o imputato sia richiesto o permesso di esservi presente.

71      Orbene, occorre rilevare che la perquisizione personale e la confisca di sostanze illecite non si annoverano tra gli eventi menzionati all’articolo 3, paragrafo 2, lettere da a) a d), e paragrafo 3, lettera c), di tale direttiva.

72      In particolare, per quanto riguarda, in primo luogo, il diritto degli indagati o imputati, previsto all’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/48, di avvalersi di un difensore prima che siano interrogati dalla polizia o da un’altra autorità di contrasto o giudiziaria, occorre sottolineare come, dal considerando 20 della direttiva 2013/48 risulti che, secondo l’intenzione del legislatore dell’Unione, le domande preliminari poste dalla polizia e finalizzate, inter alia, a determinare se le indagini debbano essere avviate, ad esempio, nel corso di un controllo su strada, non costituiscono un «interrogatorio» ai sensi di tale direttiva e, pertanto, non sono contemplate dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima nel senso di conferire in ogni caso agli indagati e agli imputati il diritto di avvalersi di un difensore.

73      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il diritto degli indagati o imputati, previsto all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2013/48, di avvalersi di un difensore «senza indebito ritardo» a partire dalla privazione della libertà personale, occorre sottolineare che tale diritto non implica necessariamente che l’accesso a un difensore si concretizzi immediatamente, vale a dire nel momento stesso di tale privazione della libertà personale.

74      A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 6 della CEDU, cui fa riferimento il considerando 12 della direttiva 2013/48, risulta che, per quanto riguarda il diritto all’assistenza di un difensore, ai sensi del paragrafo 3, lettera c), di tale articolo 6, una perquisizione effettuata nel corso di un controllo stradale, e che ha dato luogo a dichiarazioni autoincriminanti, non comporta alcuna restrizione significativa alla libertà d’azione dell’interessato che basti per rendere obbligatoria l’assistenza legale a partire da tale fase del procedimento (v., in questo senso, Corte europea dei diritti dell’uomo, 18 febbraio 2010, Zaichenko c. Russia, CE:

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi