Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-05-06, n. 202103530
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Pubblicato il 06/05/2021
N. 03530/2021REG.PROV.COLL.
N. 09401/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9401 del 2020, proposto dalla società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G F, F G, F M, L V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
-OMISSIS- non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno in cui si incardina, quale organo periferico, l’Ufficio Territoriale del Governo Ravenna, nonché dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2021, svolta in modalità da remoto, il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società -OMISSIS-, esercente l’attività di installazione di apparecchi da intrattenimento con vincite in denaro e gestione di sale giochi, ha impugnato, in primo grado, il provvedimento, assunto in data 11 dicembre 2017, con il quale l’U.T.G. – Prefettura di Ravenna ha adottato una comunicazione interdittiva antimafia ex art. 88, comma 3, del D. Lgs. n. 159 del 2011, nonché gli atti consequenziali assunti da altre Amministrazioni e segnatamente:
a) la comunicazione con cui l’AAMS Ufficio dei Monopoli per l’Emilia – Romagna, ha avviato in data 18 dicembre 2017 il procedimento di decadenza dall'iscrizione nell’elenco degli operatori di cui alla L. n. 220 del 2010;
b) la comunicazione con cui -OMISSIS-, ha avviato il procedimento relativo al divieto di prosecuzione dell’attività da essa esercitata;
c) la determina con cui la Camera di Commercio di Ravenna ha adottato, in data 8 gennaio 2018, il divieto alla società di proseguire l’attività di commercio all’ingrosso.
1.1. Con il medesimo ricorso veniva, altresì, azionata la pretesa risarcitoria per i danni consequenziali.
2. All’esito del giudizio di prime cure il TAR, dopo aver ricostruito l’assetto societario e le cointeressenze con altre società riconducibili al gruppo -OMISSIS-, con la sentenza n. -OMISSIS-, qui appellata, ha ritenuto il provvedimento gravato immune dalle censure sollevate, concludendo nel senso che i “…rapporti di parentela e di frequentazione con figure di spicco della criminalità organizzata sono da ritenersi idonei a sostenere in via autonoma la verosimiglianza dell’ipotesi di contiguità “compiacente” e dunque di connivenza, desumibile dai rapporti e dagli incarichi societari, che denotano un chiaro ed evidente intreccio di interessi economici… ”, con conseguente accertata permeabilità della società ricorrente da più che possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata.
3. Nelle more la società, su sua richiesta, veniva sottoposta alla misura del controllo giudiziario ex art. 34 bis del d. lgs 159/2001, avanzando poi, in data 2 luglio 2020, istanza di revoca anticipata della detta misura di prevenzione nonché richiesta di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del medesimo D.Lgs. 159/2011.
3.1. La revoca veniva disposta con decreto del Tribunale di Bologna n. -OMISSIS- e ad essa faceva seguito la liberatoria prefettizia del 9 novembre 2020.
4. Avverso la sentenza di primo grado, con il mezzo qui in rilievo, la società appellante, dopo aver ribadito la persistenza dell’interesse ad agire anche a fini risarcitori, deduce che:
a) con la sentenza appellata, il TAR si sarebbe limitato a recepire pedissequamente i contenuti dell’interdittiva antimafia senza scrutinare le censure articolate in prime cure e, segnatamente, le circostanze di fatto di seguito esposte:
- non vi sono condanne per “mafia” (né come singolo, tanto meno in concorso) a carico dei rappresentanti di -OMISSIS-;
- nessuno dei soggetti riconducibili alla detta società è stato ritenuto associato e/o affiliato ad associazioni mafiose;
- non è mai stato ravvisato un intervento della società in questione volto all’agevolazione di associazioni mafiose o criminali;
- non sarebbe stata individuata nessuna scelta, alcun atto e, men che meno, alcun tentativo riflesso di condizionamenti mafiosi;
- non sarebbero sufficienti “contatti” con soggetti terzi ove sporadici, fortuiti e giustificabili;
- in particolare, contrariamente a quanto affermato in sentenza, non esisterebbe nessun collegamento personale e aziendale tra le società -OMISSIS-. Inoltre, la stessa -OMISSIS- avrebbe ceduto tutte le quote societarie già detenute in -OMISSIS-fin dall’aprile 2013 ed allo stesso modo la --OMISSIS-avrebbe ceduto le proprie quote fin dall’aprile 2014;
- il sig. --OMISSIS-non avrebbe mai ricoperto alcun ruolo o mansione di amministrazione all’interno di -OMISSIS- o di -OMISSIS- né sarebbe “finanziatore” di fatto di quest’ultima;
- i precedenti del sig. -OMISSIS-- sarebbero riferiti ad episodi delittuosi oramai datati (2000) ed estinti, ed, inoltre, il predetto avrebbe beneficiato della riabilitazione;
- non sarebbe conferente la partecipazione del sig. -OMISSIS-- ad una riunione del Consiglio di Amministrazione di -OMISSIS- convocata per la nomina delle cariche sociali, non avendo effettuato in quella sede alcun intervento ed essendo stato invitato semplicemente come uditore;
- parimenti inconferente sarebbe la presenza, all’interno del -OMISSIS-, dei sig.ri ---OMISSIS-, quest’ultimo connivente con ambienti malavitosi riconducibili alla mafia (Clan -OMISSIS-), alla camorra (clan -OMISSIS-) e alla ‘ndrangheta (clan -OMISSIS-) trattandosi di dato “superato” poiché risalente nel tempo (2013) ed irrilevante in quanto maturato all’interno di un organismo che, composto da circa 160 soci, sarebbe diretta emanazione dell’associazione -OMISSIS- ed al quale mettevano capo le società di settore mantenendo la propria autonomia senza che i soci del -OMISSIS- si conoscessero;
- parimenti irrilevanti sarebbero le argomentazioni che impingono nella posizione del sig. -OMISSIS-, venendo in rilievo segnalazione risalenti al 2013 e, comunque, relative ad irregolarità qui irrilevanti (violazioni del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza di scarsa importanza);
- parimenti infondata sarebbe la valorizzazione dei presunti rapporti con la famiglia-OMISSIS- non sarebbe legata nemmeno indirettamente alla società appellante su cui non avrebbe mai avuto alcuna influenza. All’epoca dei fatti la società -OMISSIS- sarebbe entrata casualmente in contatto con i predetti soggetti e, comunque, sarebbe stato peraltro impossibile per il signor -OMISSIS- non confidare nella sussistenza dei requisiti morali in capo ai sunnominati soggetti atteso l’esito positivo delle verifiche all’epoca espletate dalle competenti Autorità amministrative. In ogni caso, una volta appresa la delicata situazione familiare della famiglia -OMISSIS-, a seguito del provvedimento di rigetto della autorizzazione ex art. 88 TULPS emesso dalla Questura di Biella in data 8 ottobre 2012, si sarebbe proceduto immediatamente alla risoluzione di qualsivoglia relazione commerciale e contrattuale intercorrente con i predetti soggetti;
b) infondata sarebbe anche la contestazione incentrata su presunti collegamenti con il clan dei -OMISSIS- dal momento che la società Romagna sarebbe tra le pochissime aziende del settore a non avere mai acquistato le schede falsificate fabbricate da aziende riferibili al suddetto clan.
4.1. Resiste l’Amministrazione intimata.
4..2. All’udienza dell’8.4.2021, l’appello è stato trattenuto in decisione.
4.3. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
5. Vale premettere che le misure qui in rilievo sono volte, in chiave preventiva, a neutralizzare i fattori distorsivi che nell’economia nazionale in genere e nei rapporti con la Pubblica amministrazione, in particolare, possono generare la presenza e l’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato.
Si tratta di strumenti che si pongono a presidio di valori di rango costituzionale rivelandosi strettamente funzionali alla salvaguardia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e che, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso, sono opportunamente calibrati sull’utilizzo di tecniche di tutela anticipata oltre che costruiti su un catalogo di situazioni sintomatiche aperto al costante aggiornamento indotto dalla realtà empirica.
5.1. Come di recente evidenziato da questo Consiglio, in Adunanza Plenaria, il provvedimento di cd. "interdittiva antimafia", di natura cautelare e preventiva, determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Consiglio di Stato ad. plen., 06/04/2018 , n. 3).
In tal modo l’ordinamento, dunque, esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come "affidabile") e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora (…) essere destinatario di "contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate" (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 06/04/2018, n. 3).
5.2. Nella declinazione applicativa che questa Sezione ha fatto dell’istituto in commento la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata.
Come ancora di recente questa Sezione ha chiarito (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 05/09/2019, n.6105) il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere "più probabile che non", appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758;Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).
5.3. La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 57 del 2020 (decisione del 29.01.2020 depositata il 26.03.2020), ha recentemente affermato la legittimità costituzionale del provvedimento di interdittiva anche quando incida su attività d'impresa di natura esclusivamente privata, trattandosi di misura giustificata dall'estrema pericolosità del fenomeno mafioso, in grado di compromettere la concorrenza, la dignità e la libertà umana. In tale sede il giudice delle leggi ha riconosciuto il merito del giudice amministrativo di aver dato vita in questa specifica materia ad un sistema che la Corte definisce di «tassatività sostanziale». La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, progressivamente definito un nucleo oramai consolidato di situazioni-tipo, sintomatiche ed indiziarie della ricorrenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, e in grado di sviluppare e completare il dettato legislativo (il riferimento è, tra l'altro, alle sentenze del giudice penale, anche di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa;la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d.lgs. n. 159 del 2011;i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”;i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa;la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”;l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità).
5.4. A tale approdo deve giungersi all’interno di una necessaria visione di insieme: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. (Consiglio di Stato, sez. III, 13/04/2018, n. 2231, Consiglio di Stato, sez. III, 18/04/2018, n. 2343;30 marzo 2018, n. 2031;7 febbraio 2018, n. 820;20 dicembre 2017, n. 5978;12 settembre 2017, n. 4295;dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 6 aprile 2018, n. 3).
6. Orbene, in applicazione delle suindicate coordinate, deve ritenersi che i provvedimenti impugnati in prime cure, lungi dall’essere frutto di un’acritica ed irragionevole applicazione della normativa antimafia, riposano su una molteplicità di elementi contraddistinti da sufficiente valore indiziante, tali da consentire di sussumere la fattispecie qui in rilievo nelle esemplificazioni qualificate ricadenti nel nucleo di tassatività sostanziale elaborato dalla giurisprudenza sì da riscontrare, nell’ambito di una necessaria visione di insieme, il principio della probabilità cruciale in virtù del quale il ritenuto rischio di infiltrazione mafiosa si rivela “più probabile che non”.
7. Nonostante l’abile difesa dell’appellante non possono essere sottaciuti quali obiettivi fattori di rischio i rapporti di cointeressenza ben lumeggiati nel provvedimento interdittivo e rimarcati nella decisione di primo grado.
7. 1. Ed, invero, in prima battuta va qui posto in evidenza come la società " --OMISSIS- ", interamente di proprietà della "--OMISSIS-.", si inserisca in un arcipelago di ulteriori aziende che mettono capo, attraverso una rete di partecipazioni societarie, al gruppo -OMISSIS-, riflettendo una vocazione essenzialmente familiare sia quanto ad assetto societario che gestorio ed il cui riferimento resta --OMISSIS-, persona gravata da numerosi e gravi pregiudizi penali riferiti ai reati p. e p. dagli artt. 320 c.p. (corruzione di incaricato di pubblico servizio), 374 c.p. (frode processuale), 416 c.p. (associazione per delinquere), 486 c.p. (falso in atto privato), 582 c.p. (lesione personale), 611 c.p. (violenza o minaccia per costringere a commettere un reato), 629 c.p. (estorsione), 640 c.p. (truffa) 648 c.p. (ricettazione), 718 e 719 c.p. (esercizio di giochi d’azzardo con aggravanti).
Nella dinamica delle cointeressenze del suindicato gruppo societario e del relativo vissuto aziendale sono emersi contatti qualificati con soggetti ed aziende attivi nell’ambito del medesimo segmento di mercato e rispetto ai quali sono stati nel tempo accertati obiettivi e strutturati legami con ambienti della criminalità organizzata.
Segnatamente, attraverso la partecipazione al capitale del gruppo -OMISSIS- soc. coop a r.l. il gruppo -OMISSIS-, e per esso dunque anche la società -OMISSIS-, hanno legato la propria iniziativa imprenditoriale alle società -OMISSIS- (parte delle quote di dette società venivano costituite in pegno in favore della -OMISSIS-, i cui rapporti con la mafia siciliana, camorra casertana e ndrangheta calabrese sono stati puntualmente ricostruiti anche sulle scorta delle operazioni giudiziarie che lo hanno coinvolto.
Il -OMISSIS-, oltretutto, risulta essere stato consigliere e componente del comitato esecutivo del -OMISSIS-, dove siedono, quali consigliere membro del comitato esecutivo e consigliere -OMISSIS-- e di cui precedentemente aveva fatto parte anche il --OMISSIS-.
Né può essere svilita la circostanza di indubbio rilievo sintomatico, descritta nell’inibitoria prefettizia e posta in evidenza anche nell’ordito decisorio qui in contestazione, rappresentata dalla partecipazione del -OMISSIS- ad una riunione del Consiglio di Amministrazione di -OMISSIS- convocata per la nomina delle cariche sociali, ancorché quest’ultimo non avesse alcun titolo né carica sociale per parteciparvi.
Non avendo tale evento altra plausibile spiegazione logica è corretto qualificarlo come una plastica conferma della significativa influenza esercitata dal -OMISSIS- all’interno della suddetta compagine.
Su altro versante, è stato ricostruito un ulteriore collegamento con ambienti ascrivibili alla criminalità organizzata, attraverso la -OMISSIS- sempre riconducibile al gruppo -OMISSIS-, ed a sua volta colpita da interdittiva antimafia.
E’, invero, emerso che la gestione di una sala -OMISSIS-avrebbe dovuto essere affidata congiuntamente a due società -OMISSIS- e -OMISSIS-quest’ultima riconducibile a stretti congiunti (-OMISSIS-) di soggetti gravati da precedenti ed inseriti in consorterie mafiose e con i quali intessevano anche solidi ed abituali rapporti economici (commerciali ovvero di dipendenza). Risultano accertati anche rapporti diretti tra tali soggetti e dipendenti della -OMISSIS-(ad esempio frequentazioni di -OMISSIS-- e frequentazioni con -OMISSIS-).
7.2. A fronte delle divisate emergenze, non possono di certo ritenersi decisive le argomentazioni attoree che impingono nella incensuratezza dell’attuale managment.
E, invero, come già sopra evidenziato, il provvedimento prefettizio ha efficacemente colto la peculiarità aziendale dell’odierna appellante che si inserisce in un più ampio gruppo all’interno del quale inevitabilmente perde significato il singolo vissuto soggettivo che resta assorbito nella regia familiare riconducibile alla figura di -OMISSIS--, non potendo di certo il subentro dei figli ritenersi espressione di un chiaro, affidabile e duraturo mutamento di condotta segnato, cioè, da un processo di irreversibile discontinuità con il recente passato.
D’altro canto, lo stato di incensuratezza in sé della persona fisica socio cui formalmente è riconducibile il capitale sociale, nel contesto del diritto della prevenzione, non può essere ritenuto dirimente.
Si è già evidenziato che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere "più probabile che non", appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (Consiglio di Stato sez. III, 05/09/2019, n.6105, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758;Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).
Né contrariamente a quanto dedotto, può ritenersi necessaria una prova della concreta dimostrazione della organicità con specifici clan malavitosi ovvero di un contributo causale alla complessiva azione criminosa.
Questa Sezione ha più volte evidenziato che lo stesso legislatore - art. 84, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 - ha riconosciuto quale elemento fondante l'informazione antimafia la sussistenza di " eventuali tentativi " di infiltrazione mafiosa " tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate ". Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell'impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori. Ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali - secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale - sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;d'altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (Cons. St., sez. III, n. 758 del 2019;18 aprile 2018, n. 2343).
Allo stesso modo, nemmeno può ritenersi decisiva l’affermata buona fede del signor -OMISSIS- nella gestione dell’operazione che avrebbe dovuto legare la -OMISSIS- alla -OMISSIS-avendo egli fatto affidamento sulla sussistenza dei requisiti morali in capo ai propri partners.
Ciò che si rivela dirimente è, infatti, l’esistenza del fattore di rischio in sé indipendentemente dalla possibilità di muovere uno specifico addebito al singolo imprenditore che, in teoria, potrebbe anche solo subire gli effetti di un condizionamento mafioso. E’ sufficiente notare che anche soggetti semplicemente conniventi con la mafia, per quanto non concorrenti, nemmeno esterni, con siffatta forma di criminalità, e persino imprenditori soggiogati dalla sua forza intimidatoria e vittime di estorsioni, sono passibili di informativa antimafia atteso che la mafia, per condurre le sue lucrose attività economiche nel mondo delle pubbliche commesse, non si avvale solo di soggetti organici o affiliati ad essa, ma anche e sempre più spesso di soggetti compiacenti, cooperanti, collaboranti, nelle più varie forme e qualifiche societarie, sia attivamente - per interesse, economico, politico o amministrativo - che passivamente, per omertà o, non ultimo, per il timore della sopravvivenza propria e della propria impresa (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 14/02/2018, n.965).
La valenza indiziaria delle circostanze sopra richiamate nemmeno può ritenersi elisa, con la pretesa automaticità, per effetto della dismissione delle quote di partecipazione nel gruppo -OMISSIS- tra il 2013 ed il 2014, fermo restando che le certificazioni (relative a --OMISSIS-.) prodotte dall’appellante in primo grado annotano, tra i trasferimenti di proprietà e godimento dell’azienda, una compravendita del 27.7.2017.
I fatti sui quali si fonda l'interdittiva antimafia possono anche essere risalenti nel tempo, nel caso in cui vadano a comporre un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. Infatti, il mero decorso del tempo, di per sé solo, non implica la perdita del requisito dell'attualità del tentativo di infiltrazione mafiosa e la conseguente decadenza delle vicende descritte in un atto interdittivo, né l'inutilizzabilità di queste ultime quale materiale istruttorio per un nuovo provvedimento, donde l'irrilevanza della risalenza dei dati considerati ai fini della rimozione della disposta misura ostativa, occorrendo, piuttosto, che vi siano tanto fatti nuovi positivi, quanto il loro consolidamento, così da far virare in modo irreversibile l'impresa dalla situazione negativa alla fuoriuscita definitiva dal cono d'ombra della mafiosità (Cons. Stato Sez. III, 02/01/2020, n. 2;Cons. Stato Sez. III, 02/05/2019, n. 2855).
Tanto è sufficiente per la reiezione dell’appello.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.