Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-02-22, n. 201001017

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-02-22, n. 201001017
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001017
Data del deposito : 22 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06404/2009 REG.RIC.

N. 01017/2010 REG.DEC.

N. 06404/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 6404 del 2009, proposto da:
Euro &
Promos Group s.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati R A e A P, con domicilio eletto presso l’Avv. A P in Roma, via Luigi R. Brichetti, n.10;

contro

Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati U C, R M, F M e D M, con domicilio eletto presso l’Avv. R M in Roma, via dei Monti Parioli, n.48;

nei confronti di

S.A.C.B.O.. Società per l'Aeroporto Civile di Bergamo - Orio al Serio S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Bertacchi e Stefano Di Meo, con domicilio eletto presso l’Avv. Stefano Di Meo in Roma, via G. Pisanelli, n. 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA :SEZIONE II, n. 1499/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO DI PULIZIA AMBITO AEROPORTUALE.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della soc. Dussmann Service a r.l. e della soc. S.A.C.B.O. - Società per l'Aeroporto Civile di Bergamo - Orio al Serio S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2009 il consigliere. C C e uditi per le parti gli avvocati Piazza e Marini per se e per delega dell’Avv. Corea;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società Euro &
Promos Group s.c.p.a. (d’ora innanzi: ‘la soc. E&P’) riferisce di aver partecipato alla gara di appalto bandita nel dicembre del 2008 dalla S.A.C.B.O. (società per l’aeroporto civile di Bergamo – Orio al Serio) S.p.A. per l’affidamento del servizio di pulizia e del servizio di gestione dei carrelli portabagagli, da espletarsi per un periodo di tre anni presso l’aeroporto in questione.

All’esito della procedura di gara, l’appalto veniva aggiudicato all’odierna appellante - classificatasi al primo posto - mentre la soc. Dussmann Service a r.l. (d’ora innanzi: ‘la soc. DS’) si classificava in seconda posizione.

Risulta agli atti che, con ricorso notificato in data 23 giugno 2009, la soc. DS ebbe a contestare la legittimità degli esiti della gara osservando – in particolare – che l’Amministrazione aggiudicatrice avrebbe omesso di valutare la non conformità delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante dell’aggiudicataria rispetto al paradigma legale di cui all’art. 38, comma. 1, lett. c) del d.lgs. 163 del 2006.

Ed ancora, la ricorrente in primo grado contestava la legittimità degli atti con cui era stata disposta l’ammissione alla gara della controinteressata per carenza di motivazione in ordine alle ragioni che avevano consentito la sua ammissione.

Con la pronuncia oggetto dell’odierno gravame, il Tribunale adito accoglieva il ricorso in relazione al motivo secondo cui l’aggiudicataria soc. E&P avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per avere il suo legale rappresentante reso una dichiarazione ai fini della partecipazione alla gara non conforme alle previsioni di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) del d.lgs. 163 del 2006

Secondo i primi giudici, in particolare, “i motivi di ricorso fanno centro sulla violazione dell’art. 38 comma 1 lettera c) del codice dei contratti, che com’è noto impone, a pena di esclusione dalla gara, di rendere dichiarazione relativa alla sussistenza o insussistenza di pregiudizi penali a carico di tutti i soggetti che rappresentino la società, anche se cessati dalla carica nel precedente triennio. In particolare deduce la ricorrente che il direttore generale della aggiudicataria, certo B, avrebbe autocertificato il falso, dichiarando che non vi erano soggetti cessati nel triennio dalla carica di amministratori con poteri di rappresentanza (doc. 5 ricorrente, copia dichiarazione in merito) e che comunque non sarebbe stato prodotto il certificato penale di uno degli amministratori in carica, certo C C;

[il] ricorso in tal senso è fondato e va accolto. Risulta infatti documentalmente che nel triennio di riferimento era cessata dalla carica di amministratrice certa M T, che tanto costei quanto il citato C C erano titolari di poteri di rappresentanza della società, e che i certificati del casellario di costoro non erano stati prodotti ((cfr. doc. 8 ricorrente, visura CERVED), né per vero la circostanza è contestata dalle controparti (cfr. in part. l’ammissione a p. 1 della memoria della controinteressata 14 luglio 2009). Per altro verso, come ritenuto, fra le molte, da C.d.S. sez. V 12 giugno 2009 n°3742 citata anche dalla ricorrente, si tratta di adempimenti previsti effettivamente a pena di esclusione”.

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dalla soc. E&P, la quale ne deduceva l’erroneità e ne chiedeva l’integrale riforma articolando due motivi di doglianza:

1) Violazione dell’art. 38, comma 1, lettera c) e lettera h) del d.lgs. 163/2006 e successive modificazioni. – Violazione del disciplinare di gara – Difetto assoluto di motivazione – Difetto assoluto di istruttoria – Travisamento di fatto – Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione – Violazione dell’art. 45, par. 2 della direttiva 2004/18/CE;

2) (in subordine): sulla incompatibilità costituzionale e comunitaria dell’articolo 38, comma 1, lettera c) e lettera h) del d.lgs. 163/2006 e successive modificazioni. per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione e dell’art. 45, par. 2 della direttiva 2004/18/CE.

Si costituiva in giudizio la soc. DS, la quale concludeva nel senso dell’integrale reiezione del gravame.

In via subordinata (e solo per il caso in cui questo giudice di appello non ritenesse di accogliere le eccezioni relative all’infondatezza dei richiamati motivi di gravame) la società appellata proponeva a propria volta ricorso incidentale avverso il verbale di gara in data 25 marzo 2009, per la parte in cui esso statuiva che “dall’esame effettuato la Commissione rileva la completezza della documentazione presentata dai concorrenti”, senza motivare in alcun modo in ordine alle ragioni le quali inducevano a ritenere la completezza della documentazione presentata.

Al contrario, l’apodittica affermazione di congruità resa dalla Commissione si porrebbe ictu oculi in contrasto con il dato obiettivo della non conformità della documentazione prodotta con la pertinente disciplina (sotto tale aspetto, l’appellante incidentale rimanda alle ragioni che avrebbero dovuto indurre all’esclusione dalla gara della soc. E&P, secondo quanto statuito dagli stessi giudici di primo grado).

In ogni caso, la soc. DS proponeva appello incidentale in via principale (e non subordinata) avverso il capo della pronuncia relativo alla compensazione delle spese di lite, per la parte in cui essa era stata disposta a cagione della parziale soccombenza patita dalla stessa soc. DS in relazione all’istanza risarcitoria.

Nella tesi dell’appellante incidentale, il richiamato capo della pronuncia sarebbe erroneo per non aver tenuto conto del fatto che nessuna forma di soccombenza aveva riguardato la soc. DS, atteso che (nella tesi dello stesso T.A.R.) il ristoro in forma pecuniaria veniva escluso per la sola ragione che l’annullamento dell’aggiudicazione avrebbe comportato la certa aggiudicazione in favore della medesima ricorrente in primo grado, la quale avrebbe conseguito, in tale modo, una reintegrazione in forma specifica (i.e.: “la prima forma di tutela diretta” – ricorso incidentale, pag. 32 -).

All’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2009 i procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società di gestione di servizi aeroportuali avverso la sentenza del T.A.R. della Lombardia – Sezione staccata di Brescia- con cui è stata annullata l’aggiudicazione in favore di tale società della gara di appalto per la gestione di alcuni servizi presso lo scalo aeroportuale di Orio al Serio, per avere essa omesso, in sede di domanda di partecipazione, di rendere in modo integrale una delle dichiarazioni di cui all’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

2. Con il primo motivo di appello, la soc. E&P lamenta l’erroneità della prima pronuncia per la parte in cui ha ritenuto che il combinato disposto di cui al comma 1, lettera c) e del comma 2 dell’art. 38, d.lgs. 163 del 2006 comporti la necessaria esclusione dalla gara dell’impresa il cui legale rappresentante abbia reso una dichiarazione obiettivamente non corrispondente al vero in ordine alla presenza – nell’ambito della compagine sociale – di soggetti cessati dalla carica nel corso del triennio precedente, e ciò anche a prescindere dal se, in concreto, sussistessero in capo a tali soggetti pregiudizi di carattere penale tali da comportarne la complessiva inaffidabilità (in tal modo concretando le ragioni ostative di cui all’art. 38, co. 1, lett. c), cit.).

Nella tesi dell’appellante, in particolare:

- dal tenore testuale di cui all’art. 38 del c.d. ‘codice dei contratti’ (e, in particolare, dal raffronto sistematico fra i primi due commi di tale disposizione) non sarebbe in alcun modo evincibile la richiamata causa di esclusione dalla gara;

- l’art. 38, comma 1, lettera c) del d.lgs. 163 del 2006 prevede quale presupposto indefettibile per disporre l’esclusione dell’impresa dalla gara di appalto la sola circostanza relativa alla sussistenza, a carico degli amministratori muniti del potere di rappresentanza o del direttore tecnico (anche se cessati dalla carica) di precedenti penali per reati di obiettiva gravità. Al contrario, la disposizione in parola non prevede la conseguenza dell’esclusione quale mera conseguenza di irregolarità relative al momento dichiarativo di cui al successivo comma 2, in specie laddove (come nel caso di specie) i soggetti cui la dichiarazione si sarebbe dovuta riferire risultino effettivamente esenti da pregiudizi penali;

- la stessa lex specialis di gara non prevedeva in alcun modo che la dichiarazione relativa ai fatti e alle circostanze di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) del ‘codice’ fossero richieste a pena di esclusione;

- conseguentemente, il T.A.R. avrebbe omesso di valutare che, nel caso di specie, la contestata irregolarità in sede di dichiarazione non potesse in alcun modo supportare l’esclusione della soc. E&P dalla gara, anche in considerazione del principio di tassatività delle ipotesi di esclusione e del fatto che l’ipotesi di esclusione individuata dai primi giudici non era prevista né dalla disciplina primaria, né dalla lex specialis di gara;

- in relazione all’omessa dichiarazione relativa ai soci C C e B, non poteva configurarsi un’ipotesi di falsità in senso proprio, atteso che la discrasia fra quanto dichiarato e la situazione sottostante non era idonea ad arrecare alla soc. E&P alcun effettivo vantaggio in relazione alla procedura di gara (ed infatti, entrambi i soci in parola erano certamente esenti da pregiudizi penali);

- a tutto concedere, comunque, il comportamento posto in essere dalla soc. E&P avrebbe dovuto giustificare il riconoscimento dell’errore scusabile, anche in considerazione del fatto che l’omessa dichiarazione aveva riguardato soci non abilitati (in base alle pertinenti disposizioni statutarie) a negoziare con le amministrazioni pubbliche e che, conseguentemente, il legale rappresentante che aveva reso la dichiarazione incompleta, aveva ritenuto in buona fede di non essere tenuto a rendere la dichiarazione ex art. 38, comma 1, lettera c) in relazione ai soci di cui trattasi;

- la stessa giurisprudenza del giudice di appello, in circostanze analoghe a quelle poste a fondamento dei fatti di causa, aveva ritenuto inidonea a supportare un provvedimento di esclusione una dichiarazione la quale, pur risultando effettivamente non conforme alla situazione reale, non aveva arrecato in concreto alcun vantaggio alla dichiarante;

- ancora, lo stesso ordinamento comunitario (art. 45 della direttiva 2004/18/CE in tema di appalti nei c.d. ‘settori classici’) prevede la sanzione dell’esclusione dalla gara solo a fronte dei soggetti che si siano resi ‘gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire le informazioni’ rilevanti ai fini della partecipazione alla gara.

2.1. Gli argomenti dinanzi sinteticamente richiamati, che possono essere esaminati in modo congiunto, sono meritevoli di accoglimento.

Da quanto sin qui esposto emerge che il fulcro del thema decidendum consista nello stabilire se il combinato disposto di cui al comma 1, lettera c) e di cui al comma 2 del d.lgs. 163 del 2006 (in tema di dichiarazioni relative ai requisiti di ordine generale per le imprese partecipanti a gara) possa essere inteso di guisa tale da giustificare l’esclusione dalla gara di un’impresa il cui legale rappresentante abbia omesso la (pur doverosa) dichiarazione sui requisiti di onorabilità relativi a soggetti cessati dalla carica nel triennio precedente, laddove – tuttavia – sia pacifico che dall’omessa o erronea dichiarazione non sia derivato alcun vantaggio concreto per il dichiarante, atteso che, nella sostanza, i requisiti omessi o malamente rappresentati erano certamente posseduti in modo pieno e corretto dalla dichiarante.

2.2. Al riguardo, è doveroso osservare che a fronte del dubbio interpretativo in parola, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato abbia offerto nel corso del tempo soluzioni non univoche.

2.2.1. Secondo un primo orientamento (al quale sembra richiamarsi la pronuncia oggetto di gravame), infatti, a fronte di una situazione quale quella appena descritta, l’esclusione dalla gara risulterebbe pienamente giustificata.

Secondo tale orientamento, il carattere obbligatorio della dichiarazione di cui al comma 2 dell’art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 (e, prima ancora, di cui all’art. 75 del d.P.R. 554 del 1999) comporterebbe in via necessaria l’esclusione dalla gara quale mera conseguenza dell’omessa dichiarazione, a prescindere da qualunque vaglio in concreto in ordine alla sussistenza o meno dei requisiti di ordine generale sottesi alla dichiarazione omessa o non conforme al vero.

In tale ottica è stato affermato che “le dichiarazioni sono, in realtà, richieste per una finalità che non è solo di garanzia sull’assenza di ostacoli pure di natura etica all’aggiudicazione del contratto, ma anche per una ordinaria verifica sull’affidabilità dei soggetti partecipanti: la concreta carenza di condizioni ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla conoscenza di una situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e giuridici che lambiscono in modo determinante la professionalità degli amministratori.

(…) Tanto meno si comprenderebbe il meccanismo di verifica a campione, se quest’ultimo non fosse connesso alla obbligatorietà di una dichiarazione, che costituisce il sistema di riferimento per valutare la lealtà dei richiedenti” (Cons. Stato, Sez. V, sent. 3742/09).

2.2.2. Pur comprendendo le ragioni sistematiche poste a fondamento dell’orientamento in questione, il Collegio ritiene tuttavia di prestare adesione al diverso orientamento secondo cui una dichiarazione resa ai sensi della lettera c) del comma 1 dell’art. 38, d.lgs. 163, cit., anche se radicalmente omessa (ovvero, non corrispondente alla realtà sottostante), non comporti comunque l’esclusione dalla gara dell’impresa interessata quando non sussistano in concreto situazioni ostative alla partecipazione (situazioni della cui consistenza l’autodichiarazione doveva fornire l’estrinsecazione legale).

E’ infatti evidente che la disciplina in tema di allegazione dei requisiti di ordine generale ai fini della partecipazione alle pubbliche gare (art. 38 del ‘codice dei contratti’) risponda all’esigenza di coniugare due esigenze di segno diverso e in parte contrapposte quanto alle ricadute fattuali:

- da un lato, l’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici nell’ambito di procedure che devono comunque essere improntate alla celerità e nel cui ambito il rispetto dei requisiti formali risponde a precise garanzie per i partecipanti;

- dall’altro, la necessità di assicurare che le ipotesi di esclusione vengano ispirate al canone della tassatività e che le relative previsioni rispondano ad effettive esigenze di interesse pubblico, a fronte di inequivoche previsioni normative.

2.3. Del resto, la stessa disamina comparativa dei primi due commi dell’art. 38, cit. fornisce una prova dell’intento del legislatore di coniugare le due richiamate esigenze e, comunque, di non aggravare oltremodo il rilievo del dato formale (obbligo di rendere una dichiarazione secondo determinate modalità di carattere estrinseco) a scapito dell’in sè del sotteso dato sostanziale (obbligo di possedere – sotto comminatoria di esclusione – determinati requisiti di partecipazione, relegando nell’ambito della mera strumentalità il pur rilevante contributo, nell’ambito della fattispecie, delle dichiarazioni da rendersi secondo particolari crismi formali).

Ed infatti, mentre il comma 1 dell’articolo in questione (e, segnatamente, la lettera c), che qui viene in rilievo) prevede in modo inequivoco che sia il possesso in sè di determinati requisiti a condizionare la possibilità di partecipazione alle gare;
al contrario il successivo comma 2 prescrive tout court le modalità ordinarie per attestare il possesso dei requisiti di partecipazione in capo a ciascun candidato, senza che la disposizione in questione fornisca alcun argomento dirimente nel senso dell’esclusione per l’ipotesi di mancata o non perspicua dichiarazione, ovvero nel senso che il dato (per così dire: formale ed estrinseco) relativo all’effettuazione della dichiarazione in sè possa prevalere – nelle ipotesi di contrasto, evidentemente non rientranti nella fisiologia dei rapporti – sul dato (per così dire: sostanziale ed intrinseco) relativo al possesso in concreto dei requisiti di partecipazione, a prescindere – cioè - dal contenuto delle dichiarazioni attraverso cui tale possesso sia stato veicolato.

Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che a conclusioni diverse potrebbe giungersi solo laddove l’Amministrazione (facendo un uso legittimo e comunque non irragionevole delle proprie facoltà discrezionali in tema di predeterminazione delle regole di gara) includesse nell’ambito della lex specialis di gara puntuali prescrizioni le quali comportino l’esclusione del partecipante come mera conseguenza di dichiarazioni in tema di requisiti di partecipazione non conformi alla situazione sottostante e non anche come conseguenza dell’obiettiva carenza di uno di tali requisiti.

Come già osservato da questo giudice di appello in una vicenda sotto molteplici profili assimilabile a quella per cui è causa, in coerenza con la ratio che anima la disciplina in subjecta materia, è oggetto di sanzione unicamente il mendacio idoneo, in chiave funzionale, ad influenzare il dipanarsi della procedura competitiva, ragione per cui deve escludersi che possa assumere rilevanza, in chiave ostativa, il falso omissivo relativo all’ esplicitazione di soggetti titolari di cariche rilevanti nel triennio ma non gravati da alcun precedente penale.

Trattasi, in definitiva, per mutuare categorie penalistiche, di un falso innocuo, privo di qualsivoglia offensività rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come tale non sanzionabile con l’esclusione (Cons. Stato, Sez. V, sent. 829/09).

Le conclusioni in questione restano confermate anche laddove si riguardi la questione dall’angolo visuale della complessiva ratio ispiratrice della disciplina in tema di autodichiarazioni relative al possesso dei requisiti di partecipazione (ossia in base alle esigenze ordinamentali di tutela sottese ad una previsione complessivamente volta alla salvaguardia della par condicio nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, oltre che a garantire l’interesse pubblico alla migliore qualificazione dei soggetti partecipanti alle pubbliche gare).

Ed infatti, laddove la vicenda di causa fosse stata riguardata attraverso l’approccio in questione, il Tribunale adito in prime cure non avrebbe potuto che rilevare l’indubbia carenza di un qualunque vantaggio competitivo in capo alla concorrente che aveva reso la dichiarazione non corretta e, correlativamente, l’assenza di un qualunque svantaggio nei confronti degli altri partecipanti alla medesima gara (arg. ex Cons. Stato, Sez. VI, sent. 1414/09).

Si osserva, ancora, che un rilevante argomento in favore della tesi qui condivisa viene fornito dal diritto comunitario, e segnatamente dalla previsione di cui all’art. 45 della direttiva 2004/18/CE in tema di appalti nei c.d. ‘settori classici’.

Secondo la disposizione da ultimo richiamata, infatti, il rimedio dell’esclusione dalla gara è offerto solo in danno dei soggetti i quali si siano resi ‘gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire le informazioni’ rilevanti ai fini della partecipazione alla gara.

Il che, com’è evidente, depone univocamente nel senso che la condotta gravemente colpevole di false dichiarazioni possa essere ravvisata solo a fronte di comportamenti posti in essere al fine di ottenere un vantaggio in termini competitivi, e non anche in caso di condotte verosimilmente poste in essere (come nel caso di specie) per mera dimenticanza o disattenzione o per inesatta interpretazione della disposizione, le quali nulla abbiano arrecato in termini di vantaggio al soggetto agente, il quale risultava in possesso dei necessari requisiti di partecipazione, pure a prescindere dal contenuto (in ipotesi, non conforme alla realtà sottostante) delle dichiarazioni in concreto rese.

3. L’accoglimento del ricorso in appello per le ragioni esposte in relazione al primo motivo (e la conseguente riforma della pronuncia in epigrafe nel senso della reiezione del primo ricorso) esimono il Collegio dall’esame del secondo motivo di ricorso principale (relativo alla presunta illegittimità costituzionale e comunitaria delle disposizioni nella specie rilevanti), articolato dalla soc. E&P in via solo subordinata rispetto all’accoglimento del primo motivo.

4. Al contrario, l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale pone in capo al Collegio il dovere di esaminare il motivo di appello incidentale, proposto dalla soc. DS a r.l. – appunto - per l’ipotesi di accoglimento del ricorso principale.

Come anticipato in narrativa, la soc. DS a r.l. lamenta che gli atti con cui l’Amministrazione aggiudicatrice aveva a suo tempo ammesso alla gara l’odierna appellante risulterebbero carenti di motivazione, per non aver fornito alcuna indicazione in ordine alle ragioni che avevano indotto a ritenere la completezza e ritualità della documentazione presentata.

A riprova del richiamato difetto di motivazione, l’appellante incidentale richiama la ritenuta incompletezza della documentazione presentata dalla soc. E&P (che ben si sarebbe potuta evincere dall’esame del certificato camerale il quale indicava i poteri di rappresentanza del socio sig. C C), con la conseguenza di rendere del tutto implausibile – e comunque, ingiustificata – l’affermazione secondo cui “dall’esame effettuato la Commissione rileva la completezza della documentazione presentata dai concorrenti”.

4.1. Il motivo non può trovare accoglimento.

Ed infatti, dall’esame dei presunti profili di carenza motivazionale emerge che l’appellante incidentale torni ad articolare (sub specie di violazione delle previsioni di cui all’art. 3, l. 241 del 1990) i medesimi profili asseritamente ostativi all’ammissione che sono stati già ritenuti infondati nella prima parte della presente pronuncia.

Si osserva al riguardo che, laddove si consentisse all’appellante incidentale di riqualificare alla stregua di violazione di carattere procedimentale in tema di onere motivazionale il medesimo profilo di doglianza (quello relativo alle ragioni sottese all’ammissione alla gara della soc. E&P) già svolto in sede di eccezione quale profilo di carattere sostanziale, si determinerebbe un vero e proprio circolo vizioso relativo alla portata dei motivi di gravame, in tal modo determinando un effetto inammissibile nell’ambito di una lineare dinamica processuale.

Ciò, a tacere del fatto che, laddove si portasse alle estreme conseguenze l’argomento nell’occasione proposto dalla soc. DS a r.l., si giungerebbe alla conclusione (anch’essa, del tutto inammissibile nell’ottica del buon andamento e dell’efficienza delle procedure, che necessariamente deve informare la materia delle pubbliche gare) secondo cui l’Amministrazione procedente, al fine di soddisfare l’onere motivazionale in tema di ammissione dei concorrenti, avrebbe l’onere (invero, defatigante e superfluo) di ‘doppiare’ il contenuto di tutte le numerosissime prescrizioni in tema di ammissione e di confermarne singulatim la sussistenza in relazione al caso specifico (si badi: non già al solo fine di confermare la sussistenza dei singoli requisiti di partecipazione ovvero l’assenza delle singole ragioni ostative, bensì al fine di motivare in ordine alle ragioni per cui il possesso dei singoli requisiti e l’assenza delle singole ragioni ostative consenta la partecipazione alla gara).

Il che, invero, determinerebbe un’attività priva di effettivo valore aggiunto ai fini procedimentali.

5. Da quanto sin qui esposto discende l’accoglimento del ricorso principale (con conseguente riforma della prima pronuncia) e la reiezione dell’appello incidentale.

L’integrale soccombenza in capo alla soc. E&P determina le ordinarie conseguenze in ordine all’attribuzione delle spese di lite per il doppio grado di giudizio, in tal modo determinando l’assorbimento del profilo di appello incidentale con cui la medesima società (vittoriosa in primo grado e soccombente in appello) aveva impugnato il capo della sentenza impugnata relativo alla compensazione delle spese di lite.

6. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e conseguentemente, in riforma della pronuncia oggetto di gravame, deve essere disposta la reiezione del primo ricorso.

Deve, altresì, essere respinto il ricorso incidentale.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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