Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-08-21, n. 202307835

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-08-21, n. 202307835
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307835
Data del deposito : 21 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/08/2023

N. 07835/2023REG.PROV.COLL.

N. 06123/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6123 del 2019, proposto da
GA AR, rappresentata e difesa dagli avvocati Diego De Carolis e Valentina Casciero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia



contro

Comune di San Giovanni Teatino, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Di Sciascio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Aristide Police in Roma, viale Liegi, 32



per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di ES (Sezione Prima) n. 125/2019

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giovanni Teatino;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 luglio 2023 il Pres. Claudio Contessa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

L’odierna appellante impugna la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto il ricorso da lei proposto dinanzi al TAR Abruzzo-Sezione staccata di ES per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione prot. n. 956, n. 1/2019 dell’11 gennaio 2019, con cui il Comune di San Giovanni Teatino ha ingiunto la demolizione di opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.

Il provvedimento impugnato in primo grado contestando la realizzazione senza titolo abilitativo delle seguenti opere: “ 1) Porzione di tettoia, avente dimensioni planimetriche interne di mt 3,48x4,90 circa, chiusa su tre lati con murature in uno delle quali è aperta una finestra. Tale struttura, utilizzata principalmente come legnaia e deposito attrezzature per giardinaggio; 2) Trasformazione del locale autorizzato come garage, in ripostiglio di attrezzature per uso domestico. Lo stesso presenta un angolo attrezzato probabilmente destinato alla preparazione degli alimenti dotato di lavandino, lavatrice, caminetto e frigorifero. All’interno del locale sono presenti gli impianti elettrico, citofonico, idrico e di raffrescamento, nonché una stufa a legna; 3) Realizzazione di porzione di pensilina a sbalzo in legno posta sul fronte sud-est del locale garage di cui al punto 2), avente profondità di mt 3,00 circa e lunghezza di mt 5.45 circa ”. Con tale provvedimento il Comune ingiungeva alla ricorrente la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, in qualità di proprietaria dei manufatti e dell’area di sedime interessata.

Avverso tale provvedimento, l’odierna appellante proponeva il ricorso di primo grado e lamentava l’illegittimità della sanzione demolitoria di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in luogo della sanzione pecuniaria di cui all’articolo 37 del medesimo decreto, invocando il carattere “pertinenziale” delle opere realizzate. Inoltre, sul contestato mutamento di destinazione d’uso censurava l’illegittimità del provvedimento perché fondato su “ mere presunzioni inidonee a comprovare il passaggio fra categorie funzionali ”, evidenziando altresì l’assentibilità mediante S.C.I.A. dell’intervento medesimo.

Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso sull’assunto, in riferimento alla tettoia, di una prestata acquiescenza all’abusività per effetto della presentazione di un’istanza in sanatoria riscontrata dalla P.A. con diniego rimasto inoppugnato, preclusiva dell’introduzione in giudizio di motivi estranei a vizi propri dell’ordine di demolizione; nonché argomentando, in relazione al mutamento di destinazione d’uso del garage e relativa pensilina, sul carattere innovativo degli interventi realizzati.

Il giudice di prime cure qualifica, infatti, quanto eseguito nel locale (apertura del tipo finestra, installazione di impianti, dotazione di attrezzature come un caminetto e una stufa a legna) in termini di elementi indicativi della trasformazione d’uso da garage a locale residenziale, determinanti una ristrutturazione rilevante ai sensi dell’art. 3 del d.PR. n. 380 del 2001, coerentemente con quanto contestato dall’amministrazione comunale nel provvedimento impugnato in primo grado.

Ne deriva, ad avviso del TAR, il rigetto anche delle doglianze inerenti alla stessa pensilina, in quanto elemento aggiuntivo che concorre alla trasformazione d’uso e che per dimensioni e ampiezza appare altresì idoneo ad assumere un effetto impattante sul territorio.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla signora AR la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Error in iudicando della sentenza gravata nella parte in cui il TAR ES afferma il principio della non contestabilità del tipo di sanzione comminata (demolizione in luogo della sanzione pecuniaria) per l'omessa impugnazione del diniego di sanatoria. violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 22, 23, 31 e 36 dpr 380/2001; Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti;

2) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 22, comma 7, 23, 31 e 36 dpr 380/2001; Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Sviamento;

3) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 22, comma 7, 23, 31 e 36 dpr 380/2001; di ogni altra norma e principio in materia di distanza dagli edifici; Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Sviamento;

4) Error in iudicando. sulla sanzione del "ripristino dello stato dei luoghi". Erronea motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (consistenza e tipologia degli interventi e destinazione funzionale del manufatto); Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti; Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

La parte appellante, inoltre, ha riproposto e sviluppato le censure disattese del TAR mediante specifiche critiche alla decisione di prime cure.

Preliminarmente, afferma l’esigenza di sintetizzare le domanda e i motivi in diritto del ricorso di primo grado. A tal proposito, ribadisce come oggetto di contestazione sia la legittimità del tipo di sanzione, demolitoria e di rispristino dei luoghi, comminata dall’amministrazione, deducendo da ciò l’erroneità della sentenza impugnata.

Sul punto, la parte appellante evidenzia che, in relazione alla legnaia, oggetto di doglianza fosse l’illegittimità dell’ordine di demolizione in luogo della sanzione pecuniaria, per la realizzazione di un’opera asseritamente pertinenziale. Evidenzia poi che pensilina e tettoia oltre ad avere il carattere delle opere pertinenziali rientrerebbero nell’attività di edilizia libera. Osserva infine che il cambio d’uso contestato dall’amministrazione comunale fosse da garage a “ripostiglio per attrezzature domestiche e non ad uso domestico”.

L’atto di appello, si sofferma poi, sempre in via preliminare, sul contenuto dell’atto impugnato e dell’atto “presupposto”, lamentando come il TAR abbia erroneamente il nesso di presupposizione tra questi intercorrente.

Nello specifico, si osserva che il diniego di sanatoria avesse ad oggetto solo la legnaia, mentre l’ordine di demolizione era rivolto anche alla trasformazione d’uso del locale garage e alla realizzazione della pensilina.

Poi, con il primo motivo di appello, si lamenta l’erroneità della sentenza del TAR nella parte in cui erroneamente avrebbe ritenuto inconferente la censura sulla natura pertinenziale dell’opera e sull’illegittimità della sanzione demolitoria, rilevando una prestata acquiescenza per effetto della presentazione di istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 36, d.P.R. n. 380 del 2001.

Nello specifico, si contesta la decisione di prime cure laddove afferma altresì che il provvedimento di demolizione sarebbe conseguenza diretta del diniego di sanatoria, la cui mancata impugnazione determinerebbe l’ulteriore effetto di precludere censure che non integrino vizi propri dell’ordine di demolizione.

L’appellante con il presente gravame ribadisce come oggetto di contestazione sia il regime sanzionatorio applicato e non il carattere abusivo delle opere realizzate. Peraltro, osserva come oggetto di censura sia la proporzionalità, l’adeguatezza e la legittimità della sanzione irrogata. Invoca a sostegno delle proprie tesi difensive quanto previsto dall’art. 22, comma 7, d.P.R. n. 380 del 2001, deducendo l’erroneità delle statuizioni del TAR che sembrerebbero ammettere che il privato possa incidere sul regime sostanziale e sanzionatorio dell’intervento abusivo.

In sintesi, la parte appellante evidenzia come l’acquiescenza non assuma rilevanza nella vicenda in esame, in quanto potrebbe al massimo riguardare l’abusività mentre oggetto del contendere nella presente vicenda processuale sarebbe l’inadeguatezza della sanzione demolitoria comminata dall’amministrazione, rispetto al regime applicabile all’intervento realizzato.

Con il secondo mezzo, dopo aver preliminarmente eccepito la circostanza che la pensilina e gli ulteriori interventi contestati in quanto integranti mutamento della destinazione d’uso non fossero oggetto dell’istanza di sanatoria, si contesta la sentenza del TAR ribadendo, in primo luogo, il carattere pertinenziale della pensilina dal quale deriverebbe l’illegittimità della sanzione demolitoria.

Parte appellante, in particolare, deduce il carattere “servente” dell’opera rispetto al manufatto principale, evidenziando altresì come l’assenza di uno stabile ancoraggio al suolo e di tamponature laterale escludano la creazione di “nuove volumetrie”.

Ciò premesso, sono riproposte le doglianze inerenti alla natura pertinenziale della legnaia e della pensilina, in quanto erroneamente disattese dal

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