Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-15, n. 201900369

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-15, n. 201900369
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900369
Data del deposito : 15 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/01/2019

N. 00369/2019REG.PROV.COLL.

N. 00790/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 790 del 2018, proposto da
A T e C P, rappresentati e difesi dall'avvocato C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ettore Romagnoli, 89;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE II n. 01313/2017, resa tra le parti, concernente non ammissione al contributo per la realizzazione di una nuova imbarcazione a seguito dell’affondamento di altra imbarcazione;.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 novembre 2018 il Cons. P U e uditi per le parti l’avvocato C M e l'avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti A.T. e C.P., hanno impugnato dinanzi al TAR del Lazio il provvedimento MiPAAF prot. 0018095 in data 16 luglio 2012, con cui è stata disposta l’archiviazione della loro domanda di contributo per la costruzione di un peschereccio con ritiro di uno naufragato.

2. Il provvedimento è stato adottato in quanto proprietario dell’imbarcazione e beneficiario del contributo risultava A.T. (proprietario e comandante della nave), mentre la gran parte della documentazione contabile relativa alle spese sostenute è intestata alla moglie C.P. (armatore), così che la percentuale imputabile ad A.T. non raggiunge la quota minima del 70%.

3. Il provvedimento fa seguito ad un precedente provvedimento negativo in data 24 novembre 2005, motivato con l’esuberanza del nuovo peschereccio rispetto ai limiti dimensionali previsti, che è stato annullato dal TAR del Lazio con sentenza n. 3920/2009 (per la ritenuta irragionevolezza del riferimento al limite del tonnellaggio, anziché a quello, alternativamente consentito e nel caso rispettato, della stazza lorda).

4. A seguito di declinatoria della competenza, la causa è stata riassunta dinanzi al

TAR

Toscana che, con la sentenza oggi appellata (II, n. 1313/2017), ha respinto il ricorso.

5. I ricorrenti hanno sostanzialmente lamentato che la partecipazione di A.T. alla spesa raggiunge il 71,77%, ed è dunque adeguata.

La loro tesi è che tra i coniugi sussista una impresa familiare con partecipazione del 49% per A.T. e del 51% per C.P., e dunque sulla percentuale della spesa sostenuta da A.T. debba essere ricompreso anche il 49% delle fatture erroneamente intestate ad entrambi;
il fatto che i conti da cui sono stati effettuati parte dei pagamenti fossero intestati a C.P. ovvero ad entrambi non rilevava, in quanto la situazione di impresa familiare di fatto ha determinato la confusione dei patrimoni;
in ogni caso, la percentuale minima della spesa che deve far capo all’impresa beneficiaria del contributo è, ex art. 3 del d.m. 30 giugno 2003, pari al 60% (mentre il 70% è, ex art. 11, il livello di realizzazione della spesa che consente di ritenere conclusa l’iniziativa).

6. Il

TAR

Toscana ha viceversa sottolineato che, in base alla giurisprudenza, l’impresa familiare disciplinata dall’art. 230-bis c.c. - volto a tutelare il familiare che presti in modo continuativo la sua attività nella famiglia o nell’impresa familiare, riconoscendogli il mantenimento e la partecipazione agli utili ed ai beni acquistati nonché alle decisioni riguardanti il loro impiego e la gestione straordinaria - non costituisce un modulo societario ed i rapporti facenti capo al titolare di essa non possono essere imputati ai suoi collaboratori (cfr. Cass civ., I, n. 24560/2015;
lav, n. 20552/2015;
SS.UU., n. 23676/2014).

Aggiungendo che il ritardo dell’Amministrazione nel definire il procedimento non è di per sé motivo di illegittimità del provvedimento sfavorevole, ma, al più, può comportare una responsabilità risarcitoria laddove sia stato causa di specifici danni, che però nel giudizio non risultano dimostrati

7. Nell’appello, si lamenta che il TAR non abbia correttamente considerato quanto dedotto nel ricorso e la documentazione allegata, posto che:

- A.T. era obbligato personalmente per 153.000 euro (avendo sottoscritto 36 cambiali di 4.250 euro ciascuna – somma assai superiore a quella indicata in sentenza, tratta dalla memoria del Ministero) e per altri 253.000 euro quale intestatario della fattura n. 87/2004, a nulla rilevando che i denari per pagare il cantiere siano stati forniti dall’impresa armatrice di cui è titolare C.P.;

- la somma di dette obbligazioni, pari ad euro 403.630,00 maggiorata del 5% a titolo di rimborso di spese generali, è pari a 426.300 euro, vale a dire al 71,77% della spesa totale ammissibile (594.000 euro);

- a garanzia del debito era stata accesa ipoteca sulla casa coniugale, di proprietà per il 50% di A.T..

8. Si è costituito il MiPAAF e controdeduce puntualmente, eccependo il difetto di legittimazione in capo a C.P. e ribadendo che la percentuale di spesa da raggiungere è indicata al 70% dall’art. 11 del d.m. 30 giugno 2003 e che non risultava raggiunta, in quanto ai sensi dell’art. 1 del Reg. /CE) n. 1685/2000 sono ammissibili le spese effettivamente sostenute dal beneficiario finale del contributo, e quindi non potevano essere considerate quelle sostenute da C.P., non rilevando neppure la supposta esistenza di un’impresa familiare.

Gli appellanti ripropongono anche la domanda di risarcimento dei danni determinati dal tasso di interesse bancario sopportato e dal costo dei bolli delle cambiali, oltre che dei danni morali, in ragione dell’ingiustificato ritardo del Ministero nel riscontrare le loro richieste.

9. Gli appellanti hanno depositato memoria conclusiva.

10. Con ordinanza n. 3508/2018, questa Sezione ha disposto l’acquisizione della documentazione menzionata nell’appello.

Gli appellanti hanno depositato copia delle cambiali e dei relativi pagamenti, nonché della fattura n. 87/2004 dei Cantieri Anconetani, intestata a A.T.

Dal ricorso di primo grado, si evince che il Cantiere, oltre a detta fattura, aveva emesso altre fatture per 341.000 euro, intestate ad entrambi i coniugi, somma quest’ultima in parte pagata (si presume, da C.P.) ed in parte tradottasi nelle cambiali predette, successivamente onorate alle rispettive scadenze.

11. Ciò premesso, non può negarsi la legittimazione a ricorrere a C.P., in quanto armatrice del peschereccio oggetto del contributo, e quindi titolare di un interesse qualificato alla conclusione favorevole del procedimento di concessione della sovvenzione pubblica richiesta dal marito, proprietario del peschereccio.

12. Nel merito, l’indicazione di diversi (e assai minori) importi in relazione alle cambiali firmate da A.T., nella narrazione in fatto della sentenza del TAR, censurata dagli appellanti, è in concreto irrilevante, posto che in prosieguo vengono indicati correttamente gli importi rivendicati dagli appellanti, e viene affermato un principio di diritto che conduce a negare l’imputabilità ad A.T. di una parte delle fatture cointestate, comunque indispensabile a raggiungere la percentuale minima di ammissibilità al contributo.

Va anche precisato che la computabilità, ai fini del raggiungimento della predetta soglia, della maggiorazione del 5% per spese generali, risulta indicata per la prima volta nel ricorso in riassunzione al

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