Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-28, n. 202304320
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 28/04/2023
N. 04320/2023REG.PROV.COLL.
N. 02355/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2355 del 2019, proposto da F R, rappresentato e difeso dagli avvocati G M, F M e G M P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L N in Roma, via Girolamo da Carpi 6;
contro
Comune di Napoli, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati F M F, A A e A I F, con domicilio eletto presso lo studio legale Leone in Roma, via Appennini 46;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sede di Napoli (sezione quarta) n. 5645/2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza straordinaria ex art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm. del giorno 14 aprile 2023 il consigliere Fabio Franconiero, sull’istanza di passaggio in decisione di parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’odierno appellante signor F R ha impugnato l’ordinanza del Comune di Napoli del 2 agosto 2010, n. 292, con cui gli è stato ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi all’interno dell’immobile di sua proprietà sito in Napoli, al largo Sermoneta 16, attraverso la demolizione del soppalco ivi realizzato, così risultato all’esito del sopralluogo della polizia municipale in data 10 agosto 2009, sulla cui base è stato emesso il provvedimento impugnato: « occupante una superficie di mq. 20,00 impostato a mt. 1,90 dal calpestio e mt. 2,10 dalla copertura ».
2. In primo grado, davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sede di Napoli, il ricorso è stato respinto con la sentenza in epigrafe.
3. Questa ha innanzitutto considerato il provvedimento impugnato di per sé legittimo sulla base del riscontro del mancato rispetto dei requisiti di « altezza netta delle abitazioni e dei loro vani accessori, misurata tra pavimento e soffitto », previste dall’art. 43, comma 1, lett. b), della legge 5 agosto 1978, n. 457 ( Norme per l’edilizia residenziale ), pari a « 2,70 per gli ambienti abitativi e, per i vani accessori, non inferiore a metri 2,40 ». Peraltro, la sentenza ha di seguito esaminato e respinto le ulteriori censure dedotte con il ricorso, di mancata partecipazione procedimentale e carenza di motivazione. Sulla base della qualificazione dell’abuso come ristrutturazione edilizia, assentibile mediante permesso di costruire, anziché come opera interna e di modeste dimensioni soggetta al regime della d.i.a., la sentenza ha infine ritenuto legittima la sanzione ripristinatoria in luogo di quella pecuniaria.
4. Per la riforma della sentenza i cui contenuti sono così sintetizzabili il ricorrente ha proposto il presente appello, al quale resiste il Comune di Napoli.
DIRITTO
1. Le censure formulate con l’appello nei confronti dell’ordine di demolizione impugnato ripropongono innanzitutto l’assunto secondo cui il soppalco sarebbe di modeste dimensioni e non avrebbe comportato incrementi volumetrici e di superfice, oltre che alterazioni della sagoma e dei prospetti dell’edificio e pregiudizi alla statica della struttura. Su questa base esso potrebbe essere ricondotto non già all’ipotesi della ristrutturazione edilizia, prevista dall’art. 3, comma 1, lett. d), del testo unico dell’edilizia di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380, ma a quella dell’opera interna soggetta a d.i.a., ai sensi dell’art. 2 della legge regionale della Campania 28 novembre 2001, n. 19 ( Procedure per il rilascio dei permessi di costruire e per l’esercizio di interventi sostitutivi - Individuazione degli interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività - Approvazione di piani attuativi dello strumento urbanistico generale nei comuni obbligati alla formazione del Programma Pluriennale di Attuazione - Norme in materia di parcheggi pertinenziali - Modifiche alle Leggi Regionali 28 novembre 2000, n. 15 e 24 marco 1995, n. 8 ). Sul descritto presupposto non avrebbe pertanto potuto applicarsi la sanzione ripristinatoria. Viene inoltre ribadita la funzione non abitativa del soppalco e la sua destinazione a uso deposito-ripostiglio, rispetto alla quale non varrebbe a sostenere il contrario la presenza di un locale wc, come invece statuito dalla sentenza di primo grado. Si sottolinea al riguardo che in tanto potrebbe ipotizzarsi una destinazione abitativa in quanto la stanza da bagno sia dotata di tutti gli impianti igienici (vaso, bidet, vasca o doccia, lavabo), secondo quanto previsto dal decreto del ministro della sanità 5 luglio 1975 ( Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, relativamente all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione ), nel caso di specie tuttavia mancanti. In ragione di ciò non sarebbero quindi necessario rispettare le altezze minime fissate dal sopra citato art. 43, comma 1, lett. b), della legge 5 agosto 1978, n. 457.
2. In ragione dei rilievi che precedono si sostiene ulteriormente che non sarebbe applicabile al caso di specie il procedimento sanzionatorio ex art. 33 del testo unico dell’edilizia, poiché al momento del sopralluogo l’abuso non era più in corso, tant’è vero che gli agenti della polizia municipale non hanno riscontrato né la presenza di un cantiere aperto né di mobilio – circostanze di cui la sentenza non avrebbe tenuto conto. Sarebbe pertanto applicabile la sanzione pecuniaria prevista dal secondo comma della disposizione di legge ora richiamata, in ragione delle difficoltà derivanti dalla demolizione dell’opera
3. In ragione della lieve entità dell’abuso l’amministrazione avrebbe infine dovuto assolvere con maggior rigore al proprio onere motivazionale ed avrebbe dovuto consentire la partecipazione dell’interessato al procedimento.
4. Le censure così sintetizzate sono infondate.
5. Esse non sono in grado di infirmare il ragionamento che ha condotto la sentenza di primo grado a considerare legittimo il provvedimento impugnato, fondato sulle caratteristiche e sulla consistenza del soppalco abusivo, avente la sopra descritta dimensione di 20 metri quadri e posto a metri 1,90 dal calpestio e 2,10 dalla copertura, con annesso wc. I descritti elementi strutturali depongono in modo univoco per la destinazione funzionale dell’opera ad esigenze abitative, in ragione delle quali risulta confermata l’ipotesi della creazione di superficie utile residenziale attraverso un intervento qualificabile come ristrutturazione edilizia, la cui realizzazione in assenza di relativo titolo legittima ai sensi del citato art. 33 del testo unico di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380, l’ordine di demolizione. In contrario sul punto non vale evidentemente invocare le istruzioni ministeriali relative ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali residenziali, dal momento che si verte in un’ipotesi di intervento abusivo e ciò nondimeno finalizzato in modo inequivocabile all’ampliamento di superfici abitative.
6. Esclusa inoltre l’ipotesi della carenza motivazione del provvedimento impugnato, di cui risulta all’opposto che il ricorrente ha inteso la portata, al punto da formulare nei suoi confronti specifiche censure di legittimità nel presente giudizio, le ulteriori contestazioni relative alla mancata partecipazione procedimentale degradano ad irregolarità non invalidanti ai sensi dell’art. 21- octies , comma 2, della legge generale sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241.
7. L’appello deve pertanto essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado. In ragione della costituzione con comparsa di mera forma dell’amministrazione comunale resistente le spese di causa possono essere compensate.