Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-08-26, n. 202005242
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 26/08/2020
N. 05242/2020REG.PROV.COLL.
N. 01036/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 1036 del 2012, proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente
pro tempore
della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall’avvocato A M e con lo stesso elettivamente domiciliata in Roma alla via Poli n. 29,
contro
la D’I &T S.r.l. - Società di inerti e trasporti e la Sogem S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
(il medesimo per entrambe) rappresentate e difese, da ultimo, dall’avvocato G A ed elettivamente domiciliate presso la Segreteria di questo Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13,
nei confronti
dei sigg.ri Girolamo Della Valle e Gianfranco Della Valle, non costituiti nel presente appello,
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 4420/2011, resa tra le parti e concernente rigetto d’istanza di dichiarazione di pubblica utilità di aree adiacenti cava di calcare.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio della D’I &T S.r.l. - Società di inerti e trasporti e della Sogem S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. G L nell’udienza pubblica del giorno 23 giugno 2020, tenutasi con le modalità di cui alla normativa emergenziale di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 25 giugno 2020, n. 70, dopo il passaggio in decisione del presente appello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto d’appello notificato alla D’I &T S.r.l. - Società di inerti e trasporti e alla Sogem S.r.l. in data 30 gennaio 2012, e ai sig.ri Girolamo Della Valle e Gianfranco Della Valle (al loro procuratore costituito in primo grado) in data 3 febbraio 2012 e depositato in data 16 febbraio 2012 la Regione Campania ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 4420 del 15 settembre 2011, la quale – condannando la Regione alle spese in favore delle ricorrenti e compensandole fra ricorrenti e controinteressati - ha accolto il ricorso n. 3110 del 2007, proposto dalle appellate D’I &T S.r.l. - Società di inerti e trasporti e Sogem S.r.l., per l’annullamento del decreto dirigenziale n. 38 del 10 aprile 2007, con il quale il Settore regionale del Genio civile di Caserta aveva respinto l’istanza della Sogem S.r.l. (poi cedente rami di azienda alla citata D’I &T S.r.l. - Società di inerti e trasporti ed avente con essa unico amministratore) tesa ad ottenere la dichiarazione di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 5 della legge della Regione Campania 13 dicembre 1985, n. 54, delle aree adiacenti la cava di calcare sita nel Comune di Castel Morrone, località “Gagliola”.
Quest’ultimo si fondava sui seguenti rilievi:
- le aree d’interesse delle ricorrenti non erano ricomprese nel perimetro di cava;
- l’impianto di frantumazione ivi insistente non era regolarmente autorizzato, non essendo a tal fine sufficiente la concessione edilizia rilasciata dal Comune di Castel Morrone;
- precludeva la coltivazione il precedente decreto dirigenziale n. 77 del 30 agosto 2005, con cui era stata dichiarata la decadenza del decreto autorizzatorio dell’attività di cava, avendo quel decreto fatto salvo il solo recupero ambientale dell’area.
La sentenza, respinte tre eccezioni di inammissibilità sollevate dai proprietari dei suoli in questione, ha accolto il primo motivo del ricorso (“ Violazione degli articoli 5 L.R. n. 54\1985 e 32 RD n. 1443\1927, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, travisamento, perplessità della motivazione, ingiustizia manifesta ”), assorbito il secondo (“ Ulteriore violazione dell’art. 5 L.R. n. 54\1985 e dell’art. 32 RD n. 1443\1927, dell’art. 32 L.R. n. 54\1985, degli articoli 11, 31, 63 e 64 dello Statuto della Regione Campania, dell’art. 4 L. 10\1977, eccesso di potere sotto i medesimi profili sintomatici sopra richiamati “) ed accolto il terzo (“ Ulteriore violazione degli articoli 2 e 5 L.R. n. 54\1985 e dell’art. 32 ED n. 1443\1927, dell’art. 3 delle NTA del PRAE, eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità, ingiustizia manifesta ”).
L’appello reca motivi così rubricati:
1. Error in judicando ;violazione della l.r. n. 54/85;travisamento dei fatti;illogicità e contraddittorietà della motivazione.
2. (Sotto altro profilo) e rror in judicando ;violazione della l.r. n. 54/85;travisamento dei fatti;illogicità e contraddittorietà della motivazione.
3. Error in judicando ;violazione della l.r. n. 54/85;violazione NTA PRAE;travisamento dei fatti;illogicità e contraddittorietà della motivazione;disparità di trattamento.
La Sogem S.r.l. ha depositato atto formale di costituzione in data 12 marzo 2016.
In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 14 marzo 2017 parte appellante ha depositato, in data 13 aprile 2017, domanda di fissazione di udienza.
Le appellate D’I &T S.r.l. - Società di inerti e trasporti e Sogem S.r.l. (quest’ultima già costituita in data 12 marzo 2016) hanno depositato ulteriore formale atto di costituzione in data 6 novembre 2017.
La causa è stata trattenuta in decisione in data 23 giugno 2020, ai sensi della normativa emergenziale di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del citato decreto-legge n. 18/2020, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 25 giugno 2020, n. 70, dopo il passaggio in decisione del presente appello.
DIRITTO
L’appello è fondato.
1.1- Le evidenze giuridico-fattuali della vicenda sono le seguenti:
a ) a seguito di giudizio civile la Sogem S.r.l. ha perso la disponibilità di una parte di suolo, non di sua proprietà, sul quale esercitava attività sussidiaria all’estrazione di cava di calcare (si legge nel ricorso di primo grado “ Su tale ultima porzione di suolo è stata realizzata una parte degli impianti indispensabili all'esercizio dell’attività di cava ”);
b ) per questo la Sogem S.r.l. ha inoltrato alla Regione, in data 17 luglio 2002, istanza con la quale chiedeva la dichiarazione di pubblica utilità del suolo in questione, ai sensi dell’art. 5 della legge della Regione Campania 13 dicembre 1985, n. 54 (art. 5 citato, comma 3: “ L’autorizzazione ha per oggetto il complesso estrattivo comprendente la coltivazione della cava o torbiera, le discariche, i connessi impianti di trattamento di materiali ubicati dentro il perimetro della cava o torbiera individuato a norma dell’articolo 8 della presente legge nonché le strade o piste di servizio del complesso estrattivo;nel caso che tali opere debbano essere eseguite su fondi di cui il titolare dell’autorizzazione non abbia il godimento, può essere richiesta la dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza, a norma dell’articolo 32 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 ”);
c ) da ultimo, dopo contenzioso sul silenzio serbato dalla Regione, è stato emesso il diniego impugnato nel primo grado del presente giudizio (decreto dirigenziale n. 38 del 10 aprile 2007);
d ) nel frattempo, relativamente all’effettivo esercizio della cava sugli altri suoli di cui la Sogem S.r.l. aveva ancora disponibilità, l’attività era stata inibita per mancato riambientamento della cava (provvedimento regionale n. 77 del 30 agosto 2005, di rigetto dell’istanza di proroga all’esercizio dell’attività di cava);
e ) il relativo contenzioso (ricorso al Tar n. 7061/2005;relativa ordinanza n. 3089/2005 di sospensione cautelare per ravvisate gravità ed irreparabilità del danno;ordinanza cautelare d’appello di questo Consiglio di Stato n. 1708 del 5 aprile 2006, di parziale riforma dell’ordinanza di primo grado) ha, in fase cautelare (sul merito v. la successiva lettera h )), inibito la coltivazione della cava, ma ne ha consentito il riambientamento, la cui omissione era stata alla base del provvedimento impugnato in quel primo grado (dalla citata ordinanza cautelare d’appello di questo Consiglio di Stato n. 1708 del 5 aprile 2006 “ accoglie l’istanza cautelare in primo grado, ai soli fini di consentire l’attività di riambientamento della cava ”);
f ) successivi provvedimenti del 2007 e del 2010 hanno pure inibito la coltivazione della cava: decreto del Genio civile di Caserta n. prot. 2010.0819754 del 12 ottobre 2010, con cui è stato confermato il rigetto dell’istanza di prosecuzione di cui all’art. 27 delle Norme di attuazione al Piano regionale delle attività estrattive, presentata dalla ricorrente e già respinta con precedente decreto n. 101\2007;nota, diretta dal medesimo Ufficio all’ARCADIS (Agenzia regionale campana difesa del suolo), prot. n. 1010.0799203 del 5 ottobre 2010, con la quale è stata fornita direttiva in ordine alla ricomprensione delle cave “ dichiarate o da dichiarare abusive, dismesse o abbandonate ” nell’attività di recupero trasferite all’Agenzia in questione dal Commissario del Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania in forza dell’art. 33 (“ Cessazione dello stato di emergenza idrogeologica e bonifica delle acque: misure organizzative ”) della legge della Regione Campania 30 gennaio 2008, n. 1 (“ legge finanziaria 2008 ”);
g ) questi provvedimenti sub f ) sono stati impugnati da So.Ge.M s.r.l. con il ricorso numero 7274 del 2010;
h ) il contenzioso sub d ) ed e ) ed il contenzioso sub f ) e g ) sono stati definiti con la sentenza del Tar di Napoli n. 4421/2011, non appellata ma coeva alla qui appellata sentenza n. 4420/2011.
La suddetta sentenza n. 4421/2011:
- ha respinto il ricorso n. 7061 del 2005 sub d ) ed e );
- ha accolto il ricorso n. 7274 del 2010 sub f ) e g ), e per l’effetto annullato i provvedimenti con esso impugnati e accolto la domanda risarcitoria nei limiti di cui in motivazione. In particolare quella sentenza n. 4421/2011 ha statuito che anche la sola attività di recupero ambientale comporta attività del giacimento, dovendosi ritenere “cava autorizzata” anche quella, produttiva o non produttiva, in cui si svolge la sola attività di ricomposizione ambientale: anche se in fase di sospensione o autorizzata al solo recupero ambientale. Situazione – precisa quella sentenza n. 4421/2011 - in cui si trova la cava oggetto dei provvedimenti impugnati ( id est quella del presente giudizio d’appello).
1.2 - Dato il giudicato sub h ), la cava oggetto del presente giudizio deve dunque ritenersi, anche se svolge la sola attività di ricomposizione ambientale, “cava autorizzata”.
Ma ciò non comporta l’infondatezza delle censure d’appello, le quali – diversamente dall’assunto del Tar – escludono l’assentibilità dell’istanza tesa ad ottenere la dichiarazione di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 5 della legge regionale n. 54\1985, delle aree adiacenti alla cava.
Trattasi infatti di aree adiacenti e dunque non coincidenti con la “cava autorizzata”, posto che ai sensi del citato art. 5, comma 3, della legge regionale n. 54/1985 l’autorizzazione ha per oggetto il complesso estrattivo comprendente la coltivazione della cava, ivi comprese le discariche e i connessi impianti di trattamento di materiali “ ubicati dentro il perimetro della cava ”.
L’adiacenza dei suoli di interesse a quella che è invece la cava propriamente detta è incontestata ed esposta nel ricorso di primo grado, il quale precisa che su questa “ porzione di suolo ” è stata realizzata “ una parte degli impianti indispensabili all’esercizio dell’attività di cava ”.
La sentenza appellata rileva che una porzione delle opere necessarie all’attività estrattiva, compresi impianto di frantumazione, uffici, pesa, depositi di macchinari, ecc…, insiste nel perimetro di cava assistito da autorizzazione regionale (particelle 2 e 20 del foglio di mappa 3 del Comune di Castel Morrone) e che - come da risultanze di giudizio penale – quanto alla particella 20 tale porzione del territorio era stata, almeno in parte, contemplata nell’istanza di prosecuzione a suo tempo presentata dagli interessati ai sensi dell’art. 36 della legge regionale n. 54\1985, originario titolo legittimante. Ma la circostanza che nel perimetro di cava insistessero opere sussidiarie dell’attività estrattiva, e che opere omologhe insistessero nell’area - adiacente - oggetto della istanza di dichiarazione di pubblica utilità non concreta la ulteriore e differente circostanza, richiesta dalla legge regionale per l’autorizzazione alla coltivazione, della ubicazione degli impianti “ dentro il perimetro della cava ”.
La sentenza appellata richiama anche l’ultimo periodo del citato art. 5, comma 3, della legge regionale n. 54\1985: “ nel caso che tali opere debbano essere eseguite su fondi di cui il titolare dell’autorizzazione non abbia il godimento, può essere richiesta la dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza, a norma dell’articolo 32 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 ”.;e rileva che anche l’attività di ricomposizione ambientale ( n.d.r. : unica consentita, alla data del decreto dirigenziale n. 38 del 10 aprile 2007 impugnato in primo grado, nel perimetro autorizzato: v. supra alle lettere c ) , d ) , e ) , f )) non potrebbe essere portata a compimento qualora nel sito di cava (nella fattispecie fuori dal perimetro autorizzato), pur essendo cessata l’attività estrattiva, siano in essere opere ed impianti connessi alla stessa, la cui presenza esclude la sistemazione idrogeologica, il risanamento paesaggistico e la restituzione del terreno circostante agli usi colturali che gli erano propri in precedenza, imposti dall’art. 9 della medesima legge regionale n. 54\1985. Ma questa tematica attiene alla dismissione degli impianti, ivi compresi gli ingombranti impianti di frantumazione presenti nell’area - adiacente - ambita;ed è da risolversi, per quell’area adiacente in esame (tornata, in esito al citato giudizio civile, nella disponibilità dei proprietari), con strumenti diversi da una espropriazione finalizzata a coltivare la cava: quest’ultima alla data dell’atto impugnato non era da coltivare ma da dedicare a ricomposizione ambientale, con la partecipazione dei proprietari tornatine in possesso.
2.- L’appello va dunque accolto.
Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
Data la particolarità della vicenda, che vede pronunce giurisdizionali di differente portata giuridica, le spese dei due gradi possono essere compensate.