Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-02, n. 202304372

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-02, n. 202304372
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304372
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 04372/2023REG.PROV.COLL.

N. 05002/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5002 del 2022, proposto da
G A T, rappresentata e difesa dall'avvocato R I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Rosario Maria Infantino in Reggio Calabria, via S. Caterina Traversa Privata n. 21;

contro

Comune di Palizzi, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria sezione staccata di Reggio Calabria n. 00235/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2023 il Cons. A F e udito per le parti l’avvocato Gentile, in dichiarata delega dell’avvocato Infantino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, l’avvocato Gpina Toscano ha agito in ottemperanza per ottenere l’esecuzione del giudicato derivante dal decreto ingiuntivo n. 534/2020, emesso dal Tribunale civile di Reggio Calabria in data 15.7.2020, nell’ambito del procedimento iscritto al R.G.N. 1596 R.G., non opposto, dichiarato esecutivo con decreto del 27.10.2020, e munito di formula esecutiva in data 2.11.2020, con il quale è stato ingiunto al Comune di Palizzi il pagamento, in favore della ricorrente, della somma di euro 14.487,54, oltre agli interessi come da domanda, nonché delle spese della procedura di ingiunzione. L’avvocato G A T ha richiesto il pagamento della suddetta somma per l’attività professionale prestata in difesa dell’Ente municipale.

2. Con sentenza n. 235 del 2022, il Tribunale adito ha dichiarato il ricorso inammissibile, ravvisando la condizione ostativa all’esame del merito rinveniente nel divieto imposto dall’art. 248, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2020, atteso che, con delibera n. 39 del 31.7.2020, la Commissione Straordinaria ha dichiarato il dissesto finanziario del Comune di Palizzi, ai sensi dell’art. 246 del d.lgs. 267 del 2000. Il Collegio ha ritenuto la suddetta disposizione applicabile in via analogica anche ai giudizi di ottemperanza, al fine di realizzare la c.d. cristallizzazione dei debiti a tutela della par condicio creditorum . Il Giudice di prima istanza ha evidenziato, altresì, che i fatti a cui è correlato il provvedimento giurisdizionale sono cronologicamente ricollegabili all’arco temporale anteriore al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, e il provvedimento successivo, che determina l’insorgere del titolo di spesa, deve essere imputato alla Gestione liquidatoria, privando l’ente comunale della relativa capacità giuridica (sotto il profilo civilistico) e competenza amministrativa su quel debito, che non è più ad esso imputabile. Il T.A.R. ha ritenuto che, nella specie, il fatto genetico dell’obbligazione, dalla quale il credito in contestazione è sorto, non può rintracciarsi nella sentenza contenente la statuizione di condanna dei soccombenti al pagamento delle spese legali in favore del Comune convenuto vittorioso, dovendo, al contrario, propriamente ricondursi all’atto di gestione costituito dal conferimento dell’incarico per la difesa in giudizio, risalente ad epoca di gran lunga anteriore (e precisamente al 2015) rispetto alla dichiarazione di dissesto finanziario.

3. Gpina A T ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, lamentando l’erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti sotto distinti profili, nonchè l’illogicità della statuizione.

4. Il Comune di Palizzi, benchè evocato in giudizio, non ha svolto difese.

5. All’udienza del 9.2.2023, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

6. Con il primo mezzo, la ricorrente lamenta l’erroneità dei presupposti e il travisamento dei fatti, in quanto la sentenza appare fondata su un presupposto non veritiero, ossia che l’avvocato T aveva sottoscritto con il Comune di Palizzi una convenzione relativa ai compensi professionali.

A differenza di quanto ritenuto dal T.A.R., non è rinvenibile alcuna pattuizione con la quale si sarebbe previsto un compenso da calcolarsi secondo la tabella di cui al D.M. 55/2014 abbattuta al massimo consentito, ossia del 50%. L’atto cui farebbe riferimento il Collegio di prima istanza sarebbe la deliberazione di Giunta Comunale n. 59 dell’8.9.2015, con cui l’organo esecutivo dell’ente si sarebbe determinato per la costituzione in giudizio e per l’affidamento dell’incarico all’avvocato T. Il mandato, successivamente, è stata conferito con regolare procura. La suddetta delibera, secondo l’appellante, sarebbe un atto interno, proprio dell’Ente, e non già una convenzione tra le parti, come invece erroneamente ritenuto dal T.A.R. Inoltre, non corrisponderebbe al vero che l’avvocato T non avrebbe contestato che il compenso andasse calcolato alla luce della suddetta delibera, avendo prodotto in giudizio una lettera del 12.5.2020, nella quale, proprio con riferimento alla citata deliberazione di giunta comunale, puntualizzava che le delibere di conferimento incarico erano atti amministrativi interni, poiché la legittimazione dell’avvocato, ai fini dello svolgimento dell’incarico, trovava la sua fonte nella procura conferita dal legale rappresentante dell’Ente.

7. Con il secondo motivo, si denuncia che il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere che il fatto genetico dell’obbligazione sia da individuarsi nell’atto di conferimento dell’incarico per la difesa in giudizio. Secondo l’appellante, tale asserzione avrebbe senso se si fosse trattato di corrispondere all’avvocato T somme ulteriori gravanti sui fondi del Comune, e non nella situazione in cui le somme non solo non gravano sul bilancio dell’Ente, ma erano state già corrispondeste da parte soccombente.

Il Tribunale amministrativo non avrebbe considerato che diverse dalle entrate in senso tecnico sarebbero le entrate e le spese relative ai servizi per conto terzi e le partite di giro. Nella fattispecie, secondo l’appellante, il Comune avrebbe incamerato le somme corrisposte dalla parte soccombente e, anziché versarle al proprio difensore, previa allocazione tra le partite di giro, le avrebbe imputate al Titolo3, Tipologia 0200 alla voce ‘ Sanzioni amministrative per violazioni di regolamenti comunali, Ordinanze a norma di legge con vincolo di destinazione ’, quanto ad euro 4.464,90;
al Titolo 3 Tipologia 0500, alla voce ‘ Recupero somme erroneamente versate ’ quanto ad euro 43,69, così violando l’art. 179 del TUEL ed eludendo la natura stessa dell’entrata.

L’esponente lamenta inoltre che, quant’anche il fatto genetico dell’obbligazione fosse da rinvenirsi nell’atto di conferimento incarico per la difesa in giudizio, il T.A.R. avrebbe dovuto soffermarsi sulle ragioni di diritto per le quali le somme dovute all’avvocato T non possono in alcun modo differire da quelle liquidate dal Giudice in sede processuale e non limitarsi, come è invece accaduto, a valutare l’importo dovuto in stretta correlazione con il rapporto giuridico e con la situazione di dissesto finanziario in cui versa il Comune convenuto. Al Collegio di prime cure sarebbe sfuggito che le somme assegnate con provvedimento giudiziale del 27.1.2020, anche esse oggetto di ricorso per decreto ingiuntivo, non ricadrebbero, per competenza, nel dissesto, fermo alle situazioni creditorie maturate fino al 31 dicembre dell’anno precedente, e neppure quelle di cui alla fattura n. 3 del 10.4.2019, stante il fatto che tali somme rientrano tra le ‘partite di giro’ e, quindi, sarebbero iscritte in entrata ed in uscita a soggetti diversi dall’Ente.

8. Con il terzo mezzo, l’appellante denuncia l’illogicità della statuizione contenuta nella sentenza impugnata sotto due profili. Un primo profilo riguarda il fatto che l’avvocato T ha emesso fattura, richiesta dal Comune, per l’intera somma e su essa ha provveduto a versare il 22% a titolo di IVA ed il 4% come CPA. Tali importi, corrisposti dalla parte soccombente, sono stati incamerati dal Comune che, oggi, pretenderebbe di corrispondere il 50%. Appare evidente che, con la corresponsione all’avvocato T del 50% anche dell’IVA, il Comune avrebbe posto in essere un vero e proprio illecito. Sotto un altro profilo, l’avvocato T, pur potendo chiedere la distrazione delle spese di lite, non lo ha fatto per garbo istituzionale, ma la mancata richiesta non può comportare né che le spese siano incamerate dal Comune, né che possano essere trattenuta (seppure nella misura del 50%) sine titulo.

9. I suddetti motivi, vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica.

Va premesso che G A T ha precisato che, per mero errore nella collazione di documenti, non ha provveduto a produrre, nel corso del giudizio di primo grado, la ricevuta di notificazione telematica al Comune resistente del titolo azionato in forma esecutiva.

Tale notifica è stata eseguita il 2 novembre 2020 e l’appellante ha prodotto la relativa ricevuta nel presente giudizio. Rappresenta, comunque, che trattasi di una questione superata dalla non contestazione da parte del Comune, oltre che sanabile ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., su richiesta del giudice, pertanto, ritiene che sotto tale profilo non sussistono le condizioni ostative all’esame del merito del ricorso.

9.1. In disparte la valutazione dell’ammissibilità della suddetta produzione documentale effettuata per la prima volta in sede di appello, a tale riguardo va evidenziato che il Collegio di prima istanza ha, preliminarmente, dato atto che la ricorrente non ha fornito prova della notifica al Comune resistente del titolo azionato in forma esecutiva (risultando tutte e tre le copie del decreto ingiuntivo versate al fascicolo processuale sprovviste della relata della notifica in questione), precisando che, nella specie, risulta documentata la sola notifica del titolo ai fini del decorso del termine per l’opposizione, curata dalla ricorrente in data 20.7.2020, a cui ha fatto seguito l’adozione del decreto di esecutorietà e la successiva spedizione in forma esecutiva, avvenuta il 2.11.2020.

Nonostante il suddetto vizio procedimentale, il Collegio di primo grado ha ritenuto correttamente di soprassedere dal richiedere, ai sensi dell’art. 73, comma 3 c.p.a., la prova della suddetta notifica, tenuto conto della sussistenza della condizione ostativa all’esame del merito del ricorso rinveniente nel divieto imposto dall’art. 248, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000.

10. Invero, questa Sezione condivide l’assunto argomentativo sostenuto dal Tribunale di prima istanza, tenuto conto della riconducibilità del credito azionato alla competenza dell’Organo straordinario di liquidazione (in seguito OSL), in quanto trattasi di un credito sorto in data anteriore alla delibera di dissesto finanziario del Comune di Palizzi, adottata in data 31.7.2020.

10.1. Ai sensi dell’art. 248, comma 2, e 4 del T.U.E.L., dalla data della dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 del citato T.U.E.L. non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’Ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’Organo straordinario di liquidazione. La disposizione esclude qualsivoglia possibilità di pagamento dei debiti pregressi, se non per il tramite della procedura rimessa all’Organo straordinario di liquidazione di cui agli artt. 252 e seg. dello stesso d.lgs. n. 267 del 2000. Dalla data di dichiarazione di dissesto i singoli creditori non possono intraprendere o proseguire azioni esecutive per debiti che rientrano ormai nella competenza dell’Organo straordinario di liquidazione fino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 del T.U.E.L., né i debiti insoluti possono produrre rivalutazione monetaria e interessi di qualsiasi natura.

Scopo precipuo della procedura di dissesto è quello di realizzare un assetto che assicuri il ripiano dei debiti dell’ente locale, laddove questo non sia in grado di far fronte alle pretese creditorie attraverso le procedure ordinarie di risanamento del bilancio (artt. 193 e 194 T.U.E.L.). Ciò tanto per il mezzo della scissione del bilancio dissestato da quello riequilibrato: nel primo vanno a confluire la massa dei debiti (art. 254 T.U.E.L.) e dei crediti (art. 255 T.U.E.L.) dell’ente;
col bilancio risanato, invece, l’Amministrazione dovrà adottare i necessari provvedimenti che incidano, eliminandole o attenuandole, sulle cause che hanno determinato lo squilibrio finanziario (art. 259 T.U.E.L.). A siffatto soddisfacimento dei crediti, nei limiti dell’attivo disponibile, è deputato l’Organo straordinario di liquidazione, il quale provvede a formulare una proposta ai creditori di soluzione, per lo più parziale, dei crediti vantati, sulla base di una ripartizione che assicuri la par condicio. Lo scopo delle norme sullo stato di dissesto è quello di salvaguardare le funzioni fondamentali dell’ente in stato di insolvenza, permettendogli di recuperare una situazione finanziaria di riequilibrio e, quindi, di normalità gestionale e di capienza finanziaria, che altrimenti sarebbe compromessa dai debiti sorti nel periodo precedente.

Secondo l’Adunanza Plenaria (sentenza 12 gennaio 2022, n. 1), la disciplina normativa sul dissesto del Comune, basata sulla creazione di una massa separata affidata alla gestione di un Organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente locale, può produrre effetti positivi soltanto se tutte le poste passive riferibili a fatti antecedenti al riequilibrio del bilancio dell’ente possono essere attratte alla predetta gestione, benchè il relativo accertamento giurisdizionale o amministrativo sia successivo, con l’unico limite rappresentato dall’approvazione del rendiconto della gestione che segna la chiusura della gestione liquidatoria;
dopo tale data, è evidente che non sarà più possibile imputare alcunchè a tale organo, in quanto, dal punto di vista giuridico, esso ha cessato la sua esistenza.

10.2. La questione all’esame di questa Sezione è quella di stabilire se il credito vantato dall’avvocato G A T rientra nella perimetrazione temporale della competenza dell’OSL ai sensi dell’art. 252 comma 4 del T.U.E.L. secondo cui “ L’organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato ”.

L’art. 5, comma 2, del d.l. n. 80 del 2004, norma di interpretazione autentica, ha altresì disposto che: “ Ai fini dell’applicazione degli artt.252, comma 4, e 254, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, si intendono compresi nella fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11, del medesimo Testo Unico ”.

Dalla piana lettura delle suddette disposizioni, emerge all’evidenza che il momento rilevante, ai fini dell’applicazione dell’art. 248 cit., è quello del fatto o atto di gestione a cui il debito accertato è correlato.

Nella specie, va rilevato che non si pongono questioni che riguardano il momento in cui è il credito è stato determinato, in quanto il decreto ingiuntivo n. 534/2020 è stato emesso dal Tribunale Civile di Reggio Calabria in data 15.7.2020, mentre la dichiarazione di dissesto è del 31.7.2020, pertanto in ogni caso il suddetto credito, precisato nel suo ammontare e qualificabile come liquido ed esigibile, è anteriore alla dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Palizzi. Pertanto, il decreto ingiuntivo che ha liquidato le spese all’avvocato è stato emesso nel medesimo anno del dissesto ma prima della relativa delibera n. 39 del 31.07.2020: conseguentemente, va riconosciuta l’esistenza di un credito già accertato in via giudiziale e relativo a fattispecie antecedenti rispetto alla dichiarazione di dissesto.

10.3. Ciò premesso, va esaminata la deduzione difensiva sostenuta dall’appellante la quale esclude che il credito azionato sia riconducibile a ‘fatti o atti di gestione’ per i quali l’art. 252, comma 4, T.U.E.L. stabilisce la competenza dell’organo di liquidazione, in quanto connesso temporalmente al momento in cui le parti soccombenti hanno versato al Comune, a titolo di spese legali, in esecuzione della condanna pronunciata con le sentenze conclusive dei giudizi nei quali esso si era avvalso del suo patrocinio, con la conseguenza che la disciplina del dissesto non potrebbe trovare applicazione, in quanto nella specie si tratterebbe non di un debito vero e proprio, ma di una partita di giro, ai sensi dell’art. 168 del medesimo T.U.E.L., essendo il Comune, nello stesso tempo, debitore e creditore delle somme in questione. Inoltre, secondo l’esponente, le suddette somme, in quanto assegnate con provvedimento del 27.1.2020, non ricadrebbero in ogni caso, per competenza, nel dissesto, fermo alle situazioni creditorie maturate fino al 31 dicembre dell’anno precedente.

L’assunto non coglie nel segno.

Come si è detto, ai fini della individuazione della competenza dell’OSL, assume rilievo determinante il momento in cui l’atto gestorio ha dato origine al conseguente compenso del professionista, che, nella specie, senza alcun dubbio, coincide con il conferimento del mandato difensivo. E’ l’assunzione dell’impegno professionale che genera l’obbligo del pagamento del relativo corrispettivo per le prestazioni rese dal difensore. Nel caso in esame, non è contestato che il conferimento dell’incarico per la difesa in giudizio dell’Ente è risalente al 2015, epoca certamente anteriore alla dichiarazione di dissesto finanziario.

Va, pertanto, condiviso quanto precisato dal giudice di prima istanza secondo cui il fatto genetico del credito deve essere ricondotto al momento del conferimento dell’incarico per la difesa in giudizio dell’Ente municipale all’avvocato G A T, che è di gran lunga antecedente alla dichiarazione di dissesto finanziario, anche se la liquidazione del relativo compenso si assume avvenuta in via definitiva solo successivamente.

L’assunto è in linea con l’indirizzo prevalente della giurisprudenza amministrativa, secondo cui la dichiarazione di dissesto di un ente locale preclude le azioni esecutive e assoggetta a procedura liquidatoria tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti intervenuti prima della dichiarazione di dissesto, anche se tali obbligazioni siano state liquidate in via definitiva solo successivamente (C.G.A.R.S. n.382 del 2018;
Cons. Stato n. 2141 del 2018). Se ne ricava che il divieto di azioni esecutive individuali, e l’estinzione dei giudizi promossi riguarda anche i giudizi di esecuzione di giudicati che si siano formati successivamente alla dichiarazione di dissesto, ma per fatti o atti anteriori alla dichiarazione medesima ( ex multis C.G.A.R.S. n. 590 del 2018).

Ciò in quanto, l’art. 252 del d.lgs. n. 267 del 2000, come interpretato dall’art. 5 del d.l. n. 80 del 2004, convertito con l. n.140 del 2004, nell’individuare la gestione di competenza dell’Organismo straordinario di liquidazione di ente locale dissestato consegna alla titolarità dell’Organismo tutti i fatti gestionali, la cui origine, come quello di specie, si riconduca fino alla conclusione dell’ultimo esercizio connotato dal bilancio approvato.

Ne consegue che non può essere condivisa la tesi difensiva che ritiene l’estraneità del credito alla pregressa attività gestoria, in ragione della valenza inizialmente ‘attiva’ della posta di bilancio in questione, in quanto incassata dall’Ente a titolo di spese legali all’esito di vertenze giudiziarie favorevolmente concluse, posto che, per quanto sopra argomentato, dalla data di dichiarazione di dissesto i singoli creditori non possono intraprendere o proseguire azioni esecutive per debiti che rientrano ormai nella competenza dell’Organo straordinario di liquidazione fino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 del T.U.E.L.

11. In definitiva l’appello va respinto ed ogni altra questione dedotta deve ritenersi assorbita, atteso che il giudizio di ottemperanza che abbia ad oggetto provvedimenti giurisdizionali recanti condanna della P.A. al pagamento di somme di denaro è equiparabile al giudizio di esecuzione e, pertanto, rientra nell’ambito di applicazione della richiamata disposizione normativa dell’art. 248, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000;
ciò in quanto la procedura di liquidazione dei debiti è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, in relazione alla molteplicità dei debiti contratti da un ente pubblico poi dichiarato dissestato, sicchè la tutela della concorsualità comporta, in linea generale, l’inibitoria anche del ricorso di ottemperanza, in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore (cfr. Cons. Stato n. 6035 del 2007).

12. Nulla va disposto per le spese di lite del grado, in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

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