Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-12-21, n. 201206652

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-12-21, n. 201206652
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201206652
Data del deposito : 21 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02046/2011 REG.RIC.

N. 06652/2012REG.PROV.COLL.

N. 02046/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2046 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Comune di Lubriano, Settore Ufficio Tecnico, rappresentati e difesi dall'avv. L G, con domicilio eletto presso Francesca Bultrini in Roma, via Giovanni Andrea Badoero 82;

contro

R P, rappresentato e difeso dall'avv. P C, con domicilio eletto presso P C in Roma, largo Messico 7;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 25707/2010, resa tra le parti, concernente accertamento di conformità demolizione delle opere oggetto di sanatoria edilizia.

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di R P;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2012 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati L G e P C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio P Romeo agiva per l’annullamento di una serie di atti relativi ad un intervento abusivo da lui realizzato e cioè: la nota del 18 giugno 2005 n.2431 con cui il Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Lubriano gli comunicava il rigetto della istanza del 21 ottobre relativa all’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n.380 del 2001 per la realizzazione di opere in località Pajme;
la comunicazione dell’avvio del procedimento della ingiunzione a demolire le opere oggetto di sanatoria;
con i motivi aggiunti, agiva per l’annullamento della comunicazione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del terreno distinto in catasto al foglio 14-part.864 884 della superficie catastale di mq.1010 complessiva, per inottemperanza all’ordinanza n.7 del 2003 e del verbale di sopralluogo redatto in data 1 ottobre 2005 nel quale veniva accertata l’inottemperanza alla suddetta ordinanza .

Il ricorrente aveva presentato nel 2003 variante in sanatoria ex art. 13 L.47 del 1985, rispetto a precedente concessione edilizia del 2001, diretta ad ottenere accertamento di conformità relativamente ad opere insistenti su area gravata da vincolo paesaggistico situata nel Comune di Lubriano-Località Pajme.

L’Amministrazione comunale, con il provvedimento impugnato con il ricorso originario, aveva rigettato la domanda, pur in presenza del parere favorevole della Commissione edilizia, non essendo pervenuti i pareri relativi ai vincoli paesistico-ambientali.

Il diniego si fondava su diversi motivi negativi: sul principio secondo l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi;
sul fatto che l’istanza di compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’art. 1, comma 39 della legge n.308 del 2004 non attiene al profilo autorizzatorio amministrativo, ma soltanto a quello penale e riguarda unicamente opere già completate;
sul mancato ottenimento del nulla-osta relativo al vincolo di cui all’art. 2 della legge n.64 del 1974.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, in particolare ritenendo fondato il motivo con il quale si deduceva che erano illegittimi gli atti impugnati, in quanto le incertezze interpretative relative al rapporto tra nulla osta paesistico e titolo edilizio imponevano quantomeno la necessità di sospendere il procedimento in attesa della pronuncia dell’autorità competente in materia paesistico-ambientale, alla quale soltanto competono le necessarie valutazioni circa i presupposti giuridici e fattuali rilevanti ai fini della concessione del prescritto nulla-osta. Tale valutazione sulla connessione tra i due procedimenti, secondo il primo giudice, valeva anche per il nulla-osta di cui all’art. 2 della legge n.64 del 1974. Conseguentemente, venivano ritenuti illegittimi in via derivata anche gli atti consequenziali e successivi, mentre veniva rigettata la domanda risarcitoria.

Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello il Comune di Lubriano, deducendo quanto segue. In fatto, il P aveva chiesto e ottenuto nell’anno 2001 concessione edilizia per edificare fabbricato di due piani;
nel settembre del 2003 il Comune accertava che il P aveva costruito un piano in più del consentito e ordinava la sospensione dei lavori, all’epoca risultanti di piano terra e seminterrato abusivo e ordinava la demolizione delle opere. Nell’ottobre 2003 il P presentava domanda di accertamento in conformità, come variante in sanatoria del piano ulteriore – seminterrato – dichiarando di realizzarlo interamente sotto il piano di campagna. In data 17 giugno 2004 la Commissione edilizia comunale esprimeva parere favorevole dal punto di vista edilizio, a condizione che l’intercapedine sul lato rampa garage avesse quota non superiore al piano di campagna, segnalando comunque la necessaria acquisizione dei previsti nulla osta della Regione Lazio;
il 3 luglio 2004 il Comune comunicava il parere favorevole, chiarendo che erano necessari i nulla osta paesistici;
in data 29 ottobre 2004 il privato chiedeva il nulla osta paesistico alla Regione Lazio ex legge 64 del 1974 e in data 25 gennaio 2005, dopo la entrata in vigore della legge 308 del 2004, chiedeva alla Regione Lazio di ottenere il parere di compatibilità paesaggistica dell’opera realizzata;
in data 8 marzo 2005 la Regione – in sostanza esprimendosi negativamente - comunicava al Comune che il condono si applicava soltanto alle opere abusive già ultimate entro il termine previsto dalla legge (30 settembre 2004);
in data 18 maggio 2005 il Comune, in mancanza dei nulla osta paesaggistico e sismico, comunicava al P il rigetto della domanda di accertamento in conformità e successivamente avviava il procedimento demolitorio e di acquisizione al patrimonio comunale.

Con l’atto di appello, quindi, si formulano i seguenti motivi: il nulla osta paesaggistico, così come quello sismico, sono atti presupposti rispetto all’accertamento in sanatoria;
l’art. 146 del d.lgs.n.42 del 2004 ha escluso la sanabilità postuma di interventi edilizi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico;
l’art. 1, comma 37 della legge n.308 del 2004 ha introdotto la possibilità di condonare opere realizzate senza preventiva autorizzazione, purchè completate ad una certa data.

Il primo giudice ha ritenuto illegittima l’attività del Comune, perché il nulla osta paesistico costituisce presupposto di efficacia del titolo edilizio e quindi il Comune avrebbe dovuto sospendere il procedimento, in attesa delle determinazioni degli organi ed enti competenti, in rispetto dei principi di affidamento del cittadino e buon andamento della pubblica amministrazione.

Il Comune appellante al contrario sostiene la correttezza del suo operato, in quanto la possibilità del parere di compatibilità paesaggistica ai sensi della legge 308 del 2004 esiste soltanto per le opere già ultimate alla data del 30 settembre 2004, circostanza che non ricorreva nella specie;
inoltre, la funzione dell’accertamento di compatibilità paesaggistica aveva efficacia estintiva soltanto degli effetti penali. L’appello fa anche presente che il procedimento penale a carico del P per reati edilizi e paesaggistici si è definito con sentenza di condanna confermata dalla Corte di Cassazione (n.2629 del 2009) e in tali pronunce anche i giudici penali hanno accertato che la costruzione del P non era stata completata alla data del 30 settembre 2004.

Il P, come ha chiarito anche la Regione Lazio dopo un periodo di iniziale incertezza sulla fattispecie regolata dalla legge 308 del 2004, non poteva ottenere il nulla osta paesistico, sia perché il nulla osta aveva soltanto effetti penali, ma anche per l’assorbente ragione che l’opera era incompleta alla data del 30 settembre 2004.

L’appello sostiene altresì che le medesime considerazioni – in sostanza di motivazione al provvedimento negativo – valevano in relazione alla mancanza del nulla osta sismico (legge 64 del 1974).

Si è costituito l’appellato, che deduce in modo generico a sua volta la inammissibilità per genericità dell’appello;
nel merito deduce che la norma straordinaria del c.d. condono paesaggistico del 2004, di deroga al divieto generalizzato dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria di cui all’art. 146 del d.lgs.42 del 2004, imponeva di sospendere il procedimento riguardante il titolo edilizio, in quanto non di competenza comunale. Inoltre, con riguardo alla affermazione secondo cui il condono paesaggistico avrebbe solo effetti penali, in contrario richiama parere del Consiglio di Stato (sezione II, n.1956 del 2005).

L’appellato sostiene la infondatezza dell’appello, in quanto in ogni caso il Comune non poteva sostituirsi ad altre autorità, preposte alle valutazioni di tipo paesistico e sismico.

Con atto del 16 gennaio 2012 il difensore del Comune appellante ha depositato nota con copia di note della Regione Lazio del 16 novembre 2001 e del 15 giugno 2011, dichiarandone la indispensabilità ai sensi dell’art. 104 c.p.a..

In particolare, con la nota del 16 novembre 2011 la Regione Lazio conclude (in modo chiaramente ancora una volta negativo) nel senso che il Comune, a conclusione dell’accertamento in conformità, avrebbe dovuto (cioè era vincolato a) rigettare l’istanza, adottando i consequenziali provvedimenti demolitori.

L’appellato P al proposito ha dedotto l’inammissibilità del deposito documentale, chiedendo in via subordinata rinvio ai fini della formulazione di motivi aggiunti. Fa presente di avere presentato in data 29 luglio 2009 una richiesta di permesso di costruire che, a seguito delle decisioni penali, aveva ad oggetto la riduzione in pristino dei luoghi in conformità al giudicato penale e la sanatoria urbanistica dell’interrato senza modifica dell’aspetto esteriore dei luoghi.

Con atto notificato in data 19 marzo 2012 l’appellato di primo grado ha depositato atto di motivi aggiunti per essere venuto a conoscenza di ulteriori vizi rispetto agli atti originariamente impugnati, ai sensi dell’art. 104 del cpa..

Con secondi motivi aggiunti, notificati in data 30 luglio 2012, l’appellato P ha impugnato l’ulteriore atto del 30 maggio 2012 con il quale il Comune, nel riesaminare la vicenda a seguito della sentenza di primo grado, ha nuovamente rigettato la richiesta di accertamento di conformità.

Tale atto, come risulta dal deposito avvenuto, risulta impugnato altresì in primo grado con ricorso dinanzi al Tar del Lazio.

Alla udienza pubblica del 18 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

'DIRITTO'

In primo luogo, non può non rilevarsi che, rispetto agli atti negativi originariamente impugnati - e cioè il rigetto della domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 DPR 380 del 2001, proposta dall’appellato in data 21 ottobre 2003 e la nota dell’8 marzo 2005 della Regione Lazio – si è avuta una sostituzione a seguito della emanazione degli atti con i quali l’intera vicenda è stata riesaminata, a seguito della sentenza oggetto di appello.

Pertanto non può non rilevarsi il sopravvenuto difetto di interesse e quindi l’improcedibilità (del ricorso originario oltre che dei motivi aggiunti in appello).

La sostituzione degli atti impugnati a mezzo di nuovi provvedimenti non meramente confermativi dei precedenti rende improcedibile il ricorso (tra tante, Consiglio di Stato, IV, 15 settembre 2006).

La parte appellata, P Romeo, ha depositato copia del ricorso al Tribunale amministrativo, giudice di primo grado, con cui è stato impugnato il provvedimento del 30 maggio 2012 n.1942 notificato in data 31 maggio 2012, cui tramite il quale il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Lubriano ha disposto il rigetto dell’istanza avanzata in data 21 ottobre 2003 n.3564, relativa all’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 dpr 380 del 2001, per la realizzazione di opere in località Paime, via degli Ulivi, eseguite in difformità, oltre che la nota dell’8 marzo 2005 della Regione Lazio e nota dell’Area autorizzazioni paesistiche della Regione Lazio del 15 giugno 2011 prot.n.8759, in quanto richiamate per relationem nel diniego di accertamento di conformità sopra indicato.

Pertanto, pronunciandosi sull’appello, in riforma della appellata sentenza, che va quindi annullata senza rinvio, va dichiarata la improcedibilità del ricorso originario.

Vanno dichiarati altresì improcedibili per carenza sopravvenuta di interesse, a causa della su dichiarata improcedibilità, i primi motivi aggiunti proposti in appello dall’appellato, con i quali venivano fatti valere vizi asseritamente emersi successivamente al giudizio di primo grado.

Vanno dichiarati inammissibili i secondo motivi aggiunti, proposti in primo grado, avverso i provvedimenti con i quali è stato disposto il diniego di sanatoria con nota dell’Area Legislativo, Contenzioso e Vigilanza della Regione Lazio dell’8 marzo 2005 prot.n. 23262 e nota dell’Area Autorizzazioni paesistiche della Regione Lazio del 15 giugno 2011 prot.n.8759.

La parte ricorrente P (in realtà appellata) ha depositato altresì copia del ricorso dinanzi al Tar Lazio proposto avverso i medesimi atti.

L’articolo 10 del c.p.a. prevede che in grado di appello non possono essere proposte domande nuove, né eccezioni non rilevabili di ufficio.

La ratio è chiara e consiste nel divieto di novorum in appello, anche al fine di evitare la violazione della regola del doppio grado di giudizio, a tutela di tutte le parti, se non nei limiti previsti dal codice di rito (su tale principio, tra tante, Consiglio di Stato, III, 10 aprile 2012, n.2067;
V, 22 marzo 2012, n.1640).

L’art. 104 al terzo comma prevede che “Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”.

Nella specie dell’oggetto dei secondi motivi aggiunti, non si tratta di documenti non prodotti da cui emergano vizi prima non conosciuti, ma più propriamente di nuovi atti attraverso i quali le amministrazioni, come detto, hanno riesaminato la vicenda amministrativa a seguito della sentenza di accoglimento in primo grado.

Pertanto, come peraltro la parte ricorrente P (appellata in appello) dimostra di avere fatto (producendo altresì copia del ricorso innanzi al giudice di primo grado), i suddetti atti debbono essere correttamente impugnati in primo grado, mentre va dichiarata l’inammissibilità dell’impugnativa svolta direttamente, omisso medio, in grado di appello.

In definitiva, pronunciando sull’appello, in riforma della sentenza appellata, che va annullata senza rinvio, va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso originario;
va dichiarata l’improcedibilità altresì dei primi motivi aggiunti in appello;
va dichiarata l’inammissibilità dei secondi motivi aggiunti proposti dall’appellato in grado di appello.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione totale delle spese del doppio grado di giudizio.

DIRITTO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, pronunciando sull’appello, in riforma della sentenza appellata, che annulla senza rinvio, dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso originario;
dichiara l’improcedibilità altresì dei primi motivi aggiunti in appello;
dichiara l’inammissibilità dei secondi motivi aggiunti proposti dall’appellato in grado di appello.

Spese compensate del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

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