Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-04, n. 201500533
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N. 00533/2015REG.PROV.COLL.
N. 07675/2011 REG.RIC.
N. 08817/2011 REG.RIC.
N. 09062/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7675 del 2011, proposto dalle Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, ciascuna in persona del legale rappresentante
pro tempore,
tutte rappresentate e difese dall'avvocato M L, con domicilio eletto presso l’Associazione Codici in Roma, Via G. Marconi, n. 94;
contro
Società E. G s..r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberta M, Avilio P e Franco G, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Franco Sacchetti, n. 114;
nei confronti di
Comune di Roma, in persona del Sindaco
pro tempore
,
rappresentato e difeso dall'avvocato Angela R, domiciliato in Roma, Via del Tempio di Giove, n. 21;
Provincia di Roma, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna De Maio, domiciliato in Roma, Via IV Novembre, n. 119/A;
Arpa Lazio, Asl 104 - Rm/D, Regione Lazio, non costituiti;
sul ricorso numero di registro generale 8817 del 2011, proposto da Arpa Lazio - Agenzia Regionale Protezione Ambientale del Lazio, in persona del Commissario straordinario, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Ovidio, n. 20;
contro
Società E. G s..r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberta M, Avilio P e Franco G, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Franco Sacchetti, n. 114;
nei confronti di
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela R, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, n. 21;Asl 104 Rm/D, Regione Lazio, Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato M L, con domicilio eletto presso l’Associazione Codici in Roma, Via G. Marconi, n. 94;
sul ricorso numero di registro generale 9062 del 2011, proposto da Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Magnanelli, Angela R, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, n.21;
contro
Società E. G s..r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberta M, Avilio P e Franco G, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Franco Sacchetti, n. 114;Arpa Lazio, Asl 104 - Rm/D, Regione Lazio, non costituiti;Associazioni Codici-Centro Per i Diritti del Cittadino, Codici Lazio - Centro Per i Diritti del Cittadino, Codiciambiente, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avvocato M L, con domicilio eletto presso l’Associazione Codici in Roma, Via G. Marconi, n. 94;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata resa dal T.A.R. per il Lazio – Roma - Sezione II, n. 6617 del 22 luglio 2011.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società E. G s.r.l., del Comune di Roma, della Provincia di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014 il Cons. L M T e uditi per le parti gli avvocati L, P, G, M, R e S;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna vicenda trae origine dal ricorso proposto dalla Soc. E G S.r.l. per l’annullamento: I) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Roma n. 255 in data 12.11.2010;II) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;III) nonché, con motivi aggiunti, del verbale di sopralluogo in data 16.12.2010.
2. Il TAR per il Lazio, con la pronuncia indicata in epigrafe accoglieva il suddetto ricorso, annullando l’ordinanza del Sindaco del Comune di Roma, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione. Il primo giudice giungeva a questa conclusione dopo aver svolto attività istruttoria, consistita nel disporre, ai sensi dell’art. 66 cod. proc. amm., verificazione volta a chiarire in particolare i seguenti profili: I) idoneità degli interventi di cui alla avversata ordinanza a soddisfare le esigenze di pubblico interesse nella stessa manifestate;II) le condizioni della loro realizzabilità e la relativa fattibilità;III) i margini di riconducibilità all’attività espletata dalla odierna ricorrente dei fenomeni che hanno determinato l’amministrazione ad adottare la citata ordinanza.
Il TAR per il Lazio faceva, quindi, proprie le conclusioni della disposta verificazione che era giunta a ritenere che: “ le prescrizioni contenute nell’ordinanza del Sindaco di Roma, sia pur ispirate da una ragionevole e comprensibile esigenza di salvaguardia ambientale, non sono da ritenere idonee al caso in quanto prive di pratica fattibilità nei termini in cui queste vengono enunciate ”… “ pur non potendo escludere un effetto indotto dalla discarica sul carico ambientale complessivo, la mancanza di significativi dati fa ritenere che non è possibile allo stato attuale esprimere margini diritti e quantificabili di riconducibilità all’attività espletata dalla discarica di Malagrotta ”.
La caducazione dell’ordinanza sindacale veniva pronunciata dal giudice di prime cure nella convinzione che l’azione amministrativa sarebbe dovuta essere rinnovata alla luce degli approfondimenti tecnici emersi in occasione delle complessive operazioni disposte in occasione della verificazione.
3. Con un primo gravame – rubricato al nrg. 7675 del 2011 – tre Associazioni di tutela ambientale e consumerisitica (meglio indicate in eprigrafe) hanno evidenziato l’erroneità della sentenza di prime cure in quanto:
a) la verificazione disposta sarebbe priva di riscontri fattuali e non fonderebbe su accessi o indagini in loco;
b) il verificatore non avrebbe, tenuto conto delle valutazioni delle c.t.p., né delle analisi prodotte, né avrebbe spiegato le ragioni della presenza in falda di inquinanti tipicamente derivati dall’inquinamento da discarica, non darebbe conto delle modalità di trattamento dei rifiuti per le quali sarebbe stata aperta una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea;
c) dalla verificazione emergerebbe, inoltre, che l’unico strumento utilizzato dalla E. G s.r.l., per evitare l’inquinamento in falda risalirebbe al 1987, ma ciò nonostante non sarebbero state effettuate verifiche in zona per comprendere l’effettiva tenuta del polder ;
d) le critiche del verificatore circa l’impossibilità di effettuare il pompaggio, disposto con l’ordinanza sindacale, sarebbero riconducibili ad un vizio originario del polder che dovrebbe essere sanato dalla E. G s.r.l.;
e) la difficoltà di individuare il nesso causale tra inquinamento della falda e attività della discarica evidenzierebbe una mala gestio della stessa. Il TAR non spiegherebbe, perché sarebbero più affidabili i dati del verificatore in luogo di quelli dell’ISPRA e del Ministero dell’Ambiente;in ragione della responsabilità oggettiva in materia ambientale, in presenza di inquinamento della falda, spetterebbe al ricorrente di dimostrare di aver fatto tutto il necessario per evitare l’inquinamento.
3.1. Si è costituita in giudizio E.G s.r.l. che ha messo in luce come nel corso degli anni, nella qualità di gestore della discarica di Malagrotta abbia costantemente monitorato e messo in opera anche di propria iniziativa interventi tesi ad escludere fenomeni di inquinamento e che gli stessi non le sarebbero addebitabili. Infatti, lo studio universitario del 16 ottobre 2009 commissionato dalla E.G s.r.l. avrebbe appurato la tenuta del polder . Tutti i rapporti sulle indagini svolte dalla E.G s.r.l. sarebbero stati messi a disposizioni della conferenza di servizi del 26 ottobre 2009, nella quale A.R.P.A. e A.S.L. avrebbero evidenziato l’estraneità dell’inquinamento della falda con esclusione dell’obbligo di messa in sicurezza. Nel successivo incontro tecnico si sarebbe lamentato un peggioramento della situazione, quindi l’A.R.P.A. avrebbe adottato una nota con la quale avrebbe chiesto alla E.G s.r.l. la messa in sicurezza, nota che sarebbe stata impugnata, quindi sarebbe sopraggiunta l’ordinanza sindacale oggetto del ricorso di prime cure adottata in difetto dei presupposti oggettivi e soggettivi. Gli accertamenti svolti dai consulenti della Procura della repubblica di Roma in capo al legale rappresentante della E.G s.r.l. avrebbero confermato la tenuta del polder , la riconducibilità dell’inquinamento anche a fattori ambientali, l’impossibilità di accertare un nesso causale. In ragione di tutto ciò l’appellata invoca la conferma della sentenza di prime cure.
In via subordinata ha riproposto sia i motivi del ricorso introduttivo non esaminati dal TAR: - a) mancato accertamento preventivo della situazione di pericolo;b) difetto del presupposto della contingibilità;c) difetto di motivazione;d) temporaneità del rimedio;e) mancanza di strumenti alternativi;f) violazione dell’art. 7, l. 241/90;g) violazione degli artt. 239, 242, 244 d.lgs. 152/2006, per incompetenza, assenza dei presupposti soggettivi, esclusione del peggioramento delle contaminazioni, insussistenza delle condizioni di emergenza;h) irragionevolezza e illogicità delle prescrizioni - che quelli posti a sostegno del ricorso per motivi aggiunti con i quali veniva impugnato il verbale di sopralluogo del 16 dicembre 2010 (violazione degli artt. 239, 242, 244 d.lgs. 152/2006, per assenza dei presupposti soggettivi, esclusione della cd. responsabilità da posizione, insussistenza delle condizioni di emergenza e di eventi di contaminazione di natura repentina, violazione dell’art. 3, l. 241/90 e difetto di presupposti e di istruttoria quanto all’imposizione dell’obbligo di eseguire prove con traccianti, ed alle altre prescrizioni imposte).
3.2. Nello stesso giudizio si sono costituite Roma Capitale e la Provincia di Roma;, quest’ultima, con memoria del 13 marzo 2012, ha evidenziato il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiesto di essere estromessa dal giudizio.
3.3. Con memoria della stessa data E.G s.r.l., nel ribadire le proprie difese, ha posto in risalto che con determinazione n. 287 del 15 febbraio 2012, Roma capitale avrebbe sospeso il procedimento di bonifica a suo carico in ragione di quanto disposto dalla sentenza impugnata. L’impossibilità di individuare le cause dell’inquinamento sarebbero state riconosciute anche dal rapporto ISPRA del 2011. Pertanto, non potrebbe essere addossato all’appellata l’onere della bonifica. In questo senso sarebbero irrilevanti le determinazioni provinciali entrambe del 13 maggio 2010 aventi ad oggetto ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 12 d.lgs. 22/1997 (omessa tenuta di registri) e ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 11 d.lgs. 22/1997 (incompleta comunicazione annuale al catasto dei rifiuti) depositate da Roma Capitale, che sarebbero state opposte dinanzi al Tribunale di Roma.
4. Con autonomo appello la pronuncia indicata in epigrafe viene contestata anche dall’A.R.P.A., che pone in luce come dal 2003 al 2010 l’A.R.P.A. Lazio avrebbe rilevato la situazione di non conformità ampia e diffusa delle acque sotterranee esterne al sito della discarica. Vi sarebbe stata, nel corso del giudizio di prime cure, richiesta di sostituzione del verificatore Prof. Ing. Massimo Grisolia, non accolta dal primo giudice, essendosi lo stesso già occupato della discarica di Malagrotta sia per conto del’Università che per conto della stessa E. G s.r.l.
Vi sarebbe stata violazione del contraddittorio in quanto il verificatore nominato in prime cure non avrebbe tenuto conto delle osservazioni del c.t.p. di A.R.P.A. Il primo, inoltre, non avrebbe effettuato in contraddittorio i sopralluoghi, avrebbe espresso considerazioni solo sui documenti, non avrebbe effettuato nuovi campionamenti sulla scorta delle eccezioni sollevate da ARPA, da ciò sarebbe evincibile: a) una carenza di motivazione della sentenza;b) un’erroneità della decisione perché erronee sarebbero le conclusioni alle quali giungerebbe la verificazione.
4.1. Nel giudizio si è costituita E. G s.r.l. con memoria dell’11 novembre 2011.
4.2. In data 25 novembre 2011 si è costituita la Provincia di Roma, evidenziando il proprio difetto di legittimazione passiva.
4.3. Con memoria del 25 novembre 2011 E.G s.r.l. ha sottolineato che il ricorso di ARPA sarebbe infondato, perché il verificatore avrebbe preso in esame l’indagine svolta dall’ISPRA e le considerazioni tecniche espresse dai consulenti dell’ARPA. Infatti, il verificatore avrebbe dato atto che dalle stesse emergeva l’esigenza di ulteriori indagini stante l’impossibilità di stabilire un nesso causale tra la gestione della discarica e l’inquinamento. La richiesta di indagini in loco sarebbe stata disattesa dal verificatore, stante la completezza della documentazione in suo possesso e l’impossibilità in ragione della grande estensione della discarica e della complessità costruttiva del diaframma di poter giungere ad ulteriori acquisizioni. Inoltre, il complessivo svuotamento dell’acqua sarebbe impedito dalla complessità del modello idraulico della discarica costituita da discariche non comunicanti tra di loro, sicché l‘intervento prescritto nell’ordinanza impugnata non sarebbe attuabile. Ancora la stessa indagine dell’ISPRA non chiarirebbe la presenza di un nesso causale tra l’attività della discarica e l’inquinamento. La relazione dell’ARPA esprimerebbe dei dubbi sul fatto che la contaminazione possa derivare dai valori di fondo dei terreni. Nello stesso senso sarebbe l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di dell’11 gennaio 2011 che avrebbe respinto la richiesta di incidente probatorio formulata dalla Procura della Repubblica di Roma sulla scorta delle stesse conclusioni alle quali giungevano i tecnici nominati dalla Procura. Gli stessi consulenti tecnici della Procura hanno escluso che potesse essersi registrato un peggioramento della contaminazione. Nello stesso senso militerebbero le verifiche effettuate dalla stessa ARPA che indicherebbe come anche i pozzi a monte della discarica evidenziano un superamento dei livelli di contaminazione da metalli. Con la stessa memoria E.G s.r.l. ripropone i motivi non esaminati dal TAR.
4.4. Con memoria dell’1 dicembre 2011 si è costituita in giudizio Roma Capitale.
4.5. Con memoria del 13 marzo 2012 la Provincia di Roma ha ribadito il proprio difetto di legittimazione passiva.
4.6. Con memoria della stessa data E. G s.r.l. nel ribadire le proprie difese, ha posto in evidenza che con determinazione n. 287 del 15 febbraio 2012, Roma capitale avrebbe sospeso il procedimento di bonifica a suo carico in ragione di quanto disposto dalla sentenza impugnata. L’impossibilità di individuare le cause dell’inquinamento sarebbero state riconosciute anche dal rapporto ISPRA del 2011. Pertanto, non potrebbe essere addossato alla E.G s.r.l. l’onere della bonifica. In questo senso sarebbero irrilevanti le determinazioni provinciali entrambe del 13 maggio 2010 aventi ad oggetto ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 12 d.lgs. 22/1997 (omessa tenuta di registri) e ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 11 d.lgs. 22/1997 (incompleta comunicazione annuale al catasto dei rifiuti) depositate da Roma Capitale, che sarebbero state opposte dinanzi al Tribunale di Roma.
4.7. Con memoria di replica del 23 marzo 2012 E.G s.r.l. ha affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’A.R.P.A. con la relazione tecnica dell’ing. Cintoli secondo la quale nei pozzi a monte della discarica si registrerebbero concentrazioni inferiori ai limiti di legge per la potabilità, da una simile affermazione non potrebbe ricavarsi l’ascrivibilità alla E.G s.r.l. della contaminazione dell’area circostante la discarica. In ogni caso andrebbe rimarcato che l’indagine per stabilire la potabilità dell’acqua ex d.lgs. 32/2001 sarebbe differente da quella prevista ex d.lgs. 152/2006, per questo nei pozzi a monte quell’indagine non avrebbe rilevato la presenza di metalli. La situazione rilevata dal verificatore sarebbe stata confermata dalla consulenza disposta dalla Procura della Repubblica di Roma. Inoltre, non vi sarebbero prove circa la non tenuta del polder , che, al contrario, sarebbe invece comprovata dallo studio dell’Università di Roma del 16 ottobre 2009.
5. Altro appello autonomo viene proposto da Roma Capitale, che invoca la riforma della sentenza di prime cure per le seguenti ragioni: a) inammissibilità del ricorso di primo grado per acquiescenza, eccezione proposta e non esaminata dal TAR per il Lazio, e fondata sul fatto che il decreto commissariale n. 43 del 22 maggio 2007, avrebbe approvato con prescrizioni il piano di caratterizzazione della discarica richiedendo alla E.G s.r.l. di adottare le misure di sicurezza. Terminata la gestione commissariale il comune di Roma in data 9 settembre 2009 avrebbe invitato la E.G s.r.l. ad attuare le misure di sicurezza;b) violazione del principio del contraddittorio, per non avere il verificatore motivato sulle osservazioni dei tecnici di parte, in particolare quelle del geologo B, e per non aver effettuato sopralluoghi;c) inammissibilità del sindacato di merito svolto dal TAR, che avrebbe adottato la contestata pronuncia di accoglimento pur non avendo riscontrato profili di illogicità, irragionevolezza o travisamento. Né si comprenderebbe come i tempi lunghi di intervento per la messa in sicurezza stimati dal verificatore in 16 anni implicherebbero la non attuabilità degli stessi;d) violazione del principio di precauzione;e) erroneità della decisione derivante dall’erroneità delle conclusioni della verificazione, in quanto il verificatore non avrebbe espresso un giudizio sulle idoneità delle prescrizioni. Ancora il giudizio di fattibilità sarebbe stato raggiunto senza effettuare prove in loco. Quanto all’ascrivibilità dell’inquinamento all’attività della discarica il verificatore avrebbe omesso di fare riferimento ad una serie importante di documenti, che evidenzierebbero come a 800 mt. a monte della discarica l’acqua sarebbe potabile, e conforme ai limiti di legge. Inoltre, lo studio dei valori di fondo non sarebbe stato condotto utilizzando un numero adeguato di pozzi. Ancora tra le sostanze rilevate dall’A.R.P.A. sarebbe presente il composto NBBSA, che è un marker del percolato derivato dalla degradazione della plastica. Vi sarebbe la presenza di pozzi a valle della discarica inquinati, ed evidenze piezometriche del flusso idrico proveniente dalla discarica, la presenza di un gradiente interno alla discarica con direzione di flusso complessiva diretta come nella falda esterna;f) erroneità della motivazione della sentenza.
5.1. Con memoria del 18 novembre 2011 si è costituita in giudizio E.G s.r.l.
5.2. Con memoria del 25 novembre 2011 si è costituita in giudizio la Provincia di Roma, evidenziando il proprio difetto di legittimazione passiva.
5.3. Con memoria del 25 novembre 2011 E.G s.r.l. ha posto in luce che il ricorso di primo grado non sarebbe inammissibile, perché l’ordinanza sindacale impugnata sarebbe stata adottata sulla scorta di una nuova istruttoria e di una nuova valutazione. Non vi sarebbe violazione del contraddittorio, perché il verificatore avrebbe tenuto in considerazione i rilievi dei tecnici delle altre parti. Il sindacato del TAR non avrebbe riguardato il merito. Non vi sarebbe violazione del principio di precauzione e sarebbe stata data adeguata risposta dal verificatore ai quesiti posti dal TAR. La presenza del NBBSA non sarebbe qualificata a livello scientifico come marker del percolato e sarebbe comunque sostanza presente anche a monte della discarica. L’estraneità di un nesso causale tra l’inquinamento e la presenza della discarica sarebbe stata esclusa anche dalla consulenza della Procura della Repubblica di Roma. Con la stessa memoria, infine, E.G s.r.l. ha riproposto i motivi assorbiti.
5.4. Con memoria del 12 marzo 2012 la Provincia di Roma ha ribadito il proprio difetto di legittimazione passiva.
5.5. Con memoria della stessa data E.G s.r.l. nel reiterare le proprie difese, ha posto in evidenza che con determinazione n. 287 del 15 febbraio 2012, Roma capitale avrebbe sospeso il procedimento di bonifica a suo carico in ragione di quanto disposto dalla sentenza impugnata. L’impossibilità di individuare le cause dell’inquinamento sarebbero state riconosciute anche dal rapporto ISPRA del 2011. Pertanto, non potrebbe essere addossato alla G l’onere della bonifica. In questo senso sarebbero irrilevanti le determinazioni provinciali entrambe del 13 maggio 2010 aventi ad oggetto ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 12 d.lgs. 22/1997 (omessa tenuta di registri) e ingiunzione di pagamento per violazione dell’art. 11 d.lgs. 22/1997 (incompleta comunicazione annuale al catasto dei rifiuti) depositate da Roma Capitale, che sarebbero state opposte dinanzi al Tribunale di Roma.
6. Con sentenza n. 2539 del 3 maggio 2012 questa Sezione:
a) ha riunito i tre appelli ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a.;
b) ricostruiti i fatti di causa ha disposto una nuova verificazione sulla scorta delle seguenti ragioni:
la decisione appellata ha recepito le risultanze della verificazione, svolta in prime cure dal prof. Grisolia, la cui nomina era stata contestate dalle odierne appellanti, documentandosi che il medesimo aveva svolto, in precedenza, attività di consulenza e studio nell’interesse dell’originaria ricorrente occupandosi proprio della discarica di Malagrotta, oltre che pubblicato lavori in sede scientifica sullo stesso tema. Il Tar per il Lazio aveva, però, ritenuto di non accogliere la richiesta di sostituzione del verificatore, in assenza di una posizione di formale incompatibilità, sia in ragione della sua specifica competenza e indiscussa professionalità,che della circostanza che per l’espletamento della verificazione era stato prescritto un canone di pieno contraddittorio. Ciò nonostante gli Enti appellanti hanno proposto censure con le quali lamentano proprio che né il verificatore né il primo Giudice abbiano tenuto effettivo conto delle loro deduzioni tecniche;che il verificatore non abbia condotto sopralluoghi in sito, l’esperimento dei quali in contraddittorio era stato, nondimeno, richiesto dai consulenti di parte;che, infine, pur avendo il Tribunale fatto “salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione capitolina”, in concreto le conclusioni del decisum adesivo alla verificazione, dove si afferma che non sarebbe possibile allo stato “esprimere margini diritti e quantificabili di riconducibilità all’attività espletata dalla discarica di Malagrotta”, limiterebbero non poco l’intrapresa di ulteriori azioni a carico della titolare della discarica.
Pertanto, la Sezione ha ritenuto che la problematica tecnica oggetto di controversia esigesse un rinnovato ed approfondito esame, indispensabile ai fini della decisione della causa, ed ha delegato il Rettore del Politecnico di Torino per l’individuazione di un collegio di tre verificatori, onerando quest’ultimi di prendere posizione, in contraddittorio con le parti, sugli stessi quesiti formulati a suo tempo dal primo Giudice, con obbligo di motivazione analitica e adeguata anche sulle deduzioni dei consulenti di parte. Nella stessa pronuncia è stata evidenziata la necessità che il collegio di verificazione dovesse però in ogni caso specificamente esprimersi anche sui seguenti punti, al fine di chiarire se le relative affermazioni di parte appellante fossero, o meno, fondate:
“ - se è vero che a monte della discarica, dove quindi questa non può esplicare la propria influenza, la falda non sarebbe inquinata, e quindi l’acqua risulterebbe potabile, mentre a valle della discarica la stessa falda sarebbe invece contaminata (cfr. appello Arpa, pag. 16;appello ass. Codici, pag. 4;appello Comune Roma, pagg. 10 e 16);
- se è vero che molti degli agenti inquinanti rinvenuti sarebbero componenti suscettibili di essere ragionevolmente considerate come caratteristiche del percolato, e comunque dell’inquinamento da discarica (appello Comune, pagg. 16, 17 e 20;appello ass. Codici, pag. 4);
- se è vero, infine, che nell’area si registrerebbe una concentrazione particolarmente elevata ma disomogenea di metalli nei vari punti di indagine, anche molto vicini tra loro (appello Arpa, pag. 6) ”.
6.1. In data 17 novembre 2012 il collegio dei verificatori, nel chiedere una proroga per l’espletamento degli incombenti loro affidati, ha evidenziato la possibilità di due distinti tipi di verificazione: a) con esami in loco;b) sui documenti, chiedendo chiarimenti al Collegio.
6.2. Con memoria dell’11 dicembre 201, l’appellata ritiene la ipotesi sub a) non praticabile perché comporterebbe una sostituzione all’amministrazione comunale e non riuscirebbe ad accertare lo stato di fatto esistente nel 2010.
6.3.. Con memoria dell’11 dicembre 2012 il comune Roma ha sottolineato la presenza di altra documentazione che comproverebbe la legittimità del provvedimento assunto, ma si è rimessa al Collegio, quanto ai chiarimenti richiesti dai verificatori.
6.3. La Sezione con ordinanza n. 6517 del 19 dicembre 2012, ha disposto l’invocata proroga e stabilito che la rilevanza della controversia e la delicatezza dei valori in giuoco, esigendo un’indagine adeguatamente approfondita, non avrebbe permettono di prescindere da indagini in sito, con la conseguenza che il collegio dei verificatori nell’espletamento dell’incarico avrebbe dovuto attenersi all’ipotesi di lavoro identificata nella sua nota al punto a). Nella stessa ordinanza il Collegio ha precisato non avere pregio l’apodittica obiezione dell’appellata per cui attraverso siffatto incombente il collegio di verificazione verrebbe inammissibilmente a sostituirsi all’Amministrazione comunale, dal momento che l’incombente ha una semplice funzione di ausilio alla decisione giurisdizionale della presente controversia e che la funzione di ausilio appena detta non viene meno per il mero fatto che l’opera dei verificatori si sarebbe svolta a distanza di tempo dall’epoca di adozione degli atti la cui legittimità deve formare oggetto di sindacato.
6.4. In data 2 febbraio 2013 i verificatori hanno depositato una nuova richiesta di chiarimenti in ordine alla: a) collocazione temporale della vicenda;b) concetto di potabilità.
6.5. Con memoria del 15 marzo 2013 l’appellata ha posto in evidenza che le indagini in loco sarebbero inutili, perché non potrebbero evidenziare la situazione del 2010 ma solo quella attuale. Quanto al secondo chiarimento dovrebbe ritenersi che l’indagine andrebbe espletata non sulla potabilità dell’acqua, ma sull’eventuale contaminazione della falda
6.6. Con memoria del 4 aprile 2013 il Comune di Roma ha sostenuto che quanto al primo accertamento della situazione a base del provvedimento impugnato, sarebbe errato ritenere che nel corso di due anni possa essere significativamente variata la situazione. Quanto al secondo non sarebbe necessario verificare la potabilità dell’acqua, ma l’inquinamento.
6.7. Il Consiglio con ordinanza n. 1963 del 10 aprile 2013 è intervenuto sulle due questioni, precisando che: a) il presente giudizio concerne la legittimità dell’ordinanza sindacale del 12 novembre 2010, da valutare in via di principio alla luce della situazione di fatto e di diritto del tempo, e non è quindi strumentale ad esigenze di intervento operativo strettamente attuali;b) per quanto appena detto, non vi è dubbio che ai fini della richiesta verificazione un’importanza centrale sia rivestita da tutte le acquisizioni analitiche e da ogni altra risultanza precedenti all’ordinanza sindacale (o immediatamente consecutive);c) nondimeno, da parte del collegio di verificazione dovranno svolgersi sul campo anche tutte le ulteriori indagini che si presenteranno utili ad arricchire ed approfondire il quadro degli elementi di valutazione disponibili per la risposta ai quesiti a suo tempo fissati, onde ridurre i margini di eventuale incertezza e pervenire ad un giudizio il più possibile fondato (pur dovendo tenersi nel debito conto, va da sé, anche il fatto che lo stato attuale dei luoghi non necessariamente coinciderà con quello antecedente);d) che il secondo quesito attiene al concetto di potabilità, domandando il collegio istante “se sia corretta l’interpretazione di individuare l’oggetto della verifica nell’accertamento della modificazione degli indici di inquinamento di tipo chimico dell’acqua di falda a conseguenza dell’impatto della discarica, a prescindere da valutazioni non supportate da riscontro analitico in merito alla potabilità”;e) in proposito, che l’interpretazione formulata dal collegio di verificazione é corretta, occorrendo avere riguardo ai parametri di inquinamento della risorsa idrica oggetto delle istruttorie che stanno a base dell’ordinanza sindacale impugnata dalla società in questa sede appellata.
6.8. All’esito di nuova richiesta di proroga da parte dei verificatori, concessa con ordinanza n. 4723 del 25 settembre 2013, quest’ultimi hanno depositato (in data 25 febbraio 2014), il documento di verificazione con gli allegati, nei quali sono offerte le considerazioni, le analisi, le indagini di campo e i calcoli effettuati dal collegio dei Verificatori, per la risposta ai quesiti posti.
La “sintesi non tecnica” delle risposte dettagliate fornite nel Cap.