Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-06-26, n. 202306244

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-06-26, n. 202306244
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306244
Data del deposito : 26 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2023

N. 06244/2023REG.PROV.COLL.

N. 10147/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10147 del 2018, proposto da
M P P, rappresentata e difesa dall'avvocato D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A M, G A e B M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano, 23 ottobre 2018 n. 298


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023, il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato Adriano Tortora, in sostituzione dell'avvocato D G, e l’avvocato A M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La signora M P P espone di essere proprietaria dell’immobile sito in Bolzano, via Thuille n. 15, catastalmente individuato presso l’Ufficio Tavolare come segue: “P.M. 2 e 26 della p.ed. 1019 in P.T. 4266/II C.C. Gries” e di avere presentato, in data 6 settembre 2017 (rectius: 5 settembre 2017), presso l’Ufficio Gestione del Territorio del Comune di Bolzano domanda per il rilascio di concessione edilizia per il mutamento di destinazione d’uso del suddetto immobile da terziario in abitativo, finalizzata al ripristino dell’originaria destinazione urbanistica dell’immobile.

Il Comune di Bolzano, con provvedimento del 21 novembre 2017, sulla base del parere contrario reso dal Servizio Igiene Sanità Pubblica del 29 agosto 2017, ha respinto l’istanza della richiedente.

Il TRGA, Sezione Autonoma di Bolzano, con la sentenza n. 298 del 23 ottobre 2018, ha respinto il ricorso proposto avverso tali atti dalla signora P.

Di talché, l’interessata ha notificato e depositato il presente appello, articolando i seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 23 bis del d.P.R. n. 380 del 2001. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto. Travisamento. Sviamento di potere. Perplessità. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

Nel caso di specie, non vi sarebbe alcun mutamento di destinazione urbanistica rilevante posto che la richiesta di concessione sarebbe stata semplicemente preordinata a ricondurre l’immobile all’originaria destinazione abitativa.

In origine, il fabbricato era costituito da 54 unità abitative, tutte adibite a destinazione residenziale, ma nell’anno 1990 è stata cambiata la destinazione d’uso per la Pm 2 al piano seminterrato, da appartamento ad ufficio, accolta con certificato del 10 aprile 1990.

Pertanto, la signora P ha chiesto il cambio di destinazione d’uso, da ufficio ad appartamento, “come in origine costruito”.

Dalla stessa documentazione fotografica allegata, risulterebbe che l’effettiva ed attuale destinazione dell’immobile è quella abitativa, con la conseguenza che l’Amministrazione non potrebbe che prenderne atto.

Il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante sarebbe quello che riguarda l’utilizzo dell’immobile in forma diversa da quella per cui era originariamente costruita.

2) Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 23 bis del d.P.R. n. 380 del 2001 sotto ulteriore e diverso profilo. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, Travisamento. Sviamento di potere. Perplessità. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

L’illegittimità e la contraddittorietà degli assunti del primo giudice, secondo cui la destinazione urbanistica “originaria” è quella esistente al momento della presentazione della domanda e non invece quella esistente al momento di realizzazione dell’immobile, emergerebbero anche sotto un diverso ma connesso profilo.

L’immobile oggetto di causa fa parte di un edificio realizzato nel 1933, costituito da 54 unità abitative, tutte originariamente adibite a destinazione residenziale, conformemente a quanto previsto dal vigente PUC del Comune di Bolzano, che classifica la zona in cui è situato l’immobile come B2, e cioè residenziale.

Se si accogliesse la tesi del primo Giudice, si perverrebbe alla paradossale situazione secondo cui 53 unità immobiliari su 54 dell’edificio de quo, rimarrebbero adibite a destinazione residenziale, conformemente a quanto previsto dal P.U.C. vigente, mentre l’unità immobiliare di proprietà della Signora P, sarebbe urbanisticamente destinata ad ufficio, in difformità a quanto previsto dalla disciplina urbanistica vigente, senza peraltro che ciò sia avvenuto mediante il procedimento di variante urbanistica.

Pertanto, l’unica interpretazione possibile della definizione di destinazione urbanistica “originaria” non potrebbe che essere di quella residenziale, ossia quella originariamente posseduta da tutte le unità abitative dell’edificio all’epoca di realizzazione, nonché attualmente prevista dallo strumento urbanistico del Comune di Bolzano.

Né del resto potrebbe ammettersi che all’interno del medesimo edificio possano coesistere più unità immobiliari aventi destinazione urbanistica diversa, in parte abitativa, conforme allo strumento urbanistico, in parte non abitativa e non conforme allo strumento urbanistico.

3) Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 75 della L.P. n. 13/1997 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 23 – bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto. Travisamento. Sviamento di potere. Perplessità. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

Se è pur vero che l’art. 75, comma 2, della L.P. n. 13 del 1997 distingue la destinazione abitativa (lett. a) dalla “attività terziaria” (lett. c) è altrettanto innegabile che la destinazione ad ufficio, non potrebbe essere in alcun modo assimilata a quest’ultima e pertanto dovrebbe essere ricompresa nella destinazione abitativa/residenziale.

Infatti, entrambi gli usi (ufficio ed abitativo) prevedono la permanenza continuativa di persone e pertanto sono riconducibili alla categoria.

In ragione dell’assenza di opere edilizie e del mancato aumento del carico urbanistico, il mutamento di destinazione da ufficio ad abitazione (come peraltro in origine previsto) non determinerebbe il passaggio tra le diverse categorie funzionali in quanto “l'utilizzazione di un appartamento come studio professionale in zona residenziale non dà luogo a trasformazione urbanistica, non modificando la tipologia "residenziale" dell'immobile”.

4) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 75 della L.P. n. 13/1997 in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 23 – bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sotto ulteriore e diverso profilo. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto. Travisamento. Sviamento di potere. Perplessità. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

Nel caso di specie, non vi sarebbe un utilizzo dell’immobile diverso dalla destinazione originaria, posto che l’istanza formulata dalla Signora P è proprio finalizzata a ricondurre la destinazione dell’immobile a quella originaria (cioè abitativa), per cui il diniego opposto dall’Amministrazione sarebbe illegittimo.

5) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 23 – bis del D.P.R. 6 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22 del Regolamento edilizio del Comune di Bolzano approvato con delibera prot. n. 90959 n. 117 del 5.12.2006, pubblicata all’albo Pretorio dal 12.12.2006 per 10 giorni consecutivi e divenuta esecutiva con la deliberazione della Giunta Provinciale in data 12.2.2007 nonché in relazione al D.P.P. 9 novembre 2009, n. 54. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto. Travisamento. Sviamento di potere. Perplessità. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

L’immobile de quo, risalente al 1933, aveva originariamente destinazione abitativa ed il Regolamento Comunale edilizio, il cui art. 22 è stato applicato nella fattispecie, è entrato in vigore successivamente, sicché il suddetto divieto non può operare nel caso di specie.

Diversamente opinando, infatti, si verificherebbe un’illegittima applicazione, in via retroattiva, di un Regolamento, in violazione dell’art. 11 delle Preleggi, la cui portata, peraltro, incide in modo negativo sui diritti dominicali dell’esponente, il che, oltre che illogico, presenterebbe significativi dubbi di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 41 Cost.

L’immobile presenterebbe tutti i requisiti prescritti per l’uso abitativo.

6) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 23 – bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della Legge 7 agosto 1990, 241 e s.m.i. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria. Travisamento. Sviamento di potere. Perplessità.

Se l’Amministrazione si fosse avveduta dell’originaria destinazione abitativa dell’edificio, e della necessità della ricorrente di ricondurvi anche l’immobile si sua proprietà, non avrebbe certamente denegato il titolo edilizio.

In particolare, l’originaria destinazione abitativa dell’immobile, avrebbe costituito senz’altro “presupposto rilevante” per l’emanazione della richiesta concessione edilizia, sicché non vi sarebbe dubbio che nel caso di specie l’istruttoria dell’Ufficio sia stata insufficiente.

7) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 23 – bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della Legge 7 agosto 1990, 241 e s.m.i. Mancata rilevazione dell’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto e di istruttoria. Travisamento. Sviamento di potere. Illogicità ed irrazionalità manifeste. Contraddittorietà intrinseca ed estrinseca. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.

Il diniego sarebbe contraddittorio rispetto ai precedenti atti autorizzativi e, in particolare, rispetto ai precedenti atti di assenso al mutamento di destinazione d’uso.

8) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 23 – bis del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.. in relazione all’illegittimità derivata dalla illegittimità costituzionale degli artt. 69 e 70 della Legge Provinciale 11 agosto 1997, n. 13, per violazione degli artt. 4 e 8 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, approvato con Legge Cost. 26 febbraio 1948, n. 5 e dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione. Violazione del principio fondamentale della separazione funzionale tra l’attività di indirizzo politico e l’attività di gestione. Violazione dei principi in materia di giusto procedimento amministrativo.

Secondo il Collegio “la lettura coordinata delle disposizioni della legge urbanistica provinciale e di quelle della legge sul procedimento, attribuiscono al Sindaco il potere di “rilascio” del provvedimento finale di concessione (o negazione) del titolo edilizio, ma non la competenza a istruire l’affare a esso relativo, né quella di “elaborare” il provvedimento finale medesimo”.

La suddetta ricostruzione presuppone una sorta di suddivisione delle competenze tra organo dirigenziale ed organo politico all’interno del procedimento amministrativo, che non trova alcun riscontro nell’ordinamento giuridico.

In secondo luogo, si rileva che le suddette, asserite, peculiarità della legislazione provinciale non potrebbero in ogni caso essere in contrasto con i principi costituzionali in materia.

Il principio di separazione funzionale costituisce uno dei cardini della riforma dell’Amministrazione locale e si configura non solo quale principio fondamentale di matrice legislativa, ma quale vero e proprio principio generale di organizzazione delle amministrazioni statali, regionali e locali, quale corollario dei principi costituzionali che regolano l’azione amministrativa.

I principi rubricati escluderebbero che vi possa essere ingerenza dell’organo politico nella fase gestionale propria del rilascio di un titolo edilizio, richiedente valutazioni tecniche scevre da qualsiasi elemento di indirizzo politico.

La competenza della Provincia autonoma di Bolzano è perimetrata dagli artt. 4 e 8 dello Statuto, che precisa come la stessa deve essere esercitata “in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica”.

Gli artt. 69 e 70 della Legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13, nell’attribuire la competenza al rilascio della concessione al Sindaco sarebbero quindi in contrasto con il disposto dell’art. 97 Cost e dell’art. 4 dello Statuto speciale per il Trentino – Alto Adige, approvato con Legge cost. 26 febbraio 1948, n. 5, e dei principi rubricati, ed in particolare del principio generale, che anche la Legge provinciale di Bolzano deve rispettare, della separazione tra attività di diritto politico ed attività gestionale.

Pertanto, ove si ravvisasse il requisito della rilevanza nel caso in esame, ai sensi dell’art. 1 della Legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e dell’art. 23 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, dovrebbe essere sollevata questione di legittimità costituzionale delle disposizioni legislative suindicate.

9) Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.92 c.p.c.

Il primo giudice avrebbe illegittimamente condannato la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio a favore del Comune nella esorbitante somma di Euro 3.000,00, mentre avrebbe necessariamente dovuto procedere alla compensazione delle spese del giudizio, sussistendone i presupposti di legge.

Le gravi ed eccezionali ragioni per procedere alla compensazione sarebbero da individuarsi nell’accertata destinazione urbanistica ad uso abitativo dell’immobile oggetto di causa.

Il Comune di Bolzano ha contestato la fondatezza delle argomentazioni dedotte, concludendo per il rigetto dell’appello.

Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno delle rispettive difese.

All’udienza pubblica del 4 aprile 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è infondato e va di conseguenza respinto.

2.1 Il Comune di Bolzano, con provvedimento del 21 novembre 2017 - in esito alla domanda di concessione edilizia presentata dalla signora P in data 5 settembre 2017, tesa ad ottenere il cambio di destinazione d’uso, da terziario in abitativo, sulla p.ed. 1019 C.C. Gries p.m. 2 e 26 sito in via Thuille n. 15 a Bolzano - ha respinto l’istanza visto il parere contrario del Servizio Igiene e Sanità pubblica del 29 agosto 2017.

Il parere sanitario negativo sul progetto edilizio del 29 agosto 2017 ha rilevato che:

Ai sensi dell’art. 22 del Regolamento comunale edilizio non sono ammessi seminterrati ad uso abitazione permanente.

I locali risultano interrati per oltre 1 m. e l’illuminazione naturale in alcuni vani è carente.

I locali presentano una intercapedine perimetrale parziale.

Si rileva dagli atti che i vani in progetto risultavano adibiti ad abitazione prima di essere trasformati in ufficio ”.

2.2. Le doglianze proposte dalla signora P, sebbene sviluppate in modo plurimo e sotto diversi angoli prospettici, sono incentrate prevalentemente sul fatto che, essendo originariamente l’immobile a destinazione abitativa, non si sarebbe trattato di un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, dovendosi prendere a riferimento l’originaria destinazione dell’immobile, dall’altro, che tra le due destinazioni non vi sarebbe comunque cambio di categoria urbanistica, dovendo la destinazione ad ufficio essere ricompresa nella categoria abitativa/residenziale, per cui il permesso di costruire non avrebbe potuto essere negato.

In particolare, l’appellante ha evidenziato che la richiesta di concessione sarebbe stata semplicemente preordinata a ricondurre l’immobile alla originaria destinazione abitativa e che il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante sarebbe solo quello che riguarda l’utilizzo dell’immobile in forma diversa da quella per cui era originariamente costruita.

In definitiva, secondo le argomentazioni sviluppate della signora P, l’unica interpretazione possibile della definizione di destinazione urbanistica “originaria” non potrebbe che essere quella residenziale, ossia quella originariamente posseduta da tutte le unità abitative dell’edificio all’epoca di realizzazione.

Le prospettazioni della parte appellante non possono essere condivise.

In primo luogo, se è vero, che, sin dal momento della costruzione del fabbricato, tutti gli immobili in esso compresi avevano destinazione urbanistica, è un fatto incontestato che, dal 1990, su richiesta dell’avente titolo, l’immobile in discorso ha mutato la destinazione d’uso ad ufficio.

Pertanto, ai fini della richiesta di cambio di destinazione d’uso, non può esserci dubbio che la destinazione precedente, alla quale il richiedente intende rinunciare, è quella esistente al momento della richiesta e non quella esistente al momento della realizzazione del fabbricato, altrimenti non vi sarebbe alcuna necessità di chiedere il rilascio della concessione edilizia per cambio di destinazione d’uso, venendo a coincidere la destinazione cui si intende rinunciare con quella che si intende acquisire.

Viceversa, con l’istanza del 5 settembre 2017, l’interessata ha espressamente chiesto il rilascio di concessione edilizia per “cambio di destinazione d’uso ovvero ripristino dello stato originale della proprietà”, nella evidente consapevolezza della necessità di un titolo edilizio che legittimasse tale mutamento.

Infatti, nel caso di specie, sulla base del principio tempus regit actum, il mutamento di destinazione d’uso è urbanisticamente rilevante sia con riferimento alla legislazione provinciale di Bolzano, applicabile alla fattispecie, sia anche con riferimento alla legislazione nazionale.

L’art. 75 della L.P. n. 13 del 1997, ratione temporis vigente, al secondo comma, distingue determinate destinazione d’uso di costruzioni, tra cui: abitazione (a) e attività terziaria eccettuato il commercio (b) e, al comma 3, indica che “cambiamenti di destinazione d’uso nell’ambito delle categorie di cui al comma 2 sono urbanisticamente rilevanti e quindi il cambiamento di destinazione d’uso di costruzioni esistenti nonché di aree, anche se attuato senza interventi edilizi, è considerato variante essenziale ai sensi dell’articolo 82, comma 2, e, se attuato senza concessione edilizia, comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria …”.

Parimenti, a livello nazionale, il primo comma dell’art. 23-ter d.P.R. n. 380 del 2001 stabilisce che, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;

a-bis) turistico-ricettiva;

b) produttiva e direzionale;

c) commerciale;

d) rurale.

Il mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, quindi, è ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, con o senza opere, che comporti il passaggio ad una diversa categoria funzionale, tra quelle indicate, vale a dire è solo quello che comporta il passaggio tra l’una e l’altra delle categorie funzionalmente autonome indicate dalla legge, indipendentemente dalla realizzazione o meno di opere.

In tal modo è assicurata tutela alla zonizzazione e controllo sull’adeguatezza degli standard in relazione all’incidenza dei diversi usi.

Nella fattispecie in esame, pertanto, il cambio di destinazione d’uso è urbanisticamente rilevante, in quanto la destinazione muta da ufficio, vale a dire da destinazione terziario-direzionale, ad abitativa, per cui necessitava la concessione edilizia che, infatti, è stata chiesta dall’interessata.

La destinazione terziario-direzionale è articolata in attività direzionali (sedi di enti e società pubblici e privati), attività di servizio alle imprese ed alle persone (studi professionali) e strutture specializzate per servizi privati (cliniche, scuole e centri di formazione), per cui è questa la categoria urbanistica che assume rilievo nel detto cambio di destinazione d’uso ed è funzionalmente autonoma da quella abitativa.

2.3. Per quanto attiene alla possibilità di collocare uffici nella zona B2, residenziale di completamento, il Collegio, a prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune di Bolzano per violazione del divieto dei nova in appello, evidenzia in primo luogo che tale questione non assume alcun rilievo ai fini della definizione della controversia, in quanto tale destinazione era stata impressa a seguito del cambio di destinazione d’uso del 1990, mai posto in contestazione.

In ogni caso, sebbene la zona B2 sia destinata prevalentemente alla residenza, non vi è motivo di ritenere, né di ciò è stato fornito prova dalla parte, che in tale zona non possa essere consentita la collocazione di studi professionale e commerciali, anche nell’ambito di un medesimo edificio.

Anzi, ai sensi dell’art. 27 della L.P. n. 13 del 1997, nelle zone con funzione residenziale, la nuova cubatura deve essere destinata nella misura del 60% alla costruzione di alloggi non aventi le caratteristiche di lusso, per cui è consequenziale ritenere che il residuo possa avere una diversa destinazione, tra cui quella terziario-direzionale.

2.4. La destinazione ad ufficio assunta dall’immobile nel 1990 determina l’applicabilità del regolamento comunale edilizio, precedentemente entrato in vigore, per cui il diniego emesso dal Comune di Bolzano risulta esaurientemente motivato per relationem al parere sanitario negativo del Servizio Igiene e Sanità pubblica del 29 agosto 2017, il quale specifica, in particolare, che, ai sensi dell’art. 22 del detto regolamento, non sono ammessi seminterrati ad uso abitazione permanente.

2.5. La questione della competenza all’adozione dell’atto, attribuita dalla legge provinciale di Bolzano al Sindaco, non assume alcun rilievo ai fini della definizione della presente controversia, in quanto il provvedimento conclusivo del procedimento, pur adottato per il Sindaco dal Vicesindaco, è stato sottoscritto anche dalla Direttrice dell’Ufficio Gestione del territorio, così come tale dirigente, in data 16 ottobre 2017, ha trasmesso all’interessata la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda.

Pertanto, la dedotta questione di legittimità costituzionale è sprovvista di rilevanza.

2.6. La condanna alle spese di lite disposta in primo grado, infine, è del tutto in linea con il principio di cui all’art. 91 c.p.c., cui rimanda l’art. 26 c.p.a., secondo cui le spese del giudizio gravano sulla parte soccombente.

3. Per tutto quanto esposto, l’appello è infondato e va di conseguenza respinto.

4. Va da sé che, in relazione alle molteplici specificazioni e puntualizzazioni delle doglianze contenute negli atti di appello, il Collegio ha preso in considerazione, nella motivazione della presente sentenza, solo quelle ritenute astrattamente rilevanti ai fini della definizione del giudizio, per cui i profili eventualmente non menzionati si intendono privi di sostanziale interesse.

5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, sono poste a carico dell’appellante ed a favore del Comune di Bolzano.

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