Consiglio di Stato, sez. C, parere definitivo 2014-12-15, n. 201404056
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Numero 04056/2014 e data 15/12/2014
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 20 novembre 2014
NUMERO AFFARE 02343/2014
OGGETTO:
Ministero dell'interno ufficio affari legislativi e parlamentari.
Schema di d.P.R. recante regolamento di attuazione dell’art. 5, co. 1, l. 10 dicembre 2012, n. 219, in materia del riconoscimento dei figli naturali.
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 22/A2014002391/III senza data, pervenuta in Segreteria l’11 novembre 2014, con la quale il Ministero dell’Interno (Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari) chiede il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto;
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, Consigliere Damiano Nocilla;
Premesso:
Riferisce l’Amministrazione che “la legge 10 dicembre 2012, n. 219, ha riformato la materia della filiazione naturale e del relativo riconoscimento, eliminando dall’ordinamento le residue distinzioni tra figli legittimi e figli naturali ed affermando il principio dell’unicità dello stato giuridico dei figli.
Sempre allo scopo di eliminare ogni discriminazione tra i figli, anche adottivi, l’art. 2 della legge n. 219 del 2012 ha conferito una delega” al Governo all’adozione di uno o più decreti legislativi “per la modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità, al fine dì adeguarle ai nuovi principi da essa introdotti nell’ordinamento”.
La medesima legge, “all’articolo 5, comma 1, ha anche previsto che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della normativa delegata fossero apportate le necessarie e conseguenti modifiche alla disciplina regolamentare dello stato civile, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396”.
Il Governo ha esercitato la delega legislativa “attraverso l’adozione del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, entrato in vigore il 7 febbraio 2014, con il quale, all’articolo 105, è stata disposta la sostituzione, in tutta la legislazione vigente, delle parole “potestà genitoriale” con “responsabilità genitoriale”, “figlio legittimo” con “figlio nato nel matrimonio”, “figlio naturale” con “figlio nato fuori del matrimonio” ed è stata stabilita la soppressione delle parole “figli legittimati”.
Lo schema di regolamento sul quale viene richiesto il parere di competenza “intende, pertanto, dare attuazione alle sopracitate disposizioni, trasponendo nella normazione secondaria il principio dell’unicità dello stato giuridico dei figli ed adeguando la terminologia con le nuove definizioni introdotte dal predetto articolo del decreto legislativo n. 154 del 2013”.
Dopo aver ricordato che l’articolo 5 della legge n. 219 del 2012 prevede che il regolamento di modifica del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 venga adottato, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta delle amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 2 della citata legge n. 219 citata, e cioè su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’interno, del Ministro della giustizia, del Ministro per le pari opportunità e del Ministro o Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri delegato per le politiche per la famiglia, l’Amministrazione riferente fa presente che le politiche per la famiglia fanno capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mentre non risulta assegnata la delega per le pari opportunità;il che spiega come sia stato chiesto il concorso del Ministro del Lavoro e non vi sia stato nell’iter dello schema in oggetto quello del Ministro o Sottosegretario delegato per le pari opportunità.
Lo schema di decreto consta di un solo articolo, diviso in due commi.
Nel comma 1, in ossequio alla disposizione dell’art. 105 d.lgs. n. 154 del 2013, si prevede, per l’intero regolamento, che l’espressione riferita ai figli naturali sia sostituita dal riferimento ai figli nati fuori del matrimonio: tale sostituzione è disposta esplicitamente nella rubrica del titolo VII (vedi lett. a), nell’art. 28, co. 1, lett. b) (vedi lett. b), nell’art. 29, comma 2 (vedi lett. c), nell’art. 30, comma 4 (vedi lett. d), alla rubrica e al comma 1 dell’art. 42 (vedi lett. f) nn. 1 e 2), nell’art. 43, comma 1 8Vedi lett. g), nell’art. 45, comma 1 (vedi lett. h) n. 1, nell’art. 46, comma 1 (vedi lett. i), nell’art. 47, comma 1 (vedi lett. l), nell’art. 49, comma 1, lett. K (vedi lett. n), n. 1) e all’art. 98, comma 2, la sostituzione per la sua necessaria intera riformulazione (vedi lett. q), anche al fine di modificare l’espressione “figlio nato all’estero da genitori legittimamente uniti in matrimonio” con quella “figlio nato all’estero nel matrimonio”.
Sempre nel comma 1, in osservanza dell’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 154 del 2013, viene prescritto che in tutto il regolamento l’espressione riferita ai “figli legittimi” sia sostituita da quella “figli nati nel matrimonio”. Così per l’art. 29, comma 2 (vedi lett. c) e per l’art. 49, comma 1, lett. o) (vedi lett. n.), n. 3).
Ulteriori modifiche al regolamento dello stato civile sono costituite dall’abrogazione dell’art. 33, comma 1, e dalla modifica dei commi 2 e 3 attraverso l’eliminazione del riferimento al figlio legittimato (vedi lett. e).
L’Amministrazione sottolinea che tale modifica si rende necessaria in ragione dell’abrogazione della Sezione TI del Capo TI del Titolo VII del Libro Primo del codice civile, relativa alla legittimazione dei figli naturali, recata dal comma 10 dell’articolo 1 della legge n. 219 del 2012, nonché della conseguente soppressione dell’espressione “figlio legittimato”, recata dal citato articolo 105, comma 4, del d.lgs. n. 154 del 2013, e che, comunque, la disciplina sostanziale dei vigenti commi 2 e 3, in materia di cambiamento del cognome per il figlio nato nel matrimonio e il figlio maggiorenne di persona che modifica il cognome, non subisce modifiche.
Ulteriore modifica è quella all’articolo 42, dove, al comma 2, la parola “incestuosi” viene sostituita “dall’espressione descrittiva di tale fattispecie, introdotta nell’articolo 251 del codice civile, per effetto della modifica disposta dal comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 219 del 2012 (vedi lett. f), n. 3)”.
Da ricordare infine le seguenti ulteriori modificazioni:
a) all’articolo 45, ai commi 1 e 2, “il riferimento all’età di sedici anni, per la disciplina del riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio, è sostituito dalla previsione dell’età di quattordici, in ossequio alla modifica dell’articolo 250 del codice civile, recata nell’articolo 1, comma 2, lettere da
a) ad e), della legge n. 219 del 2012 (vedi lett. h, nn. 1 e 2)”;
b) all’articolo 48, comma 3, si prevede la soppressione dell’aggettivo
“naturale” riferito alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 30, comma 2, del decreto legislativo n. 154 del 2013 che ha apportato la medesima modifica all’articolo 269 del codice civile (vedi lett. m);
c) all’articolo 49 la lettera n) del comma 1 è soppressa (vedi lett. n),
n. 2) e i commi 2 e 3 sono abrogati (vedi lett. n), n. 4), per effetto
dell’abrogazione della fattispecie relativa ai figli legittimati, derivante, come sopra riferito. dall’art. 105, comma 4, dl.lgs. n. 154 del 2013;correlativamente, nel comma 4 dell’articolo 49 in esame, le parole “ai commi 1, 2 e 3” sono sostituite dalle seguenti “al comma 1” (vedi lett. n), n. 5);
d) all’articolo 50, la parola “potestà” è sostituita da “responsabilità genitoriale”, in ossequio alla previsione di cui al comma 1 dell’articolo 105 del decreto legislativo n. 154 del 2013 (vedi lett. o).
La clausola di invarianza finanziaria è contenuta, infine, nel comma 2 dell’unico articolo del provvedimento normativo in esame.
Considerato:
La Sezione ritiene di dover fare due considerazioni preliminari.
Il combinato disposto del co. 3 dell’art. 2 e del co. 1 dell’art. 5 della legge n. 319 del 2012 attribuisce il potere di proposta del regolamento in oggetto congiuntamente al Presidente del Consiglio ed ai Ministri dell’Interno e della Giustizia, nonché a quelli delegati per le pari opportunità e per le politiche per la famiglia. Fermo restando quanto illustrato nella premessa in ordine alla delega per le pari opportunità al Ministro del Lavoro e delle politiche sociali ed in ordine all’inesistenza di una delega relativa alle politiche per la famiglia, i Ministri suindicati debbono considerarsi coproponenti del provvedimento in esame, assumendosene, per così dire, la paternità e la responsabilità politica.
Ne deriva che non può considerarsi sufficiente, al fine dell’assunzione della proposta del provvedimento stesso, né l’approvazione preliminare in Consiglio dei Ministri, né il mero assenso alla prosecuzione dell’iter del titolare di un ufficio di diretta collaborazione, che neppure faccia riferimento ad un’espressa delega ricevuta in proposito dal Ministro.
Si invita pertanto l’Amministrazione riferente a regolarizzare l’iter del provvedimento in esame prima della deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri.
La seconda considerazione preliminare attiene, invece, a quanto dispone l’art. 105 d.lgs. n. 154 del 2013. Vi si prevede, infatti, la sostituzione di talune espressioni o la soppressione di altre espressioni “in tutta la legislazione vigente”. Non vi è dubbio che la parola “legislazione” assume un duplice significato: da un lato, essa sta a significare il complesso del diritto scritto (così come spesso “legge” è assunto a sinonimo di norma scritta), mentre, dall’altro, essa indica il complesso delle disposizioni di rango primario, contenute cioè in leggi o atti aventi forza di legge (così come “legge” indica un particolare tipo di atto normativo). A favore dell’interpretazione dell’art. 105 d.lgs. n. 154 del 2013, nel senso che esso avrebbe già operato sostituzioni e soppressioni formali nel d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, residuando allo schema di d.P.R. in esame le più articolate modifiche necessarie alla piena comprensione delle proposizioni modificate e quelle di tipo sostanziale, si può argomentare dal tenore letterale dell’art. 105, che fa riferimento complessivamente alla legislazione vigente (visto che nel concetto di vigenza deve ricomprendersi la normazione di rango secondario), dal fatto che già alcune raccolte di norme private hanno operato sostituzioni o soppressioni nel d.P.R. n. 396 del 2000, senza attendere il regolamento modificativo.
Infine, ulteriore argomento può trarsi dal comma 2 dell’art. 105 del citato d.lgs. n. 154 del 2013, che ha direttamente introdotto una modifica all’art. 35 del d.P.R. n. 396 del 2000.
Né va dimenticato che la sostituzione della locuzione “figli naturali” e “figli legittimi” era oggetto della delega legislativa contenuta nell’art. 2 l. n. 219 del 2012 con la stessa formula generica (“sostituzione, in tutta la legislazione vigente”), che poi sarà usata nel più volte citato art. 105 d.lgs. n. 154 del 2013, sicchè, ove quest’ultimo dovesse riferirsi alle sole fonti di rango legislativo, costituirebbe un poco corretto esercizio della delega per inosservanza del principio direttivo, di cui alla lett. a) del co. 1 del suddetto art. 2, come specificato peraltro nel co. 2 dello stesso articolo.
Tuttavia, nessuno degli argomenti suddetti sembra essere in sé decisivo, sicchè il progetto di d.P.R., sul quale viene richiesto il parere di competenza, può ben recare le disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lettere a), b), c), d), f) nn. 1 e 2, g), h) n. 1 prima parte, i), l), o) e p), anche se esse appaiono frutto di mero tuziorismo, con la conseguenza che, ove l’Amministrazione dovesse ritenere di espungerle dal provvedimento normativo in oggetto, nulla vi sarebbe da obiettare.
Quanto, poi, al fatto che l’approvazione preliminare del progetto di regolamento in esame è avvenuta circa due mesi oltre il termine fissato dall’art. 5 l. n. 219 del 2012, la Sezione conferma la consolidata giurisprudenza, che interpreta il termine in questione come meramente sollecitatorio. Sul piano meramente redazionale la Sezione ritiene molto opportuno che – data l’ambiguità del titolo del progetto in esame, nel quale l’espressione “in materia di riconoscimento dei figli naturali” potrebbe apparire come riferita al regolamento di attuazione e non, come invece intende correttamente l’Amministrazione, alla l. n. 219 del 2012, che sia omessa la parola “naturali”, tutt’al più sostituita con le altre “nati nel matrimonio e fuori del matrimonio”, in modo che l’espressione “figli naturali”, che il legislatore ha ritenuto odiosa, scompaia dalla legislazione vigente.
Quanto al preambolo, si ritiene che l’alinea “visto il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154” prenda il terzo posto nel preambolo stesso prima dell’alinea “visto l’art. 17, co. 1, della legge 23 agosto 1998, n. 400;”.
Poiché la ratio dell’art. 34 d.P.R. n. 396 del 2000, per il quale al bambino (da intendersi di ambedue i sessi) non può essere imposto solo il nome del padre vivente e non anche quello della madre vivente, sembra essere quella di evitare possibili perfette omonimie, si deve richiamare l’attenzione dell’Amministrazione su quanto disposto dal precedente art. 33, primo comma, che può determinare casi di perfetta omonimia tra madre (che abbia contratto successivo matrimonio con il padre, che in precedenza abbia riconosciuto la propria prole) e figlia