Consiglio di Stato, sez. III, parere definitivo 2009-07-23, n. 200905062

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, parere definitivo 2009-07-23, n. 200905062
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200905062
Data del deposito : 23 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00898/2008 AFFARE

Numero 05062/2009 e data 23/07/2009

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Terza

Adunanza di Sezione del 7 luglio 2009




NUMERO AFFARE

00898/2008

OGGETTO:

Ministero dello Sviluppo Economico;

Quesito concernente l’applicabilità
delle sanzioni previste dalla l. 4 novembre 1981,
n. 630, alle ritardate o omesse denunce al Repertorio
delle notizie economiche ed amministrative, di cui
all’art. 9 d.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581.
Ministero dello Sviluppo economico.

LA SEZIONE


Vista la relazione n. 0001900 del 3 marzo 2008, pervenuta in Segreteria il 6 successivo, con la quale il Ministero dello Sviluppo economico (Dipartimento per la regolazione del mercato) chiede il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto.

Vista la propria pronuncia interlocutoria del 18 marzo 2008;

Vista la nota dell’Amministrazione n. 45990 del 20 maggio 2009, con la quale si risponde alla suddetta pronuncia interlocutoria;

Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, Consigliere Damiano Nocilla;


PREMESSO

Riferisce l’Amministrazione che il quesito concerne il regine sanzionatorio da applicare alle violazioni degli obblighi di comunicazione e denuncia al Repertorio delle notizie economiche ed amministrative tenuto dalle C.C.I.A.A.

Il quadro normativo di riferimento è costituito dall’art. 2188 cod. civ., che, come è noto, prevedeva l’istituzione del registro delle imprese, alla cui attuazione si è pervenuti con la l. 29 dicembre 1993, n. 580, che all’art. 8 crea presso le Camere di commercio l’ufficio del registro delle imprese, stabilendo, al comma 7, il termine di tre anni dall’entrata in vigore della leggE per la piena attuazione del sistema di pubblicità per le imprese.

Tale disposizione era assistita da due altre prescrizioni: la prima, contenuta sempre nel succitato comma 7, prevedeva che fino alla concreta attuazione avrebbe continuato a funzionare il registro delle ditte, di cui al T.U. approvato con R.D. 20 settembre 1934, n. 2011;
e la seconda prevedeva che con regolamento sarebbero state stabilite le norme di attuazione, ivi comprese quelle disciplinanti “l’acquisizione e l’utilizzazione da parte delle Camere di commercio di ogni altra notizia di carattere economico, statistico ed amministrativo non prevista ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese e nelle sue sezioni, evitando in ogni caso duplicazioni di adempimenti a carico delle imprese” (c. 8, lett. d) ).

Tale regolamento è costituito dal d.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, che, in attuazione della suddetta lett. d) del comma 8 dell’art. 8 l. n. 580 del 1993, prevede all’art. 9 l’istituzione del Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), nel quale devono confluire “le notizie economiche ed amministrative per le quali è prevista la denuncia alla Camera di commercio e la relativa utilizzazione dal R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, dal R.D. 4 gennaio 1925, n. 29, dall’art. 29 d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni dalla l. 26 aprile 1983, n. 131, e da altre leggi, con esclusione di quelle già iscritte o annotate nel registro delle imprese e nelle sue sezioni speciali”.

Da tali disposizioni risulta che il complesso di notizie, che prima confluiva nel registro delle ditte di cui al R.D. n. 2011 del 1934 (l’adempimento dei relativi obblighi era assistito dalle sanzioni previste dalla l. 4 novembre 1981, n. 630), si scinde in due flussi diversi: il flusso di notizie e comunicazioni destinate al registro delle imprese, gli obblighi relativi alle quali sono assistiti dal regime sanzionatorio previsto dal codice civile (artt. 2194 e 2630), e quello - di portata residuale – destinato al REA, per il quale non sarebbe chiaro – secondo l’Amministrazione riferente – se vi sia e quale sia il regime sanzionatorio, visto che né la l. n. 580 del 1993, né il d.P.R. n. 581 del 1995 contemplano esplicitamente sanzioni per l’inosservanza degli obblighi di comunicazione al REA.

Riferisce l’Amministrazione come – malgrado la circolare ministeriale 16 febbraio 1996 n. 486052 abbia affermato, commentando il succitato art. 9 d.P.R. n. 581 del 1995, che riguardo a soggetti, procedure e sanzioni relativi al REA si dovesse far rinvio “alle norme già in uso per il registro delle ditte ai sensi della specifica normativa” (in particolare del T.U. n. 2011 del 1934, alla l. n. 630 del 1981 e al d.m. 9 marzo 1982 e successive modificazioni e integrazioni) – si sia nel tempo determinata incertezza sui comportamenti delle C.C.I.A.A., alcune delle quali continuano ad estendere al REA le sanzioni già previste per le violazioni inerenti al registro delle ditte, mentre altre (in numero per la verità molto più esiguo) ritengono tali sanzioni non estensibili analogicamente ed altre ancora tendono a valutare l’applicabilità delle sanzioni caso per caso, in relazione al tipo di comportamento, al soggetto obbligato, all’oggetto della fattispecie.

L’Amministrazione ha segnalato che della problematica circa le sanzioni applicabili sono consapevoli lo stesso Governo e Parlamento, atteso che l’art. 1 bis, d.l. 3 ottobre 2005, n. 203, inserito dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248, demanda ad un emanando regolamento una nuova disciplina del REA, e la disciplina di sanzioni amministrative, comprese tra un ammontare minimo di euro 50 ed un ammontare massimo di euro 500, per il ritardo o l’omissione della presentazione delle domande d’iscrizione al REA, secondo criteri di tassatività, trasparenza e proporzionalità).

In tale situazione, con la relazione citata in epigrafe, l’Amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato circa il comportamento che dovranno tenere le singole C.C.I.A.A.

La Sezione ha esaminato il quesito nell’Adunanza del 18 marzo 2008 ed ha concluso con una pronuncia interlocutoria, nella quale si chiedevano chiarimenti all’Amministrazione circa una serie di circostanze di fatto. Elementi che l’Amministrazione ha fornito con la nota del 20 maggio 2009 citata in epigrafe, specificando: che per quanto riguarda le omissioni relative al Registro delle imprese si applicano le sanzioni previste dal Codice civile;
che la maggior parte delle C.C.I.A.A. applica le sanzioni previste dalla l. 4 novembre 1981, n. 630;
che il totale delle sanzioni applicate – rilevate nel triennio 2005/2007 – ammonta ad una media di 460/470 per anno;
che il relativo contenzioso giudiziario appare irrilevante;
che in nessun caso tale contenzioso ha riguardato la sopradescritta situazione di vuoto normativo e che la predisposizione dello schema di regolamento previsto dall’art. 1 bis d.l. n. 2003 del 2005, convertito con modificazioni nella l. n. 248 del 2005, è ferma a causa delle difficoltà interpretative insorte.


CONSIDERATO

La disposizione dalla quale occorre prendere avvio è quella dell’art. 9, comma 3, d.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, che, nel disciplinare le notizie economiche e amministrative, che dovranno pervenire al REA, fa rinvio alla normativa previgente riguardante il registro delle ditte, escludendo, peraltro, le notizie già iscritte e annotate nel registro delle imprese. Tale rinvio operato dal regolamento ha l’effetto di mantenere in vita l’obbligatorietà di una serie di comportamenti, precedentemente riguardanti il registro delle ditte ed oggi da riferire al REA.

Il richiamo specifico ha uno scopo che non può ritenersi, per così dire, costitutivo di una nuova forma di pubblicità relativa alle imprese, quanto piuttosto quello di operare una ricognizione della normativa riguardante il registro delle ditte, che ad un tempo elimina le duplicazioni degli obblighi a carico dei soggetti iscritti nel registro delle imprese e continua a spiegare la propria efficacia riguardo ad una serie di altri comportamenti anche in presenza della piena operatività del medesimo registro delle imprese. In altri termini ciò che l’art. 9 vuole è, per un verso, eliminare tutti quegli obblighi di comunicazione, che in precedenza avevano come destinatario il registro delle ditte e che sono stati sostituiti dalle comunicazioni, dichiarazioni etc. al registro delle imprese, e per altro verso operare un mero trasferimento al REA dei residui obblighi di comunicazione al registro delle ditte: il che non può aver effetto costitutivo dell’obbligo.

Se si guarda alla lettera dell’art. 9 suddetto, non può non rilevarsi come esso prenda avvio dalla permanente efficacia del T.U. di cui al R.D. n. 2011 del 1934, del R.D. 4 gennaio 1925, n. 29, e dell’art. 29 d.l. 28 febbraio 1983, n. 55: essa infatti recita: “le notizie economiche ed amministrative per le quali è prevista la denuncia alle Camere di commercio e la relativa utilizzazione dal R.D. 20 settembre 1934, n. 2011….. e da altre leggi” sono contenute nel REA;
presupponendo, quindi, la permanenza degli obblighi previsti dalla normazione precedente in ordine alla trasmissione, dichiarazione, comunicazione delle predette notizie e trasferendo soltanto ad altro soggetto la conservazione e la pubblicazione delle notizie stesse.

A riprova che l’interpretazione più sopra riferita sia la più corretta può addursi il fatto che la normativa riguardante il registro delle ditte non è stata abrogata e che l’art. 8 l. n. 580 del 1993, istitutivo del registro delle imprese presso le Camere di commercio, su cui si fonda la legittimità del d.P.R. n. 581 del 1995, ha abrogato, al 10° comma, solo il secondo comma dell’art. 47 del R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, che riguarda l’esonero degli esercenti le attività agricole dall’obbligo di denuncia dell’esercizio della propria attività industriale o commerciale.

Ora, non vi è dubbio che la normativa riguardante il registro delle ditte fosse a suo tempo assistita da un sistema sanzionatorio, che, per la parte riguardante le notizie destinate a confluire nel registro delle imprese, è stato sostituito dalle sanzioni previste dal codice civile per i comportamenti omissivi o commissivi ritenuti illeciti (v. exempli gratia gli artt. 2194 e 2630), mentre permane in vigore, sia pure avendo subìto nel corso del tempo numerose modifiche, per tutti i restanti obblighi afferenti il registro suddetto e che sono stati trasferiti al REA.

Detto altrimenti, per quella parte residua di comportamenti, cui i diversi soggetti interessati sono tenuti a riguardo delle comunicazioni ed informazioni, che a suo tempo dovevano essere riferite al registro delle ditte e che oggi sono da riferire al REA, continuano a sussistere le sanzioni previste dalla normativa riguardante il registro delle ditte;
sanzioni che già erano disciplinate dal R.D. n. 2011 del 1934 e che oggi sono regolate dalla l. 4 novembre 1981, n. 630.

Anche a questo riguardo si può evincere una conferma del fatto che il legislatore ha ritenuto che gli obblighi scaturenti dal previgente sistema del registro delle ditte siano restati invariati, nella l. 24 novembre 2000, n. 340, che, all’art. 18, u. c., ha operato sui termini previsti per le denunce al Repertorio delle notizie economiche e amministrative dall’art. 9 d.P.R. n. 581 del 1995. Né può dimenticarsi che il registro delle ditte ha continuato a funzionare - assistito peraltro dal tradizionale sistema sanzionatorio - per più di un anno in attesa che il registro delle imprese ed il REA entrassero pienamente in funzione.

Neppure può sostenersi che le sanzioni amministrative, di cui alla l. n. 630 del 1981 non potrebbero più trovare applicazione, mancando ad esse il fondamento legislativo richiesto dall’art. 1 l. 24 novembre 1981, n. 689, visto che tale fondamento deve rinvenirsi nelle norme di rango legislativo, che prevedevano le sanzioni in questione;
così come non sussiste violazione del comma 2 del medesimo art. 1 l. n. 689 del 1981, a mente del quale le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati. In questo caso, infatti, non si tratta di applicare sanzioni amministrative per analogia e probabilmente neppure attraverso un procedimento di interpretazione estensiva.

Non si tratta di analogia, in quanto nel caso di specie non si opera l’estensione della sanzione amministrativa da un comportamento esplicitamente sanzionato ad un altro simile non sanzionato, quanto piuttosto di applicare la sanzione amministrativa a comportamenti, che la legge voleva (e vuole) in ogni caso sanzionati ed in ordine ai quali la legislazione successiva ha inteso soltanto sostituire il soggetto pubblico (inteso in senso lato) destinatario dei comportamenti obbligatoriamente imposti ad altri soggetti. Mentre l’argomento analogico è argomento produttivo di nuovo diritto al fine di colmare una lacuna, nel caso di specie la norma, che regola il caso concreto, è presente nell’ordinamento e si indirizza sempre agli stessi soggetti, che sono tenuti a certi comportamenti nei riguardi di un soggetto pubblico che ha, nella sostanza, soltanto cambiato nome e funzioni.

Neppure, in questo caso, si tratta di attribuire un significato più o meno ampio nelle espressioni verbali contenute nella legge, che è l’aspetto tipico dell’interpretazione estensiva, perchè non si determina alcun allargamento delle fattispecie sanzionate o del significato delle norme, di cui si postula la vigenza. Si tratta piuttosto di ritenere che il REA si sia sostituito, per la parte non trasferita al registro delle imprese, al registro delle ditte, con conseguente permanenza degli obblighi di comunicazione, denuncia etc. in capo ai diversi soggetti e delle relative sanzioni.

Alle medesime conclusioni si può pervenire anche per altre vie. Si deve ritenere, infatti, che la corrispondenza tra precetto e sanzione sussiste, nelle ipotesi che ne occupano, assolutamente invariata, essendo restati assolutamente invariati i soggetti tenuti a certi comportamenti (prima nei riguardi del registro delle ditte e ora nei riguardi del REA), il contenuto dei comportamenti obbligatori, l’oggetto della fattispecie prevista dalla norma obbligante e addirittura la fonte normativa dell’illecito e della sanzione. Tutti questi elementi sono desumibili dalla normativa riguardante il registro delle ditte, così come vigente prima dell’entrata in funzione del REA e della piena operatività dell’art. 9 d.P.R. n. 581 del 1995. Ciò introduce alla questione dei limiti in cui possano applicarsi le sanzioni in questione a comportamenti omissivi o scorretti di soggetti titolari di obblighi di comunicazione o denuncia o trasmissione al REA. E’ evidente, infatti, che solo i comportamenti esattamente corrispondenti, sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo e contenutistico, a quelli a suo tempo obbligatori nei riguardi del registro delle ditte possono essere colpiti dalle sanzioni amministrative di cui alla l. n. 630 del 1981, in quanto altrimenti si violerebbe il disposto dell’art. 1 l. n. 689 del 1981. Tutti quei comportamenti, la cui obbligatorietà scaturisce dalla normativa introdotta successivamente o contestualmente all’istituzione del REA, non possono allo stato ritenersi assistiti da una sanzione specifica, a meno che non sussista una norma di rango primario che ne preveda l’applicabilità

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