Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-17, n. 201205341

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-17, n. 201205341
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205341
Data del deposito : 17 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05452/2012 REG.RIC.

N. 05341/2012REG.PROV.COLL.

N. 05452/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5452 del 2012, proposto da:
Zeta Costruzioni S.r.l., con sede in Artena, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. R M ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale delle Province n. 114/B/23 (presso l’avv. Paola D’Amico), per mandato a margine dell’appello;

contro

Comune di Artena, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito nel giudizio d’appello e nel giudizio di primo grado;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 4298 del 14 marzo 2012, resa tra le parti ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., con cui è stato rigettato il ricorso n. 2252/2011 proposto per l’annullamento del silenzio rifiuto serbato dal Comune di Artena su istanze presentate il 12 marzo e 13 aprile 2010 ai sensi della legge regionale 16 aprile 2009 n. 13, intese al rilascio di titolo edilizio per il recupero a fini abitativi dei sottotetti di due edifici (c.d. palazzine A e B).

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2012 il Cons. L S e udito l’avv. R M per la società appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) Con appello notificato il 3 luglio 2012 e depositato il 18 luglio 2012, la società Zeta Costruzioni S.r.l., con sede in Artena, in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha impugnato la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 4298 del 14 marzo 2012, con cui è stato rigettato il ricorso n. 2252/2011 proposto per l’annullamento del silenzio rifiuto serbato dal Comune di Artena su istanze presentate il 12 marzo e 13 aprile 2010 ai sensi della legge regionale 16 aprile 2009 n. 13, intese al rilascio di titolo edilizio per il recupero a fini abitativi dei sottotetti di due edifici (c.d. palazzine A e B).

A sostegno dell’appello, senza rubricazione di motivi, è stata dedotta l’erroneità della sentenza, rilevando come l’amministrazione comunale non possa sottrarsi alla conclusione del procedimento relativo all’esame delle istanze in relazione alla semplice pendenza di indagini penali concernenti distinti e precedenti titoli edilizi, tenuto conto che i titoli edilizi originari (ossia i permessi di costruire) non sono stati oggetto di alcun procedimento amministrativo di autotutela.

Nella camera di consiglio del 2 ottobre 2012, presente il difensore della società appellante, che ha insistito per l’accoglimento del gravame, l’appello è stato riservato per la decisione.

2.) L’appello è fondato e deve essere accolto, nei sensi di seguito precisati.

2.1) Giova premettere in punto di fatto che:

- la società Zeta Costruzioni S.r.l. ha ottenuto, tra altri, due permessi di costruire n. 48/2003 del 15 settembre 2003 e n. 45/2004 del 16 luglio 2004 per la realizzazione di edifici a destinazione mista in zona C2, sottocomparto C nel Comune di Artena, relativi a due palazzine, denominate A e B, a destinazione mista, commerciale e residenziale, con piano sottotetto per servizi e locali accessori;

- intendendo procedere alla regolarizzazione di alcune varianti volumetriche e al mutamento di destinazione d’uso dei sottotetti delle due palazzine in mansarde abitabili, la società ottenne due permessi di costruire n. 69/2006 (per sei appartamenti nella palazzina A) e n. 25/2007 (per cinque appartamenti nella palazzina B);

- nella vicenda si è poi innestato lo svolgimento di indagini preliminari da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri concernenti proprio il rilascio dei suddetti titoli edilizi, con sequestro dapprima degli interi fabbricati, poi limitato ai piani sottotetto;

- annullati in via di autotutela i due permessi di costruire n. 69/2006 e n. 25/2007, Zeta Costruzioni chiese e ottenne due permessi di costruire, onde ricondurre all’originaria destinazione i piani sottotetto, n. 30 (per la palazzina A) e n. 31 (per la palazzina B) in data 31 dicembre 2008, senza peraltro ottenerne il dissequestro in sede penale;

- in data 12 marzo (per la palazzina A) e 13 aprile (per la palazzina B) del 2010, la Zeta Costruzioni ha quindi presentato due nuove domande di rilascio di permesso di costruire ai sensi della sopravvenuta legge regionale del Lazio 16 aprile 2009, n. 13 (recante “ Disposizioni per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti ”);

- proposto un primo ricorso n. 9145/2010, depositato tardivamente e poi oggetto di rinuncia, con ulteriore ricorso n. 2252/2011 la società ha quindi impugnato il silenzio rifiuto serbato dall’Amministrazione comunale sulle suddette istanze, chiedendo che se ne accertasse l’illegittimità con fissazione di termine per provvedere e nomina di commissario ad acta;

- con la sentenza n. n. 4298 del 14 marzo 2012, la Sezione II bis del T.A.R. per il Lazio ha rigettato il ricorso - previa acquisizione di relazione del responsabile del servizio, depositata in esecuzione dell’ordinanza istruttoria n. 2252 del 24 giugno 2011 -, ritenendolo infondato sul rilievo che “…per le medesime palazzine, in relazione ai titoli abilitativi rilasciati in precedenza, non risultano ancora concluse le indagini della Procura della Repubblica, e pertanto del tutto legittimamente le istanze non sono state ancora esaminate, in quanto non è ancora definita la legittimità dei titoli presupposti rilasciati alla luce delle sopra citate indagini della Procura e della Regione Lazio. L’art. 3 comma 1 lett. A della L.R. 13/08 infatti cita testualmente che l’edificio dove è ubicato il sotto tetto deve essere stato legittimamente realizzato ovvero condonato ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi”.

2.2) Ciò posto, osserva il Collegio che, in linea generale, deve escludersi che la semplice esistenza e pendenza di indagini preliminari possa legittimare l’inerzia delle amministrazioni pubbliche in ordine all’esercizio dei propri poteri, non avendo tale conclusione alcuna base e fondamento normativo.

Opinando in senso diverso dovrebbe, infatti, ipotizzarsi un indebito effetto di “paralisi” dell’attività amministrativa d’interi settori di cura degli interessi pubblici connessa allo svolgimento d’indagini giudiziarie, ciò che - seppure secondo l’esperienza possa verificarsi in concreto in ragione dell’oggettivo effetto d’intimidazione speciale connesso all’avvio d’indagini preliminari penali e/o a misure cautelari reali o personali -, non può legittimarsi ex jure sia con riguardo al principio di separazione dei poteri che in relazione al principio di effettività dell’azione amministrativa, in funzione dei parametri dell’efficacia, efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa, quali corollari dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità.

D’altro canto, l’ordinamento conosce e disciplina precipue fattispecie nelle quali collega all’adozione di misure cautelari penali effetti amministrativi diretti (quale la sospensione obbligatoria dal servizio per il pubblico funzionario o impiegato attinto da provvedimento di custodia cautelare, e peraltro anche a vantaggio di quest’ultimo allo scopo di evitare che la sua assenza dal servizio possa comportare la decadenza dall’impiego) o alla pendenza di procedimento penale (quale la sospensione facoltativa dall’impiego, generalmente in connessione del rinvio a giudizio e avuto riguardo al titolo del reato e all’incidenza del giudizio penale sul prestigio dell’amministrazione e la funzionalità dell’ufficio di assegnazione).

Al di fuori di tali ipotesi, dunque, non può ammettersi alcuna interruzione o sospensione di procedimenti amministrativi in correlazione all’avvio d’indagini preliminari e/o all’adozione di misure cautelari penali.

Al limite, invece, il sequestro di documentazione riguardante un procedimento amministrativo - e fatta salva la richiesta di rilascio degli originali previa estrazione di copia autentica ai sensi dell’art. 258 c.p.p. - può costituire factum principis tale da legittimare l’inerzia dell’amministrazione, soprattutto quando essa costituisca, in funzione dei reati ipotizzati, proprio il “corpo del reato” ossia “le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso”, secondo la chiara definizione dell’art. 253 c.p.p. (come ad esempio quando la documentazione amministrativa sia oggetto di falsità materiale o ideologica), poiché in tali ipotesi per un verso il sequestro sottrae la disponibilità materiale e giuridica della documentazione, quale rappresentazione degli atti e provvedimenti assunti nel procedimento amministrativo, con conseguente oggettiva impossibilità di provvedere, e per altro verso può profilare il dovere di astenersi da condotte che possano portare il reato a conseguenze ulteriori.

2.3) Nel caso di specie la pendenza di indagini riferite a fatti e provvedimenti amministrativi anteriori (il rilascio dei due permessi di costruire n. 69/2006 e n. 25/2007, annullati peraltro in autotutela), e lo stesso perdurante sequestro dei piani sottotetto, pur sempre riconducibile a quei fatti e ai reati ipotizzati in relazione al rilascio di quei permessi di costruire, non può valere ad escludere l’obbligo dell’amministrazione comunale di esaminare le successive istanze presentate il 12 marzo e 13 aprile 2010 ai fini di conseguire nuovi titoli edilizi in base alla normativa regionale sopravvenuta di cui alla legge 16 aprile 2009, n. 13, recante “ Disposizioni per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti ”.

Né potrebbe essere condizione ostativa, come invece erroneamente rilevato dal giudice amministrativo capitolino, la disposizione dell’art. 3 della legge, che - ammesso, al comma 1, il recupero a fini abitativi, “previo rilascio del relativo titolo edilizio abilitativo” dei sottotetti “…esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge…” (l’art. 1 comma 21 della l.r. 6 agosto 2012, n. 12 ha poi aggiunto l’inciso “…oppure ultimati come definiti dall’articolo 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) alla data del 31 dicembre 2011…”) -, alla lettera a) stabilisce tra le condizioni per il rilascio del titolo edilizio che “l’edificio dove è ubicato il sottotetto deve essere stato legittimamente realizzato ovvero condonato ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi”.

Infatti, non risulta che i permessi di costruire originari n. 48/2003 del 15 settembre 2003 e n. 45/2004 del 16 luglio 2004 siano stati annullati in via di autotutela (a differenza dei permessi in variante n. 69/2006 e n. 25/2007), e quindi che sia in contestazione la legittimità dell’intervento edilizio relativo all’edificazione dei fabbricati, sebbene proprio quella del cambio di destinazione d’uso dei sottotetti che è oggetto delle istanze del 12 marzo e 13 aprile 2010.

E’ evidente che l’Amministrazione comunale dovrà verificare, nell’esame delle istanze, l’esistenza di tutte le suddette condizioni e prescrizioni, ivi compresa la verifica della sufficienza degli standards ex art. 3 commi 3 e 4 della l.r. n. 13/2009.

3.) In conclusione, l’appello è fondato e deve essere accolto, onde, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II bis, n. 4298 del 14 marzo 2012, deve dichiararsi l’obbligo dell’Amministrazione Comunale di Artena, in persona del Dirigente pro-tempore del competente ufficio, di esaminare le istanze presentate dalla società Zeta Costruzioni S.r.l. in data 12 marzo e 13 aprile 2010, adottando le conseguenti determinazioni, positive o negative, nel termine, ritenuto congruo, di giorni sessanta dalla comunicazione, o se anteriore dalla notificazione, della presente sentenza, con riserva di nominare commissario ad acta a successiva istanza di parte, qualora, scaduto il termine assegnato, perduri l’inadempimento.

4.) In relazione alla relativa novità e peculiarità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per dichiarare irripetibili le spese e onorari dei due gradi di giudizio.

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