Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-07-07, n. 202105192

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-07-07, n. 202105192
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105192
Data del deposito : 7 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/07/2021

N. 05192/2021REG.PROV.COLL.

N. 01307/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1307 del 2021, proposto da La Cascina Global Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini n.30;

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. Fiammetta Fusco, elettivamente domiciliata presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27;

nei confronti

F Food S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni n. 26/B;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 12477/2020, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e di F Food S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2021 il Cons. G T e uditi per le parti gli avvocati M P, Fiammetta Fusco e Massimiliano Brugnoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 12477/2020, pubblicata il 24 novembre 2020, il T.A.R. del Lazio, sede di Roma, ha rigettato il ricorso proposto dalla s.r.l. La Cascina Global Service contro il provvedimento di aggiudicazione, in favore di F Food s.p.a, del Lotto n. 3 della gara comunitaria centralizzata a procedura aperta per l’affidamento del servizio di ristorazione presso le sedi delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere della Regione Lazio, nonché contro i provvedimenti ad esso connessi.

La sentenza ha altresì dichiarato improcedibili e comunque infondati i motivi aggiunti al ricorso principale;
ed ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso incidentale proposto dall’aggiudicataria, “in quanto proposto al solo fine di neutralizzare gli eventuali effetti sfavorevoli discendenti dall’accoglimento del ricorso principale”.

Con ricorso in appello notificato il 29 gennaio 2021, e depositato il successivo 12 febbraio, la s.r.l. La Cascina Global Service ha impugnato l’indicata sentenza.

Si sono costituite in giudizio, per resistere al ricorso, l’amministrazione aggiudicatrice e la controinteressata.

Quest’ultima ha riproposto con memoria le eccezioni e domande non esaminate in primo grado (incluso il ricorso incidentale).

Il ricorso in appello è stato definitivamente trattenuto in decisione all’udienza del 24 giugno 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell'art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso collegamento in videoconferenza secondo le modalità indicate dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

2. Va preliminarmente osservato che l’appello in esame impugna solo alcuni dei capi della sentenza gravata: con la conseguenza che sulle statuizioni non contestate con tale mezzo si è formato il giudicato.

Con il primo motivo di gravame la società appellante deduce “ Error in iudicando. Illegittimità della nomina della Commissione di gara per violazione e falsa applicazione dell’art. 216, comma 12, del Codice, in relazione a quanto stabilito dall’art. 10 del disciplinare di gara, violazione dell’autovincolo;
eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca;
difetto di motivazione nelle nomine in violazione dell’art. 3 della L. 241/1990
”.

La censura, che contesta il capo della sentenza impugnata che ha rigettato il corrispondente motivo del ricorso introduttivo di primo grado, concerne il provvedimento di nomina della Commissione di gara, e secondo la prospettazione della parte appellante sarebbe funzionale all’interesse strumentale alla riedizione della gara.

2.1. Il T.A.R. sul punto ha ritenuto che “ l’amministrazione non ha disapplicato la disposizione sull’autovincolo ma l’ha applicata sino al limite esigibile, alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur . Invero, in applicazione di quanto previsto dal predetto art. 10 del disciplinare, la Stazione appaltante ha proceduto al sorteggio del Presidente e dei due componenti. Attesa la natura del servizio da offrire (ristorazione), ha ritenuto opportuno integrare la commissione con componenti esperti in “Nutrizione ed Igiene degli Alimenti”, e, poiché nella lista fornita dalle Asl figuravano solo due soggetti dotati di tale competenza, ha correttamente proceduto alla nomina diretta senza sorteggio di detti soggetti. Altrettanto correttamente, poi, a fronte della rinuncia per ragioni di incompatibilità, dei due commissari originariamente nominati, la stazione appaltante ha ritenuto di non dover procedere ad ulteriore integrazione della commissione, essendo i tre componenti della commissione in possesso di adeguata esperienza e competenza. Ha puntualmente motivato detta decisione rilevando che: la Commissione, a seguito della rinuncia da parte dei due componenti originariamente nominati, risulta assolutamente conforme con le previsioni di cui all’art. 77 del d.lgs. 50/2016 che prevede, tra l’altro, che la Commissione possa essere composta da un numero dispari di componenti non superiore a cinque;
i componenti che hanno accettato l’incarico risultano dotati di adeguata esperienza e competenza nello specifico settore di gara da non richiedere ulteriori integrazioni;
la Commissione è in linea, sotto altro profilo, con quanto previsto dal citato art. 77 in quanto composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto
”.

2.2. L’appellante, con il mezzo in esame, contesta per un verso che il richiamo della sentenza gravata alla decisione di questo Consiglio di Stato n. 7595/2019 sarebbe inconferente;
e, per altro verso, che sarebbe stata l’amministrazione a porre le condizioni per non poter applicare diversamente l’autovincolo in sede di formazione dell’elenco da cui effettuare il sorteggio.

2.3. Osserva preliminarmente il Collegio che in materia di censure proposte contro i provvedimenti di nomina della Commissione di gara la sentenza di questa Sezione n. 2094/2021 ha recentemente precisato che “ La giurisprudenza di questa Sezione, infatti, pur richiamando – da ultimo con la sentenza n. 7832/2020 - il “diffuso orientamento giurisprudenziale secondo cui devono ritenersi ammissibili le censure volte a contestare il procedimento di nomina della Commissione giudicatrice anche quando non sia stato dimostrato che la procedura, ove governata da una Commissione in differente composizione, avrebbe avuto un esito diverso, essendo pacifico che la prova di resistenza non debba essere offerta da colui che deduca vizi diretti ad ottenere l'annullamento e la successiva rinnovazione dell'intera procedura" (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. V, 5 novembre 2019, n. 7557)”, ha tuttavia avuto modo di precisare - nella sentenza n. 7446/2019 - che “E’ pur vero che i vizi relativi alla composizione della Commissione debbono farsi valere – giusto quanto sopra chiarito - solo all’esito dell’aggiudicazione a terzi. Tuttavia, quando il vizio specifico è quello dell’incompetenza dei membri della Commissione, ed esso è fatto valere ex post quale vizio che ridonda sull’aggiudicazione, il ricorrente dovrebbe quanto meno individuare un legame tra la denunciata incompetenza e gli esiti valutativi in relazione alla propria offerta”) ”.

Nel caso di specie in effetti la censura in esame è stata fatta valere non già a seguito della nomina della Commissione, ma successivamente all’aggiudicazione (nel ricorso che ne contesta la legittimità): il che, se non produce conseguenze sul piano della ricevibilità (tanto che il primo giudice ha rigettato l’eccezione di irricevibilità per tardività in proposito sollevata dalla Regione Lazio nel giudizio di primo grado), nondimeno le determina sul distinto piano della sua ammissibilità, in ragione della peculiarità strutturale della fattispecie, in relazione alla individuazione dell’interesse fatto valere e alle forme di tutela dello stesso.

L’odierna appellante nulla ha infatti dedotto in relazione alla possibile ridondanza del vizio denunciato in punto di effettiva lesività derivante dalle valutazioni dei commissari che hanno condotto al risultato dell’aggiudicazione impugnata.

2.4. Oltre che inammissibile, la censura è peraltro infondata nel merito.

Com’è stato ben evidenziato dal primo giudice, non è certo imputabile alla condotta della Regione appellata la circostanza che le Aziende Sanitarie abbiano indicato due soli nominativi di esperti in nutrizione ed igiene degli alimenti.

Il Disciplinare di gara, inoltre, prevedeva il sorteggio in caso di prima indicazione dei componenti la Commissione: non replicando tale previsione per l’ipotesi di successive dimissioni degli stessi.

In tale evenienza, la necessità di non paralizzare l’attività amministrativa imponeva anzi che, non escludendolo peraltro la lex specialis , si procedesse, non necessariamente mediante sorteggio (posto che, come accennato, ciò sarebbe risultato impossibile), alla sostituzione dei dimissionari nel rispetto dei criteri competenziali indicati dallo stesso Disciplinare.

Di qui l’infondatezza anche dell’argomento di censura che contesta l’ eadem ratio rispetto alla fattispecie esaminata dalla citata sentenza n. 7595/2019, atteso che in entrambi i casi l’anormalità della vicenda occorsa e la sua non risolvibilità altrimenti, a meno di sacrificare l’efficacia e la continuità dell’azione amministrativa, hanno imposto (nel caso di specie, e per quanto detto, nel pieno rispetto del Disciplinare) le modalità di sostituzione contestate dall’appellante.

2.5. L’infondatezza, nel merito, della censura, e del corrispondente motivo del ricorso di primo grado, rendono superfluo l’esame dell’eccezione di irricevibilità di quest’ultimo, sollevata in primo grado e riproposta in appello dalla Regione Lazio, nonché l’eccezione della stessa Regione relativa al mutamento di prospettazione, sul punto, della società appellante rispetto alla corrispondente censura proposta in primo grado.

3. Con il terzo motivo di gravame, che deve essere esaminato con priorità sul secondo, la società appellante deduce “Error in iudicando. Violazione dell’art. 97 e dell’art. 95, comma 10, del d. lgs. 50/2016. Insostenibilità e inaffidabilità dell’offerta. Violazione del principio di immodificabilità dell’offerta. Eccesso di potere per difetto di istruttoria”.

La censura è rivolta contro il capo della sentenza impugnata che ha rigettato perché infondati i motivi aggiunti.

Essa concerne anzitutto la pretesa insostenibilità economica dell’offerta dell’aggiudicataria, in relazione alla individuazione del monte ore relativo al servizio.

3.1. Il T.A.R. ha in proposito ritenuto che “ secondo orientamento giurisprudenziale maggioritario, condiviso dalla Sezione, per il costo orario del personale, da dimostrare in sede di verifica dell’anomalia dell'offerta, non va assunto a criterio di calcolo il “monte-ore teorico”, comprensivo cioè anche delle ore medie annue non lavorate (per ferie, festività, assemblee, studio, malattia, formazione, etc.) di un lavoratore che presti servizio per tutto l’anno;
ma va, invece, considerato il “costo reale” (o costo ore lavorate effettive, comprensive dei costi delle sostituzioni), atteso che il costo tabellare medio è indicativo di quello “effettivo”, che include i costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza del lavoratore (in tal senso, da ultimo: C. di St. n. 1371/2020). Orbene, nel verbale di verifica di congruità delle offerte del 13 maggio 2020, il RUP rileva espressamente che: “In merito ai costi del lavoro è stato dato corso a un approfondimento istruttorio di cui si riferisce di seguito. L'operatore economico dichiara che <<le ore contrattuali ... sono le ore di servizio prestate dal dipendente sommate alle ore spettanti a titolo esemplificativo per ferie, permessi, riposi, festività, malattia, formazione come specificato nell'offerta tecnica ... si specifica che la scrivente aveva già stanziato un ulteriore importo per fronteggiare il prevedibile aumento del costo del personale dovuto al rinnovo del contratto collettivo nazionale al dicembre 2021... La legge di stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014 n.190) prevede in particolare al comma 20 dell'art. 1 la possibilità di dedurre totalmente il costo del lavoro relativo ai contratti di lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile per il calcolo dell'1RAP. F ha quindi deciso di assumere lavoratori con contratto a tempo indeterminato per poter beneficiare di tale sgravio, portando quindi a zero tale valore, impiegando nella commessa soltanto personale assunto a tempo indeterminato>>. Nelle operazioni di disamina delle giustificazioni, nel merito del costo del personale impiegato nel piano operativo tipo rappresentato in sede di offerta tecnica, si rinviene l'indicazione di un importo complessivo pari ad euro 639.575,31 a fronte di un monte ore effettivo annuale pari a 34.236,19. Il RUP ritiene che, in considerazione del piano operativo tipo redatto in sede di offerta, il fornitore abbia giustificato dal punto di vista economico l'incidenza del costo del personale anche alla luce del ribasso offerto in gara pari al 2,54%. La ditta in esame, inoltre, per quanto riguarda il costo ora lavoro, è in linea con le tabelle ministeriali di riferimento”.

Ritiene pertanto il Collegio che l’Amministrazione ha effettuato tutti gli adempimenti istruttori necessari e l’aggiudicataria ha fornito i chiarimenti atti a giustificare il costo del lavoro, in linea con i principi giurisprudenziali sopra illustrati, senza modificare in alcun modo la propria offerta. Pertanto la censura non è meritevole di accoglimento ”.

3.2. La società appellante deduce che il primo giudice avrebbe errato e comunque non avrebbe “colto correttamente la portata della censura”.

Il mezzo per un verso ripropone la tesi per cui l’aggiudicataria in sede di verifica dell’anomalia avrebbe ridotto il monte ore rispetto a quello indicato in offerta;
e, per altro verso, sostiene che comunque l’aggiudicataria avrebbe “presentato un’offerta indeterminata in relazione al monte ore proposto per l’esecuzione del servizio”.

3.3. Entrambi i profili di censura sono infondati.

Va anzitutto osservato che il costo del lavoro, secondo la parte appellante, sarebbe stato calcolato in contrasto con il c.d. diagramma di Gantt e con le ore ivi indicate;
il vero è che, come controdedotto dalle parti appellate, le ore del diagramma di Gantt sono quelle teoriche, e non quelle effettive.

Inoltre, al di là di tale aspetto, la parte appellante non sostiene che le ore effettive - prese in considerazione della Regione ai fini della valutazione di congruità dei costi - siano troppo poche, arrestando la propria censura ad un piano più formale che sostanziale.

In ogni caso, la giurisprudenza di questa Sezione ha in proposito chiarito (da ultimo, sentenze n. 3709 e 3710 del 2021) che il contenuto dell’offerta si ricava dalla combinazione fra le concrete modalità di organizzazione del servizio come desumibili dai diagrammi di Gantt, ed il monte ore effettivo, risultante dai contenuti della proposta tecnica.

Il che, nel caso di specie risulta positivamente e legittimamente riscontrato nell’operato della stazione appaltante e nella relativa valutazione.

È pertanto sfornita di supporto la precondizione posta dall’appellante a fondamento della propria censura, per cui il costo del lavoro si sarebbe dovuto ottenere moltiplicando il monte ore (teorico) annuale indicato nel citato diagramma per il costo orario fissato dalle tabelle ministeriali.

Invero le ore indicate per ciascuna mansione non corrispondono ad altrettanti lavoratori, essendo previsto – proprio in attuazione dei turni di riposo e di assenza imposti dalle ridette tabelle - un ricambio di personale pur nella garanzia del servizio come quantificato in offerta.

Dal che discende sia la determinatezza o comunque determinabilità dell’offerta economica in relazione al fattore della produzione rappresentato dal costo del lavoro, sia l’insussistenza di una modifica dell’offerta stessa in sede di verifica, posto che in quella sede si è avuto riguardo al costo effettivo e non a quello meramente teorico.

3.4. Con il quarto motivo di gravame la società appellante contesta la sentenza impugnata in relazione al capo che ha rigettato il quarto motivo aggiunto in primo grado, concernente pretesi profili di indeterminatezza e contraddittorietà dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria.

Con tale mezzo viene dedotto “Error in judicando. Erronea rappresentazione dei fatti. Violazione del capitolato tecnico nella parte in cui disciplina i requisiti minimi del servizio. Violazione del disciplinare di gara. Offerta indeterminata”.

La censura è rivolta contro il capo della sentenza impugnata che respinto il corrispondente motivo proposto in primo grado contro l’offerta dell’aggiudicataria.

3.5. Sul punto il primo giudice ha ritenuto che “ dalla documentazione versata in atti e da una attenta lettura dell’offerta tecnica, è possibile affermare che: l’indicazione dei locali di S. Eugenio come luogo di produzione dei pasti è chiaramente un refuso, atteso che l’esatta indicazione è contenuta in altra parte dell’offerta tecnica, laddove si specifica che essa sarà effettuata presso il P.O. Grassi;
a pag. 33 dell’offerta tecnica sono descritte puntualmente le modalità di movimentazione e trasporto interno dei pasti;
i vassoi personalizzati sono previsti a pag 22 dell’offerta tecnica e il fatto che i pasti vengano confezionati in multi porzione e mono porzione non esclude che vengano confezionati in vassoi personalizzati;
a pag. 56 della Relazione tecnica sono indicate le modalità di gestione dell’emergenza e la mancata identificazione del centro di cottura non era causa di inammissibilità dell’offerta
”.

3.6. La sentenza gravata resiste, sul punto, alle censure proposte.

3.6.1. L’indicazione nell’offerta dell’aggiudicataria del P.O. Sant’Eugenio, inserito in altro lotto della medesima gara, è un evidente refuso del tutto irrilevante, in quanto inserito nella parte dell’offerta che descrive le modalità di distribuzione dei pasti (ed è dunque insuscettibile di alterare il significato dell’offerta, avendo riguardo ad un profilo organizzatorio generale).

3.6.2. Per tale parte, corrispondente al criterio di valutazione n. 4, detta offerta contiene (a pag. 33) una analitica ed esaustiva descrizione del processo di lavorazione con riguardo alla movimentazione interna dei pasti con il sistema delle navette.

Tale contenuto appare più che sufficiente a ritenere rispettato il requisito di completezza dell’offerta: peraltro comune a tutti i presidi interessati dal lotto in questione.

3.6.3. La prescrizione del capitolato di gara che imponeva il confezionamento dei pasti in vassoi personalizzati appare anch’essa rispettata dall’aggiudicataria in forza di quanto dalla stessa dichiarato a pag. 22 della propria offerta tecnica, giacché la successiva specificazione della preparazione, per particolari esigenze dietetico-nutrizionali, di pasti monoporzione o multiporzione è, appunto, specificativa rispetto al criterio della personalizzazione, e dunque non in contraddizione rispetto ad esso.

3.6.4. Quanto, infine, al profilo di censura inerente il criterio di valutazione n. 6 (“piano di emergenza per garantire la continuità dell’erogazione del servizio”), come correttamente rilevato dal primo giudice la legge di gara non ha previsto che tale contenuto dell’offerta dovesse implicare l’indicazione di uno specifico centro di cottura alternativo: sicché la pretesa dell’appellante di ritenere l’offerta dell’aggiudicataria da escludere, o comunque da valutare con un punteggio pari a zero per tale criterio, non è fondata sulla disciplina della gara.

In ogni caso la controinteressata in detto piano ha chiarito che esso avrebbe comportato l’utilizzo di altri centri di cottura dislocati sul territorio interessato, propri ovvero convenzionati: il che costituisce un’indicazione sufficiente ad indicare le modalità emergenziali, pur non essendo stato specificamente indicato il singolo centro di cottura alternativo (proprio in quanto non richiesto in questi termini)

4. L’infondatezza, nel merito, della censura relativa ai motivi aggiunti in primo grado rende superfluo l’esame del secondo motivo di gravame, con cui la società appellante deduce “Error in procedendo. Violazione dell’articolo 120, comma 5, del d. lgs. 104/2010. Violazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione”.

La censura è infatti rivolta contro il capo della sentenza impugnata che ha dichiarato irricevibili i motivi aggiunti: la cui infondatezza nel merito priva d’interesse la stessa parte alla delibazione del mezzo inerente la loro ricevibilità.

5. L’infondatezza, nel merito, delle censure proposte con il ricorso in appello esime il Collegio dallo scrutinio delle eccezioni sollevate, in rito, dalle parti appellate;
come pure dall’esame del riproposto ricorso incidentale (non esaminato dal giudice di primo grado).

6. Il ricorso in appello è pertanto infondato e come tale deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

La conferma della sentenza impugnata, che ha rigettato il ricorso di primo grado proposto contro l’aggiudicazione, determinando l’accertamento della legittimità della stessa, comporta l’esclusione di qualsivoglia effetto invalidante o caducante sugli atti e i contratti a valle, e da essa logicamente e giuridicamente dipendenti.

La presente sentenza è redatta ai sensi dell’art. 120, commi 9 (come modificato dall’art. 4, comma 4, lett. a), del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 11 settembre 2020, n. 120) e 10, del codice del processo amministrativo.

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