Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-15, n. 202310861

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-15, n. 202310861
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310861
Data del deposito : 15 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2023

N. 10861/2023REG.PROV.COLL.

N. 04164/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4164 del 2023, proposto da
Comune di San Bonifacio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati R F S e L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

A.R.P.A.V. – Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 264/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il Cons. Giordano Lamberti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. (INWIT), in quanto titolare di autorizzazione generale per l’installazione e la fornitura di una rete pubblica di comunicazione elettronica ai sensi dell’art. 11 (precedente art. 25) del d.lgs. 259/2003, ha chiesto al Comune di San Bonificio, congiuntamente con Telecom, l’autorizzazione, ai sensi degli artt. 43, 44 e 49 del d.lgs. 259/2003, alla realizzazione di una nuova infrastruttura per telecomunicazioni, su cui sarebbe stato ospitato l’impianto del gestore Telecom.

1.1 - La società ha rappresentato che l’intervento consiste essenzialmente in un trasloco di un impianto preesistente su un’infrastruttura maggiormente idonea a garantire lo sviluppo della rete, sita comunque nella medesima zona del territorio comunale, a circa una decina di metri da quella preesistente da demolire.

2 - Il Comune, con nota del 30 novembre 2022, ha sospeso il procedimento, facendo presente che era in corso la revisione del Piano territoriale per l’installazione di Stazioni Radio Base per la telefonia mobile ed assimilabili e, quindi, le richieste dei gestori, integrate con i dati delle SRB esistenti, dovevano essere “ analizzate singolarmente e nell’insieme, con l’obiettivo specifico di garantire le coperture dei servizi ed al contempo assicurare le condizioni di massima cautela per le esposizioni della popolazione ai campi elettromagnetici, in applicazione del principio della minimizzazione ”.

2.1 - Il 5 dicembre 2022, INWIT ha invitato il Comune ad annullare in autotutela il provvedimento di sospensione;
l’ente, senza annullare tale atto, ha rigettato l’originaria istanza di autorizzazione, ritenendo sussistere il “ divieto di installare impianti al di fuori delle aree o siti puntuali previsti ed indicati nella cartografia tecnica approvata ” e, dunque, nella collocazione indicata dalla società richiedente.

3 – La società ha impugnato avanti il Tar per il Veneto tale provvedimento, unitamente alla delibera del Consiglio del Comune di San Bonifacio n. 46 del 7.10.2021, avente ad oggetto “regolamento comunale per l’installazione di impianti per la telefonia mobile e tecnologie assimilabili nel comune di San Bonifacio approvazione”;
al Regolamento del Comune di San Bonifacio per l’installazione degli impianti di Telefonia mobile, approvato con deliberazione consiliare n. 46 del 07.10.2021;
alla Mappa delle localizzazioni, approvata con DCC n. 46 del 07.10.2021.

3.1 – Il Tar adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso, ritenendo sussistente “ la dedotta illegittimità degli artt. 6 e 7 del Regolamento per la telefonia mobile del Comune di San Bonifacio, approvato con delibera del consiglio comunale n. 46 del 7.10.2021, e del conseguente diniego dell’intervento, in quanto la norma regolamentare integra la violazione degli art. 43, 44 e 49 d.lgs. 259/2003 e art. 8, comma 6, legge 36/2001 ”. Secondo il Tar: “ La previsione di cui all’art. 6, comma 1, del Regolamento per la telefonia, secondo cui l’installazione degli impianti è consentita nei siti individuati nella tavola grafica Mappa delle Localizzazioni introduce, infatti, una limitazione della possibilità di installazione ai soli, limitati, siti individuati nel Piano comunale, la quale, per costante e uniforme giurisprudenza, finisce per configurare un divieto generalizzato di installazione non consentito dall’art. 8, comma 6, della L. n. 36/2001 ”.

4 – Il Comune di San Bonifacio ha proposto appello avverso tale pronuncia, deducendo – con il primo motivo – che il Tar per il Veneto non avrebbe correttamente interpretato il combinato disposto degli artt. 8 della L. n. 36/2001 e 43 e seguenti del D. Lgs. n. 259/2003 e contestando che la decisione impugnata sarebbe stata assunta sulla base di principi generali ed astratti, senza far riferimento alla situazione concreta oggetto di controversia.

Secondo parte appellante, la soluzione del Giudice di primo grado non può essere condivisa perché: a) impedisce in radice qualsiasi intervento regolamentare del Comune;
b) liberalizza a priori qualsiasi intervento privato in tutto il territorio comunale;
c) inibisce qualsiasi intervento programmatorio, anche solo temporale, del Comune;
d) estende l’interesse pubblico dalle esigenze legate allo sviluppo delle reti di telecomunicazione alle esigenze meramente economiche e programmatorie delle aziende private;
e) realizza un potenziale conflitto con alcune norme costituzionali.

Nello specifico, secondo il Comune appellante:

- nella fattispecie, è assente una ragione tecnica che impone l’indispensabilità dello spostamento della struttura (senza la quale la rete di telecomunicazioni verrebbe compromessa) e, quindi, l’interesse pubblico finisce con l’essere rappresentato da un interesse privato ad avere a disposizione una nuova struttura rispetto a quella esistente;

- l’individuazione di aree diverse da quelle previste nella mappa delle localizzazioni deve, normalmente, passare attraverso la modifica della mappa, ma ciò avviene con regolarità ogni anno e proprio sulla base del programma di rete trasmessi annualmente dalle società concessionarie di frequenza per lo sviluppo/implementazione della propria rete. Inoltre, l’art. 6, comma 6, del regolamento disciplina anche il rilascio delle autorizzazioni esterne alla mappa, indipendentemente dall’aggiornamento annuale di quest’ultima;

- il Comune non ha impedito in alcun modo l’efficacia della rete di telecomunicazioni e non ha limitato la copertura della rete e questo è, di per sé, sufficiente a rendere legittima l’opera del Comune ed a giustificare il suo potere regolamentare.

5 – La censura è infondata.

Il Regolamento per la telefonia mobile del Comune di San Bonifacio prevedeva all’art. 6, comma 1, che l’installazione degli impianti è consentita nei siti individuati nella tavola grafica “Mappa delle Localizzazioni” e all’art. 7 faceva divieto di installare impianti al di fuori delle aree o siti puntuali previsti ed indicati nella cartografia tecnica approvata.

Le disposizioni citate introducono un divieto generalizzato all’installazione degli impianti, individuando a tal fine solo determinate specifiche aree. Per tale ragione, come di seguito meglio spiegato, le stesse sono illegittime come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado.

5.1 - E’ utile ricordare il pertinente quadro legislativo nel quale si colloca la materia in questione.

L’art. 86 del decreto legislativo del 1° agosto 2003 n. 259 prevede, al comma 3, che “ Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica…sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia ”.

Quanto al riparto di competenze in questa materia, si osserva che, ex art. 4, co. 1, lett. a), della l. n. 36/2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”): “ Lo Stato esercita le funzioni relative: a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall'articolo 3, comma 1, lettera d), numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all'articolo 1”.

L’art. 8, co. 1, lett. a), della cit. legge n. 36 dispone che : “Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, e nel rispetto del decreto di cui all'articolo 4, comma 2, lettera a), e dei principi stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 5” .

Giova, altresì, richiamare quanto originariamente previsto dall’art. 8, co. 6, della l. 36/2001, alla cui stregua: “ I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici ”.

Quanto al perimetro del potere che la norma primaria assegna all’esercizio di tale facoltà dell’ente locale, la giurisprudenza ( cfr . Cons. St., 30 settembre 2015, n. 4577), anche sulla scorta dei principi affermati dalla Corte Costituzionale al riguardo ( cfr. Corte Cost. 307/2003), relativamente alle norme innanzi citate ha chiarito che:

- “ la disciplina generale della localizzazione degli impianti di telefonia mobile (id est: la introduzione di prescrizioni generali relative alle distanze minime da rispettare nel caso di installazione di impianti di tal fatta, nonché la fissazione dei limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici), è riservata allo Stato ”;

- “alle Regioni ed ai Comuni è consentito - nell’ambito delle proprie e rispettive competenze - individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile… quali, ad esempio, il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura etc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei”.

La Sezione ha recentemente ribadito che “ il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 1981, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio ” (Cons. Stato, 11 gennaio 2021, n. 374).

Tale assetto è stato da ultimo esplicitamente ribadito dal legislatore con la modifica dell’art. 8 della l. n. 36 del 2001 (ad opera dall’art. 38, comma 6, della l. n. 120 del 2020), in base al quale “ I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4 ”.

5.2 - Il provvedimento impugnato nel presente giudizio (nota prot. 44039 del 28.12.2022) reca la seguente motivazione: “ CONSIDERATO che, ai sensi dell'art. 7 del Regolamento comunale per l'installazione di impianti per la telefonia mobile e tecnologie assimilabili nel comune di San Bonifacio attualmente vigente, approvato con Delibera di Consiglio Comunale n. 46 del 07/10/2021, è fatto divieto di installare impianti al di fuori delle aree o siti puntuali previsti ed indicati nella cartografia tecnica approvata;
RILEVATO che, il sito individuato nell'istanza di autorizzazione non rientra tra quelli identificati nell'Allegato A - Mappa delle localizzazioni anno 2021 - alla Delibera di Consiglio Comunale n. 46 del 07/10/2021
”. Ne deriva che, in base alle disposizioni richiamate, “ la localizzazione dell'infrastruttura è prevista in sito non idoneo in base all'Allegato A del Regolamento comunale per l'installazione di impianti per la telefonia mobile e tecnologie assimilabili ”.

5.3 - Il Regolamento per la telefonia mobile del Comune di San Bonifacio prevede all’art. 6, comma 1, che “ l’installazione degli impianti è consentita nei siti individuati nella tavola grafica “Mappa delle Localizzazioni ” e all’art. 7 vieta di installare impianti al di fuori delle aree o siti puntuali previsti ed indicati nella Cartografia tecnica approvata.

L’art. 6, comma 2, detta i criteri, in ordine di priorità, per la scelta delle soluzioni per la localizzazione degli impianti (essi sono: a) Aree agricole, boschive o comunque verdi non abitative e non attrezzate;
b) Aree industriali prevalentemente a bassa occupazione (discariche, depuratori, ecc.) e infrastrutture della viabilità (parcheggi, rotatorie, ecc.);
c) Aree di rispetto cimiteriale;
d) Altre aree, solo se tutte le precedenti localizzazioni sono impossibili, inidonee o insufficienti a garantire la copertura dei servizi e comunque nel rispetto dei criteri di tutela relativi alle aree sensibili).

L’art. 6, comma 3, stabilisce che gli impianti vengono, preferibilmente, previsti su aree e/o su immobili a destinazione non residenziale di proprietà comunale.

L’art. 6, comma 4, definisce il contenuto della “Mappa delle Localizzazioni”. Essa deve prevedere: a. la localizzazione degli impianti esistenti;
b. la sintesi delle soluzioni individuate dal Comune. c. l’aggiornamento della Mappa in funzione dell’evoluzione della normativa, per intervenute esigenze tecniche, nonché per la modifica/implementazione dei criteri localizzativi.

L’art. 6, comma 6, prevede che “ In caso di specifiche esigenze, emerse fuori dai programmi di sviluppo annuali presentati, il Comune potrà valutare l’eventuale installazione di impianti di che trattasi in siti diversi, e perciò in deroga alle prescrizioni del presente Regolamento, fatto salvo il principio di minimizzazione, e previa adeguata motivazione che verrà sottoposta all’approvazione del Consiglio Comunale ”.

5.4 - A differenza dei precedenti giurisprudenziali citati dall’appellante, nel caso in esame, se è ben vero che il Comune ha indicato nel Regolamento dei criteri preferenziali di localizzazione (art. 6, comma 2) di per sé ammissibili;
tuttavia, ha anche vietato l’installazione degli impianti al di fuori degli specifici siti individuati nella Mappa (art. 6, comma 1 e art. 7, comma 1).

La società ha inoltre evidenziato – ed il Comune non ha smentito la circostanza – che la Mappa non contemplerebbe neppure propriamente siti idonei alla localizzazione, poiché contiene in realtà la mappatura degli impianti già esistenti e l’individuazione di nuovi siti puntuali per specifici operatori, sicché, senza passare per l’aggiornamento della Mappa e, in presenza della richiamata norma regolamentare che vieta l’installazione al di fuori di detti siti, non sarebbe mai possibile che un’istanza di autorizzazione venisse accolta, mancando comunque nella Mappa aree o siti in generale – e non per singolo operatore – ritenuti idonei a nuove installazioni.

6 – Come anticipato, l’effetto delle disposizioni regolamentari citate è quello di un divieto generico all’istallazione degli impianti di trasmissione, da ritenersi illegittimo, in quanto non rispettoso dei principi innanzi richiamati.

La giurisprudenza ha chiarito che “ non sono legittimi gli atti o le misure comunali che limitino o del tutto escludano…la localizzazione degli impianti di TLC in via generale, in assenza d’una plausibile ragione giustificativa, neppure per tutelare la salute della popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici ” (Cons. St., Sez. VI, 29 aprile 2019, n. 2696; cfr. anche Cons. St., sez. VI, 14 febbraio 2022 n. 1050: “ deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l'istallazione di tali impianti in aree diverse da quelle individuate dal Comune, comportando una limitazione alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. La specificazione dei siti è ammessa dalla norma ma in negativo, a fini di tutela, e non può quindi estendersi alla ulteriore limitazione della specificazione dei siti quali unici punti ammessi, pena una illogica inversione del criterio normativamente stabilito ”).

6.1 - La possibilità di derogare agli stringenti limiti previsti dal regolamento, prevista dall’art. 6, comma 6, non risulta idonea a portare ad un diverso esito, dal momento che tale disposizione non precisa in alcun modo al ricorrere di quali condizioni sia possibile derogare ai vincoli imposti dal regolamento che, come detto, lungi dall’individuare specifici siti incompatibili con l’insediamento degli impianti di trasmissione, ne prevede – illegittimamente - la generalizzata incompatibilità con l’intero territorio comunale, al di fuori delle circoscritte aree previste nella mappa.

Invero, la possibilità di deroga fatta valere dal Comune al fine di ricondurre a legittimità le disposizioni regolamentari già censurate dal Tar si manifesta come un potere ampiamente discrezionale, privo di ogni parametro di riferimento conoscibile ex ante , esorbitando pertanto dai limiti individuati dal legislatore statale ed innanzi ricordati e, per tale ragione, ponendosi in evidente tensione con l’assetto dei poteri tra Stato ed enti locali in materia.

6.2 - Non può portare ad una diversa conclusione neppure la prospettata possibilità di aggiornare la Mappa (che, secondo l’appellante, renderebbe legittimo il Regolamento) dal momento che ciò si risolve comunque in un onere ulteriore per l’operatore, per altro senza alcuna garanzia di risultato, e le cui tempistiche non appaiono scontate;
per tale ragione, tale procedura (di modifica della Mappa) viene a rappresentare un ulteriore fase procedimentale, non contemplata dalla normativa nazionale che regola le autorizzazioni in discorso, chiaramente volta a semplificare l’iter autorizzatorio.

Ne è conferma che, in riferimento alla presente fattispecie, per quel che consta, sebbene dal 1.9.2022 fosse stato presentato il Piano di Sviluppo, l’amministrazione comunale non ha tempestivamente provveduto ad aggiornare la Mappa (né prima, né dopo la presentazione dell’istanza di autorizzazione), avendo invece sospeso i termini procedimentali al fine di affidare un incarico per la revisione del Regolamento;
alla luce di tali circostanze, la società ha lamentato di essere stata assoggettata “ ad un’attesa indefinita, incompatibile con la finalità di accelerazione e semplificazione che connota la disciplina in materia ”.

6.3 - In definitiva: le disposizioni regolamentari impugnate risultano in contrasto con gli artt. 43 ss. del d.lgs. 259/2003, che – nell’ambito della disciplina statale di carattere speciale in materia di comunicazioni elettroniche – approntano procedimenti snelli e ispirati alla massima semplificazione, stante la rilevanza dell’interesse pubblico allo sviluppo della rete di telefonia e alla fornitura dei servizi digitali;
nonché con l’art. 8, comma 6, della legge 36/2001, che consente all’ente locale l’individuazione solo di specifici siti sensibili, ma non di porre divieti generalizzati di localizzazione.

In conformità ai principi già ricordati, resta comunque salvo il potere del Comune di prevedere il divieto in riferimento a specifici siti sensibili – quale un ospedale – laddove previamente individuati nel regolamento ai sensi dell’art. 8, co. 6, della l. 36/2001, come interpretato dalla richiamata giurisprudenza.

7 - Con il secondo motivo, il comune appellante deduce che la disciplina prevista dall’art. 43, comma 4, del D. Lgs. n. 259/2003 è destinata alle aziende che erogano servizi di pubblica utilità. Poiché la disposizione assimila le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria e poiché gli impianti di reti di comunicazioni elettronica e le opere accessorie di uso esclusivamente privato possono essere dichiarati di pubblica utilità, secondo l’appellante, se ne deve dedurre che l’installazione di un’antenna non possa ritenersi servizio pubblico in sé, ma deve sussistere sia il requisito oggettivo sia quello soggettivo. Nel caso di IWI non sussisterebbe né il requisito oggettivo né quello soggettivo.

7.1 – La censura è inammissibile, risolvendosi in una palese integrazione postuma della motivazione del provvedimento.

Il provvedimento impugnato, come già rilevato, giustifica il divieto richiamando le norme regolamentari che vietano l’installazione di impianti fuori dalle aree predeterminate dalla Mappa, senza altro aggiungere.

La giurisprudenza ha chiarito che l’integrazione in sede  giudiziale della motivazione è ammissibile soltanto se effettuata  mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti  dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano  ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta – oppure  attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di  convalida, restando, invece, inammissibile, un’integrazione postuma  effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque  scritti difensivi ( cfr . Cons. Stato, sez. IV,  30 gennaio 2023, n. 1096;
Cons. Stato sez. III, 28 novembre 2022, n. 10448).

8 - Con il terzo motivo, il Comune appellante prospetta che la motivazione posta alla base della sentenza impugnata renderebbe del tutto vano il potere regolamentare attribuito ai Comuni dall’art. 8 legge 36/2001, ammettendo un divieto generalizzato per i Comuni di esercitare la potestà regolamentare, non solo in materia di programmazione del territorio, ma anche in materia di tutela della salute. Inoltre, poiché nella fattispecie concreta non si è in presenza di una lesione del pubblico interesse all’estensione delle infrastrutture di telefonia, ma di interessi meramente privati, ove l’art. 43 del D. Lgs. n. 259/2003 fosse interpretato in modo tale da consentire questo esso si porrebbe in contrasto con l’art. 41 comma 2 della legge n. 166/2002.

8.1 - La censura è infondata.

La prospettazione del Comune si pone in contrasto con i principi che regolano la materia innanzi ricordati ed è già stata disattesa dalla giurisprudenza.

In particolare, giova richiamate la pronuncia (Corte cost., 7 novembre 2003, n. 331) la quale, nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 3 comma 12 lett. a), l. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, ha ritenuto che: “tale disposizione, stabilendo un generale divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, nonché strutture di accoglienza socio assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze, costituisce non già un criterio di localizzazione, la cui individuazione è rimessa dall'art. 3 lett. d) n. 1, l. 22 febbraio 2001 n. 36 alla legislazione regionale, ma un divieto che, in particolari condizioni di concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, e quindi in una limitazione alla localizzazione, non consentita dalla legge quadro, in considerazione dell'evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti costituzionali di comunicazione, attivi e passivi. Né la disposizione regionale può trovare giustificazione nel generale principio di derogabilità in melius (rispetto alla tutela dei valori ambientali), da parte delle regioni, degli standard posti dallo Stato, in quanto in presenza di una legge quadro statale che detta una disciplina esaustiva della materia, attraverso la quale si persegue un equilibrio tra esigenze plurime, necessariamente correlate le une alle altre, attinenti alla protezione ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull'intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, interventi regionali di tipo aggiuntivo devono ritenersi, a differenza che in passato, incostituzionali, perché l'aggiunta si traduce in una alterazione e quindi in una violazione, dell'equilibrio tracciato dalla legge statale di principio ( cfr. Corte Cost. n. 382 del 1999;
n. 307 del 2003).

Anche questo Consiglio (Sez. III, sent. del 30 settembre 2015, n. 4577) ha avuto modo di argomentare nel senso che: “ La disciplina generale della localizzazione degli impianti di telefonia mobile… è riservata allo Stato. E ciò sia in quanto espressione del generale e pervasivo potere - ad Esso attribuito - di introdurre nell’Ordinamento “principii fondamentali” atti a vincolare l’attività legislativa regionale e l’attività normativa locale (ai sensi dell’art.117, ultimo comma, della Costituzione), sia in quanto intrinsecamente connessa alla c.d. determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale, nell’erogazione dei servizi pubblici relativi (anche) alla tutela della salute (in forza dell’art. 117, comma 2°, lett. ‘m’, della Costituzione), sia - ancora – in quanto concernente la salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema (ai sensi dell’art.117, comma 2°, lett. ‘s’, della Costituzione), sia - infine - in quanto attività connessa alla fornitura di reti di comunicazione elettronica;
‘materie’ - tutte – di preminente interesse generale, siccome coinvolgenti
l’interesse nazionale (Corte Cost. n. 307/2003). In aderenza a tale principio, in precedenti analoghi è stato già affermato: - che “alle Regioni ed ai Comuni è consentito - nell’ambito delle proprie e rispettive competenze - individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (… omissis …) quali, ad esempio, il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura etc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizioni di distanze minime da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni e/o a luoghi di lavoro, di ospedali, di case di cura …)” (C.S., VI^, n.3452/2006;
Id., n.2371/2010;
Id. n.44/2013);
- e che “va dichiarata la illegittimità dei regolamenti che prevedono una zonizzazione indipendente dalle esigenze dei gestori del servizio di telefonia mobile e che, cioè, circoscrivono gli impianti a specifiche aree, appositamente individuate, senza subordinare le relative scelte alla previa e puntuale verifica della coerenza della disciplina pianificatoria con la necessità che venga in concreto assicurata sull’intero territorio comunale l’intera copertura del servizio”.

9 – Per le ragioni esposte l’appello va rigettato.

Tale esito, e la conferma della sentenza impugnata, comportano l’improcedibilità dell’appello incidentale di INWIT, il cui interesse è sorto dalla proposizione dell’appello da parte del Comune.

Le spese di lite, ad una valutazione complessiva della controversia, possono essere compensate.

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