Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-27, n. 202306254

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-27, n. 202306254
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306254
Data del deposito : 27 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

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Pubblicato il 27/06/2023

N. 06254/2023REG.PROV.COLL.

N. 04902/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4902 del 2022, proposto da
Egea Commerciale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G M S, L F e F C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

EmiliAmbiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Agsm Energia s.p.a., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione prima) n. 109/2022, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello;

Visto l’appello incidentale di Emiliambiente s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 12 gennaio 2023 il Cons. A B e preso atto delle richieste di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Saracco, Formentin e Cancrini;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. EmiliAmbiente s.p.a. indiceva il 2 aprile 2021 una procedura aperta telematica per l’affidamento della fornitura di energia elettrica e servizi associati per l’anno 2022 (quantità presunta di energia, circa 14.399.198 KWh;
valore stimato dell’appalto, al lordo di tutti gli oneri quali trasporto, distribuzione, accise ecc., € 2.350.000,00 più Iva;
valore della fornitura a base di gara, ovvero della componente energia soggetta a ribasso, € 925.000,00).

Per quanto qui di interesse, il disciplinare prevedeva che: i concorrenti avrebbero dovuto procedere entro il 3 maggio 2021 al caricamento della documentazione amministrativa, alla firma digitale e all’inserimento a sistema del numero di serie della marcatura temporale dell’offerta economica;
effettuate le verifiche su quanto sopra, il RUP avrebbe comunicato ai concorrenti l’ammissione alla procedura, il periodo per provvedere al caricamento delle offerte economiche (upload) e la data di svolgimento della seduta riservata per l’apertura delle stesse;
l’offerta risultata più bassa sarebbe stata posta a base di un’asta elettronica ex art. 56 d.lgs. 50/2016;
la gara sarebbe stata aggiudicata all’offerta più bassa risultante dallo svolgimento dell’asta o, in mancanza di rilanci, all’offerta più bassa presentata nel corso della prima fase.

Va soggiunto che il disciplinare stabiliva l’inammissibilità di offerte economiche superanti l’importo a base d’asta (paragrafi 9 e 10), regola che, a causa dei rincari dei prezzi dell’energia registrati medio tempore , veniva poi derogata dalla stazione appaltante a mezzo di chiarimenti resi prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte (“… nella prima fase della procedura saranno ammesse a partecipare anche offerte aventi un prezzo superiore alla base asta componente Energia. Qualora a seguito dall’esito dell’asta elettronica dovesse riscontrarsi un prezzo superiore a quello previsto come massimale di gara componente Energia, la S.A. si riserverà di procedere all’aggiudicazione della fornitura ”).

Venivano ammesse alla gara tre concorrenti: due di esse, Egea Commerciale s.r.l. e Agsm Energia s.p.a., caricavano le proprie offerte economiche, entrambe superiori alla base d’asta;
la terza concorrente non provvedeva all’adempimento e veniva esclusa.

La graduatoria formata all’esito della prima fase della procedura vedeva al primo posto il fornitore uscente Egea, la cui offerta veniva posta a base dell’asta elettronica, che non si svolgeva in stretta continuità temporale con le precedenti fasi di gara, venendo effettuata il 22 settembre 2021, in prossimità della scadenza del termine della vincolatività delle offerte e del contratto di fornitura in essere, e che andava deserta.

Con atto del 4 ottobre 2021 la gara era quindi aggiudicata a Egea, la quale, richiesta di fornire la documentazione a comprova del possesso dei requisiti di capacità tecnico-professionale dichiarati in sede di partecipazione, con due comunicazioni del 7 e del 13 ottobre 2021 rappresentava il proprio intendimento di non stipulare il contratto. Giustificava tale scelta esponendo l’insostenibilità dei prezzi offerti a causa delle mutate condizioni di mercato determinate dall’ulteriore, imprevedibile ed elevato aumento dei prezzi dell’energia verificatosi nei mesi estivi, comportante l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, e chiedeva l’annullamento dell’intera procedura, a suo dire illegittima.

A fronte di tali comunicazioni, la stazione appaltante, previamente concesso un ulteriore termine per la produzione della documentazione di comprova, pena la decadenza dell’aggiudicazione e la relativa segnalazione all’Anac, che la società lasciava decorrere infruttuosamente, disponeva con determina n. 22 del 26 ottobre 2021 la decadenza dell’aggiudicazione;
segnalava altresì il fatto all’Anac.

Con ricorso proposto davanti al Tar per l’Emilia Romagna, Egea impugnava il provvedimento di decadenza, l’atto di avvio del relativo procedimento, tutti gli atti concretanti l’aggiudicazione dell’appalto e la lex specialis di gara, formulando domande demolitorie e, in subordine, risarcitorie.

Con la sentenza di cui in epigrafe l’adito Tar, nella resistenza di EmiliAmbiente, respingeva il ricorso e condannava la ricorrente alle spese del giudizio.

2. Egea ha proposto appello. Ha dedotto: 1) Error in iudicando con riferimento al primo motivo di ricorso: violazione di legge con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. e al principio di buon andamento dell’azione amministrativa;
violazione e falsa applicazione degli 8A8F7639FCF954E6E::1942-04-04">artt. 1463, 1467 e 1469 Cod. civ.;
violazione di legge con riferimento all’72771::2005-02-21" href="/norms/laws/itatextzdiicn0qt10rfg/articles/itaartkdw0pa9h7sad06?version=463d6cb9-dcd3-5f67-89db-7cd87fe6171c::LR105B27BE097CA1C72771::2005-02-21">art. 3 l. 241/1990;
difetto assoluto di istruttoria e di motivazione;
eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica;
eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento e della ingiustizia manifesta;
violazione del principio di leale collaborazione;
2) Error in decidendo con riferimento al secondo motivo di ricorso: difetto di motivazione rispetto all’esame della violazione degli artt. 56, 95 e 97 d.lgs. 50/2016;
violazione e falsa applicazione della lex specialis con particolare riguardo all’art. 10 del disciplinare di gara;
eccesso di potere;
difetto di istruttoria e di motivazione;
ingiustizia manifesta. Ha concluso per la riforma della sentenza gravata, con annullamento dei provvedimenti impugnati, e, in via subordinata, per la condanna di EmiliAmbiente al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi dalla società in conseguenza della illegittima decadenza dall’aggiudicazione, della segnalazione all’Anac nelle more eventualmente disposta e della perdita di chance da questa derivate, ivi compresi i danni connessi alla eventuale impossibilità di partecipare ad altre procedure di gara, oltre al danno curriculare, il tutto maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria.

3. A sua volta, EmiliAmbiente ha proposto appello incidentale avverso il capo di sentenza con cui il Tar ha respinto la sua eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado (per insussistenza dell’obbligo della stazione appaltante di ritirare la procedura;
per carenza di interesse, anche strumentale, all’annullamento degli atti impugnati) e avverso l’omessa pronunzia sulle ulteriori eccezioni preliminari da lei pure spiegate.

4. Nel prosieguo, le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione di quelle avverse.

5. Dagli atti depositati, sempre per quanto qui di stretto interesse, è emerso che:

- la seconda classificata Agsm, risultata aggiudicataria della gara per cui è causa in via di scorrimento della graduatoria, dopo la richiesta della stazione appaltante di invio della documentazione di comprova dei requisiti, si è auto-dichiarata “svincolata” dalla propria offerta e ha rappresentato l’intendimento di non addivenire alla stipula contrattuale;

- la stazione appaltante ha quindi dichiarato decaduta anche l’aggiudicazione disposta in capo ad Agsm;

- l’Anac, previa valutazione delle difese svolte dalla società odierna appellante, con provvedimento del 13 giugno 2022 ha concluso il procedimento avviatosi con la segnalazione di EmiliAmbiente annotando il fatto nell’area B del casellario informatico, comportante non l’automatica esclusione della società dalla partecipazione alle gare pubbliche ma la possibilità delle stazioni appaltanti di apprezzare discrezionalmente l’affidabilità del contraente;

- l’appellante ha impugnato il predetto provvedimento Anac con ricorso proposto avanti al Tar Lazio, ancora pendente (n.r.g. 10588/2022).

6. La causa è stata trattenuta in decisione il 12 gennaio 2023.

7. Con il primo ordine di censure del primo motivo del suo ricorso Egea ha censurato la durata della gara, e segnatamente gli oltre 4 mesi intercorsi tra la prima seduta e la celebrazione dell’asta, segnalando come questa avesse contribuito a rendere le offerte economiche formulate non più economicamente sostenibili. In particolare, Egea ha sostenuto che tale durata aveva condotto ad aggiudicare a Egea “ una prestazione non solo eccessivamente onerosa (pregiudicante il rischio imprenditoriale prevedibile e tale da imporre una prestazione in grave e rilevante perdita), ma di fatto impossibile da adempiere ”, stante il fatto noto dell’aumento, ulteriore, imprevedibile e abnorme (superiore al 40% nel breve lasso di tre mesi) subito dalle materie prime energetiche, che avrebbe reso “ l’offerta oggettivamente anormalmente bassa, senza possibilità di giustificazione ”.

7.1. Il Tar ha respinto il motivo rilevando in estrema sintesi che:

a) l’energia elettrica è un bene il cui prezzo è mutevole nel tempo, anche in intervalli rapidi, sicchè l’appalto era di suo caratterizzato da un’alea contrattuale potenzialmente idonea, in egual misura, a pregiudicare la convenienza economica del rapporto a carico di entrambe le parti, da cui l’accettazione incondizionata da parte del concorrente Egea, operatore esperto del settore e gestore uscente, del rischio che il prezzo offerto potesse subire nel corso dell’esecuzione del contratto variazioni in aumento destinate a incidere sulla remuneratività dell’operazione;

b) la stazione appaltante aveva concesso ai concorrenti un rilevante arco temporale (5/21 maggio 2021) per presentare la propria offerta economica e ciò proprio al fine di consentire loro di valutare consapevolmente se procedere all’ upload della propria offerta economica o se invece rinunciare alla gara, cosa che non avrebbe comportato alcuna conseguenza, dal momento che la lex specialis non aveva richiesto la presentazione di garanzie per la partecipazione alla procedura;

c) Egea aveva effettuato l’ upload della propria offerta il 6 maggio 2021, ritenendo dunque di permanere in gara senza avvalersi di tutto il predetto arco temporale per monitorare l’andamento dei prezzi;

d) la “condotta attendista” della stazione appaltante nella convocazione dell’asta, nell’auspicio di un ribasso dei prezzi dell’energia dopo il periodo estivo, costituiva applicazione di un criterio prudenziale solo a posteriori rivelatosi inefficace;

e) ulteriormente, la stazione appaltante, per sterilizzare l’aumento del prezzo del bene richiesto, aveva derogato alla lex specialis consentendo ai concorrenti con un chiarimento reso in corso di gara di presentare offerte in rialzo rispetto alla base d’asta;

f) la ricorrente, formulando un’offerta non molto più alta della base d’asta (€ 980.000,00 rispetto a € 925.000,00), e comunque di parecchio inferiore rispetto a quella della seconda classificata (€ 1.197.583,88), non si era avvalsa appieno di tale deroga, che non le avrebbe pregiudicato la vittoria della gara, stante la possibilità di rilanci (al ribasso) in sede di asta.

7.2. Il primo motivo dell’appello di Egea si dirige contro le argomentazioni sopra elencate.

7.3. L’appellante principale sostiene che il Tar abbia valutato erroneamente e contra legem la “condotta attendista” della stazione appaltante, che, al di là delle giustificazioni ritenute dal giudice di prime cure, sarebbe da considerare un comportamento scientemente dilatorio, violativo dei principi di efficienza e di tempestività dell’azione amministrativa in una materia, quella dei contratti pubblici, che a essi si è interamente ispirato con le recenti innovazioni normative anche di contenuto processuale (art. 32 comma 8 d.lgs. 50/2016;
art. 120 Cod. proc. amm.).

Inoltre, gli stessi principi avrebbero dovuto trovare a maggior ragione applicazione in un settore in cui il continuo aumento dei prezzi, contrariamente a quanto apoditticamente ritenuto dal Tar, era ampiamente prevedibile: indi il comportamento della stazione appaltante nel non annullare la gara, pure a fronte dell’aumento del 40% del prezzo delle materie prime energetiche poi registrato nei mesi estivi del 2021, che ha indotto finanche il Governo a prevedere interventi straordinari a tutela del mercato, lungi dal potersi definire “benevolente” come assume la sentenza impugnata, sarebbe stato del tutto utilitaristico, e avrebbe oggettivamente reso l’offerta della società anormalmente bassa e economicamente insostenibile, comportando una perdita stimabile in una cifra pari a oltre un milione di euro, non pareggiabile con il ricorso a scorte strategiche, non disponibili per i quantitativi considerati.

Ne costituirebbe prova la circostanza che anche la seconda classificata in gara non ha partecipato all’asta elettronica (e nel prosieguo ha rifiutato la stipula contrattuale), e ciò sebbene la sua offerta economica fosse più alta di quella di Egea, ciò che si spiegherebbe solo considerando l’anormale e abnorme impennata del prezzo dell’energia, che partiva peraltro da un livello costituente il massimo storico recente, in coincidenza con l’avvio della gara.

La stazione appaltante, non assumendo una posizione sulla pure segnalata problematica della effettiva sostenibilità dell’offerta della società, trincerandosi sulla circostanza che Egea aveva accettato ab origine le condizioni economiche della fornitura e dichiarando la decadenza dell’aggiudicazione, avrebbe violato il canone di buona amministrazione che avrebbe imposto l’annullamento della gara per l’evidentissima eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e anche per i gravi vizi che affliggevano la procedura, prevedente un asta elettronica fondata su offerte inammissibili.

Ancora, il Tar, pur rilevandone sostanzialmente il contrasto con la lex specialis , ha ragguagliato il chiarimento che ha permesso in corso di gara la presentazione di offerte a rialzo a una misura di agevolazione dei concorrenti, ancorchè essa fosse stata denunziata come sviata perché involvente in una modifica radicale della natura della gara, finalizzata a mantenerla in vita nonostante i suoi vizi di impostazione e di sostenibilità: sul punto, la declaratoria di inammissibilità della censura (fondata sul fatto che Egea si è avvalsa di detta possibilità) sarebbe erronea, poiché la società aveva contestato il chiarimento non in sé, bensì quale ulteriore indizio, rispetto al denunziato vizio di eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità manifesta, dell’illegittimo tentativo di modificare in corso di gara le condizioni economiche della stessa per farle acquisire una parvenza di sostenibilità.

Ulteriore prova della illegittimità della scelta della stazione appaltante di non annullare la gara sarebbe costituita dal fatto che con determina n. 25/2021 la fornitura è stata poi affidata in via di urgenza mediante l’adesione alla convenzione Intercent-ER a valori economici ben diversi da quelli in essa previsti.

Alla luce di quanto sopra, la disposta decadenza dell’aggiudicazione, comportante per Egea gravi conseguenze negative che originano in una erronea scelta della stazione appaltante, non potrebbe che dirsi illegittima e ingiusta, mentre la sentenza impugnata le ha imputate alla sua sfera di responsabilità senza motivare alcunchè sulle evidenziate condizioni che hanno condotto sia Egea che l’altra concorrente a non stipulare il contratto e senza avvedersi che il rifiuto di stipula manifestato dalla società in un’ottica di leale collaborazione non costituiva una inottemperanza bensì segnalava la sopravvenuta impossibilità oggettiva della stipula, con conseguente violazione degli artt. 1463, 1468 e 1469 Cod. civ..

7.4. Come emerge da quanto sopra, la tesi spesa in giudizio dall’appellante è che la stazione appaltante, anziché disporre la decadenza dell’aggiudicazione per il rifiuto della società di stipulare il contratto, dovesse provvedere, a fronte dell’impennata del prezzo dell’energia registrato in concomitanza della procedura de qua e della richiesta avanzata dalla medesima precedentemente alla declaratoria di decadenza, all’annullamento o alla revoca della procedura, stante la sua illegittimità e comunque l’impossibilità oggettiva sopravvenuta della prestazione che ne formava oggetto.

La tematica investe principi giurisprudenziali che, sebbene enunziati in una controversia avente a oggetto una domanda risarcitoria, risultano pienamente applicabili al caso di specie, stante la loro valenza generale e considerato che, come in quel caso, si tratta pur sempre di stabilire quale fosse la condotta pretendibile dalla stazione appaltante nella situazione venutasi a determinare per effetto del rialzo del prezzo dell’energia avvenuto in corso di gara.

Va quindi rammentato in linea generale che, per la Sezione (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2021, n. 7217), l’Amministrazione aggiudicatrice, in quanto tenuta, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, non gode della medesima “libertà di autodeterminazione” del privato, se non “ nel senso della tutela dell’affidamento riposto nel buon esito delle procedure, scongiurando fattori di indebito procrastinamento della definizione delle stesse e conseguentemente dell’interesse pubblico sotteso all'attivazione della procedura concorsuale ” (così, testualmente, C.d.S., II, 31 dicembre 2020, n. 8546).

Di contro, la responsabilità del privato aggiudicatario per la mancata stipulazione del contratto a lui imputabile non trova la sua fonte diretta nella violazione dei canoni generali della correttezza e della buona fede nelle trattative precontrattuali: nel caso in cui sia il comportamento colpevole del privato aggiudicatario a compromettere il buon esito della procedura, non è possibile adoperare “a parti rovesciate” le stesse categorie concettuali e giuridiche elaborate dalla giurisprudenza in tema di responsabilità della pubblica amministrazione verso il privato.

Piuttosto, va tenuto presente che è la stessa legge a sancire che l’aggiudicatario “decaduto” debba rispondere per la “ mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione ” dovuta a ogni fatto a lui riconducibile (art. 93 comma 6 d.lgs. 50/2016) e a prevedere (art. 32 comma 6 d.lgs. 50/2016) che l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine a disposizione della stazione appaltante per addivenire alla stipula.

Il privato offerente, pertanto, una volta intervenuta l’aggiudicazione, è tenuto alla stipulazione del contratto, obbligazione che trova la sua ratio nella tutela dell’interesse pubblico alla sollecita definizione della procedura di affidamento, e la sua fonte non nel contratto (non ancora stipulato), bensì nel fatto di essere aggiudicatario all’esito di una pubblica gara, fatto che, ai sensi dell’art. 1173 Cod. civ., si pone come “idoneo a produrla”.

Sotto altro profilo, questo Consiglio di Stato ha ribadito anche di recente che l’atto con cui la stazione appaltante provvede in via di autotutela all’annullamento o alla revoca degli atti di una procedura di gara, che si colloca con le sue specificità all’interno del genus tipologico di cui all’art. 21- quinquies della l. 241/1990, si atteggia quale attività amministrativa discrezionale o non doverosa rispetto alla quale l’art. 95 comma 12 del d.lgs. 50/2016 assume quale parametro della sottesa non convenienza dell’offerta l’oggetto del contratto così come originariamente determinato dalla lex specialis , restando estranea alla disposizione l’ipotesi in cui questo si riveli inidoneo per ragioni sopravvenute ed estranee al contenuto delle offerte (da ultimo, Cons. Stato, III, 11 aprile 2022, n. 2704;
17 febbraio 2021, n. 1455).

7.5. Calando le predette coordinate nella fattispecie, il motivo si rivela infondato.

Premesso che la la lex specialis di gara non è stata a suo tempo in alcun modo contestata, si osserva che l’appellante dà per scontato che il rialzo del prezzo dell’energia siccome poi avvenuto fosse ampiamente prevedibile, e per questa via imputa alla stazione appaltante di non averlo fronteggiato con l’unico mezzo asseritamente idoneo a scongiurare l’impossibilità oggettiva sopravvenuta della prestazione posta a gara (l’autotutela), e al giudice di prime cure di non avere sanzionato le illegittime misure adottate dalla stazione appaltante per “correggere il tiro” della gara (chiarimento derogatorio;
differimento della convocazione dell’asta).

Questa linea difensiva non persuade.

Il fatto che la società appellante e l’altra concorrente ammessa abbiano presentato nei tempi previsti dal disciplinare le loro offerte economiche avvalendosi (l’appellante, come rilevato dal primo giudice, molto limitatamente) della possibilità di rialzo offerta dal chiarimento derogatorio attesta inequivocabilmente che, in corso di gara, pur in presenza di un trend al rialzo dei prezzi dell’energia, e plausibilmente per via del correttivo costituito dal chiarimento, la procedura conservava la sua appetibilità, tanto da essere contesa tra due concorrenti. Sin qui, non si intravede alcun motivo che poteva indurre la stazione appaltante a provvedere in autotutela.

La situazione resta immutata nel periodo immediatamente successivo, ovvero quello intercorso tra la presentazione delle offerte, la convocazione dell’asta, andata deserta, e l’aggiudicazione: non risulta infatti che nel predetto lasso temporale l’appellante o l’altra concorrente abbiano adottato una qualche iniziativa a tutela delle ragioni poi esposte da quest’ultima solo in esito alla ricezione della richiesta di comprova dei requisiti dichiarati in gara. Indi, anche nel successivo contesto l’Amministrazione non aveva motivo per non confidare nel perdurante interesse delle concorrenti, e segnatamente dell’appellante, a eseguire la fornitura.

Quanto al merito delle ragioni esposte nel motivo, va innanzitutto esclusa la possibilità di censurare la “condotta attendista” della stazione appaltante nella convocazione dell’asta, che non involve in alcuna illegittimità, dal momento che non è contestato che a tale momento le offerte pervenute in gara erano ancora irrevocabili, e tenuto conto delle motivazioni che hanno indotto la stazione appaltante a non convocare l’asta immediatamente dopo la graduazione endoprocedimentale delle offerte economiche presentate nella prima fase della procedura, la cui meritevolezza, nelle condizioni allora sussistenti, è stata bene delineata dal Tar.

L’appellante non può poi dolersi del chiarimento derogatorio, sia perché, come rilevato dal primo giudice, essa stessa se né è avvalsa presentando una offerta economica al rialzo, sia perché l’elemento non depone per l’illegittimità della procedura neanche nei circoscritti sensi evidenziati nel motivo in esame, attestando con ogni evidenza il riallineamento della gara, per quanto nella disponibilità della stazione appaltante, alle sopravvenute condizioni di mercato, a giovamento e non a detrimento della posizione delle partecipanti.

Ancora, non depongono nel senso voluto dall’appellante né il fatto che anche la seconda classificata abbia rifiutato la stipula del contratto né la successiva decisione della stazione appaltante di affidare la fornitura per cui è causa mediante adesione alla convenzione Intercent-ER a valori economici diversi da quelli previsti in gara, il primo perché implicante la valutazione di condotte di terzi le cui ragioni restano del tutto estranee all’odierna controversia, la seconda quale conseguenza pressochè obbligata dall’approssimarsi della scadenza del contratto di fornitura in corso con la stessa Egea (che, si rammenta, era gestore uscente) e l’impossibilità, evidenziata da Emiliambiente, di disporne la proroga tecnica, stante la condotta poco trasparente serbata dalla società.

Infine, l’appellante deduce nuovamente la violazione degli artt. 1463 1468 e 1469 Cod. civ. senza confutare, in contrasto con quanto disposto dall’art. 101 comma 1 Cod. proc. amm., il capo di sentenza con cui il Tar ha respinto la censura, rilevando l’improprio richiamo a dette norme civilistiche “ in quanto non è in discussione, nel presente caso, l’onerosità della prestazione come determinatasi nei confronti della medesima ma il comportamento tenuto da Egea durante lo svolgimento della gara, atteso che la predetta società non ha mai dedotto nulla sul punto dell’aumento dei costi, nè dopo il notevole incremento del prezzo avvenuto nei mesi estivi e nemmeno quando, in data 22 settembre 2021, la stessa non ha partecipato all’asta al ribasso, rimanendo silente fino a quando non è stata sollecitata dalla Stazione appaltante, in data 5 ottobre 2021, a fornire la documentazione attestante il possesso dei requisiti di capacità tecnico-professionale per la stipula del relativo contratto. Ne deriva, pertanto, che non vi è stato uno sviamento di potere da parte della Stazione appaltante, che ha valutato il comportamento complessivo di Egea, comprensivo delle mancate segnalazioni sopra illustrate, nell’emettere il provvedimento di decadenza impugnato ”.

8. Con il secondo motivo di appello la società, in connessione con il secondo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, sostiene che la valutazione di cui all’art. 56 comma 5 del d.lgs. 50/2016, richiamato dall’art. 10 del disciplinare (“ Prima di procedere all’asta elettronica, le stazioni appaltanti effettuano una valutazione completa delle offerte conformemente al criterio o ai criteri di aggiudicazione stabiliti e alla relativa ponderazione ”), sarebbe comprensiva dell’apprezzamento dell’anomalia dell’offerta menzionata dal successivo comma 8, che la stazione appaltante avrebbe quindi dovuto effettuare e non ha effettuato, da cui la violazione dell’art. 97 d.lgs. 50/2016 e del principi generali in tema di anomalia.

Su questa premessa, l’appellante sostiene l’erroneità della sentenza impugnata laddove:

- ha stigmatizzato l’omissione nel ricorso di ogni riferimento all’art. 97 del d.lgs. 50/2016, di cui invece era espressamente dedotta la violazione nella rubrica del secondo motivo;

- ha ritenuto erronea l’interpretazione proposta dalla società in quanto l’art. 56 del d.lgs. 50/2016 non sancisce un obbligo chiaro ed espresso di valutazione dell’anomalia dell’offerta in presenza di certi elementi, come fa l’art. 97, ma si limita ad affermare che le offerte giudicate anormalmente basse da parte della Stazione appaltante sono irregolari e, dunque, non ammissibili alla successiva fase dell’asta elettronica ”, affermazioni che ritiene contrastanti con il contenuto testuale dell’art. 56 comma 8, con le caratteristiche dell’istituto della valutazione dell’anomalia delle offerte, il cui spazio applicativo in ogni procedura di gara, compresa l’asta elettronica, è sempre più diffuso a garanzia della loro serietà, e con la giurisprudenza che afferma che la valutazione della sostenibilità dell’offerta va valutata anche in riferimento alle sopravvenienze economiche quali quelle che caratterizzano l’odierno giudizio.

Per l’appellante, in definitiva, il Tar, incorrendo in omissione e difetto di motivazione, non si sarebbe avveduto che, considerati il lungo tempo decorso dalla pubblicazione del bando e le sopravvenienze economiche, la stazione appaltante avrebbe dovuto scrutinare il carattere anomalo di tutte le offerte pervenute antecedentemente all’avvio dell’asta economica e, conseguentemente, escludere la sua offerta dall’ulteriore fase di gara in quanto irregolare e insuscettibile di giustificazione o sostenibilità, ai sensi dell’art. 56 commi 6, 7, 8 e 11 del d.lgs. 50/2016.

Tanto anche tenendo conto della sollecitazione avanzata dalla società e del fatto che l’offerta stessa, contrariamente a quanto previsto dall’art. 10 del disciplinare, era al rialzo, anziché al ribasso.

8.1. Le censure sono infondate.

8.2. Conviene subito chiarire che il motivo in esame, così come formulato, può lasciare intendere che la società, prima dell’asta elettronica, abbia sollecitato la stazione appaltante a verificare la sostenibilità della sua offerta: così invece non è, tenuto conto che la sollecitazione cui esso si riferisce (richiamando il documento n. 5 depositato in primo grado), altro non è che la già citata (in fatto) comunicazione del 7 ottobre 2021 con cui la società, allorquando l’aggiudicazione era già intervenuta, ha riscontrato la richiesta di produrre la documentazione di comprova con la richiesta di annullamento della procedura.

E’ anche da aggiungere che lo stesso motivo, nella parte in cui sostiene che l’offerta della società fosse irregolare per contrasto con l’art. 10 del disciplinare, non tiene conto del chiarimento derogatorio con cui la stazione appaltante in corso di gara ha consentito ai concorrenti di formulare offerte al rialzo rispetto alla base d’asta, prima vietate dal ridetto art. 10, sicchè al riguardo il Collegio può limitarsi a osservare che la doglianza già avanzata dall’appellante avverso lo stesso chiarimento è stata come sopra respinta.

Anche le restanti censure non sono convincenti.

I capi di sentenza qui in contestazione costituiscono solo una parte delle motivazioni con cui il Tar ha respinto la tesi avanzata nel secondo motivo del ricorso della società e qui riproposta.

Conviene quindi riportare per intero le considerazioni svolte al riguardo dal primo giudice, che, lungi dal poter essere ritenute insufficienti, sono puntuali e articolate nel modo seguente:

“3.2.1. […] la disciplina delle offerte anormalmente basse è dettata dall’art. 97 del D.lgs. n. 50/2016, che individua i casi in cui la predetta verifica risulta obbligatoria, e tale evenienza non ricorre nel presente caso, come stabilito dalla Stazione appaltante nel verbale di gara del 22 settembre 2021, in cui il RUP ha affermato che ‘in considerazione del fatto che il numero delle offerte ammesse è inferiore a 5 (cinque)…ai sensi dell’art. 97, comma 3-bis, del D.lgs. 50/2016 non è necessario valutare la congruità delle offerte attraverso il calcolo previsto dai commi 2 e 2-bis del medesimo art. 97 del D.lgs. 50/2016’.

Tale affermazione non è stata oggetto di censura da parte di Egea, che non ha minimamente preso in considerazione la motivazione sopra riportata ed ha, anzi, omesso, nel ricorso, ogni riferimento all’art. 97 del Codice degli Appalti, insistendo unicamente sulle disposizioni dell’art. 56 del medesimo Codice dalle quali, nella prospettazione di parte ricorrente, emergerebbe l’obbligo, sempre ed in ogni caso, di valutazione dell’anomalia delle offerte da ammettere all’asta elettronica, da intendersi quale valutazione circa la natura di offerta anormalmente bassa.

Ne deriva, dunque, che parte ricorrente non ha puntualmente censurato la motivazione per cui la Stazione appaltante non ha sottoposto a verifica di anomalia la propria offerta e, dunque, il motivo è inammissibile per difetto di interesse in quanto viene dedotto nello stesso un obbligo di valutazione da parte della Stazione appaltante dell’anomalia dell’offerta di Egea ai sensi dell’art. 56 del D.lgs n. 50/2016 ma non viene espressamente contestato il contenuto del provvedimento (verbale del 22 settembre 2021) con cui la Stazione appaltante ha dato atto dell’insussistenza di tale obbligo, essendosi limitata parte ricorrente ad impugnare nel ricorso il verbale di gara del 22 settembre senza, però, svolgere avverso il contenuto di tale atto puntuali censure relative a tale contenuto, ossia non contestando la motivazione posta alla base del medesimo sopra riportata in ossequio alla quale parte resistente ha affermato non esservi l’obbligo di svolgere la verifica di anomalia delle due offerte pervenute, fra cui quella della ricorrente.

3.2.3. - Statuito quanto sopra in via dirimente, il Collegio rileva, per completezza di analisi, che l’obbligo di attivazione del giudizio di anomalia risulta previsto nel presente Codice degli Appalti dall’art. 97 e che l’interpretazione di parte ricorrente secondo cui vi sarebbe un ulteriore obbligo previsto dall’articolo 56 del predetto Codice non è condivisibile, in quanto tale articolo, relativo alle aste elettroniche, non sancisce un obbligo chiaro ed espresso di valutazione dell’anomalia dell’offerta in presenza di certi elementi, come invece fa puntualmente l’articolo 97, ma si limita ad affermare che le offerte giudicate anormalmente basse da parte della Stazione appaltante sono irregolari e, dunque, non ammissibili alla successiva fase dell’asta elettronica.

In altri termini, la sussistenza di un preciso obbligo di valutazione dell’anomalia dell’offerta non può derivare dall’interpretazione coordinata di disposizioni contenute nell’art. 56 del Codice degli Appalti con riferimento alle aste elettroniche, disposizioni che in maniera espressa riconducono semplicemente le offerte (già accertate) anomale nel solco delle offerte irregolari, ma deve risultare

chiaramente da una disposizione di legge, atteso che la predetta regola, per il suo enorme impatto sull’operato delle Stazioni appaltanti, deve essere chiara e immediatamente percepibile da parte delle stesse e, per evidenti ragioni di coordinamento del Codice degli Appalti, deve essere formulata negli stessi termini chiari e precettivi dell’art. 97 del Codice oltre che coordinarsi con l’obbligo previsto da tale articolo.

Ne deriva, dunque, che, a giudizio del Collegio, non può ritenersi sussistente un obbligo speciale di valutazione dell’anomalia dell’offerta previsto dall’art. 56 del D.lgs. n. 50/2016, dovendosi intendere il richiamo alle offerte anormalmente basse svolto dal comma 8 di tale articolo nel senso che ‘esso fa evidentemente riferimento alle ipotesi in cui ricorrano i presupposti di legge per l’attivazione obbligatoria del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, non

risultando di contro in alcun modo doverosa l’attivazione del sub-procedimento di

verifica eventuale, rimessa come è noto alla sola discrezionalità dell’Amministrazione” come condivisibilmente dedotto da parte resistente nella propria memoria ”.

Nel merito, si tratta di un percorso argomentativo che resiste alle censure avanzate dall’appellante principale.

In particolare, alla luce dei chiari avvisi espressi, il rilievo del giudice di prime cure che la società aveva obliterato l’art. 97 del d.lgs. 50/2016 va inteso non nel senso letterale indicato nel motivo (la sentenza del resto riporta in fatto la rubrica del secondo motivo anche laddove denunzia la violazione di detta norma, così mostrando di bene conoscere i termini delle doglianze) bensì nel suo senso logico, che ha stigmatizzato l’impostazione censoria per non avere considerato il comma 3- bis dell’art. 97, di cui la stazione appaltante si era espressamente avvalsa, che esclude la verifica di anomalia nel caso in cui, come quello di specie, le offerte presentate in gara siano inferiori a cinque.

Inoltre, l’interpretazione dell’art. 56 d.lgs. 50/2016 offerta dal Tar risulta corretta e condivisibile.

In particolare, il comma 6 di detta norma, nello stabilire che “ sono considerate irregolari ”, e quindi da escludere ai sensi dei successivi commi, “ le offerte che la stazione appaltante ha giudicato anormalmente basse ” non può essere interpretato, come fa l’appellante, nel senso di rendere obbligatoria per la stazione appaltante l’effettuazione della verifica di anomalia di tutte le offerte presentate nell’ambito di un’asta elettronica.

E’ dirimente, sul punto, la considerazione del primo giudice circa il fatto che la disciplina delle offerte anormalmente basse è dettata dall’art. 97, e che l’eventuale imposizione dell’obbligo individuato dall’appellante, considerata la gravosità che ne sarebbe derivata per la stazione appaltante, e, può aggiungersi, anche per le concorrenti, avrebbe dovuto essere espressamente prevista nell’ambito dell’art. 56, mentre l’appellante lo rinviene per il tramite di una “ interpretazione coordinata di disposizioni contenute nell’art. 56 ” le quali si limitano a ricondurre “ le offerte (già accertate) anomale nel solco delle offerte irregolari ”.

Quanto poi alla invocata finalità di controllo della garanzia di serietà e affidabilità delle offerte presentate nell’ambito di gare pubbliche che la giurisprudenza amministrativa riconnette all’istituto, essa vale, evidentemente, per tutte le gare, a prescindere dalle modalità del loro svolgimento, e in tale ottica è stata appunto unitariamente regolata dall’art. 97 del d.lgs. 50/2016.

Quanto, invece, al principio giurisprudenziale espresso dalle due sentenze di primo grado invocate nel motivo, secondo cui “ la valutazione sulla sostenibilità dell’offerta deve essere effettuata anche tenendo conto delle sopravvenienze di fatto e di diritto che incidono sulla sua tenuta economica, e ciò sia in caso di rivalutazione in melius che in peius per il concorrente ”, esso non poteva evidentemente trovare applicazione nel caso di specie, essendo stato dettato per lo svolgimento della verifica di anomalia, segmento endoprocedimentale che, nel caso, per le ragioni suindicate, non vi è stato.

Al riguardo, il Collegio può comunque rilevare come le sopravvenienze di fatto siano state bene considerate dall’Amministrazione, che le ha fronteggiate in corso di gara, tra altro, con il già citato chiarimento derogatorio, mentre le sopravvenienze di diritto cui si riferisce l’appellante (art. 1 commi 503 e 504 della l. l. 30 dicembre 2021 n. 234;
art. 14 del d-l. 27 gennaio 2022 n. 4) sono successive alla declaratoria di decadenza dell’aggiudicazione (datata 26 ottobre 2021).

9. Per tutto quanto precede, l’appello principale va respinto.

Per l’effetto, l’appello incidentale può essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

La spiccata peculiarità della vicenda contenziosa giustifica la compensazione tra le parti delle spese del grado.

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