Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-26, n. 202306220

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-26, n. 202306220
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306220
Data del deposito : 26 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2023

N. 06220/2023REG.PROV.COLL.

N. 01007/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1007 del 2021, proposto dal dott. -OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati G R e M Z, con domicilio digitale presso i medesimi in assenza di elezione di domicilio fisico in Roma;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

Università degli Studi Internazionali di Roma – Unint, Formit – Fondazione per la Ricerca Sulla Migrazione e Sulla Integrazione delle Tecnologie, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda ter , del -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2023 il cons. Francesco Guarracino e udito per la parte appellante l’avv. G R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio il dott. -OMISSIS- premettendo in fatto di aver usufruito, allorché era in servizio nel Corpo della Guardia di Finanza, della licenza straordinaria per “dottorato di ricerca e borse di studio universitarie” per la durata di tre anni con decorrenza dal 21 settembre 2009, senza borsa di studio, impugnava il provvedimento con il quale la Guardia di Finanza lo aveva invitato a versare l’importo di €35.336,03 a titolo di recupero del compenso lordo percepito dal ricorrente per attività extraprofessionali (incarichi di docenza e collaborazione per conto di università private) svolte, negli anni 2010/2013 in assenza della prescritta autorizzazione di cui all’art. 53, comma 7, del D.lgs. n. 165/2001.

Il TAR adito, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva il ricorso limitatamente al quarto motivo, relativo all’illegittimità della richiesta di versamento delle somme al lordo delle imposte trattenute sui compensi non autorizzati anziché al netto, con conseguente obbligo di riquantificazione del dovuto mediante detrazione delle ritenute fiscali e tenuto conto di quanto versato dal ricorrente ed eventualmente dagli enti che avevano conferito gli incarichi non autorizzati.

Il dott.-OMISSIS- ha appellato la sentenza per ottenere, in sua riforma, l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito all’appello con memoria difensiva.

Alla pubblica udienza del 21 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello è affidato a tre motivi.

2. – Col primo motivo, criticando la decisione appellata per aver ritenuto generica la corrispondente censura proposta in primo grado, l’appellante lamenta la violazione delle garanzie partecipative ex lege n. 241/90 e la tardiva contestazione degli addebiti sull’assunto della natura sanzionatoria, accessoria a quella disciplinare, della misura adottata nei suoi confronti.

Il motivo è infondato.

L’obbligo di versamento all’amministrazione di appartenenza delle somme percepite per lo svolgimento di attività extraistituzionale non autorizzata, a prescindere dalla tipologia di attività svolta, “non è … una sanzione disciplinare, ma una misura reale di natura compensativa della condotta irregolare del dipendente, che ne destina preventivamente i compensi percepiti in assenza di una preventiva autorizzazione, funzionalizzandone anche l’utilizzo ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti” (C.d.S., sez. II, 27 maggio 2021, n. 4091) e, in quanto misura ripristinatoria-restitutoria non assimilabile, in punto di afflittività, alle sanzioni amministrative, né tantomeno a quelle penali, non è soggetta ai medesimi principi (C.d.S., sez. IV, 24 marzo 2023, n. 4124).

Parimenti non può assumere rilievo la mancanza di avviso dell’avvio del procedimento, poiché l’atto di cui si verte in giudizio è privo di qualsiasi carattere discrezionale, concretando attività, a fronte dei presupposti di legge, doverosa per l’amministrazione, con conseguente applicabilità del disposto dell’art. 21- octies , comma 2, della l. n. 241/90 (cfr. C.d.S., sez. II, n. 4091/21 cit.;
C.d.S., sez. I, 5 marzo 2019, n. 671) e la condotta non è in alcun modo contestata dal ricorrente.

3. – Col secondo motivo l’appellante sviluppa le considerazioni già svolte in primo grado (dove, per vero, si era laconicamente limitato a sostenere il nesso strumentale tra le attività contestategli e l’attività accademica per la quale aveva ottenuto la licenza straordinaria) circa la portata della autorizzazione (recte: della licenza straordinaria) rilasciata dall’amministrazione di appartenenza, che avrebbe legittimato anche lo svolgimento delle attività connesse da parte dell’interessato, e il fatto che per tale tipo di attività la stessa legge avrebbe escluso l’applicazione dei commi 7 e ss. dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001.

Il motivo è infondato.

L’appellante invoca il comma 6 dell’art. 53 cit. sull’esclusione dall’applicazione dei successivi commi da 7 a 13 ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale (con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno), ai docenti universitari a tempo definito e alle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali, facendo specifico riferimento alla figura dei docenti a tempo definito (pacificamente non rientrando nelle altre due categorie).

Tuttavia egli non era un docente universitario a tempo definito, ma un dottorando di ricerca, figura cui la legge consentiva di affidare, da parte dell’università, soltanto una limitata attività didattica, senza oneri per il bilancio dello Stato, di carattere sussidiario o integrativo, cioè di mera collaborazione (art. 4, comma 8, legge 3 luglio 1998, n. 210: “ Le università possono, in base ad apposito regolamento, affidare ai dottorandi di ricerca una limitata attività didattica sussidiaria o integrativa che non deve in ogni caso compromettere l’attività di formazione alla ricerca. La collaborazione didattica è facoltativa, senza oneri per il bilancio dello Stato e non dà luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle università ”).

Non ricorre, dunque, la denunciata violazione dell’art. 53, co. 6, cit., né tra le attività consentite ai dottorandi di ricerca in quanto tali possono farsi rientrare le attività di formazione diretta a dipendenti della pubblica amministrazione svolte dall’appellante per conto di enti non universitari e di società (la Fondazione per la ricerca sulla migrazione e sulla integrazione delle tecnologie - Formit;
l’Academia Edizioni e Formazione s.r.l.) e neppure per conto di altre università, terze e non consorziate (Università degli studi Internazionale di Roma;
Università degli studi Unitelma Sapienza), rispetto alle quali è anche rimasto del tutto indimostrato l’assunto del nesso strumentale con l’attività svolta dell’appellante nel suo corso di dottorato (International Economics presso la Facoltà di Economia dell’Università degli studi Tor Vergata).

Perciò la licenza straordinaria per la frequenza del corso di dottorato non poteva valere come autorizzazione al compimento delle contestate attività extraistituzionali.

4. – Con l’ultimo motivo l’appellante torna a sostenere che l’attività espletata sarebbe rientrata nell’attività di ricerca per la quale sarebbe stato espressamente autorizzato dall’amministrazione di appartenenza, ma, in difetto di ulteriori argomentazioni, l’assunto è smentito da quanto si è detto al punto precedente e perciò anche questo motivo risulta infondato.

5. – In conclusione l’appello non è fondato e va di conseguenza respinto.

6. – Le spese del grado del giudizio possono essere compensate in considerazione dei profili di novità delle questioni esaminate.

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