Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-10-29, n. 202107261

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-10-29, n. 202107261
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107261
Data del deposito : 29 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/10/2021

N. 07261/2021REG.PROV.COLL.

N. 04574/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4574 del 2015, proposto da
L V G, rappresentata e difesa dagli avvocati A S ed E S, domiciliata presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Orbetello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D J in Roma, piazza di Pietra, 26;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01822/2014, resa tra le parti, concernente demolizione opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Orbetello;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2021 il Cons. Roberta Ravasio e udito per l’appellante l’avvocato E S, anche in sostituzione dell'avv. A S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente è usufruttuaria di un terreno, sito in Comune di Orbetello, località Diacciobello, censito al C.E.U. al Foglio 66, mapp. 112, situato in zona agricola e gravato da vincolo paesaggistico e idrogeologico

2. Nel 1998 il Comune ha rilasciato la c.e. n. 90/98, per la ristrutturazione di un edificio adibito ad abitazione;
la ristrutturazione è stata, tuttavia, realizzata con difformità riguardanti sia la predisposizione interna dei vani, sia le aperture;
inoltre sono emersi ulteriori abusi, consistenti nel cambio di destinazione di una stalla e di una porcilaia, trasformate in edifici ad uso abitativo, e nella realizzazione di una piattaforma in cemento armato, di due fabbricati precari adibiti a legnaia e magazzino, e di una zona d’ombra per auto, costituita da pali in legno e rete d’ombra.

3. A seguito di sopralluogo, con determina del 24 settembre 1998, il Dirigente dell’UTC ha accertato la realizzazione delle suddette opere e ne ha ingiunto la demolizione, con rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

4. Avverso tale provvedimento la signora Garelli ha proposto ricorso al TAR Toscana, lamentando inadeguatezza della motivazione, in particolare sulla qualificazione di alcune opere precarie, nonché violazione dell’art. 9 della L. 47/85, posto che il Comune aveva ordinato la demolizione senza sincerarsi dell’effettiva rimovibilità delle opere abusive, senza considerare che il vincolo riguardava solo il sedime di terreno, e senza dare indicazioni su come procedere alla demolizione.

5. Con sentenza n. 1822/2014 il TAR Toscana ha respinto il ricorso, rilevando che le opere descritte nell’ordinanza impugnata avrebbero richiesto il necessario preventivo rilascio di una concessione edilizia, la cui mancanza giustificava la sanzione demolitoria, senza necessità di addurre una particolare motivazione. Il TAR ha poi osservato che il richiamo all’art. 9 della L. 47/85 risultava appropriato solo in relazione agli unici interventi di ristrutturazione, eseguiti in difformità dalla c.e. 90/98, in relazione ai quali, però, la ricorrente non aveva dimostrato in giudizio che la relativa rimozione avrebbe pregiudicato la stabilità dell’immobile;
per tutti gli altri interventi edilizi abusivi, concretizzatisi in opere nuove, la rimozione doveva ritenersi comunque possibile, e pertanto l’astratta applicabilità dell’art. 9 era fuori discussione.

6. Avverso tale pronunciamento la ricorrente ha frapposto appello.

7. Il Comune di Orbetello si è costituito in giudizio per resistere all’appello, eccependone preliminarmente la inammissibilità, conseguente alla mancata indicazione del capo specifico della sentenza oggetto di impugnazione.

8. La causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 7 ottobre 2021, quando è stata trattenuta in decisione.

9. L’appello va respinto e la sentenza confermata, ragione per cui si può prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare di rito sollevata dal Comune.

10. Con il primo motivo d’appello la ricorrente sostiene che il giudice di primo grado, non solo non avrebbe rilevato, nel provvedimento impugnato, il vizio denunciato in primo grado (ovvero il difetto di motivazione circa le ragioni per cui si dovrebbe procedere alla demolizione di tutte le opere abusive), ma avrebbe autonomamente qualificato gli interventi, adducendo motivazioni non attinenti, facendo discendere da tale qualificazione l’applicazione dell’art. 7 della L. 47/85, aggravando in tal modo le conseguenze per la ricorrente (acquisizione gratuita del sedime e delle opere al patrimonio del Comune);
essa assume che nell’edificio principale le opere difformi si sarebbero compendiate in mere opere interne, che gli ulteriori manufatti avrebbero dovuto essere considerati quali opere pertinenziali;
che, in ogni caso, sussisteva incertezza sul regime delle opere, dal quale discendeva l’obbligo del Comune di motivare in maniera più specifica la sanzione.

10.1. In verità non è il TAR ad aver qualificato le opere come soggette a rilascio di concessione edilizia, ma è stato il Comune, laddove, nell’ordinanza di demolizione, ha affermato che le opere, ivi specificamente descritte, erano state realizzate “ in assenza di concessione edilizia ”: rispetto a tale qualificazione la sanzione demolitoria costituisce un atto vincolato conseguente alla mancanza di titolo edilizio, tale da non innestare l’obbligo dell’Amministrazione di allegare una motivazione specifica. Il TAR, inoltre, ha sottolineato che la ricorrente ha dedotto in maniera superficiale e generica che alcune delle opere non sarebbero state soggette a concessione edilizia, ma l’appellante, con i motivi d’appello, non è stata in grado di superare tali rilievi.

11. Va respinto anche il secondo motivo d’appello, a mezzo del quale si lamenta che la sentenza appellata avrebbe omesso di considerare la possibilità di comminare alla ricorrente, per gli abusi commessi sull’edificio principale oggetto di ristrutturazione, una sanzione pecuniaria in luogo della rimozione;
la sentenza, inoltre, non avrebbe considerato che gli abusi in questione non si sarebbero compendiati solo nella modificazione della distribuzione interna dei locali e delle aperture, ma anche nella sopraelevazione della copertura, la quale non potrebbe essere rimossa senza pregiudizio per la solidità e stabilità dell’immobile;
la stessa natura dell’intervento, dunque, denunciava l’impossibilità di rimuovere il manufatto senza pregiudicare la stabilità dell’immobile;
il TAR, inoltre, non avrebbe esaminato l’argomento della ricorrente secondo cui il Comune avrebbe dovuto indicare i criteri e le modalità dirette a ricostituire l’originario organismo edilizio, in mancanza dei quali era persino impossibile dare corso alla demolizione.

11.1. La Sezione ha già avuto modo di precisare (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12/12/2019, n. 8458 e 23/11/2018 n. 6658), che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata dall'amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, che è successiva ed autonoma rispetto a quella che sfocia nell’ordine di demolizione: è in sede esecutiva, dunque, che la parte interessata può far valere la situazione di pericolo eventualmente derivante dall'esecuzione della demolizione delle parti abusive di un immobile. I citati precedenti della Sezione, inoltre, hanno già puntualizzato che l’impossibilità a demolire i manufatti abusivi, che consente di accedere alla c.d. fiscalizzazione, deve avere natura oggettiva, e non deve manifestarsi come semplice difficoltà che possa essere superata con l’adozione di particolari accorgimenti, per quanto costosi.

11.2. Ciò premesso, la censura in esame va respinta poiché l’appellante non ha dedotto l’impossibilità oggettiva di procedere alla rimozione, nel fabbricato residenziale, delle parti abusive e, peraltro – seppure fosse il caso – l’omessa disamina di tale questione non inficia la legittimità dell’ordinanza di demolizione, trattandosi di aspetto che può essere esaminato in un momento successivo.

12. L’appello va conclusivamente respinto, con integrale conferma della impugnata sentenza.

13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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