Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-02-07, n. 201400594

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-02-07, n. 201400594
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400594
Data del deposito : 7 febbraio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05392/2013 REG.RIC.

N. 00594/2014REG.PROV.COLL.

N. 05392/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5392 del 2013, proposto da:
Immobiliare il Castagneto s.r.l., in persona del suo amministratore in carica, rappresentato e difeso dall'avv. G D M, con domicilio eletto presso G D M in Roma, via Salaria, 332;

contro

Comune di San Vito Romano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati F N e P C, con domicilio eletto presso F N in Roma, via S. Costanza, 35;

nei confronti di

D R, R A, S Grieri, Alberghi il Castagneto s.r.l.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 00301/2013, resa tra le parti, concernente verbale di accertamento della riscontrata inadempienza all'ordinanza di sospensione opere abusive nonché silenzio-rifiuto sulle istanze di rilascio di sanatoria edilizia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Vito Romano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2013 il Cons. V C e uditi per le parti l’avvocato De Majo e l'avvocato Carlo Azzoni per delega dell'avv.to Novarina;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In primo grado l’odierno appellante impugnava il verbale della Polizia Municipale n. 5427 in data 1 settembre 2011, accertante l’inadempienza ai sanzionati interventi abusivi di frazionamento e vendita come residenziali di tre miniappartamenti turistico-alberghieri, realizzati a seguito dell’ Accordo di programma approvato dalla Regione Lazio e susseguente variante comunale;
il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di sanatoria del 15 aprile 2011, sollecitata il successivo 3 agosto;
l’ordinanza di sospensione lavori, e diffida a vendere parti dell’unitario compendio, n. 11 del 20 maggio 2008;
l’ordinanza di demolizione e ripristino n. 31 del 5 giugno 2008.

Il Tribunale amministrativo regionale adito, con la sentenza oggetto di impugnazione, ha respinto il gravame nel rilievo della mancata prova di un obbligo attuale del Comune a provvedere, in relazione ai necessitati adempimenti previsti dalla Convenzione e con riguardo ai comportamenti posti in essere.

L’appello della società ricorrente è stato fondato su sette motivi di censura, tramite i quali viene contestata l’omessa pronuncia sull’impugnato verbale di constatazione;
la mancata notifica degli atti gravati ai terzi acquirenti dei tre cespiti da retrocedere;
la tralasciata conclusione del procedimento di sanatoria attivato;
la natura sanzionatoria connessa al verbale di accertamento quando erano ancora aperti i termini per la sanatoria;
l’addebitata retrocessione delle intervenute vendite non indicata in alcuno degli atti gravati e comunque senza nessuna ponderazione in riferimento alla convenzione urbanistica ed alle pretese violazioni;
la non preclusione in base alla convenzione a frazionamenti e vendite o comodati d’uso;
l’irrilevanza del frazionamento e della vendita dei singoli appartamenti rispetto alla loro destinazione d’uso.

Il Comune resistente, con la memoria depositata il 31 ottobre 2013, ha in particolare eccepito l’infondatezza dell’appello, l’intervenuta sentenza penale di condanna, la sopravvenuta adozione in data 11 marzo 2013 della determinazione n. 104 di acquisizione e trascrizione nei registri immobiliari nonché del verbale di accertamento n. 5427.

Alla Camera di Consiglio del 12 novembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va rigettato sulla base di una diversa motivazione e statuizione.

Inammissibile è, infatti, l’autonoma impugnazione con il ricorso introduttivo del verbale della Polizia Municipale, a mezzo del quale è stata accertata la mancata ottemperanza all'ordinanza di demolizione e che rappresenta un mero atto endoprocedimentale avente contenuto conoscitivo e di constatazione di un fatto storico inidoneo, di per sé, a ledere direttamente situazioni giuridiche.

Intempestiva è, invece, la contestazione avvenuta tardivamente nel 2011 delle ordinanze n. 11 e 31 del 2008, di sospensione e ripristino lavori, atti che dal predetto verbale di accertamento, il quale fa prova sino a querela di falso, risultano notificate sotto le rispettive date del 20 maggio e del 5 giugno 2008.

Improponibile è, infine, il configurato silenzio che, presupponendo a norma dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia in vigore, si pone in antitesi rispetto alle premesse su cui è fondato lo stesso abuso contestato con le predette ordinanze, ossia la sua difformità rispetto all’Accordo di programma e alla Convenzione.

Non si controverte, cioè, in tema di silenzio inadempimento, bensì quantomeno di silenzio significativo di rigetto, quale prefigurato dalla contestazione dell’abuso in relazione alla disciplina urbanistica applicabile e come si desume dall’ordinanza non impugnata n. 74/2008 del 28 novembre 2008 che, nell’accogliere in parte la domanda di sanatoria presentata a luglio del 2008, ha lasciato impregiudicata la questione della variata destinazione turistica a carattere unitario per la vendita frazionata delle tre unità residenziali.

Consegue da tanto che, sulla reiterata istanza di sanatoria del 15 aprile 2011, il Comune non aveva obbligo alcuno di provvedere nuovamente, trattandosi dello stesso tema già definito e non essendo intervenuto il ripristino della destinazione assentita in variante a seguito dell’Accordo di programma.

Per tale aspetto, in punto di merito, deve essere osservato che in convenzione la società concessionaria (e la subentrata odierna appellante) si è impegnata a mantenere invariata la destinazione d’uso turistico-alberghiera con i pertinenziali servizi comuni e la pur prevista alienazione dei miniappartamenti non ne consente affatto il mutamento in civili abitazioni, come avvenuto nonostante la diffida alla vendita e a cambi di destinazione senza autorizzazione.

Conclusivamente, prescindendo dalle situazioni sopravvenute pendenti allo stadio iniziale (acquisizione e trascrizione nei registri immobiliari) l’appello deve essere respinto e il ricorso di primo grado in parte dichiarato con formula comprensiva inammissibile ed in parte rigettato.

Tuttavia, per la particolarità della controversia, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti anche in questo grado.

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